Archivio | novembre 2009

Manifestazione No Ponte: la sinistra c’è, il PD tentenna

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Reticenti. Contraddittorie. Surreali. Le parole con le quali il PD di Reggio Calabria, per bocca del suo segretario provinciale Giuseppe Strangio, ha motivato la non adesione alla manifestazione della Rete No Ponte del prossimo 19 Dicembre a Villa San Giovanni, sono un
concentrato di astrazione e di ambiguità, un frutto avvelenato del residuo “ma-anchismo” che ancora sembra pervadere il Partito Democratico reggino. Siamo contro il Ponte ma anche per verificare se le carte e le risorse ne consentono la costruzione. Siamo per i dubbi sulle ragioni economiche ed ambientali dell’opera ma anche per evitare contrapposizioni con Berlusconi perché queste lo rafforzano. Siamo contro la costruzione del Ponte ma anche contro la partecipazione alla manifestazione del 19 Dicembre perché ideologica e, quindi, speculare agli interessi di marketing elettorale del Governo Berlusconi. Evidentemente, a Reggio Calabria ci sono molti più veltroniani di quello che le primarie non abbiano effettivamente indicato…..
Spieghiamo meglio la nostra opinione sulle parole di Strangio.
Abbiamo detto reticenti, in primo luogo. Dinanzi allo sfacelo economico, ambientale e sociale che sarà prodotto dall’eventuale costruzione del Ponte, il principale partito d’opposizione non può cavarsela dicendo che al momento non c’è traccia né di progetti né di finanziamenti certi e che, di conseguenza, manifestare contro l’ipotesi Ponte rappresenta una scelta meramente ideologica. Peggio ancora, Strangio e il PD non possono arrogarsi alcun diritto di svilire il Movimento No Ponte, reputandolo come la faccia speculare, e perciò stessa quasi complementare, dell’azione mediatica e propagandistica del Governo Berlusconi. Rifondazione Comunista, che del movimento si sente parte attiva e convinta, rispedisce al mittente le parole del segretario Strangio, ritenendo che sia proprio l’atteggiamento accomodante del PD il principale limite nella costruzione di un’opposizione efficace a Berlusconi.
Contraddittorie, in secondo luogo, sia rispetto al giudizio che lo stesso Strangio fa balenare nelle sue riflessioni (“persistono dubbi sulla fattibilità tecnica dell’opera, sulla copertura economica, sull’impatto ambientale e permane la necessità di realizzare prioritariamente altre opere pubbliche”) sia rispetto alle scelte maturate in seno ad importanti amministrazioni locali a guida PD (la Regione Calabria e la Provincia di Reggio Calabria che, su richiesta dei rappresentanti di Rifondazione Comunista e della Federazione della Sinistra, hanno manifestato l’intenzione di aderire alla manifestazione del 19 Dicembre e di supportarne concretamente l’organizzazione). Anche queste ambiguità di fondo rappresentano un limite nel contrasto alle scelleratezze del Governo Berlusconi.
Surreali, infine, collocate come appaiono fuori dal contesto e dalla situazione politica date, quelli di un Governo Berlusconi dall’animo profondamente anti-meridionale che utilizza il Ponte come “specchietto per le allodole” nei confronti di calabresi e siciliani, quelli di una compagine governativa che non sa immaginare alcuna seria ipotesi di sviluppo per la nostra terra all’infuori di cementificazione selvaggia e opere inutili. Davvero il PD, la principale forza di centrosinistra, pensa che dinanzi all’attacco al territorio calabrese si possa assumere atteggiamenti terzi rispetto al sostegno acritico e alla difesa consapevole? Davvero, il PD pensa che davanti alla menomazione della democrazia perpetrata dal Governo Berlusconi e alla relativa aggressione nei confronti degli interessi del Sud si possa reagire con posizioni del tipo “aspettiamo di vedere le carte” o “per il momento ci sono altre priorità”?
Il 19 Dicembre, Rifondazione Comunista e la Federazione della Sinistra saranno a Villa San Giovanni a manifestare e a contestare, insieme a tanti altri partiti politici, associazioni e comitati, sindacati, enti locali, singoli individui: il NO al Ponte è una scelta politica di merito, una scelta che presuppone un’ipotesi di futuro per la Calabria e il Sud, quella che ci parla di uno sviluppo meno energivoro e più rispettoso del territorio, di una riconversione ambientale e sociale dell’economia, di una lotta alle forze criminali e mafiose che ne cancelli la presenza dal tessuto produttivo locale invece che incentivarla, di un autogoverno democratico delle comunità locali, ecc. Se questo dovesse significare essere antiberlusconiani e ideologici, noi saremo e resteremo orgogliosamente antiberlusconiani e ideologici.
Il Segretario Provinciale PRC
Antonio Larosa
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No Tav, resa dei conti nel Pd

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Venerdì arriva Bersani: l’apertura all’Udc potrebbe accelerare il divorzio della sinistra

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maurizio tropeano, torino

«Le coalizioni non nascono attraverso reciproci ultimatum». La riflessione di Giorgio Merlo, parlamentare del Pd di rito ex democristiano, sintetizza al meglio il pensiero del partito: sostenere Mercedes Bresso e allargare la coalizione all’Udc attraverso un programma che metta tra le priorità la Tav tagliando fuori la sinistra radicale. A benedire questa linea arriverà venerdì prossimo il segretario nazionale Pier Luigi Bersani, che incontrerà gli amministratori ribelli della Valsusa. In questo modo si potrebbe realizzare nei fatti quella discontinuità richiesta dai centristi e ribadita da Michele Vietti.

Basterà? Difficile dirlo.
Vietti, comunque, ha passato la palla al Pd e il partito ai suoi massimi livelli si muove. Lo fa annunciando l’intervento di Bersani alla vigilia degli stati generali dell’Udc, che saranno chiusi oggi da Pier Ferdinando Casini. Il leader democratico si muoverà all’interno dei due capisaldi indicati dal segretario regionale Gianfranco Morgando, e dell’ordine del giorno approvato dall’Assemblea regionale del partito. Il primo parla proprio delle alleanze e spiega che il Pd vuole costruire una coalizione che «ponga la realizzazione della Torino-Lione tra le priorità programmatiche senza alcuna ambiguità».

Il secondo caposaldo chiama in causa proprio i ribelli valsusini,
e il segretario arriva a Torino per cercare di «far rientrare le posizioni di aperto e manifesto dissenso». Venerdì sembra l’ultima occasione per trovare un’intesa con il presidente della Comunità Montana Valsusa/Valsangone, Sandro Plano, e con gli amministratori del Pd che hanno stretto un’alleanza con le liste civiche vicine al movimento No Tav. E’ stato Esposito a tessere la tela che ha permesso di portare Bersani a Torino e il parlamentare è uno dei più accesi sostenitori della necessità che il Pd cacci dal partito i ribelli.

La priorità del Pd, comunque,
è convincere l’Udc ad appoggiare Bresso e il centrosinistra. Certo molto dipenderà anche da che cosa succederà in Puglia. Secondo Esposito l’«appuntamento con Bersani sarà uno dei passaggi finali per definire le alleanze in Piemonte ma Vietti deve sapere che un’eventuale uscita del Prc è una questione di carattere programmatico e non ideologico e deve essere altrettanto chiaro che anche l’ingresso dell’Udc è legato al programma e non a una scelta ideologica».

