Libia, quattro giornalisti italiani sequestrati alle porte di Tripoli / Reportage: Inviato ANSA, Tripoli nel caos
Libia, quattro giornalisti italiani sequestrati alle porte di Tripoli
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Aggrediti e derubati dai banditi ora sono nelle mani dei lealisti. La telefonata: «Stiamo bene». Appello Ue: liberateli subito
Domenico Quirico, inviato de La Stampa, in una foto scattata sulla spiaggia di Lampedusa dopo la traversata e il naufragio a cui è scampato per raccontare il dramma dell’immigrazione

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Nel quinto giorno dall’inizio dell’ insurrezione di Tripoli, vengono rapiti in Libia 4 giornalisti italiani. Si tratta dei due inviati del Corriere della Sera, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, di Domenico Quirico della Stampa e di Claudio Monici di Avvenire. «Stiamo bene – ha fatto sapere Claudio Monici in una telefonata a Milano – ma il nostro autista è stato ucciso». In serata è arrivata anche la telefonata di Quirico ai suoi familiari: «Sto bene».
Il console: sono nella capitale
Secondo le ultime notizie, i giornalisti sono trattenuti in un appartamento della capitale libica. L’agguato è avvenuto invece a Zawiyah, nell’est del Paese. L’Unità di crisi della Farnesina ha «attivato tutti i canali per una soluzione Rapida». Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la Presidenza del Consiglio e lo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, seguono la vicenda minuto per minuto mentre l’Unione Europea ha lanciato un appello per la liberazione immediata. Michael Mann, il portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la Politica estera e la Sicurezza Catherine Ashton ha spiegato quanto sia «importante» che i giornalisti in Libia possano svolgere la loro funzione informativa fondamentale in condizioni di sicurezza. «Per ora non abbiamo altre informazioni rispetto alle notizie provenienti dai media», ha poi detto Mann.
La dinamica del rapimento
A raccontare la dinamica del rapimento e a dare notizie delle condizioni di salute dei reporter è stato l’inviato di Avvenire, Monici. I lealisti gli hanno permesso infatti di fare diverse telefonate, per informare il suo giornale e l’Italia dell’ accaduto. È lui dunque ad aver chiarito che i giornalisti si trovavano insieme a bordo di un’auto, quando qualcuno li ha fermati e dopo averli rapinati e malmenati li ha consegnati ai lealisti. Il console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, dopo essere riuscito a mettersi in contatto con uno dei giornalisti, ha detto che gli inviati «stanno bene» e ha riferito che nella telefonata hanno detto al termine del digiuno quotidiano del Ramadan »sono stati anche rifocillati con cibo e acqua». Dall’appartamento, che si trova fra Bab Al-Aziziya e l’Hotel Rixos, si vede un noto centro commerciale di proprietà della figlia di Gheddafi, Aisha. De Sanctis ha aggiunto che adesso si stabilirà quali siano le prossime mosse da fare. Il fatto che al giornalista sia stato concesso di fare più di una telefonata può essere comunque «interpretato come un buon segno».
La condanna di Amnesty
Il sequestro dei giornalisti italiani in Libia «è l’ennesimo crimine internazionale» perpetuato a danno «di persone che masticano diritti umani e che li raccontano ogni giorno con grande professionalità». Per questo Amnesty International Italia, per bocca del suo portavoce Riccardo Noury, ne chiede «la liberazione » e ribadisce il suo fermo «no» a «usare i giornalisti come merce di scambio». «Si tratta dell’ennesima conferma – dice Noury – che per Gheddafi non possa esserci nessuna impunità o immunità ma un processo per crimini contro l’umanità».
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fonte: http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/416819/
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dell’inviato Claudio Accogli
TRIPOLI – “Saif e Khamis? Sono ad Abu Salim. Ho combattuto lì oggi, penso di averne uccisi almeno due”: Mohammed è un cecchino, 35 anni, di Misurata. Prima della rivoluzione lavorava in un circo, si occupava di tigri e leoni. Ora spara per uccidere gli odiati kataheb, le forze d’elite del regime. Le cose per lui sono andate bene oggi, è tornato alla base indenne. Due suoi compagni sono invece rimasti uccisi nel quartiere dove sorge la famigerata prigione teatro della strage del 1986, quando il rais ordinò l’uccisione di 1.300 prigionieri in un solo giorno, secondo i dati forniti da Human Rights Watch. Nel quartiere, circondato dalle forze ribelli, si annidano molti cecchini, ma anche tanti sostenitori del regime: si tratta poi di una vera e propria roccaforte di Gheddafi.
“E’ lì che si nascondono Saif al-Islam e Khamis, i due figli del rais”, dice sicuro Mohammed. E’ forse una delle nuove leggende metropolitane libiche, una delle tante che si rincorrono da mesi nel Paese. Ma nonostante l’ordine dei superiori sia quello di tacere, “mia mia” (qui va tutto bene), in molti raccontano che le forze del rais, dopo una ritirata strategica dal compound, si sono attestate poco più a sud. Anche in questo caso gli insorti tentano l’accerchiamento. La giustificazione è quella di “non fare stragi”, in realtà le forze ribelli, se si escludono i combattenti delle montagne, sono composte in gran parte da giovani di buona volontà, che dormono sui prati e mangiano pasta e fagioli.
