Archivio | luglio 13, 2007

Senato, il ddl Mastella passa tra le polemiche

Dopo il no all’emendamento Manzione, la Cdl abbandona l’aula e non partecipa al voto finale

Fini: “Scalfaro, Montalcini e Colombo responsabili di alimentare il disprezzo per le istituzioni”

Senato, il ddl Mastella passa tra le polemiche
Il Polo all’attacco: decisivi i senatori a vita

Berlusconi: “Sapevo che il governo si sarebbe salvato, ma non ha la maggioranza”
Il Guardasigilli: “Riforma, di grande equilibrio”. Bonfrisco (Fi) a D’Ambrosio: “Sei un assassino”

ROMA – Una giornata di fuoco che si conclude con l’abbandono dell’aula da parte della Cdl, che non partecipa al voto finale. Ma intanto Palazzo Madama approva il ddl Mastella sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Decisivo in questo caso voto dei senatori a vita, che scatena le ire dell’opposizione: con l’Unione votano Rita Levi Montalcini, Oscar Luigi Scalfaro, Emilio Colombo. Si astiene Giulio Andreotti, assenti Francesco Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi e Sergio Pininfarina. Soddisfatto Clemente Mastella: “Abbiamo fatto un’ottima cosa per il Paese, una buona riforma, di grande equilibrio”. Duro Gianfranco Fini: “Un voto costituzionalmente legittimo ma politicamente immorale, con cui il presidente Scalfaro e i senatori a vita si sono assunti la responsabilità di alimentare il crescente disprezzo per le istituzioni. Un governo che non si dimette anche se non ha una maggioranza politica è un insulto per la democrazia”.

Berlusconi: “Il governo non ha la maggioranza”. “Sapevo che ci sarebbero stati i voti dei senatori a vita”: così Silvio Berlusconi commenta l’esito del voto a Palazzo Madama, rispetto al quale aveva parlato di “una giornata non determinante per il governo”. “Dal punto di vista prettamente costituzionale – sottolinea il leader di Fi – il governo ha ottenuto la maggioranza, ma dal pundo di vista politico questa maggioranza non c’è stata”.

Finocchiaro: “Ce l’avremmo fatta lo stesso”. “Anche senza il voto dei senatori a vita, se la matematica non è un’opinione, ce l’avremmo fatta”. Il capogruppo dell’Ulivo, Anna Finocchiaro, invita a fare i conti “per accorgersi che quello che la Cdl dice non è vero”. E aggiunge: “Ancora una volta la maggioranza al Senato, con due soli voti di maggioranza e pure in presenza di dissociazioni sui voti, ha sorretto il governo. Voglio ricordare che nella scorsa legislatura, per approvare il provvedimento sull’ordinamento giudiziario, la maggioranza di quasi cento voti del presidente Berlusconi dovette mettere il voto di fiducia”.

Il nodo Manzione. Seduta al cardiopalma, in attesa della votazione sull’emendamento del senatore della Margherita, Roberto Manzione, che ha messo in discussione l’accordo politico raggiunto nella maggioranza. Dopo l’incontro di ieri con Mastella, che ha minacciato le dimissioni, Manzione aveva sottolineato: “Tra me e Mastella le posizioni sono distanti. Io resto sulle mie”. Il capogruppo di Prc, Giovanni Russo Spena, aveva avvertito che se l’emendamento fosse passato, si poteva arrivare alla crisi di governo.

La Cdl abbandona l’aula. Forza Italia, An, Udc e Lega escono dopo il no al secondo emendamento Manzione, respinto con 156 voti contrari, 155 sì e due astenuti. Il primo è il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli. “E’ inaccettabile quanto accaduto – dice – e se è legittimo che i senatori a vita votino, in commissione e in Aula da martedì mattina non si sono mai presentati. Sono arrivati ora perché il governo era in pericolo. Festeggiate la vittoria come vi pare, votatevi la legge da soli insieme ai senatori a vita”. Alle parole dell’esponente di An si accodano gli altri capigruppo della Cdl. Conclude Roberto Castelli: “Vi lasciamo qui a festeggiare come sul ponte del Titanic. Oggi vi siete garantiti qualche giorno in più, ma dal punto di vista politico e democratico siete alla frutta”. “Mi dispiace – commenta Mastella – soprattutto per i vecchi amici dell’Udc, quand’eravamo insieme, in momenti anche difficili, mai si è abbandonata l’Aula”.

D’Ambrosio insultato. Il centrodestra attacca Gerardo D’Ambrosio, senatore ulivista ed ex capo della procura di Milano, che ricorda “l’eroe borghese, avvocato Ambrosoli” assassinato vent’anni fa. Anna Bonfrisco, di Fi, si alza e urla “sei un assassino, un criminale”. D’Ambrosio replica: “Abbiamo difeso la giovane democrazia contro il terrorismo nero che voleva un colpo di Stato e contro il terrorismo rosso che ha sequestrato e assassinato Aldo Moro. Io sono il primo a difendere lo Stato contro il terrorismo e non tollero che mi si accusi di non essere indipendente”.