Oggi, intanto, agli stati generali dell’Udc
il coordinatore regionale del Pdl, Enzo Ghigo, porterà i saluti del centrodestra. Probabilmente arriverà anche Morgando mentre è data per certa la presenza dell’onorevole Marco Calgaro a nome dell’Alleanza per l’Italia fondata da Francesco Rutelli. Che cosa dirà Casini? Difficile che l’appuntamento, vista la complicata situazione politica nazionale, porterà a una scelta definitiva. Ghigo, invece, potrebbe spiegare che l’intervento di Bersani è «l’estremo tentativo di dare un “contrordine compagni” agli esponenti del Pd della Valle di Susa ed una ulteriore dimostrazione delle manovre elettorali del Pd e della sinistra».

Il partito democratico, però, è intenzionato a imporre – anche alla Bresso – il «sì» alla Tav come priorità del programma di coalizione di centrosinistra. Un’imposizione che porta il consigliere regionale di Sinistra e Libertà, Luca Robotti, a chiedere la convocazione di tutti i partiti del centrosinistra «per stabilire forme e modi con cui incontrare il partito di Casini».

Fonte: la Stampa

NO ‘B’ DAY: Le iniziative in Italia e all’estero con l’ora e il luogo

Ecco l’elenco, necessariamente ancora parziale, delle iniziative che nascono in queste ore. La pagina è aperta ai lettori, che possono completare nello spazio dei commenti le notizie che abbiamo raccolto. Ad ogni modo, questo è – allo stato – un tentativo di raccolta “enciclopedico” di tutto quello che si sta preparando per il No-B day del 5 dicembre all’Italia e all’estero. In Italia, con pullman e gruppi che si organizzano per arrivare a Roma sabato entro le 14. All’estero, con i sit-in che avverranno – più o meno – in contemporanea con quello di Roma

IN ITALIA:


BARI

Contattare il coordinatore regionale all’indirizzo griso.noberlusconiday@aol.it o il coordinatore della provincia di Bari a noberlusconiday.bari@gmail.com

BERGAMO
Partenza dal Piazzale della Malpensata alle ore 4 del mattino di sabato 5 dicembre

BOLOGNA
Per adesioni cappi801@yahoo.it
Luoghi e orari di ritrovo: ore 6 del mattino al Centro Lame di via Marco Polo 3

BRESCIA
Partenza 5 Dicembre alle 4 da Brescia Nord, di fronte alla Facoltà di Ingegneria. Per informazioni stefano.pedretti@gmail.com

BRINDISI
Partenza pullman alle ore 4 da Piazza Falcone (Stazione FF.SS.)

CAGLIARI (manifestazione in attesa di autorizzazione)
Ore 14?20 Corteo da Piazza Repubblica a Piazza Carmine

CASERTA
Per adesioni chiamare al 3342650607 o inviare una mail a nbdcaserta@gmail.com

CATANIA
Per informazioni e prenotazioni chiamare al 3468019591

COMO
http://www.facebook.com/event.php?eid=184427349309&ref=mf

FERRARA

Per informazioni chiamare allo 347 1340481

FIRENZE
Partenza autobus: piazza San Marco dalle 9.30 alle 18

FOGGIA
Per informazioni e prenotazioni inviare una mail all’indirizzo robgat91@yahoo.it

LECCE
Contattare gli organizzatori all’indirizzo nbdsalento@gmail.com

MILANO
Manifestazione apartitica dalle 14 a Piazza Fontana http://soloviolanobday.blogspot.com/
Per il No B Day di Roma ancora non è stato fissato il punto di raccolta per la partenza in autobus. È possibile aderire inviando una mail a nbdmilano@fastwebnet.it

NAPOLI
Per informazioni e prenotazioni chiamare al 327-5473969

PALERMO
Per informazioni e prenotazioni chiamare al 328-5345518

PAVIA
Per informazioni e prenotazioni inviare una mail all’indirizzo noberlusconidaypavia@gmail.com

REGGIO EMILIA
Per informazioni e prenotazioni inviare una mail all’indirizzo ambasciatore@grillireggiani.it

SALERNO
Per informazioni e prenotazioni chiamare al 340/7412524 – 349/3544167 – 347/1445466.
O inviando una mail all’indirizzo noberlusconiday.salerno@yahoo.it

TRIESTE
Manifestazione in Piazza dell’Unità d’Italia, ore 15

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ALL’ESTERO

Il No Berlusconi Day nel mondo

Da New York a Londra, da Montreal a Madrid. Ecco dove in Europa, Usa e Canada si svolgeranno le manifestazioni di supporto al No B day italiano del 5 dicembre

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AMSTERDAM
Appuntamento a Leidseplein alle ore 15

ATENE
Manifestazione ancora da confermare; non si conosce il luogo di ritrovo per il corteo

BARCELLONA
Nella città catalana ci si incontra tra le ore 20.30 e le 23 nella sede dell’ICV all’Eixample (passage de Maiol 8, di fronte alla Sagrada Família, altezza c/ València)

BELGIO/BRUXELLES
A Bruxelles la manifestazione è anticipata a venerdì 4 dicembre (è in programma la manifestazione di ?Climate Coalition? per il giorno 5 dicembre). Il corteo parte alle 12 da square de Meeus in direzione Place Schuman.

BELGIO/CHARLEROI
Appuntamento sabato 5 dicembre alle ore 15 davanti al Consolato Italiano in boulevard Audent

BERLINO
La manifestazione berlinese si svolge tra le ore 13 e 17 a Hiroshimastrasse 1. D-10785, di fronte all’Ambasciata italiana

COPENHAGEN
Appuntamento dalle ore 13 alle ore 15 di fronte al Consolato Italiano, Ngskiftevej 4 2100 Østerbro

DUBLINO
Appuntamento alle ore 13, di fronte al general Post Office O’Connell Street

EDIMBURGO
Ore 13 di fronte al Consolato italiano, 32 Melville St, EH3 7HA

FRANCIA/PARIGI
L’appuntamento a Parigi alle ore 14 presso il Parvis des droits de l’homme, Trocadéro.
Informazioni: noberlusconidayparis@gmail.com

FRANCIA/GRENOBLE
Appuntamento dalle ore 14 alle 18 in Jardin de Ville.
Informazioni: noberlusconidaygrenoble@gmail.com

HELSINKI
Appuntamento dalle ore 14.00 alle ore 17.00 in via Hallituskatu

LISBONA
Il No B Day portoghese è previsto in Praça Dom Pedro IV alle ore 14

LONDRA
L’appuntamento a Londra è davanti al Consolato italiano, a Eaton Place, alle ore 13

MONTREAL
La manifestazione canadese si svolge alle ore 10 davanti al Consolato italiano, al 3489 di Drummond Street

SPAGNA/MADRID
A Madrid l’apputamento è alle ore 14 davanti all’ambasciata italiana, in calle Lagasca, 98

SPAGNA/SIVIGLIA
A Siviglia l’appuntamento è alle ore 17,00 in Plaza Nueva

STATI UNITI/NEW YORK
A New York il No B Day ha come scenario la famosa Time Square, dalle ore 9 alle ore 13

STATI UNITI/CHICAGO
La manifestazione del 5 Dicembre è ore 14, al Millennium Park, vicino al ?bean?, la scultura anche nota come ?cloud gate?