Al mattino presto si svegliano, inizia la giornata di Ramadan e di combattimenti senza bere né mangiare. “I gheddafiani non lo fanno, sono tutti mercenari”, sottolineano in tanti. Nella capitale si tenta di ripristinare l’ordine, nelle caserme e negli accampamenti della città sono arrivate forze fresche. Si tratta di uomini di Bengasi, che hanno ricevuto un addestramento militare agevolato dalla presenza di consiglieri stranieri, americani e britannici soprattutto, ma anche italiani.
Li si nota per una certa disciplina, per l’attenzione che mostrano sui temi della sicurezza. La vera battaglia, oggi, si sarebbe combattuto lungo la airport road, dove i reduci della battaglia per il compound del rais hanno piazzato numerose armi pesanti con le quali martellano gli avversari. L’avanzata degli insorti è chiaramente agevolata dai raid Nato, che oggi hanno fatto segnare una vera e propria escalation: di buon mattino le bombe hanno fatto tremare le mura delle case, anche a chilometri di distanza. Nella notte i jet sono tornati a sorvolare la capitale. I bombardamenti interessano la parte sud orientale della cita”, appunto in direzione di questi nodi strategici.
Si combatte anche verso Zawiah, a Tajoura, in altri villaggi dai nomi impronunciabili, sempre “circondati” ma ancora non espugnabili. Ovunque è un focolaio, e la sera negli occhi di molti Shabab ai check-point si legge il terrore. Capita sempre più spesso di vedersi puntata un’arma addosso. Un tesserino autorizzato per la stampa apre le porte, anche ai benzinai, dove gli autisti dei giornalisti stranieri possono passare avanti alle code chilometriche di chi vuole fare il pieno di benzina. E continuano i black out energetici, anche se come nella Tripoli del rais, la corrente viene assicurata nei media center. In molte zone l’acqua manca da giorni, soprattutto in quelle dove sono accampati i soldati ribelli. Alcune morti sospette per avvelenamento fanno temere azioni sconsiderate del regime che starebbe per crollare. Ma invece, inspiegabilmente, resiste ancora.
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fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/08/24/visualizza_new.html_732596938.html
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Terremoto a Lima Scossa magnitudo 6,9
Terremoto a Lima Scossa magnitudo 6,9
L’epicentro è a Pucallpa, nel centro del Paese, vicino al confine con il Brasile
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LIMA – Un terremoto di magnitudo 6.9 nella scala Richter ha colpito il Perù facendo tremare gli edifici della capitale Lima. L’epicentro è a Pucallpa, nel centro del Paese, vicino al confine con il Brasile.
E’ avvenuto ad una grande profondità, di circa 145 chilometri, il terremoto che questa sera ha colpito il Perù nella zona di Lima. L’epicentro del sisma, di magnitudo compresa tra 6.8 e 7, si trova al confine con il Brasile. “Non stupisce che un terremoto così profondo sia avvenuto in questa zona”, osserva il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Terremoti a queste grandi profondità, spiega l’esperto, sono frequenti in quest’area perché sono legati alla subduzione tra la placca del Pacifico e il continente americano. Vale a dire che la placca continentale del Pacifico che corre lungo le coste di Cile e Perù tende a scivolare al di sotto della zona orientale del sud Americana.
I mezzi di informazione peruviani non riportano notizie di vittime o danni a seguito del sisma che oggi alle 12.46 (19.46 ora italiana) ha investito il Perù. L’epicentro è stato localizzato in prossimità di Pullcapa, nella selva amazzonica, vicino al confine col Brasile, ad una profondità di 145 chilometri. Il sito dell’Istituto geologico statunitense (Usgs) ha stimato la magnitudo in 7,0.
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fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/08/24/visualizza_new.html_732602520.html
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CRISI – La manovra fa litigare “Famiglia cristiana” e CL. F.C.: “Il Governo? Un serial killer” / Quei “tesoretti” intoccabili
La manovra fa litigare “Famiglia cristiana” e CL
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di Raffaele Carcano
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Il governo? “Un serial killer”. E’ il duro giudizio che Famiglia cristiana dà della manovra economica. In un editoriale dal titolo Quei “tesoretti intoccabili il settimanale paolino si scaglia contro l’esecutivo, sostenendo che “anziché tassare i patrimoni dei ricchi, coloro ai quali anche un forte prelievo fiscale non cambierebbe la vita, s’è preferito colpire quell’ammortizzatore sociale italiano per eccellenza che è la famiglia. Unico vero patrimonio del Paese”. Secondo Famiglia cristiana, “le indicazioni su alternative fiscali, come una tassa sui grandi patrimoni, non mancano. Di “tesoretti” intoccabili ve ne sono tanti. A cominciare dai centoventi miliardi annui di evasione fiscale”. L’articolo lamenta anche il fatto che, “ancora una volta, i politici cattolici stanno alla finestra. Insignificanti e a corto di idee. Si confondono nel mucchio, per non disturbare i “manovratori”. In entrambi i campi. Spettacolo, anche questo, avvilente”.
