Archivio | luglio 12, 2007

Infermiere bulgare e medico palestinese condannati a morte

La decisione della Corte suprema arriva dopo un’odissea di otto anni

Libia, pena capitale per infermiere bulgare
Ue: “Sentenza negativa, siano graziati”

Barroso: “Deplorevole la condanna emessa dalla Libia”
Ieri la situazione sembrava risolta grazie a un accordo

TRIPOLI – La Corte suprema libica ha confermato la pena di morte per le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese accusati di aver inoculato il virus dell’Aids a 438 bambini di Bengasi, 56 dei quali sono morti. Dall’Unione Europea arriva una condanna alla sentenza per bocca del presidente della Commissionee José Manuel Barroso che dice di “deplorare” il giudizio espresso dalla Corte libica e di “sperare comunque che si arrivi ad una soluzione diversa”, meta che perseguirà con l’impegno di tutta l’Unione. E Franco Frattini, vicepresidente dell’esecutivo Ue e capo della commissione Giustizia, parla di sentenza “assolutamente negativa”.

Secondo la legge libica infatti, il reato di cui sono accusati i sei sanitari è punibile con la pena capitale tramite fucilazione. I sei si erano proclamati innocenti accusando le autorità libiche di aver estorto con la tortura false confessioni, poi ritrattate nel corso del processo.

La sentenza suscita sorpresa. Ieri infatti sembrava che la situazione fosse giunta a una svolta positiva: la Fondazione Gheddafi, presieduta da Seif al-Islam Gheddafi, figlio del leader libico Muammar Gheddafi e indicato come suo successore, aveva annunciato un accordo per il versamento di compensazioni finanziarie ai familiari delle vittime.

“Siamo giunti a un compromesso accettabile con le famiglie. I particolari dell’accordo saranno resi noti nelle prossime ore”, aveva dichiarato Salah Abdessalem, il direttore della Fondazione Gheddafi che conduce le trattative per una soluzione del caso. L’accordo era stato raggiunto fra le famiglie e il fondo speciale di aiuto alle vittime istituito nel 2005 da Tripoli e Sofia, sotto l’egida dell’Unione europea per risarcire i familiari dei bambini contaminati. “Questo accordo soddisfa tutte le parti e pone fine alla crisi”, aveva aggiunto il direttore.

Oggi però il vice-ministro degli esteri bulgaro Feim Tchaouchev nega l’esistenza dell’accordo: “La Bulgaria non dà nessuna conferma ufficiale che l’accordo sia stato ottenuto”. Il diplomatico ha poi aggiunto che la sentenza “non stupisce” le autorità del suo paese, certe che sarebbe arrivata una condanna.

La speranza di questo accordo raggiunto in extremis era quella di ottenere una commutazione delle pene capitali in pene detentive, che i condannati avrebbero potuto scontare in Bulgaria. Le cinque infermiere, Valya Chervenyashka, Snezana Dimitrova, Nasya Nenova, Valentina Siropulo e Kristiana Valceva, e il medico di origine palestinese Ashraf Ahmad Jum’a erano stati arrestati nel febbraio 1999 in Libia.

La vicenda ha suscitato tensioni a livello internazionale. In difesa dei sanitari, oltre al governo di Sofia sono intervenute le autorità di vari paesi tra cui il Portogallo – attualmente alla presidenza dell’Ue – che tramite il suo premier José Socrates fa sapere che il paese è impegnato nella ricerca di una soluzione positiva della faccenda.

In questo senso erano intervenuti anche una serie di organismi sovranazionali e Luc Montagnier, scopritore del virus dell’Hiv nel 1983, e il medico italiano Vittorio Colizzi. I due specialisti avevano dichiarato che la contaminazione era il risultato delle cattive condizioni igieniche dell’ospedale. Sulla vicenda erano poi intervenuti scienziati da tutto il mondo per tentare di scagionare gli operatori sanitari. Anche Amnesty International aveva lanciato un appello raccogliendo migliaia di firme chiedendo la scarcerazione delle cinque infermiere bulgare e del medico palestinese.

fonte: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/esteri/libia-infermiere/libia-infermiere/libia-infermiere.html

(11 luglio 2007)

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LIBIA: 5 INFERMIERE BULGARE CONDANNATE A MORTE

12.05.2004 – Sofia

Cinque infermiere bulgare sono state condannate a morte da una corte libica lo scorso 6 maggio. Christiana Valcheva, Valia Cherveniashka, Nasia Nenova, Valentina Siropulo e Snezhana sono state ritenute colpevoli di aver volontariamente infettato con il virus dell’AIDS circa 400 bambini libici. Tra il personale bulgaro accusato solo Zdravko Georgiev, medico, si è visto assegnare una pena di soli 4 anni ed è stato immediatamente rilasciato per averli già scontati.