STATI UNITI/SAN FRANCISCO

Appuntamento dalle ore 14 alle 17 di fronte al Consolato Italiano (2590 Webster Street, angolo con Broadway)

VIENNA
Apputamento a Elsen Platz alle ore 9

STOCCOLMA
Il gruppo di supporto del No B Day in Svezia sta preparando una manifestazione nella capitale svedese. Per informazioni sul luogo, consultare il sito nei prossimi giorni

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fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/no-b-day-le-iniziative-in-italia-e-allestero/2115589&ref=hpsp

DELIRI – “Fate pagare il pizzo”: su Facebook, il gioco choc per diventare camorristi

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Chi entra minaccia i propri amici e può imporre le estorsioni “virtuali”

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TORINO
«Lavora con noi, entra nella camorra»:
è questo l’invito rivolto all’ingresso di un gruppo presente su Facebook, che propone un gioco di ruolo per diventare affiliati. Nel gruppo “Paga il pizzo”, di cui parla oggi il quotidiano locale il Roma, compaiono 6.599 utenti attivi.
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Il primo passo, nel gioco, avviene proprio all’ingresso: cliccando sull’applicazione “entra nella camorra”, si minacciano automaticamente, tutti i propri amici sul social network. Seconda possibilità è “Fai una estorsione”: applicazioni comunque non sviluppate da Facebook, come spiega lo stesso social network. Se si sceglie la pista della “affiliazione” virtuale, vengono richiesti il “nome di battaglia”, gli “anni di reclusione”; si deve scegliere inoltre un clan o decidere di rimanere un “cane sciolto”.
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Vengono richieste anche le esperienze del proprio curriculum criminale: «La camorra è sempre alla ricerca di nuovi talenti nel campo dell’estorsione, delle rapine e degli omicidi. Se pensi che il tuo profilo possa fare al caso nostro proponici il tuo curriculum». Si può optare, dunque, fra diverse “competenze” e figure del crimine: riciclaggio, strozzino, pusher, piazza di fumo, magliaro, ricottaro, truffe, gioco delle tre carte, rapina, rubato autoradio, rubato caramelle ad un bambino, autista transalp, capa di legno, sicario, boss di quartiere, palo, picchiare prostitute, cantare il mio clan. Citando Cutolo, Totò Riina e Di Lauro, nella presentazione si legge inoltre: «Teniamo a precisare che perseguiamo i nostri obiettivi con tutte le nostre forze e tutti i nostri mezzi a disposizione, per questo ove mai fosse necessario non ci poniamo problemi ad uccidere uomini di qualunque età o classe sociale. La nostra politica è quella di risparmiare donne e bambini, non sempre ci riusciamo ma in fondo si sa…nessuno è perfetto!».
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29 novembre 2009
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LA LETTERA – “Figlio mio, lascia questo Paese”

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LA LETTERA. Il direttore generale della Luiss:

“Avremmo voluto che l’Italia fosse diversa e abbiamo fallito”

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di PIER LUIGI CELLI

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Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l’idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E’ anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l’Alitalia non si metta in testa di fare l’azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell’orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l’unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.


Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po’, non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato – per ragioni intuibili – con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all’infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,
tuo padre
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L’autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.

(30 novembre 2009)

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fonte: http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html?rss

Speciale Nilde Jotti

Nilde Jotti, una donna della Repubblica

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Questo è il testo di Marisa Rodano letto in occasione dell’iniziativa Anpi a 10 anni dalla morte di Nilde Jotti Roma, 28 novembre 2009
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Sono passati 10 anni dalla morte di Nilde Jotti; ma dieci anni drammatici e difficili. Siamo veramente entrati in un altro millennio. Quale è oggi il contesto in cui ci troviamo a ricordarla?
Un contesto difficile per le donne, segnato da un attacco contro le conquiste ottenute:

pensiamo alla parità di retribuzione: impressionanti i dati sulle disparità salariali emerse, pochi giorni fa, dalla assemblea delle consigliere di parità

al diritto al lavoro: tra i lavoratori precari, la maggioranza sono donne; l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la presenza delle donne nel mondo del lavoro

-sono sotto attacco anche la tutela della maternità, l’autodeterminazione nella maternità, nella procreazione assistita, nell’interruzione volontaria di gravidanza: ultimo episodio di questi giorni l’assurdo voto in senato contro la commercializzazione della pillola RU486

permane la sottorappresentazione ai vertici della politica e delle istituzioni, in tutti i luoghi decisionali, (che provoca un impoverimento della democrazia), un trend opposto a quello che, nell’ormai lontano 1979 , con la elezione di Nilde alla Presidenza della Camera dei Deputati sembrava si stesse aprendo.

Insomma vengono minacciate le conquiste che le donne hanno ottenuto in anni e anni di lotte e a cui Nilde Jotti aveva dedicato tanta passione e tanta parte della sua attività. “ Credo di poter affermare – ha scritto lei stessa – di aver dedicato molta parte della mia vita politica alla battaglia delle donne e di questo sono molto orgogliosa.”

Questi diritti e queste conquiste sono minacciate anche dal preoccupante e crescente rigurgito della violenza maschile sulle donne, contro cui proprio oggi le donne scendono in piazza a Roma. Un tema di cui si parla molto in questi giorni, perché vi è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma di cui si tace il resto dell’anno.

Giustamente invece nel suo editoriale di due giorni fa Concita de Gregorio sottolineava che razzismo,violenza e sguaiataggine verbale creano un clima che incita gli uomini alla violenza e che tende a conculcare la presenza delle donne nella vita sociale, economica e culturale. Donne viste come prede, come oggetti, non come cittadine con pari diritti.

Siamo in presenza, infine, di una presentazione mediatica della figura femminile lontana dalla realtà, che ripropone vecchissimi stereotipi e tende a veicolare, come è scritto nel documento dell’ANPI, “la mercificazione del corpo femminile, come scorciatoia per il successo e persino per l’accesso alla politica”, di indicare – cito sempre dal documento dell’ANPI – “una strada illusoria, che rischia di “bruciare” una generazione di donne e che comporta un pesante arretramento del livello civile, sociale e culturale del Paese.” Non è chi non veda come tali stereotipi siano l’opposto della figura femminile che Nilde ha impersonato.

Ma oggi ricordiamo Nilde Jotti anche in un contesto drammatico per il paese, contesto segnato dai ripetuti subdoli tentativi di cancellare i principi di quella Costituzione, cui Nilde aveva dato un così importante contributo, e di sostituirvi una presunta costituzione reale di tipo plebiscitario, un regime tendenzialmente autoritario, in cui verrebbe annullato l’equilibrio tra i poteri.
Giusto e opportuno dunque dedicare a Nilde Jotti la campagna nazionale che l’Anpi lancia oggi su “Donne, antifascismo, democrazia – dalla memoria al futuro”.

Una campagna che parte in un momento opportuno non solo per far fronte ai pericoli che ci minacciano, ma anche perchè sembra presente un inizio di reazione da parte delle donne. Infatti, dopo il dibattito aperto quest’estate sulle colonne dell’Unità sul “silenzio delle donne”, sembra che le donne intendano far risentire la propria voce.