Frasi che non sono piaciuti al leader ciellino Maurizio Lupi (PDL). Intervistato dal Tg1, ha dichiarato che “non è assolutamente vero” quanto addebitato al governo, aggiungendo che “a volte Famiglia Cristiana si comporta peggio del Fatto. Per noi la famiglia e il lavoro sono le priorità”.
Famiglia cristiana non chiede comunque di intervenire sui privilegi di cui gode la Chiesa cattolica: anzi, in un altro articolo di Francesco Anfossi parla di Ici e Chiesa, la campagna col trucco. Anfossi sostiene che, “se si vuole un esempio di provocazione laicista all’insegno dell’oscurantismo e della “disinformatia”, allora si può prendere quella allestita contro l’esenzione dell’Ici, la tassa sugli immobili, da parte degli istituti ecclesiastici dediti alle attività religiose, culturali e assistenziali”.
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24 agosto 2011
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Quei “tesoretti” intoccabili
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Anticipiamo il “Primopiano” del n. 35 di Famiglia Cristiana, in edicola dal 24 agosto. In un Paese senza timoniere, la manovra assesta alla famiglia colpi micidiali
23/08/2011

La Manovra economica di luglio e la Manovra- bis di Ferragosto hanno assestato alla famiglia una serie di colpi micidiali. Un serial killer non avrebbe potuto fare meglio. Anziché tassare i patrimoni dei ricchi, coloro ai quali anche un forte prelievo fiscale non cambierebbe la vita, s’è preferito colpire quell’ammortizzatore sociale italiano per eccellenza che è la famiglia. Unico vero patrimonio del Paese. È una politica miope, da “statisti” improvvisati, che non hanno un’idea sul futuro del Paese. Tanto meno pensano al bene comune. Unica loro preoccupazione soddisfare il proprio elettorato. Unico orizzonte le prossime elezioni. Nel frattempo, il Paese va alla deriva e perde credibilità. Una nave senza timoniere.
La stretta economica che si preannuncia provocherà collassi ovunque. Una situazione già insostenibile, che fa scivolare il ceto medio nella povertà. A pagare saranno i soliti noti. Ci si accanisce, ancora una volta, sui lavoratori dipendenti e sugli statali. Questi si vedono, addirittura, minacciata l’abolizione della tredicesima. A pagare un prezzo altissimo è chi ha già dato. Sonni tranquilli, invece, per i più ricchi, gli evasori e i grandi speculatori. Questi ultimi, tra l’altro, sono tra i principali responsabili della crisi finanziaria che sta devastando i mercati e incrementando paurosamente i debiti sovrani dei Paesi dell’Occidente.
Eppure, le indicazioni su alternative fiscali, come una tassa sui grandi patrimoni, non mancano. Di “tesoretti” intoccabili ve ne sono tanti. A cominciare dai centoventi miliardi annui di evasione fiscale. Una cifra definita «impressionante» dal cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani. E che ha spinto anche Giorgio Napolitano, al Meeting di Rimini, a lanciare un appello: «Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta a quell’evasione, di cui l’Italia ha ancora il triste primato». Per non parlare, poi, dei sessanta miliardi spesi in corruzione e dei novanta miliardi “fatturati” dalla criminalità organizzata. Su cui poco si è intervenuto.
Mentre è in corso l’esame della Manovra economica, è partito l’assalto alla diligenza. Ognuno ha qualcosa da salvare. O da proteggere. I sacrifici si scaricano su chi non ha “santi in paradiso”. O, meglio, nelle Aule parlamentari. Senza equità nei sacrifici, e se non si mira al bene delle famiglie e del Paese, difficilmente ne verremo fuori. Soprattutto se chi può dare un “elevato” contributo troverà modo di sfilarsi dalla solidarietà nazionale. Come i calciatori (ignobili!). Ma anche la casta politica, che danza allegramente sulle macerie del Paese. Vanta sacrifici e riduzioni, ma non dà un taglio risoluto a costi e privilegi, ingiustificati e immorali.
Ancora una volta, i politici cattolici stanno alla finestra. Insignificanti e a corto di idee. Si confondono nel mucchio, per non disturbare i “manovratori”. In entrambi i campi. Spettacolo, anche questo, avvilente.
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INTOLLERABILE – Eilat: gli attentatori erano egiziani ma Israele bombardò preventivamente Gaza / Gaza, aereo israeliano uccide militante nonostante armistizio
Eilat: gli attentatori erano egiziani ma Israele bombardò preventivamente Gaza
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di Mazzetta (sito) mercoledì 24 agosto 2011
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La settimana scorso un gruppo di armati ha attaccato obbiettivi israeliani nei pressi di Eilat, vicino al confine egiziano. Poche ore dopo i jet israeliani bombardavano Gaza, nonostante da Gaza avessero negato decisamente la paternità degli attacchi. Il primo ministro Netanyahu ha dichiarato di essere certo della porvenienza degli attaccanti da Gaza, richiesto di dettagli, un portavoce dell’IDF ha affermato che la prova che venissero da Gaza, era nel fatto che avessero usato dei Kalashnikov (???).