Il personale medico bulgaro lavorava in un ospedale infantile a Benghazi. Il loro dramma è iniziato cinque anni fa. Furono infatti arrestati nel 1999 e non lasciarono mai le carceri libiche. In Bulgaria la loro vicenda era già nota ma la condanna a morte ha scioccato i bulgari. Le autorità di Sofia hanno immediatamente reso noto che faranno di tutto affinché i difensori delle infermiere ricorrano in appello e possano vincere. “I nostri concittadini sono innocenti e questa tesi è ampliamente suffragata dalle prove emerse durante la fase processuale”, ha dichiarato Anton Stankov, Ministro della giustizia bulgaro aggiungendo poi che il governo bulgaro non accetterà che propri concittadini divengano ostaggi di Tripoli per risolvere questioni interne alla Libia.

La tesi dei difensori delle infermiere è che questi ultimi avrebbero confessato la propria colpevolezza sotto tortura. “La corte libica ha affermato che non è di sua competenza valutare se le confessioni siano state rilasciate o meno in seguito a torture, e questo è perlomeno sorprendente”, ha aggiunto Stankov. Cerca nuovi spiragli il Presidente dal Parlamento bulgaro Ognyan Gerdzhikov: “anche se in appello la condanna fosse confermata il presidente libico Gheddafi potrebbe graziarli”.

Solomon Passy, Ministro degli esteri, ha preferito invece appellarsi all’aiuto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed alla Comunità internazionale. La stampa ha riportato che il Ministro degli esteri avrebbe già avviato contatti con tutti i 15 membri del Consiglio ed avrebbe iniziato a scrivere, assieme alla Gran Bretagna, una risoluzione che porti ad alleviare le sanzioni internazionali contro la Libia per ingraziarsene i favori.

Shock e paura

“Shock e paura” titola il quotidiano Troud lo scorso 8 maggio descrivendo le forti reazioni in Bulgaria alla sentenza della corte libica. Sindaci, politici e semplici cittadini stanno raccogliendo in tutto il Paese sottoscrizioni in difesa delle 5 infermiere. “Sarei tentato di invitare tutti i medici e le infermiere bulgare che lavorano in ospedali libici a lasciare il paese” ha affermato Ventzilav Grozdev, a capo del sindacato bulgaro dei medici “senza di loro il sistema sanitario libico crollerebbe in meno di tre settimane. Gheddafi se lo merita”. Più duri i toni dei manifestanti portati davanti all’ambasciata libica dai nazionalisti del VMRO, partito che non è rappresentato in parlamento. Questi ultimi hanno intonato slogan dal blando “I bulgari sono innocenti” o “Libertà per il personale medico bulgaro” al più violento “Libici assassini”.

La Bulgaria sulla questione è comunque in fermento. 715.000 bulgari hanno sottoscritto la campagna “Un milione di lettere per i nostri compatrioti” organizzata dall’Unione degli editori bulgari. 12 quotidiani nazionali bulgari hanno allegato alle edizioni di questi giorni cartoline da inviare al presidente USA ed alla Commissione europea dove si scrive che la Bulgaria crede nell’innocenza dei propri concittadini in Libia. Il presidente della sezione bulgara del Comitato di Helsinki, think tank che si batte per la difesa dei diritti umani nel Paese, ha paragonato la corte libica a quelle attive in Bulgaria prima del 1989, durante l’era comunista. “La storia dei bulgari in Libia avrà un lieto fine solo se vi saranno forti pressioni USA e dell’Unione europea”, ha aggiunto.