Alcuni episodi sono significativi, anche se poco raccolti dal mondo mediatico.
Alcuni esempi:
– La grande partecipazione all’assemblea promossa alla casa delle donne dalle promotrici dell’appello di Repubblica “le altre donne”
– La conclusione della staffetta dell’UDI contro il femminicidio a piazza della Loggia a Brescia
– L’elenco pubblicato su Affari e Finanza di lunedì 23 nov delle donne degne di stare nei consigli di amministrazione

Sono solo alcuni esempi: resta grande la frammentazione e la dispersione, ma c’è fermento. La campagna dell’ANPI può fornire un punto di coagulo, un collante al desiderio di reagire.

E’ infatti una campagna che si prefigge, come ha ben detto Eletta Bertani – – cito sempre dal documento dell’ANPI – di “riprendere, in questa fase di grave involuzione, il filo di un percorso storico nel corso del quale le donne hanno acquisito una nuova idea di sé, sono state protagoniste di grandi movimenti ed hanno conquistato: diritti, autonomia e un ruolo nella società….” di “riaprire un confronto tra le donne, tra le generazioni e di individuare, a livello locale e nazionale, obiettivi, forme di reazione e di risposta e di dar corso ad una grande battaglia culturale e politica…. suscitare fiducia e speranza, mobilitare grandi energie e combattere rassegnazione e impotenza” ponendo al centro “i valori, i contenuti, l’immagine e il ruolo della donna nella societa’ che scaturiscono dalla Costituzione e dal percorso delle donne nella democrazia repubblicana. Valori, contenuti ed obiettivi nei quali può riconoscersi la maggioranza delle donne italiane”.
Chi, meglio di Nilde Jotti può impersonare quei valori? chi meglio di Nilde costituire il modello di donna da indicare alle nuove generazioni?

Ripenso a quando l’ho conosciuta, a Firenze, al primo Congresso dell’UDI, quello della fusione con i GDD.
Una ragazza, era nata il 10 aprile del 1920 – eravamo quasi coetanee, io sono del ‘gennaio ’21 – laureata all’Università cattolica, figlia di un ferroviere, proveniente da una di quelle famiglie emiliane, che erano pronte a mille sacrifici per far studiare i figli e persino le figlie. Nilde prima lavorò per mantenersi agli studi, poi riuscì ad andare alla U. cattolica di Milano, grazie a un borsa di studio acquisita per meriti scolastici.
Una ragazza che veniva dall’esperienza della resistenza e dei gruppi di difesa della donna ed era già consigliere comunale di R.E.

Eletta nel ’46 alla Costituente, Nilde faceva parte di quella nutrita pattuglia di giovanissimi , che il PCI aveva voluto affiancare ai militanti e alle militanti storiche che venivano dai lunghi anni dell’esilio, del carcere e del confino. 1 E questa giovanissima divenne una madre della Repubblica: perché la nostra repubblica non ha solo padri, ma anche madri….
Nilde ha avuto, infatti, un ruolo fondamentale nella elaborazione della nostra Costituzione, facendo parte della Commissione dei ’75, ed essendo relatrice, assieme a un parlamentare DC molto conservatore, Camillo Corsanego, sui problemi della famiglia. avevano, come è facile immaginare, idee assai diverse, e perciò presentarono due relazioni distinte. Le formulazioni che Nilde proponeva, che non sono quelle poi adottate definitivamente sono molto più vicine, sebbene vecchie di 60 anni, a quello che pensiamo oggi. Nilde era stata d’accordo che la questione del divorzio non venisse inserita nella carta costituzionale; non la riteneva matura.

Ma fu Nilde a insistere,
al X Congresso del PCI, contro le timidezze e le tiepidezze di molti, perché ci si decidesse ormai a affrontare la questione, e poi per l’approvazione della legge in parlamento e la sua conferma nel referendum.
Nilde Jotti contribuì alla elaborazione dell’articolo 3 della Costituzione, l’articolo che sancisce la pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»; cui segue la basilare affermazione del secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». [Principio totalmente nuovo, unico anche rispetto alle coeve carte costituzionali antifasciste», quella francese del ’46, quella della RF di Germania del ’49, che segna il passaggio dal sistema liberale al sistema democratico, a una democrazia segnata da contenuti di progresso sociale…]

Erano state le donne costituenti a ottenere che il sesso fosse collocato all’inizio dell’elencazione e a voler precisare, inserendo l’inciso «di fatto», la natura e l’ampiezza degli ostacoli che dovevano essere rimossi. Non è dunque casuale che i movimenti delle donne, nel corso di molti decenni, abbiano fatto riferimento soprattutto a questo articolo.
Nel corso della sua lunga vita politica, Nilde divenne anche l’autorevole presidente di Montecitorio.
Ma forse non tutti si rendono conto della straordinarietà di questo fatto.

Io ho ancora ben presente
l’emozione che tutte noi, donne, provammo quel giorno del 1979, – sono passati ben 30 anni – quando fu eletta presidente della Camera dei deputati. Era la prima volta nella storia italiana che una donna e per giunta una dirigente comunista, di un partito dell’opposizione, veniva chiamata a un così alto incarico.
Un incarico, quello di presidente della Camera – altro fatto straordinario – che lei ha ricoperto per ben 13 anni, rieletta per tre legislature; una così lunga permanenza nell’incarico non ha precedenti nella storia del Parlamento italiano, a riprova della stima e della fiducia che aveva conquistato nell’assemblea.

Non soltanto, dunque,
una donna che presiedeva la Camera, ma una donna che lo ha fatto con straordinaria capacità, conquistando stima e apprezzamento, rendendo onore alle donne, anche in anni difficili, in momenti di aspro confronto parlamentare, (si pensi all’ostruzionismo radicale, non privo di volgari attacchi alla sua persona, nel novembre del 1981).quelli della prima grave crisi della democrazia italiana, e della stessa funzionalità del parlamento, seguita all’assassinio di Aldo Moro. E Nilde, con coraggio e prudenza, mise mano a una riforma del regolamento per cercare di uscire dallo stallo per coniugare rappresentanza e capacità di decisione.
La sua sensibilità, direi la sua passione, nata alla Costituente, per i problemi istituzionali, è stata una costante del suo impegno fino agli ultimi anni, ad esempio nella Commissione bicamerale sulla riforma della Costituzione. Proprio lei, che era stata magna pars nella elaborazione della Costituzione era consapevole che occorrevano norme nuove per armonizzare l’autorità del Parlamento con l’efficienza dell’Esecutivo e i poteri delle Regioni; ma, come risulta chiaro nel suo ultimo discorso parlamentare del ’98, un anno prima della sua morte, rimase sempre schierata nella difesa dei lineamenti fondamentali della Costituzione del ’48, contraria a modifiche che potessero alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato e aprire la strada a derive autoritarie.

La sua attività a livello istituzionale
ci offre dunque un insegnamento assai attuale, nel momento in cui siamo tutti chiamati a sventare il pericolo di uno stravolgimento, di fatto, prima ancora che di legge, della nostra Costituzione
Tener viva la memoria di Nilde Jotti, significa anche rinfrescare il ricordo delle lotte delle donne italiane per la loro emancipazione, cui Nilde ha dato un contributo decisivo sia nel lavoro parlamentare che come dirigente dell’UDI(era stata chiamata nel ‘53 a far parte della segreteria nazionale) e responsabile, dal 1961, della Commissione femminile del PCI. Fu lei a realizzare la terza conferenza delle donne comuniste che segnò un punto di svolta del lavoro femminile di partito.
Decisivo fu il suo contributo per riprendere la linea di emancipazione, offuscata negli anni ’48-53 nella durezza della divisione del mondo in blocchi e della contrapposizione in Italia, seguita alla cacciata delle sinistre dal governo nel ’47 e determinante il suo impegno, per affermare l’autonomia dell’UDI.