Appello di Mastella ai magistrati. “Ritengo che non sia buona cosa che la magistratura scioperi. Appartengo a una linea di condotta che ha senso dello Stato e addolcisce gli spigoli. E’ la mia costruzione democristiana”. Mastella, al termine del voto, così fa appello alla magistratura “affinché ci ripensi, capisca che questo è il massimo possibile, non scenda lungo il crinale di un populismo che può creare tensioni. Mi è dispiaciuto che abbiano fatto cenno allo sciopero, spero che non ci sia, non tanto per un atto di benevolenza nei miei confronti ma per rispetto dei cittadini italiani, anche se le loro esigenze possono essere legittime”.

(13 luglio 2007)

fonte:

http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/politica/giustizia-riforma-2/giustizia-riforma-2/giustizia-riforma-2.html

Roma. Nuovo raid fascista


Casal Bertone, scontri alla scuola occupata: 3 feriti
Serra: clima preoccupante, può portare a fatti gravi

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Storace dice che ad aggredire sono stati i “compagni”. Il prefetto Serra dice che i fascisti non sono andati lì per aggredire.. Veltroni, come sempre, si mantiene equidistante.. Come dire che non prende posizione. A me, queste aggressioni, oltre che “pensate” e messe in atto volutamente, sembrano tanto “prove tecniche di trasmissione”.. Trasmissione del virus fascista, ovviamente. I vettori sono teppistelli da strapazzo che non di rado provengono dalle file degli ultras calciofili, senza arte nè parte, e senza, ovviamente, alcun briciolo di cultura nè coscienza politica.. Sono solo burattini, i cui fili vengono tirati da ben altri papaveri, pagati per la bisogna e altamente sacrificabili sull’altare dell’eversione. E non mi si dica che non è vero: negli anni ’70 io e mio fratello abbiamo assistito ad uno di questi ingaggi in un bar di Udine, da parte di un emissario dell’allora MSI. I metodi di allora sono gli stessi di adesso. E non stupiamoci se un giono di questi ci scapperà il morto. L’ennesimo. mauro

ROMA (12 luglio) – Scontri questa notte a Casal Bertone. Tutto è iniziato pochi minuti dopo la mezzanotte. Secondo quanto riferisce la questura trenta giovani appartenenti a gruppi di estrema destra hanno assaltato con spranghe, catene e bastoni la scuola occupata da giovani dei centri sociali in piazza De Cristoforis. In pochi minuti sul posto sono arrivati agenti di polizia e carabinieri che hanno faticato non poco per riportare la calma.

Secondo le stime della questura tre i ragazzi feriti ma non in modo grave che sono stati soccorsi e medicati in ospedale. Immediata la risposta dei ragazzi dei centri sociali.

A notte fonda, sempre secondo quanto si apprende da fonti investigative, alcuni ragazzi della scuola occupata in via De Cristoforis hanno assaltato la sede di zona del partito Fiamma Tricolore di via degli Orti di Malabarba, a due passi da via di Casal Bertone, devastandone una sala. Cinque ragazzi appartenenti a gruppi dell’estrema sinistra sono stati fermati e indagati a piede libero per danneggiamento e possesso di armi improprie. La polizia li ha infatti sorpresi con spranghe e bastoni.

La testimonianza. Una aggressione durata mezz’ora: per così tanto tempo si sarebbe prolungato secondo le testimonianze degli aggrediti l’assalto di un gruppo di giovani di estrema destra inneggianti al «Duce» nei confronti di una trentina di occupanti della ex scuola occupata in via De Dominicis dal Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa da sei anni.

«Erano circa le 24 e ci trovavamo dentro la scuola occupata quando una nostra compagna è entrata di corsa dicendo che c’erano una quarantina di fascisti a cinquanta metri da noi che dopo aver attaccato manifesti di Fiamma Tricolore in piazza De Cristoforis venivano verso di noi con caschi e mazze – ha detto una delle occupanti aggredite – Una trentina di noi ha fatto appena in tempo ad uscire dal cancello per capire cosa stesse succedendo e subito è cominciata una fitta pioggia di pietre e oggetti contundenti che hanno colpito molti di noi.