Forti reazioni internazionali

Le reazioni alla sentenza in Libia sono state vigorose sia nell’Unione europea che negli USA. L’Unione europea ha già espresso la propria preoccupazione. Richard Baucher, portavoce del Dipartimento di Stato USA ha invece affermato come gli USA faranno pressione su Tripoli affinché l’intera vicenda abbia un esito positivo. Anche l’ambasciata USA a Sofia ha preso posizione e in un comunicato stampa ha definito la sentenza sbagliata ed ingiusta. E’ scesa in campo anche Amnesty International che ha invocato la cancellazione delle sentenze a morte che ha definito sconcertanti.

Colpevoli ed innocenti sul “Caso Libia”

La stampa locale in Bulgaria ha criticato le autorità bulgare al potere dal 1999 ad oggi per non essere state in grado di fare nulla che abbia potuto evitare la drammatica sentenza dei giorni scorsi. In particolare si è ricordata un’affermazione dell’ex premier Ivan Kostov il quale sulla vicenda avrebbe affermato: “Nel caso i nostri concittadini fossero colpevoli?”. Troud chiede invece le dimissioni del Ministro degli esteri Salomon Passy pur affermando che la colpa maggiore sarebbe da attribuire a chi lo ha preceduto: Nadezhda Mihailova. Troud sostiene come l’attuale responsabile degli eteri continui a parlare di giusto processo sperando che l’entrata della Bulgaria nella NATO basti a risolvere tutti i problemi. “Occorre una vera e propria offensiva diplomatica per arrivare ad un lieto fine” si ricorda dalle colonne del quotidiano “non sono sufficienti le dichiarazioni di Colin Powel e Romano Prodi. Avranno effetti concreti solo se la nostra diplomazia avvierà una martellante pressione diplomatica”. Appare comunque come una beffa che la sentenza arrivi a solo una settimana dalla visita del colonnello Gheddafi a Bruxelles dove è stato accolto con un abbraccio da Romano Prodi, commenta il quotidiano Dnevnik.

Scenari

La stampa bulgara ha provato ad immaginare i differenti scenari sul “Caso Libia”. Qualcuno sostiene che basterà una telefonata di Bush per far fare un passo indietro al colonnello libico. Ma il portavoce del Ministero degli esteri della Libia avverte: “Meglio che gli USA pensino ad indagare e fare chiarezza sulle torture contro gli iracheni piuttosto che dare consigli e fare pressioni su una corte indipendente in Libia”. Altri consigliano invece la strada dell’Unione Europea o addirittura Mosca. Difficile infatti per gli editorialisti del quotidiano Troud che Gheddafi possa temere le reazioni USA, il suo nemico numero uno, meglio provare a raggiungerlo tramite il Cremlino. Intanto però la posizione libica si è radicalizzata. Il vice Ministro degli esteri libico, Hasun Ashaush, ha accusato la Bulgaria di bio-terrorismo e di contaminazione di bambini con armi di distruzioni di massa. Accuse negate con vigore da Sofia. Intanto l’altro ieri un medico bulgaro e’ stato accusato in Libia di aver curato male una paziente, poi deceduta. Il dottor Anton Botev, che lavorava a Msalata (a 120 km da Tripoli), non e’ riuscito a salvare la paziente, trasportata in ospedale in stato di morte clinica. Interrogato prima come testimone, il medico bulgaro e’ poi stato “accusato di non aver curato la paziente in modo adeguato”, ha affermato l’ ambasciata bulgara in Libia, precisando che egli non e’ detenuto. Lo stesso giorno è stata avviata la procedura di ricorso in appello presso la Corte suprema per le cinque infermiere bulgare condannate a morte.

Autore: Tanya Mangalakova
Fonte: Osservatorio sui Balcani

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Parlamento Pulito in Cassazione

12 Luglio 2007

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Martedì ho depositato alla Cassazione a Roma una richiesta di legge popolare per un Parlamento Pulito insieme ai (meravigliosi) ragazzi del MeetUp di Roma.
Dalla Gazzetta Ufficiale:

“Ai sensi degli articoli 7 e 48 della legge 25 maggio 1970, n.
352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di
Cassazione, in data 10 luglio 2007 ha raccolto a verbale e dato atto
della dichiarazione resa da dieci cittadini italiani, muniti dei
prescritti certificati di iscrizione nelle liste elettorali, di voler
promuovere una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo:
“Riforma della legge elettorale della Camera e del Senato
riguardante i criteri di candidabilita’ ed eleggibilita’, i casi di
revoca e decadenza del mandato e le modalita’ di espressione della
preferenza da parte degli elettori”.