Parlando al VI Congresso dell’UDI,
Nilde ribadiva che autonomia significava “soprattutto e prima di tutto azione aderente alle esigenze delle moltitudini femminili senza alcuna riserva di carattere politico e ideologico, contro tutti gli ostacoli di ordine politico, economico, di costume che ostacolano l’affermazione della personalità femminile.”
Grandissimo fu anche il contributo di Nilde per far approvare in parlamento leggi fondamentali per le donne, quali, ad esempio, la pensione alle casalinghe, il riconoscimento del valore del lavoro delle donne contadine, la riforma del Diritto di famiglia, la legge del ’93 sulla presenza delle donne nelle liste elettorali, intervenendo perché si mantenesse la norma dei due terzi introdotta al Senato contro un emendamento Bonino che voleva abolirla. Sebbene presidente della Camera volle apporre la sua firma alla legge di iniziativa popolare sui tempi.

Sulla legge 194
sull’interruzione volontaria della gravidanza, rifiutando sia la tesi radicale dell’aborto come diritto civile, sia la pretesa clericale di considerare l’aborto un reato, Nilde si mosse sulla linea (che era anche dell’UDI), della lotta all’aborto clandestino per sconfiggere il ricorso all’aborto, considerato come violenza imposta alle donne; per la gratuità dell’interruzione di gravidanza praticata nelle strutture sanitarie pubbliche; per il diritto delle donne all’autodeterminazione. Quella piattaforma consentì di uscire dalla paralizzante contrapposizione tra una semplice liberalizzazione e la puntigliosa casistica, prevista inizialmente nei testi legislativi proposti dai diversi gruppi politici.

Mi ci sono soffermata per sottolineare come Nilde, su leggi difficili, che investivano problemi delicati e aprivano un forte conflitto, restasse ferma sui principi, ma fosse capace di ascolto e di comprensione per le posizioni diverse dalle sue, diretta a ricercare sul terreno della laicità dello Stato e rifiutando le contrapposizioni ideologiche, una possibile intesa.
Anche per questo, in un momento in cui sono sul tappeto problemi difficili e delicati, che investono la coscienza di ciascuno – si pensi ad esempio – al testamento biologico – Nilde Jotti resta un punto di riferimento importante.

Una attività ricca, un impegno straordinario, durato tutta la vita:
“Ho l’impressione – ha detto nel 1994 – di essere stata una donna fedele a un impegno preso verso me stessa, un impegno preso da quando ho cominciato ad essere una persona. Nessuno che fa politica è soddisfatto del suo lavoro, questa è stata per me sempre una premessa di rigore nel mio lavoro. Ma continuo a guardare alla politica come alla più alta delle eredità. La vivo oggi con lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato. Credo nella politica come strumento indispensabile per cambiare la società e per diffondere nuove idee.

E’ proprio questa visione alta della politica, come attività nobile e disinteressata, come strumento per cambiare la società e per promuovere dignità, diritti, libertà delle donne che fa di Nilde un esempio da proporre alle giovani di oggi.
“Abbiamo parlato delle donne e del grande cambiamento che abbiamo vissuto. – disse Nilde nel 1994 – Come sarebbe stato possibile senza la politica? Alle donne, alle mie compagne , alle amiche credo di aver lasciato in eredità la vocazione a coltivare un’autonomia di pensiero e un grande rispetto per le istituzioni.”
E’ questa eredità che l’ANPI si propone di raccogliere.

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Gli articoli scritti per l’Unità da Nilde Jotti

le sue interviste

una galleria fotografica

il trailer di un documentario e gli articoli per ricordarla firmati da Giorgio Napolitano.

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29 novembre 2009
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Berlusconi: “Contro la mafia ho fatto più di chiunque altro”. Di Pietro: “Ha uno strano modo di combatterla: tenendosela a casa e portandola in Parlamento” / “Berlusconi sei un Mafioso? Rispondi!”, le 10 domande de ‘La Padania’

Berlusconi contesta le voci diffuse dalla stampa su un suo presunto coinvolgimento nei processi per le stragi. E annuncia: “Chiamerò chi mi accusa a rispondere dei danni

Dal premier nuova denuncia a Repubblica

Libero ribadisce: “Il premier è indagato non solo a Firenze, ma anche a Palermo”

"Contro la mafia ho fatto più di chiunque altro" Dal premier nuova denuncia a RepubblicaIl presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

 

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ROMA – “Se c’è una persona che per indole, sensibilità, mentalità, formazione, cultura ed impegno politico, è lontanissima dalla mafia questa persona sono io. Se c’è un partito che in questi anni più si è distinto nel contrastare la criminalità organizzata, questo partito è stato Forza Italia ed oggi è Il popolo della Libertà. Se c’è un governo che più di tutti ha fatto della lotta alla mafia uno dei suoi obiettivi più netti e coerenti, questo è il mio governo”. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna a contestare le voci che lo vorrebbero coinvolto nei processi per le stragi di mafia.
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Berlusconi rileva come “dalla lettura dei quotidiani dei giorni precedenti ed anche di oggi appaia evidente ad ogni persona onesta e di buon senso che ci troviamo di fronte all’attacco più incredibile ed ignobile che mi sia stato rivolto nel corso di questi ultimi anni, da quando ho deciso di dedicarmi con tutte le mie forze al bene del mio Paese”.
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“Il mio governo – assicura Berlusconi – sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica”.
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“Questo – prosegue il premier – è il terreno civile e politico sul quale intendo anche contrastare la campagna di stampa del gruppo ‘La Repubblica-Espresso’ che chiamerò a rispondere, sul piano penale e civile, dei danni arrecati alla dignità della mia persona, della mia famiglia e dall’azienda Fininvest”.
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Interviene sul tema e sulle rivelazioni del pentito Spatuzza anche Marcello Dall’Utri, imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. “Sicuramente si tratta di assolute falsità. Non mi aspetto nulla dalle procure. Mi aspetto che si acclari la verità”. Intervistato da Lucia Annunziata nel corso della trasmissione “in Mezz’ora” Dell’Utri dice che le accuse di cui i giornali hanno parlato “colpiscono e quindi mi aspetto e potrebbero fiaccare qualsiasi persona”.

 

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L’edizione odierna di Libero ribadisce che Berlusconi è indagato, e non solo a Firenze (nonostante la smentita della procura) ma anche a Palermo dove, scrive il direttore Maurizio Belpietro, “a differenza dei colleghi toscani, il procuratore Ingroia non ha neppure fatto lo sforzo di negare. Le ipotesi di reato su cui viaggiano i due filoni sono le stragi di mafia dei primi anni Novanta e il concorso esterno in associazione mafiosa”.
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Il leader dell’Idv Antonio Di Pietro si scaglia contro il premier, ribaltando le accuse contro i giornali: “Se c`è una persona bugiarda è Silvio Berlusconi. Infatti, ha uno strano modo di combattere la mafia: tenendosela a casa e portandola in Parlamento. Invece di continuare a fare proclami, vada dai magistrati a farsi giudicare e spieghi loro i rapporti che ha intrattenuto con imprenditori e altri personaggi vicini alla mafia”.
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29 novembre 2009
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LE 10 DOMANDE DELLA PADANIA

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Da “La Padania” del 19 agosto 1998

Berlusconi sei un Mafioso?