Dall’Egitto, che non avrebbe nessun interesse a sostenere una tesi diversa da quella che punta il dito su Gaza, giungono ora le identificazioni degli attaccanti uccisi dalle truppe d’Israele in territorio egiziano (insieme ad alcuni soldati egiziani uccisi per errore) e dicono che si tratta d’egiziani, noti “terroristi” della zona del Sinai, uno dei quali fuggito dalle prigioni di Mubarak durante la rivoluzione egiziana. Nessuna notizia sulle identificazioni di quelli morti in territorio israeliano, ma c’è da scommettere che se fossero risultati abitanti di Gaza (che Israele ha schedato uno per uno), il governo israeliano lo avrebbe reso noto. La conclusione è quindi che il governo israeliano abbia condotto una rappresaglia (già di suo illegale) contro Gaza, che non c’entrava niente, facendo una strage e rompendo una tregua che durava ormai da due anni, per motivi che nulla hanno a che fare con l’attacco. Segnatamente per mostrare i muscoli e mettere il paese in allarme, silenziando le enormi proteste sociali contro il governo che da settimane stanno mettendo in croce l’esecutivo.
Ancora ieri Netanyahu ha giocato il ruolo della colomba nel corso di una riunione del governo nella quale molti ministri propugnavano un attacco pesantissimo contro Gaza, ma già sapeva che l’attacco era di matrice egiziana e che a Gaza c’erano solo le vittime di un crimine che ricade sotto la sua totale responsabilità. Gaza che quindi è stata attaccata senza che il governo israeliano avesse alcuna prova per supportare le sue affermazioni sul coinvolgimento d’estremisti provenienti dalla Striscia, ben sapendo che tanto non se ne sarebbe lamentato nessuno. Infatti anche oggi, nonostante sia emersa la verità, non si sono levate proteste internazionali e i principali media danno ancora più spazio ai “missili” sparati in risposta all’attacco da Gaza che al violento e ingiustificato attacco israeliano. Che a tutti gli effetti è da classificare come un crimine contro l’umanità, trattandosi dell’ennesima rappresaglia, una punizione collettiva per di più condotta scriteriatamente senza che ci fosse neppure un labile nesso tra i bombardati e il crimine che Israle intendeva vendicare. Non ci saranno scuse israeliane per i morti di Gaza e questa notizia probabilmente non raggiungerà mai il grosso delle opinioni pubbliche occidentali, nessuno chiederà giustizia per i morti palestinesi e nessuno la offrirà. Sono morti per niente, morti per motivi di politica interna israeliana come quelli che spinsero Olmert a lanciare l’operazione Piombo Fuso. Che fece oltre mille morti per niente, visto che poi il partito di Olmert perse comunque le elezioni perché gli israeliani preferirono politici ancora più duri nei confronti dei palestinesi, quegli estremisti che oggi deportano e fanno strage di palestinesi a loro piacimento, senza che alcuno al mondo o in patria chieda loro conto di questo comportamento criminale.
Gaza, aereo israeliano uccide militante nonostante armistizio
GAZA (Reuters) – Alcuni attacchi aerei israeliani hanno ucciso oggi un comandante del gruppo militante Jihad Islamica nella Striscia di Gaza, ferendo anche due militanti che avevano lanciato razzi su Israele, nonostante l’armistizio iniziato due giorni fa.
Lo hanno detto funzionari israeliani e palestinesi.
L’esercito israeliano ha riferito in una nota di aver compiuto un attacco alla città di Rafah nella Striscia di Gaza contro un militante, accusato di aver preso parte alle operazioni in Egitto, sul Sinai, dove uomini armati hanno organizzato la settimana scorsa un attentato contro Israele uccidendo otto persone.
I medici palestinesi hanno detto che il militante è morto nell’esplosione della sua macchina, colpita dall’attacco. Altre due persone sono state ferite.
Secondo l’esercito israeliano, due uomini armati che stavano lanciando razzi contro Israele sono stati feriti in un secondo attacco.