I tre punti della proposta sono:

1- NO AI PARLAMENTARI CONDANNATI. No ai 25 parlamentari condannati in Parlamento – Nessun cittadino italiano può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva, o in primo e secondo grado e in attesa di giudizio finale.

2- DUE LEGISLATURE. No ai parlamentari di professione da 20 e 30 anni in Parlamento – Nessun cittadino italiano può essere eletto in parlamento per più di due legislature. La regola è valida retroattivamente.

3- ELEZIONE DIRETTA. No ai parlamentari scelti dai segretari di partito – I candidati al parlamento devono essere votati dai cittadini con la preferenza diretta.

La richiesta di legge popolare sarà accolta se vengono raggiunte almeno 50.000 firme autenticate.
L’otto settembre in tutta Italia ci sarà la raccolta di firme organizzata dai gruppi dei Meetup di tutta Italia (cerca la tua città) e dalle associazioni che vorranno aderire.

Non perdete questa occasione per ripulire il Parlamento.

V-day
V-day
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1. Partecipa al V-day
2. Scarica il volantino
3. Inserisci le tue foto su www.flickr.com con il tag: Vaffa-day

La Guerra di Piero

Milano, 10 Luglio 2007 – Emilio Fede mi ha querelato e la finanza ha cambiato le chiavi di accesso al mio blog, impedendomi di pubblicare nuovi articoli. Mi sento afono e non è piacevole per uno come me.
Il blog mi è stato chiuso su richiesta del pubblico ministero di Roma Giuseppe Saieva, con atto del gip Cecilia Demma. Il “sequestro preventivo” – così si chiama – mi è stato notificato alle 14,00 del 10 luglio da due agenti del “nucleo speciale contro le frodi telematiche” della Guardia di finanza, venuti appositamente dalla capitale. Il sequestro proviene da una querela per diffamazione presentata da Emilio Fede nei miei confronti per la contestazione che gli rivolsi al Circolo della Stampa di Milano il 16 aprile 2007.
In esecuzione del medesimo provvedimento è stato cancellato dal blog un mio articolo relativo alla vicenda Fede e i commenti a margine dei lettori. Articolo e commenti peraltro rimasti nella memoria della rete.
Per motivi tecnici non è stato possibile, come pure era stato richiesto dall´autorità giudiziaria, togliere il video da youtube. Non si è arrivati all´oscuramento totale del blog, che pure era stato prospettato nel decreto di sequestro preventivo, solo perché gli agenti della finanza hanno adottato la soluzione di modificare la mia password di amministratore di www.pieroricca.org, previa missione mattutina a Sarzana (La Spezia), sede legale della società di gestione del blog.
Naturalmente farò immediata richiesta di dissequestro.
E mi riservo di querelare a mia volta il signor Fede. Ricordo infatti che la contestazione ebbe come antefatto una mia domanda (sul caso Europa 7 e le frequenze abusivamente occupate da Rete 4), alla quale il direttore del tg4 rispose dandomi dell´”imbecille”. Per non parlare dello sputo che mi indirizzò nell´androne del circolo della stampa, come testimonia il video reperibile all´indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=5KbGNQwO7es

Qualche giorno dopo il buon Fede definì “mascalzoni” me e gli amici che insieme a me lo criticarono al circolo della stampa. Che dite, chiediamo il sequestro preventivo del tg4?
Con il querelante ci confronteremo in tribunale, magari davanti a qualcuno dei magistrati diffamati e spiati negli anni del governo su misura.
Sarò lieto di farmi processare un´altra volta per aver espresso opinioni condivise dalle persone che stimo. Com´è mia abitudine rispetterò le procedure e mi assumerò le mie responsabilità, difendendomi nel processo e non dal processo.
Nel frattempo non smetterò di interpellare e criticare i personaggi pubblici che non stimo, esercitando il mio diritto-dovere di dissenso.
Nessuno riuscirà a sequestrare la libertà di espressione, mia e degli amici del gruppo Qui Milano Libera e del blog: questo è certo.
Ma quanto accaduto non è un problema solo mio: è un atto ingiusto che minaccia la libertà di espressione su internet di ciascuno di noi.
Per questo mi appello ai blogger e al popolo della rete: fate circolare questa notizia, rendete pubblico il vostro dissenso! Difendiamo insieme la nostra libertà di parola. Grazie fin d´ora!