  1. Il 26 settembre 1968, la sua Edilnord Sas acquistò dal conte Bonzi l’intera area dove lei, signor Berlusconi, edificherà Milano2. Lei pagò il terreno 4.250 lire al metro, per un totale di oltre tre miliardi di lire. Questa somma dal ‘68, quando lei aveva 32 anni e nessun patrimonio familiare a disposizione, era di enorme portata. Oggi, tabelle Istat alla mano, equivarrebbe a oltre 38.739.000.000 di lire. Dopo l’acquisto, lei aprì un gigantesco cantiere edile, il cui costo arriverà a sfiorare i 500 milioni al giorno, che in 4-5 anni edificherà l’area abitativa di Milano2. Tutto questo denaro chi gliel’ha dato, signor Berlusconi? Chi si nascondeva dietro le finanziarie di Lugano? Risponda.

  2. Il 22 maggio 1974 la sua società Edilnord Centri Residenziali Sas compì un aumento di capitale che così arrivò a 600 milioni di lire (4,8miliardi di oggi Fonte Istat).Il 22 luglio1975-un anno dopo-la medesima società eseguì un altro aumento di capitale passando dai suddetti seicento milioni a due miliardi(14 miliardi di oggi. Fonte Istat. Anche in questo caso, che è solo l’esempio di alcune delle tante e fortissime ricapitalizzazioni delle sue società, signor Berlusconi, vogliamo sapere da dove e da chi le sono pervenuti tali ingentissimi capitali in contanti. Se lei non lo spiega signor Berlusconi, si è autorizzati a ritenere che sia denaro di dubbia origine, denaro dell’orribile odore.

  3. Il due febbraio del 1973, lei, signor Berlusconi, fondò un’altra società: la Italcantieri Srl. Il 18 luglio 1975 questa sua piccola impresa diventò una Spa con un aumento di capitale a 500 milioni. In seguito, quei 500 milioni diventeranno 2 miliardi, e lei farà in modo di poter emettere anche un prestito obbligazionario per altri due miliardi. Nell’arco di nemmeno tre anni, una società forte di capitale di 20 milioni appunto la Italcantieri Srl, si trasformerà in un colosso, moltiplicando per cento il suo patrimonio. Come fu possibile? Da dove prese, chi le diede, in che modo entrò in possesso, signore Berlusconi, di queste fortissime somme in contanti? Risponda. Lo spieghi.

  4. Il 15 settembre 1977 la sua società Edilnord Sas, signor Berlusconi, cedette alla neo costituta Milano2 Spa tutto il costruito di Milano2 più alcune aree ancora da edificare. Tuttavia, quel giorno lei decise anche il contestuale cambiamento di nome della società acquirente. Infatti l’impresa Milano2 Spa cominciò a chiamarsi con un proprio da quella data. Quando fu fondata a Roma, il 16 settembre ‘74rispondeva al nome di immobiliare San Martino Spa, “forte di lire 1.000.000 di capitale e amministrata da Marcello Dell’Utri, il suo “segretario”. Sempre il 15 settembre 1977, quel milione salirà a 500, il 19 luglio 1978 a due miliardi. Un’altra volta: tutto questo denaro da dove arrivò?

  5. Signor Berlusconi, il cuore del suo impero, la notissima Fininvest, lei sa bene che nacque in due tappe. Il 21 Marzo 1975 a Roma lei diede vita alla Fininvest Srl, 20milioni di capitale, che l’11 novembre diventeranno 2 miliardi con il contestuale trasferimento della sede a Milano. L’8 Giugno 1978, ancora a Roma, lei fondò la Finanziaria di Investimento Srl, soliti 20 milioni, amministrata da Umberto Previti, padre del noto Cesare. Il 30 giugno 1978, quei 20 milioni diventeranno 50, e il 7 dicembre 18 miliardi ( 81 miliardi di oggi ). Il 26 gennaio 1979 le due “Fininvest” si fonderanno. Ebbene, questa gigantesca massa di capitali da dove arrivò, signor Berlusconi?

  6. Signor Berlusconi, lei almeno una volta sostenne che le 22 holding alla testa del suo impero societario vennero costituite da Umberto Previti per pagare meno tasse allo Stato. Nessuno dubiterà mai più di queste sue affermazioni quando lei spiegherà per quale ragione affidò consistenti quote delle suddette 22 holding alla società Par.Ma.Fid. di Milano, la medesima società fiduciaria che nel medesimo periodo gestì il patrimonio di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e grande riciclatore di soldi sporchi per conto di Alfredo Giuseppe Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Carmelo Gaeta e altri boss della mafia siciliana operanti a Milano. Perché la Par.Ma.Fid. ?

  7. E’ universalmente noto che lei, signor Berlusconi, come imprenditore è nato col “mattone” per poi approdare alla tivù. Ebbene, sul finire del 1979, lei diede incarico ad Adriano Galliani di girare l’Italia ad acquistare frequenze televisive, ed infatti Galliani si diede molto da fare. Iniziò dalla Sicilia, dove entrò in società con i fratelli Inzaranto di Misilmeri, frazione di Palermo, nella loro rete Sicilia Srl. Soltanto che Giuseppe Inzaranto , neo socio di Galliani, era anche marito della nipote prediletta di Tommaso Buscetta che nel 1979 non è un “pentito”, è un boss di prima grandezza. Questo lei lo sapeva, signor Berlusconi? Sapeva di aver sfiorato i vertici della mafia?

  8. E’ certo che a lei, signor Berlusconi, il nome dell’Immobiliare Romana Paltano non può risultare sconosciuto. Certo ricorda che nel 1974 la suddetta società. 12 milioni di capitale, finì sotto il suo controllo amministrata da Marcello Dell’Utri. Fu proprio sui terreni posseduti da questa immobiliare che lei edificherà Milano3. Così pure ricorderà, signor Berlusconi, che nel 1976 quel piccolo capitale di 12 milioni salirà a 500 e il 12 maggio 1977 a 1 miliardo. Inoltre lei modificherà anche il nome a questa impresa, che diventerà la notissima “Cantieri Riuniti Milanesi Spa”. Ancora una volta: da dove prese, chi le fornì, i 988 milioni ( 5 miliardi d’oggi) per quest’ennesima iniezione di soldi?

  9. Lei, signor Berlusconi, certamente rammenta che il 4 maggio 1977 a Roma fondò l’immobiliare Idra col capitale di 1 (un) milione. Questa società, che oggi possiede beni immobili pregiatissimi in Sardegna, l’anno successivo -era il 1978- aumentò il proprio capitale a 900 milioni di lire in contanti. Signor Berlusconi, da dove arrivarono gli 899 milioni che fecero la differenza? E poi: da dove, da chi, perché lei entrò in possesso delle stratosferiche somme che le permisero di far intestare all’Immobiliare Idra proprietà in Costa Smeralda – ville e terreni – il cui valore è da contarsi in decine di miliardi? Dica la verità, signor Berlusconi. Sveli anche questo mistero impenetrabile.