Tre sono dovuti andare in ospedale con le teste spaccate. In tutto i feriti sono stati sei di cui due ricoverati, uno per una coltellata all’inguine, alle figlie di San Camillo, e una donna svenuta dopo essere stata colpita da alcune pietre». Alcuni occupanti a quel punto hanno reagito secondo il racconto della testimone e ci sono stati anche momenti di colluttazione. «Subito dopo sono arrivate diverse pattuglie delle forze dell’ordine che si sono schierate in tenuta antisommossa tra noi e i fascisti – ha continuato la donna – Dopo circa mezz’ora loro sono scappati. Sul posto sono giunti intorno all’una anche l’assessore comunale Dante Pomponi e il consigliere municipale Maurizio Catroppa».

La denuncia di Acrobax. «Due aggressioni nell’arco di due settimane confermano ciò che noi sosteniamo dall’omicidio di Renato. Negli ultimi anni Roma è stata teatro di decine di aggressioni legittimate dal clima di equidistanza politica espressa dal consiglio comunale e coperta dalle forze politiche della destra». Lo hanno affermato i ragazzi del centro sociale Acrobax fuori l’aula B del tribunale di Civitavecchia dove dalle 9 è in corso la quinta udienza preliminare per l’omicidio di Renato Biagetti ucciso il 27 agosto 2006 sul litorale di Focene.

«Auspichiamo che da questo processo esca fuori la verità politica. Sociale e culturale su tutta questa storia e sul clima di aggressioni che si è generato nel nostro Paese e a Roma. Teniamo a sottolineare – concludono i ragazzi di Acrobax – che l’aggressione alla nostra struttura politica è avvenuta la sera prima dell’udienza del processo Biagetti. Noi non ci facciamo intimidire e continueremo a denunciare pubblicamente e in ogni modo quello che accade nel nostro territorio».

La conferenza stampa. Una maglietta nera con l’ascia bipenne e la scritta «Oltre la morte» e un manifesto di Fiamma Tricolore: questi gli oggetti ritrovati davanti all’ex scuola occupata dove questa notte è avvenuta l’aggressione da parte di
una quarantina di giovani che gridavano «Duce, Duce». I due oggetti sono stati mostrati durante la conferenza stampa che gli occupanti e il coordinamento cittadino di Lotta per la casa hanno tenuto questa mattina all’interno dell’ex istituto
scolastico. «Ieri sera eravamo qui, in questa sala, riuniti per parlare e discutere della manifestazione di sabato scorso a Villa Ada – ha detto un rappresentante del coordinamento – Verso mezzanotte e un quarto alcuni nostri compagni sono usciti e
hanno visto un gruppetto di persone che attaccava manifesti della Fiamma Tricolore. Questi hanno subito indossato caschi e con spranghe e coltelli e insieme ad un’altra ventina di loro usciti da macchine appostate nei paraggi ci hanno caricato.

Noi ci siamo difesi con le scope, con le toghe dei letti rotti che abbiamo qui in occupazione. L’agguato, durato circa 40 minuti, era organizzato. Li guidava un capo con walkie talkie noto dirigente di Fiamma Tricolore. A quel punto sono scesi i ragazzi della casa dello studente qui di fronte ed anche gente del quartiere che è rimasta con noi fino alle 3 di notte. Le forze dell’ordine che sono giunte dopo 20 minuti si sono limitate a bloccare la strada senza intervenire. Ci è stato impedito di
avvicinarci per 5 minuti che in momenti come quelli sono un’infinità ad un nostro compagno ferito e giacente a terra.Quando i fascisti sono scappati la polizia è venuta verso di noi e gli aggressori si sono dileguati verso il mercato».

«Niente opposti estremismi – dicono i rappresentanti del coordinamento – Questa è stata una vera e propria aggressione e noi ci siamo soltanto difesi. Noi stiamo a casa nostra mentre questi sedicenti tifosi della sede di via Orti di Malabarba, da dove è partita l’aggressione, provengono tutti da Casa Pound e da altre realtà fasciste di fuori zona. È particolarmente grave che vengano ad aggredire una casa occupata anche da immigrati con donne e bambini dimostrando tutto il loro razzismo e xenofobia. Hanno aggredito anche alla discoteca Qube alcuni giovani del Mario Mieli: anche in quel caso possono parlare di opposti estremismi?».

Ancora spaventate alcune donne immigrate tra le 28 famiglie che vivono nell’ex scuola. «La mia bambina è svenuta – dice una delle donne – tutti i bambini non hanno dormito per tutta la notte. È assurdo quello che è successo, i nostri figli vanno nelle scuole del quartiere e abbiamo buoni rapporti con i vicini. Ora viviamo nella paura».

Oggi pomeriggio si è svolta una manifestazione di volantinaggio, indetta dal coordinamento a cui hanno aderito centri sociali, Arci e politici di sinistra, partita da piazza De Cristoforis, mentre per venerdì e sabato sono in programma altre mobilitazioni e si annunciano contro manifestazioni nel quartiere ad alcuni cortei indetti Da Fiamma Tricolore la settima prossima. Le condizione dei due feriti ricoverati in ospedale, dicono gli occupanti, non sono gravi: uno di questi ha ricevuto due coltellate e una donna è stata colpita al ventre con un grosso casco.