Piero

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            QuiMilanoLibera è basato su piattaforma WordPress
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            Evviva!


            Mentre pieroricca.org riposa, entra in gioco quimilanolibera.net .
            Non poteva esserci migliore esordio per il sito che avevamo immaginato come punto di riferimento delle iniziative del gruppo Qui Milano Libera.
            La libertà di parola è un vizio, una droga potentissima che crea assuefazione. Sono passate 48 ore scarse da quando il maresciallo Zorzo del nucleo speciale antifrodi telematiche della finanza mi ha notificato l´avvenuto sequestro del blog, e mi sembrano un´eternità.
            In questi due giorni ho messo a fuoco il tortuoso iter del provvedimento preventivo e punitivo. Ed è questo:

            – Fede mi querela per diffamazione a Roma. .
            – Il Pm Saieva non lascia dormire il fascicolo e, riconoscendo nella querela gravi elementi di colpevolezza a mio carico, adempiendo alla richiesta del querelante, chiede al Gip l´oscuramento del nostro video su youtube, relativo alla piazzata con Fede, e del mio blog per impedire la perpetuazione del reato oggetto di querela. Periculum in mora, credo che si chiami in gergo.
            – Il Gip dispone l´oscuramento solo degli articoli che parlano di Fede, oltre che del video di youtube
            – Entra in scena il maresciallo Zorzo, che con un collaboratore da Roma si reca a Sarzana (La Spezia) e bussa alla porta della società che mi tiene on line il blog. Acquisiscono il mio indirizzo e il mio numero di telefono. Oscurano un solo articolo che parla di Fede e relativi commenti. Cambiano le mie chiavi di accesso al blog, impedendomi di pubblicare nuovi contributi.
            – Poi vengono a Milano. Per strada mi telefonano. La vicenda che mi raccontano mi sembra così assurda che penso allo scherzo dei soliti amici buontemponi. Tant´è vero che dopo un paio di telefonate e sms, gli rispondo: mi dispiace maresciallo, parlo solo con i generali.
            – Dopo una verifica, capisco che la cosa è reale, ancorché poco seria. Ricevo il maresciallo con un suo collaboratore al bar sotto Casa. Vengo identificato. Mi notificano il sequestro.
            – Chiedo perché mai mi impediscano di scrivere, visto che la censura preventiva non è prevista dalle leggi. Il maresciallo Zorzo mi risponde che, data la struttura tecnica del mio blog, per impedirmi di ripubblicare o modificare quel post incriminato e oscurato, ha dovuto cambiare la password.
            – E aggiunge: solo così ho evitato l´oscuramento totale del blog.
            – Naturalmente il nucleo speciale non è in grado di togliere il nostro video da youtube. E non si cura del fatto che l´innocuo articoletto censurato, di presentazione del video, è reperibile agevolmente su Google
            – In queste ore il mio avvocato e fratello Mino Ricca (che l´ha già spuntata con il Puffone e ringrazio anche qui per la sua disponibilità) sta cercando un contatto con il pubblico ministero Saieva per vedere se, alla luce della dichiarazione del maresciallo Zorzo, e mediante un mio impegno scritto a non ripubblicare il post incriminato, è possibile sbloccare il blog, che peraltro il medesimo pubblico ministero aveva chiesto di oscurare totalmente
            – In caso negativo ho già pronta una formale richiesta di dissequestro
            – Domani, inoltre, querelo Emilio Fede

            Questo per ora è tutto. Vi terrò informati.

            Questa sera tutto confermato: si festeggia Qui Milano Libera e la querela al parco Solari di Milano, dalle ore 19 in avanti, vicino alla Fontana. Chiunque venga in pace sarà gradito ospite. Meglio se porta da bere.