  10. Signor Berlusconi, in più occasioni lei ha usato -vedi l’acquisto dell’attaccante Lentini dal Torino Calcio, ad esempio- la finanziaria di Chiasso denominata Fimo. Anche in questo caso, come in precedenza per la finanziaria Par.Ma.Fid. , ha scelto una società fiduciaria al cui riguardo le cronache giudiziarie si sono largamente espresse. La Fimo, infatti, era la sede operativa di Giuseppe Lottusi, riciclatore di soldi sporchi della cosca dei Madonia e Lottusi il 15 novembre del 1991 verrà condannato per questo a vent’anni di reclusione. Ebbene, la transizione per l’acquisto di Lentini, tramite la Fimo, avvenne nella primavera del 1992. Perché la Fimo, signor Berlusconi?

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fonte: http://rosariopinto.wordpress.com/2009/10/02/berlusconi-mafioso-non-lo-dice-solo-barvato-e-il-popolo-padano-a-volerlo-sapere-da-decenni/

Svizzera, no ai nuovi minareti, la proposta passa con il 57,5%

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Gli elvetici hanno votato sulla proposta dell’estrema destra
Soltanto quattro cantoni su 26 l’hanno bocciata

“Sorpresa e delusione” dell’Organizzazione della conferenza islamica e dei vescovi
“Costernata” Amnesty International. I Verdi pensano a un ricorso alla Corte di Strasburgo

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Svizzera, no ai nuovi minareti la proposta passa con il 57,5%
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GINEVRA – Gli svizzeri si sono pronunciati a grande maggioranza per il divieto di costruzione di nuovi minareti nel loro Paese. Il referendum sulla proposta di modifica costituzionale promosso dalla destra nazional-conservatrice ha visto prevalere i sì con il 57,5%. Solo in quattro cantoni su 26 la proposta è stata respinta. Verrà pertanto modificato l’art.72 della Costituzione, che regola le relazioni tra lo Stato e le confessioni religiose.
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Molte le reazioni di preoccupazione e di forte critica nei confronti del risultato referendario. I Verdi svizzeri esamineranno la possibilità di inoltrare ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo: “I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia”, ha detto il presidente del partito, Ueli Leuenberger. A suo avviso l’iniziativa è incostituzionale e l’esito del referendum è il risultato di “una propaganda estremamente ben fatta, che ha fatto leva sui pregiudizi”.
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“Sorpresa e delusione” da parte dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oci): “Ci aspettavano un rifiuto massiccio”, ha detto l’ambasciatore dell’Oci a Ginevra, Babacar Ba, secondo il quale il risultato del voto in Svizzera è una porta aperta per chi vuole mettere in dubbio le libertà fondamentali. “Bisogna ritrovare un ambito di dialogo per evitare pregiudizi”, ha detto Babacar Ba.
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Analoga la posizione della Conferenza dei vescovi svizzeri: la vittoria del sì al referendum, si legge in un comunicato, è “un ostacolo sulla via dell’integrazione e del dialogo interreligioso nel mutuo rispetto”. “Non abbiamo saputo rispondere ad alcune paure legate all’integrazione di diverse religioni e culture in Svizzera”, ha ammesso il portavoce Walter Mueller, secondo il quale sul risultato ha influito anche la situazione dei cristiani, vittime di discriminazione e oppressione in alcuni Paesi musulmani.

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A dichiararsi costernata per i risultati del referendum è anche Amnesty International: si tratta, si legge in un comunicato dell’organizzazione, di “un divieto totale che rappresenta una violazione della libertà di religione ed è incompatibile con le convenzioni internazionali firmate dalla Confederazione”. Il risultato è “scioccante”, afferma il segretario generale della sezione svizzera dell’organizzazione, Daniel Bolomey, secondo cui Consiglio federale e Parlamento si sono assunti un rischio enorme rifiutandosi di dichiarare nulla l’iniziativa.
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Il no ai minareti non è un no al diritto di preghiera per i musulmani, ha affermato il parlamentare svizzero Oskar Freysinger dell’Unione democratica di centro (Udc), tra i principali promotori del referendum. E ancora: “Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio, la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell’Islam”.
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Nei giorni scorsi il Consiglio federale svizzero, organo esecutivo del governo della Confederazione, si è più volte espresso contro l’iniziativa, giudicata discriminatoria, pericolosa e rischiosa per i rapporti della Svizzera con il mondo arabo. In Svizzera i musulmani sono 400mila, il 5% della popolazione, e dispongono di circa 200 luoghi di preghiera, ma solo quattro minareti, che non sono usati per richiamare i fedeli.
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Il Partito popolare svizzero (Svp) ha raccolto 100mila firme in un anno e mezzo per ottenere che la questione fosse sottoposta a referendum sulla base dell’assunto che l’erezione di torri o torrette collegate alle moschee è il simbolo di una “rivendicazione di potere politico-religiosa”. La campagna che ha preceduto il referendum è stata animata e a tratti violenta: una moschea di Ginevra è stata danneggiata tre volte e il presidente Hans-Rudolf Merz si è rivolto alla nazione con un messaggio tv per sottolineare che “ai musulmani dovrebbe essere garantito il diritto di praticare la propria religione anche in Svizzera”, ma anche per avvertire che nelle valli elvetiche “non echeggerà mai il canto del muezzin”.
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29 novembre 2009
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«Serantini come Stefano Cucchi»

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di Oreste Pivetta

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Sarebbe oggi vicino ai sessant’anni. Era nato a Cagliari il 16 luglio 1951, morì a Pisa il 7 maggio del 1972, dopo lunga agonia, ammazzato dai colpi di manganello, dai pugni, dai calci di alcuni agenti della Celere di Roma, dall’indifferenza di medici, carcerieri, magistrati… «Il posto dove fu colpito a morte è sul Lungarno Gambacorti di Pisa, tra via Toselli e la via Mazzini…». Così comincia il libro di Corrado Stajano, «Il sovversivo», dove si racconta «vita e morte dell’anarchico Serantini». Riletto quasi trentacinque anni dopo la pubblicazione e trentasette dopo quei fatti di Pisa dà la sensazione tremenda di una cronaca d’oggi o solo di pochi mesi fa: sembra d’essere a Genova nei giorni del G8, Franco Serantini pare Federico Aldrovandi o assomiglia, ancora più vicino a noi, a Stefano Cucchi.

«Una morte questa di Stefano – dice ora Corrado Stajano – che sarebbe passata nel silenzio, se non ci fosse stata una sorella combattiva, se non ci fosse stata quella famiglia che ha avuto il coraggio di opporsi. Contro la verità, mi pare d’assistere a storie, che ho già vissuto, di deviazioni e di bugie». La morte di Serantini non passò sotto silenzio. Ai suoi funerali (e sono tra le pagine più belle e commoventi del libro), il 9 maggio, un fiume di gente. I detenuti del carcere Don Bosco, dove Serantini aveva trascorso le ultime ore, inviarono un mazzo di margherite. Franco Serantini era nato senza famiglia, abbandonato in un brefotrofio. Fu dato in affidamento a una famiglia siciliana, visse in istituto a Cagliari. Quando arrivò ai diciassette anni, un’esistenza di solitudine, decisero che si rendeva utile il ricovero in riformatorio. Serantini era soltanto chiuso di carattere, soffriva l’autorità (o l’autoritarismo), ma non aveva mai commesso un reato: tuttavia fu così destinato… Serantini giunse a Firenze (all’Istituto di osservazione per i minori scoprirono che il suo quoziente di intelligenza era 1,02, quando la media è di 0,70), venne dirottato al centro di rieducazione maschile Pietro Thouar di Pisa, in semilibertà: di giorno poteva uscire. Il riformatorio è la via della maledizione: Serantini si salvò.