— Sul sito http://www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su http://www.twitter.com/reuters_italia
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fonte: http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE77N01H20110824
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LA MANOVRA E LA CRISI – Casta, nessuno tocchi gli onorevoli privilegi: La ‘stangata’ non tocca la classe politica
Casta, nessuno tocchi gli onorevoli privilegi
Dall’eurotassa ai doppi stipendi, la stangata non scalfisce la classe politica. Nessuno stop per chi ha più di una carica. E le Province si organizzano per salvare gli uffici
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Nessuno, zero, neanche l’ultimo dei sottosegretari. La commissione Affari Costituzionali del Senato esamina la manovra economica e nessun esponente del governo si presenta in aula (leggi l’articolo). Tanto da suscitare l’ira del presidente Carlo Vizzini, che pure è del Pdl: “La commissione intera – scrive in una nota – ha espresso il proprio fermo disappunto e l’assoluto stupore per la circostanza che nessuno dei 60 componenti dell’esecutivo riesce a garantire una presenza anche allo scopo di fornire risposte e spiegazioni ai rilievi mossi da tutti i gruppi”. Intanto la lettura della relazione tecnica riserva una sorpresa. Il governo ha predisposto i tagli ai piccoli comuni, ma non ha idea di quanto potrà ricavarci: “Effetto che allo stato attuale non si è in grado di quantificare” (articolo di Thomas Mackinson). E i tagli ai costi della politica? Dall’eurotassa ai doppi stipendi, la stangata scalfisce appena la Casta. E i provvedimenti sono quasi tutti rimandati alla prossima legislatura (articolo di Caterina Perniconi)
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Lacrime, sudore, sangue. Lo chiese Winston Churchill agli inglesi di fronte alla guerra mondiale. L’ha chiesto nel 2011 Giulio Tremonti agli italiani, di fronte alla crisi economica. Ma, a differenza del primo ministro britannico, ha dimenticato di dire che lui e il suo esercito di parlamentari in battaglia non sarebbero mai scesi. I tagli previsti nella manovra non toccheranno infatti la Casta, se non marginalmente.
SOLIDARIETÀ Gli onorevoli possono dormire tranquilli: il contributo di solidarietà a loro richiesto è sì il doppio di quello dei cittadini, cioè il 10% per i redditi sopra i 90 mila euro e il 20% per quelli sopra i 150, ma l’articolo 13 della manovra, dal titolo “riduzione dei costi degli apparati istituzionali”, specifica che “a seguito di tale riduzione il trattamento economico non può essere comunque inferiore a 90 mila euro lordi l’anno”.
INCOMPATIBILITÀ Il comma b3 dello stesso articolo introduce anche l’incompatibilità della carica parlamentare con qualsiasi altra carica pubblica elettiva. Quindi sindaci, presidenti di Provincia e Regione, ma anche consiglieri. Perderanno allora il doppio incarico gli 86 deputati e senatori che mantengono più poltrone? Assolutamente no. Per non agitare nessuno l’incompatibilità si applicherà “a decorrere dalla prima legislatura successiva all’entrata in vigore del presente decreto”.
DOPPIO LAVORO Sarà allora impedito di fare un doppio lavoro mentre si siede in Parlamento? Assolutamente no. Sempre l’articolo 13 stabilisce che “l’indennità parlamentare è ridotta del 50 per cento per i parlamentari che svolgano qualsiasi attività lavorativa per la quale sia percepito un reddito uguale o superiore al 15 per cento dell’indennità medesima”. Ci si aspetta quindi un taglio di circa 7 mila euro, la metà dello stipendio di un parlamentare. Ma non è così: l’indennità non è l’intero stipendio (formato anche da rimborsi per collaboratori, viaggi, spese telefoniche, ecc.) ma per i deputati ammonta a 5 mila 486 euro. La “stangata” per i 446 doppiolavoristi ammonta quindi a 2743 euro netti. Che a fronte di redditi da 100 mila euro in su, sono briciole. Ma dai diretti interessati, nessun commento.
RISTORANTE Anche gli onorevoli stomaci non hanno risentito della manovra. Ad agosto, convocati d’urgenza a Roma per discutere le misure economiche, i senatori hanno trovato il ristorante di Palazzo Madama aperto e pronto a saziarli. Naturalmente allo stesso prezzo di prima delle vacanze, e senza cenno in merito all’interno delle 38 pagine “lacrime e sangue”. I primi piatti restano a 1,60 euro, i secondi tra 2,60 e 5, 23 euro (per filetto di carne o di pesce, prezzo massimo), e i dolci al carrello valgono ben 70 centesimi.
PROVINCE E COMUNI L’annuncio del ministro dell’Economia era quello dell’eliminazione di 36 province (quelle sotto i 300mila abitanti) e l’accorpamento di un migliaio di piccoli comuni (quelli sotto i 100 abitanti). Naturalmente il processo inizierà dopo le prossime amministrative e previo censimento da cominciare nell’autunno 2011. Ma non potrà andare come annunciato da Tremonti: le province a rischio si stanno già organizzando per accorpamenti con le attigue, per mantenere gli uffici già presenti nelle due località. Per farlo basterà superare i 500mila abitanti. Sarà eliminata solo qualche poltrona, anche se province più grandi consentiranno una moltiplicazione degli incarichi. Per quanto riguarda i Comuni la guerra interna alla maggioranza è appena cominciata: ieri il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha dichiarato che sarà in piazza con i piccoli Comuni il 29 agosto perché “non sono contrario all’accorpamento delle funzioni ma questo non ha nulla a che vedere con la cancellazione dei comuni stessi”.