            Piero

            Metà delle famiglie stringono la cinghia

            Metà delle famiglie stringono la cinghia

            “L’inflazione ritorna a crescere”

            12/07/2007 – 17:00
            ROMA – Metà delle famiglie italiane vive l’incubo della “terza settimana”: già al venti del mese non riescono a far quadrare il magro bilancio. Cinque milioni di famiglie, due su dieci, sono povere o rischiano di diventarlo. Basta un divorzio, la perdita del lavoro o una malattia, a compremettere l’equilibrio finanziario di una fetta sempre più grande di nuclei familiari. Solo il 24% della famiglie non ha problemi economici; tutti gli altri ammettono di dover tirare la cinghia. Aumentano coloro che usufruiscono delle mense: alle porte della Caritas bussano sempre meno immigrati, sempre più italiani.

            “Italia a due economie”. Uno studio realizzato da Eurispes in collaborazione con Federcasalinghe, “La famiglia di fronte alla crisi del welfare”, mostra un’Italia a due economie: un’economia delle famiglie e una delle imprese. Gian Maria Fara è il presidente dell’Istituto di studi politici economici e sociali di Roma che ha condotto l’analisi: “Da un lato cresce il PIL, sostenuto prevalentemente dalle esportazioni e non dai consumi interni; dall’altra, manca una condivisione della crescita che, per il momento, si risolve ad esclusivo vantaggio delle imprese”.

            “L’inflazione ritorna a salire”. Secondo l’Eurispes l’inflazione ha ripreso a salire: ”Per primi lanciammo un segnale d’allarme nell’agosto del 2002 denunciando un’inflazione galoppante all’8%”, ricorda Gian Maria Fara. “Subimmo per questo dure critiche, ma per noi l’inflazione non è né di centrodestra né di centrosinistra. Oggi, a distanza di cinque anni, segnaliamo nuovamente che l’inflazione, dopo un periodo di stasi, sta tornando a crescere più di quanto indicato dalle statistiche ufficiali”.


            Gli italiani tagliano le spese. Ma dove tagliano gli italiani per ridurre le spese? Innanzitutto, riducono le risorse destinate ai regali (“abbastanza” nel 39,9% dei casi e “molto” nel 23,1%); poi privilegiano l’acquisto dei prodotti in saldo (il 40,8% lo fa abbastanza spesso e il 23,6% ancora più frequentemente). Il 56,3% si rivolge “molto” o “abbastanza” frequentemente ai punti vendita più economici come i discount. I grandi magazzini e gli outlet affascinano invece i consumatori quando si tratta di abbigliamento “molto” o “abbastanza” rispettivamente nel 24% e nel 43,2% dei casi.

            “Aumenta la povertà in giacca e cravatta”. In aumento la povertà definita dall’Eurispes in “giacca e cravatta”, quella che colpisce i ceti medi in difficoltà. Come coloro che hanno acceso un mutuo per acquistarela casa ma non riescono a pagarlo. E’ allarme, per l’Eurispes, sull’insolvenza dei mutui. Il numero dei contratti non onorati è in aumento; si calcola che nel solo 2006, le famiglie in difficoltà nel pagare le rate del mutuo sono cresciute del 5,1%. Il debito complessivo in sofferenza è di circa 11 miliardi di euro nel 2006 e le famiglie coinvolte sono almeno 410.000.

            “Sempre più finanziarie”. “Un numero sempre crescente di famiglie – spiega l’onorevole Federica Rossi Gasparrini, presidente di Federcasalinghe – è assediato da una comunicazione martellante che spinge verso un sempre maggiore indebitamento. Basti pensare che la pubblicità delle finanziarie è aumentata del 28% negli ultimi anni ed oggi rappresenta un fenomeno sfacciato”.

            fonte: http://finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20070712&fonte=RPB&codnews=125861

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            Piero Ricca, Emilio Fido e la Censura

            12/07/07 11:05
            Il nostro amico Paolo Morelli (www.bloggers.it/movimentolaureati/) ci ha inviato una richiesta di pubblicazione del video di Piero Ricca, un’intervista che il Fido non ha gradito sul caso Europa 7, e che noi volentieri a nostra volta rendiamo pubblico.
            Il sito di Ricca, a causa di questo video, ha subito la censura.
            Giudicate voi.