Era il Sessantotto quando Serantini arrivò a Pisa. Si lasciò prendere dalla politica, cominciò a partecipare alle assemblee degli studenti, trovò persino un lavoro. Prese la licenza media e cominciò a frequentare un istituto professionale. Divenne anarchico. A Pisa giravano squadracce fasciste: le aggressioni si ripetevano, ma la polizia caricava gli antifascisti, quando protestavano. La politica nelle strade era anche questa. A Roma, al governo si era esaurita l’esperienza del centrosinistra, le elezioni furono indette per il maggio dell’anno successivo, il 1972. Il 5 maggio Giuseppe Niccolai, deputato missino, avrebbe parlato in Largo Ciro Menotti, nonostante le tensioni alle stelle di quei giorni. Per quella giornata arrivarono a Pisa rinforzi di polizia, anche ottocento agenti del I Raggruppamento celere da Roma. Più cinquecento carabinieri, più cento carabinieri paracadutisti, più i reparti della ps di stanza in città. Che fu una città sotto assedio, che mi ricorda Genova. «Mi immagino – racconta Corrado Stajano – Serantini solo in mezzo alla strada. Questo dicono tutte le testimonianze. Solo e inerme in Lungarno Gambarcorti. Sarebbe potuto fuggire come gli altri quando la polizia aveva sfondato la barricata.

Ma non si mosse, invece. Invece lo assalì un nugolo di agenti, che lo massacrarono di botte, con ferocia, con crudeltà. Un ragazzo che non aveva alzato neppure una mano…». A Pisa qualcuno tentò di intervenire. Il commissario Pironomonte cercò con l’arresto di sottrarre Serantini alla furia degli agenti e pochi giorni dopo si dimise. Fu un’eccezione. Ma gli altri. Gli altri… Non solo i poliziotti che picchiarono. Anche il medico che visitò Serantini all’ingresso in carcere e che non ordinò il ricovero di un ragazzo che non si reggeva in piedi con la testa sfondata, il magistrato che continuò a interrogarlo in quelle condizioni, i secondini che non intervennero malgrado i richiami del compagno di cella di Serantini. Sta di fatto che tutto si ingarbugliò tra reticenze, bugie, conflitti giudiziari, quando avocazioni e trasferimenti di magistrati intervennero pesantemente sull’inchiesta. «In questo senso credo che Serantini sia stato ucciso due volte: una dalla polizia, la seconda dalle istituzioni che non gli hanno reso giustizia. Con un bravo giudice istruttore, Paolo Funaioli, in conflitto con il procuratore generale di Firenze, Calamari, che io definisco un personaggio da vetrata medioevale. Sarebbe bastato leggere le perizie medico legali…». L’ex democristiano Giovanardi ha detto che Stefano Cucchi è morto perché era drogato e anoressico. «I periti scrissero che Franco era portatore di una voluminosa milza, da bambino aveva avuto la malaria, aveva le ossa della testa più sottili del normale e quindi aveva una minore resistenza ai colpi».

29 novembre 2009
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In corteo a Roma contro la violenza sulle donne. “Basta soprusi sul nostro corpo”

di Jolanda Bufalini

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Basta, Basta, Basta. Si alza il bosco dei cartelli bianchi e finalmente parte il corteo contro la violenza sulle donne, con un giro allegro di chiamata a raccolta intorno alla fontana delle Naiadi. Il ritmo lo danno le percussioni di “lady Murga”. Murga è un teatro di strada nato sulle rive del Rio della Plata, fra Uruguay e Argentina: dal carnevale, quando gli schiavi rubavano i vestiti ai padroni per mascherarsi, è passato a sostenere le proteste, a Buenos Aires i “murgueri” andavano a far fracasso sotto le case dei golpisti del regime militare.

Tutto questo me lo spiega una ragazza in fucsia (ogni gruppo murga sceglie i propri colori) di “Lady Murga”, gruppo di artiste underground che fa parte del Ladyfest, che si tiene in molte parti del mondo e anche a Roma (a giugno) in collegamento con i centri sociali Strike, Prenestino, Torre. Ad alzare il morale e la fanfara ci sono anche quelli della Titubanda, femmine e maschi con sax, trombe e tromboni. Fra fiati e percussioni l’andatura prende il passo di danza.

Adesso il corteo ha un bel respiro ma all’inizio, alle 14 – ora dell’appuntamento – veniva lo scoramento: troppo poche per una manifestazione nazionale. Circola l’accusa ai media, che non hanno dato rilievo all’appuntamento. Che è poi anche uno dei temi su cui è stata indetta la protesta, per il «silenzio sulle donne» piuttosto che il «silenzio delle donne». Ma anche in rete il tam tam non è stato molto efficace, forse erano troppo generici gli argomenti per la convocazione: è vero che la violenza sulle donne – lo dicono le statistiche – si perpetra soprattutto in casa ma è anche vero che ci sarebbe più di una ragione, in quest’autunno italiano del 2009, per chiamare a raccolta tante donne non necessariamente militanti. E infatti nelle file del corteo c’è di tutto, dall’utilizzatore finale (”Vespa, quando il modellino di palazzo Grazioli?”, chiede il cartello di un collettivo lesbico)alla Ru486, dallo stupro di Montalto di Castro (”Stupro di gruppo a spese dello Stato”) al consiglio provinciale di Isernia, dove non siede neppure una donna.

Dietro allo striscione di “Vita di donna” c’è anche Giusy Gabriele, direttore della Asl D di Roma. «Non si era mai vista – dice a proposito delle vicende della Ru 486 – una così pesante intromissione della politica nell’attività del medico. Roba da regime, come è stato anche sulla questione della denuncia degli immigrati. Ma il medico fa un giuramento che lo vincola in scienza e coscienza, non credo che i medici accetteranno di farsi dire dai politici come agire, così come non lo hanno accettato quando il decreto Maroni voleva imporre la denuncia degli immigrati irregolari». Alla Asl D hanno realizzato un progetto contro la violenza su donne e minori. si chiama “Non da sola”, gli operatori rispondono al telefono anche di notte.
La differenza al corteo la fa la presenza degli uomini e, in particolare di “Maschile plurale”.

Spiega Stefano Ciccone che l’associazione è nata con l’idea di un percorso maschile per superare lo stereotipo degli uomini in crisi, intimoriti dalle donne: «Invece c’è anche un desiderio di cambiamento maschile». Fra le iniziative dell’associazione un incontro a Bari sulla prostituzione, insieme a un’associazione di ex clienti: «Ora aiutano le ragazze nigeriane a uscire dalla tratta. La riflessione con noi sposta il problema sulla sessualità maschile, perché il problema sta nei 9 milioni di clienti, non nel decoro cittadino».

Leila Daianis, dolce quanto grande trans brasiliana, presidente dell’associazione Libellula, dove anima il teatro «dell’oppresso e identità di genere» ricorda Brenda: «La sua morte mi ricorda il Medio Evo, quando si bruciavano le streghe».

28 novembre 2009
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