VOLI ONOREVOLI Una misura su cui Tremonti punta per dimostrare l’abbattimento dei vantaggi della Casta è quella dell’utilizzo dei voli in classe economica da parte di parlamentari, amministratori pubblici e dipendenti dello Stato. Mentre i ministri, al contrario della precedente legislatura guidata da Prodi, continueranno a far volare i loro privilegi sugli aerei di Stato.
da Il Fatto Quotidiano del 24 agosto 2011
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NO-TAV – ALLARME CLAREA [SEGUI IN DIRETTA] / VIDEO: Interviste NO TAV durante il TG di TV8 Mont Blanc
No Tav – il non cantiere – 24 agosto 11
ALLARME CLAREA [SEGUI IN DIRETTA]
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ore 10.45 – In Clarea é in corso una piccola assemblea per fare il punto. Circa una mezzoretta fa é stata fermata una ragazza che cercava di salire su una ruspa. Pare sia ancora in stato di fermo.
ore 10.30 il corteo partito da Giagione è arrivato ora alla baita Clarea superando senza problemi il blocco della polizia posto sotto il cavalcavia dell’autostrada A32
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ore 10.20 – Un corteo di circa un centinaio di persone é partito dal campo sportivo di Giaglione da circa 10 minuti per andare alla baita di Clarea. I numeri sono in crescita. La recinzione del cantiere pare sia stata allargata di circa 50/60 metri, coloro che si erano avcicinati sono stati gasati. In questo momento la situazione alle reti pare essere tranquilla, le strade per ora sono tutte libere, quindi l’invito rimante quello di recarsi immediatamente in val clarea!
ore 09.50 il corteo da Giaglione è partito e sta raggiungendo la baita clarea per dare aiuto e sostegno ai presidianti impegnati
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ore 08.40 – Le forze del disordine e gli operai del non cantiere stanno tentando di allargare la recinzione in prossimità delle vasche appena sotto l’area archeologica, sotto e oltre il viadotto lato Clarea. E’ importante salire a Chiomonte e dare supporto a chi resiste da stamani presto. le forze del disordina hanno già lanciato i lacrimogeni e stanno tentando di respingere ed allontanare i resistenti. Per tutti/e l’appuntamento è previsto per le ore 09.30 al campo sportivo di Giaglione per dare supporto!!!
…fermarlo è possibile, fermarlo tocca a noi!!! …ADESSO!!!
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24 agosto 2011
fonte: http://www.notav.info/top/allarme-clarea-appuntamento-alle-0930/
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Interviste NO TAV durante il TG di TV8 Mont Blanc
Caricato da lucaxinofoto in data 22/ago/2011
Telegiornale del canale TV8 Mont Blanc con interviste durante la manifestazione NO TAV francese del 21 agosto al Moncenisio.
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CALCIO ALLE TASSE – Serie A Lega-Aic, niente accordo. Si va verso lo sciopero / Contributo di solidarietà: chi paga?
Serie A
fonte immagine
Lega-Aic, niente accordo
Si va verso lo sciopero
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Non c’è intesa tra i club e i giocatori sul contributo di solidarierà (che le società vogliono totalmente a carico degli atleti) e l’articolo 7, quello sui fuori rosa. ”Accordo bocciato a larga maggioranza”. Tommasi: ”Al momento non ci sono le condizioni per giocare”

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ROMA – La serie A corre verso lo sciopero. A meno di clamorose sorprese la prima giornata del massimo campionato non si disputerà nel prossimo week end. “L’assemblea della Lega di Serie A, con voto a larghissima maggioranza, 18 a 2, ha respinto di aderire al testo del contratto collettivo proposto dall’Assocalciatori”. L’annuncio del presidente Maurizio Beretta arriva nel primo pomeriggio dopo una mattinata passata in consiglio federale in cui erano state dispensate notevoli dosi di ottimismo. “Il testo firmato dall’Assocalciatori non può essere sottoscritto se non c’è l’integrazione dei due punti sui quali già ci eravamo espressi”, ha spiegato Beretta al termine dell’assemblea dei club.
NIENTE INTESA –Sono due i nodi. L’articolo 4 che riguarda il contributo di solidarietà che secondo i club deve essere totalmente a carico dei giocatori e l’articolo 7 che secondo la Lega deve prevedere l’assoluta autonomia dello staff tecnico di organizzare gli allenamenti dei giocatori. L’assemblea ha votato a larga maggioranza per il no (solo Cagliari e Siena erano favorevoli alla firma) “respingendo l’idea di aderire al testo già firmato dall’Aic considerandolo non sufficiente”. I club hanno controproposto le loro modifiche ai due articoli sui quali si è bloccata di nuovo la trattativa. Sull’articolo 4.2 le società vogliono che venga così emendato: “Non è ammesso il patto contrario. Eventuali contributi straordinari, quale quello previsto dal
COSI’ NON SI GIOCA – Una scelta, quella della Lega, bocciata da alcuni presidenti (Cellino: ”L’Assocalciatori sta dimostrando più responsabilità e molta più maturità di quanta se ne sia vista nell’assemblea di Lega di Serie A”) e che ha sorpreso Damiano Tommasi, presidente dell’assocalciatori. ”Al momento non ci sono le condizioni perché si giochi – ha detto – Sono allibito che domenica non si giochi, o che ci sia il forte rischio che non si giochi-. Le modifiche proposte per noi non erano accettabili, ma chi le ha proposte non ha lasciato la delega per la firma e ha chiuso l’assemblea. Non giocare non fa bene a nessuno, ma qualcuno ha interesse che non si cominci”.
Contributo di solidarietà: chi paga?
Solidarietà per i campioni
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Prendendo spunto da un articolo de “Il Sole 24 Ore” piccolo approfondimento sul contributo di solidarietà che sembra creare non poco scompiglio ai calciatori di Serie A.
In Kenya il più grande campo rifugiati del mondo con 400 mila profughi / VIDEO: The Dadaab refugee crisis
The Dadaab refugee crisis
Caricato da NTVKenya in data 26/lug/2011
http://www.ntv.co.ke
The number of refugees crossing the Somalia border into Kenya has now shot up to nearly 2,000 everyday. Aid actors in Dadaab now say an immediate solution by the international community should be found to help food rations reach the people at the heart of the problem in Somalia. The Kenyan government has in the meantime been urged to fastrack the opening of IFO 2 camp which it pledged to open a couple of days ago and NTV’s James Smart reports desperation has reached fever high forcing the host community to join the aiding band wagon.
In Kenya il più grande campo rifugiati del mondo con 400 mila profughi
Arrivano soprattutto dalla Somalia. L’Onu: «Ogni giorno arrivano un migliaio di persone affamate»
Kenya’s Dadaab Refugee Camp – fonte immagine
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I tre agglomerati intorno a Dadaab (Dagahaley, Ifo e Hagadera) in Kenya, formano il più grande campo rifugiati del mondo. Oggi i loro abitanti superano i 400 mila. Profughi arrivati soprattutto dalla Somalia. Secondo i dati delle Nazioni Unite ogni giorno un migliaio di persone raggiunge uno dei tre campi. Gente affamata che fugge dall’inferno Somalia, stretta tra due fuochi: la carestia che ha distrutto buona parte dei raccolti e la guerra che tra gli integralisti islamici che rivendicano di essere la filiale di Al Qaeda, gli shebab, e il Governo Federale di Transizione sostenuto dai suoi alleti: il contingente di pace dell’Unione Africana (Amisom, Africa Mission in Somalia, formato da 9 mila soldati ugandesi e burundesi) e il migliaio di miliziani dell’Ahlu-Sunnah wal-Jama^ah, gruppo islamico moderato.
I CAMPI – I campi di Dadaab sono stati fondati nel 1992 quando un’altra grande carestia colpì la Somalia. E quindi ora a Dagahaley, Ifo e Hagadera convivono nuovi arrivati, vecchi residenti e giovani che ci sono nati. Questi sono i più delusi: non hanno altre prospettive se non quelle di restare lì per sempre. I vecchi profughi nei campi di Dadaab si sono organizzati come veri e propri villaggi: ci sono negozi di tutti i generi, compresi quelli più moderni di computer e accessori, agenzie per il trasferimento di denaro, macellerie, botteghe di alimentari e perfino “sale” cinematografiche, cioè ambienti dove vengono presentati film su piccoli televisori: prezzo di ingresso l’equivalente di un euro. Insomma i campi di Dadaab sono autosufficienti. Ma la vita non è sicura. Il filmato all’interno del mercato di Ifo è stato realizzato clandestinamente. Gli stranieri in quelle strade si muovono a rischio accoltellamento o peggio rapimento.
IL LAVORO DEI PROFUGHI – Vari racket (cui partecipano anche gli shebab) gestiscono i traffici e i commerci. I somali che sono rifugiati a Dadaab non possono lavorare se non come interpreti o impiegati dalla Nazioni Unite per lavori di amministrazione. Chi cerca lavoro fuori viene visto dai kenioti come un fastidioso concorrente e subito intimidito. Un rifugiato che aveva trovato un posto come pastore ha ricevuto talmente tante minacce ed è stato picchiato a sangue da una gang: ha preferito tornare in Somalia. La notte il campo viene battuto da squadracce armate di tutto punto che intimidiscono gli ospiti li derubano, violentano le donne e ammazzano chi si oppone. Le denuncie sono impossibili da fare anche perché l’omertà regna sovrana. Per non subire ritorsioni, meglio tacere.
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23 agosto 2011(ultima modifica: 24 agosto 2011 02:14)
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GIOVANI E SENZA LAVORO – In Italia sono 1.138.000
I dati diffusi da Confartigianato
In Italia 1.138.000 i giovani senza lavoro
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L’Italia ha il record negativo in Europa per la disoccupazione giovanile. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’età è del 29,6%: uno su 3 è senza lavoro, rispetto al 21% della media europea
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Roma, 24-08-2011
L’Italia ha il record negativo in Europa per la disoccupazione giovanile: sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’età è del 29,6%: uno su 3 è senza lavoro, rispetto al 21% della media europea.
A fotografare la situazione del mercato del lavoro nel nostro Paese e’ l’Ufficio studi della Confartigianato. Il primato a livello nazionale è della Sicilia con una quota di disoccupati under 35 oltre il 28%. E se la media italiana si attesta al 15,9%, va molto peggio nel Mezzogiorno dove il tasso sale a 25,1%, pari a 538.000 giovani senza lavoro.
Inoltre, tra il 2008 e il 2011, anni della grande crisi – rileva la Confartigianato – gli occupati under 35 sono diminuiti di 926.000 unità. Nella classifica delle regioni seguono la Campania con il 27,6% di giovani senza lavoro, la Basilicata (26,7%), Sardegna (25,2%). Conviene invece andare in Trentino Alto Adige dove il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni è contenuto al 5,7%, oppure in Valle d’Aosta con il 7,8%, Friuli Venezia Giulia con il 9,2%, la Lombardia con il 9,3%.
Ma non sono solo i giovani le vittime della crisi del mercato del lavoro italiano. Il rapporto di Confartigianato mette in luce un peggioramento della situazione anche per gli adulti. La quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2%, a fronte del 15,2% della media europea, e tra il 2008 e il 2011 e’ aumentata dell’1,4% mentre in Europa e’ diminuita dello 0,2%.
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fonte: http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=155810
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FIAT, PICCOLI SQUALI CRESCONO – Slogan dal sapore ‘terroristico’ di Elkann al convegno Cl. E Marchionne investe in ‘fumo’
Slogan dal sapore ‘terroristico’ di Elkann al convegno Cl. E Marchionne investe in ‘fumo’
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Allora, allora…
Il torrido caldo agostano sembra colpire ovunque e stringere nella sua morsa menti grandi e piccole riducendole ad un ammasso informe di gelatina cellulare.
Il buon Elkan, parla alla platea di Cl balbettando concetti fumosi in tema di istruzione, famiglia e quant’altro possa essere digerito dalla massa acritica a convegno in quel di Rimini. Non manca, però, di inserire, il pargolo meccanico, una nota minacciosa rivolta all’Italia: dica (subito, ed a noi) se vuole continuare a fabbricare auto (l’Italia? Ma non era la Fiat?). Implicita la risposta: ‘altrimenti noi…’
Sproloquia di diminuzione della criminalità in Brasile facendo intendere che sia il ‘frutto’ d’intesa tra la stessa Fiat e il Governo brasiliano ed elogia la ‘famiglia’. Spinge a tavoletta sull’acceleratore del ‘bisogno di più investimenti’ (dell’Italia, ovvio) per garantire una cifra occupazionale. Cifra occupazionale sempre più minima, visti confermati i ‘tagli’ di Fiat.
Un discorso precotto e mal recitato. E un ennesimo ricatto.
Di chiaro c’è solo che: noi Italiani, per mantenere il lusso di un’occupazione debole e mal pagata, dobbiamo svenarci ulteriormente, attraverso la pressione fiscale, affinché lor signori possano costruire Suv da vendere in mercati più favorevoli (non certo quello italiano) quando le scelte di grandi Case si stanno orientando altrimenti (vedi la Bmw che punta sulle ‘piccole’). Ridotto in soldoni significa che simo noi stessi a pagarci il nostro lavoro in Fiat mentre l’azienda si gode i profitti praticamente a ‘costo zero’.
Il ricatto aziendale, peraltro, non è nuovo, perché cambiano i tempi ma non i modi. Già negli anni settanta-ottanta, la medesima strategia aveva ‘pagato’: il sempre ‘compianto’ Gianni (lui si, uno squalo di classe) dagli affaristi ‘perbene’ nostrani, sapeva ottenere col ricatto tonnellate di aiuti in Lire dal Governo italiano semplicemente agitando lo spettro della disoccupazione. Elkan e ‘compagni di merenda’ minacciano un trasloco definitivo per ottenere il medesimo risultato. Siamo convinti che l’attuale, inane, Governo abboccherà e garantirà a Fiat la ‘continuità storica’.
Esemplare, poi, la ‘fiducia’ aziendale che il ‘magliaro’ Marchionne pone nei prodotti dell’azienda di cui è AD: mentre gli altri, come lui strapagatissimi colleghi, comprano le azioni delle aziende che rappresentano, quel tenero orsacchiotto di peluche che è Marchionne investe in fumo, quello della Philip Morris per la precisione.
Dobbiamo dargliene atto che non lo fa da oggi, ma DAL 2006. L’eroe dei ‘più mondi’, se ne deduce, ha assunto l’impresa di salvare la Chrysler con già in mente la malsana idea di trovare il partner giusto (Fiat) sul quale scaricare i costi e la proprietà accollandone, in definitiva, l’onere del fallimento aziendale. In questo è stato esemplare. I ram-polli Fiat hanno abboccato e gli hanno consentito di fare bella figura davanti ad Omaba restituendo il prestito governativo americano non solo in tempo, ma addirittura un anno prima la scadenza concordata. Ora la Fiat è uno scatolone di marchi che immette sul mercato qualcosa come 4 milioni di autovetture l’anno. Qualcuna ne venderà ma, sospettiamo, il restante andrà ad intasare i già affolatti piazzali di stokkaggio. Con conseguenze facilmente prevedibili.
mauro
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LEGGI
Elkann: “Italia decida se vuole fare automobili”
Fiat, in fumo i soldi di Marchionne che investe in Philip Morris
Sorpresa, il Gruppo Bmw ora punta sulle piccole
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