APPROFONDIMENTI

Il prefetto: «Non volevano aggredire»
Veltroni: stroncare odio e violenza
Storace: chiamateli compagni, non teppisti

«Sono comunisti, pestiamoli»: a Villa Ada feriti due ragazzi per un incursione

fascista

fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=5044&sez=HOME_ROMA

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Massì… proseguiamo pure sulla strada del revisionismo, tanto per non cambiare… riscriviamo la Costituzione togliendole significato, intitoliamo vie e piazze ai ladri (ma erano statisti tanto bravi!!!), teniamoci in parlamento mafiosi e collusi, e se non ci stanno ancora eleggiamoli… riproponiamo la teoria degli opposti estremismi e soprattutto neghiamo la realtà, l’evidenza e la giustizia… sul G8 come su Ustica, non cambia nulla; apriamo i centri sociali di destra, così quando ci serve qualche ragazzotto per i lavori sporchi non dobbiamo neppure fare la fatica di andarceli a cercare…
Ennò. Io continuo ad essere pervicacemente ed orgogliosamente comunista. E non ci sto. Noi campagnoli, i topi li facciamo mangiare dai gatti… 🙂
elena

Ddl Mastella, ancora scontro con l’Anm

Marzia Bonacci, 10 luglio 2007

Giustizia

Cominciata a Palazzo Madama la discussione generale sul provvedimento che precede le votazioni. Per ora si procede senza fiducia, ma la strada del voto blindato non è esclusa. L’Associazione nazionale magistrati proclama per il 20 luglio lo sciopero di protesta contro la riforma del Guardasigilli

Il tempo massimo consentito è il 31 luglio giorno in cui, se non sarà approvata anche alla Camera la riforma presentata dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, entrerà in vigore il piano approvato dal precedente governo (riforma Castelli). Procede dunque a ritmo serrato l’iter istituzionale in seno a Palazzo Madama per licenziare il testo che dovrà avere l’ok definito da Montecitorio: oggi la riunione dei capigruppo della maggioranza ha stabilito di affrontare la votazione iniziale del ddl senza ricorrere alla fiducia, anche se la strada del voto “blindato” non è esclusa e dipenderà dall’atteggiamento che andrà ad assumere nelle prossime ore l’opposizione. Quel che è apparso certo è la volontà di giungere ad un voto finale e decisivo entro sabato prossimo, proprio per scongiurare il pericolo di una entrata in vigore automatica, entro la fine del mese, della legge Castelli. La giornata di oggi è stata dominata dalla discussione generale sul provvedimento, che precede le votazioni sul disegno di legge cominciando dagli emendamenti, a cui ha partecipato il Guardasigilli, il quale ha difeso il disegno di legge definendolo “una sintesi positiva nell’equilibrio politico dato”. Oltre all’intervento di Mastella, protagonista della discussione odierna sul tema, anche l’annunciato sciopero dell’Anm che, contraria al ddl promosso dal governo, si è detta pronta ad astenersi dall’attività il prossimo 20 luglio.

Intervento del ministro della Giustizia a Palazzo Madama. Il ministro della Giustizia durante il suo intervento, riferendosi agli equilibri di forza che caratterizzano questo governo soprattutto al Senato, ha definito il ddl come “l’unico provvedimento possibile rispetto alla maggioranza parlamentare” data. Ma ha anche sottolineato la preoccupazione che possa determinarsi intorno alla riforma un “sovraccarico ideologico di una disputa che può e deve trovare una soluzione non traumatica e utile”. Dunque, il Guardasigilli ha sottolineato la necessità di porre un freno alle ‘guerre puniche’ che si stanno consumando tra magistratura e politica, per arrivare ad approvare un disegno che gli appare capace di garantire “le ragioni di tutte le componenti della società” e non come “una iniziativa volta a strutturare l’ordinamento a tutto vantaggio della magistratura come dicono alcuni o punitiva nei confronti delle toghe, come afferma la magistratura associata”. A riprova di come, nel formulare il testo, non ci sia stata nessuna pregiudiziale ideologica, quella stessa che ora Mastella teme possa ricadere negativamente nella approvazione del ddl, il ministro ha citato il fatto che “i testi Castelli sono stati in parte conservati, laddove le scelte di fondo erano ritenute corrette, talvolta rafforzandone la portata, come per l’accesso in magistratura e le valutazioni di professionalità dei magistrati”. Modifiche invece laddove, ha detto Mastella, si presentavano aspetti della riforma che apparivano “ai limiti della costituzionalità perchè incidenti sull’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. Sul dibattito futuro, il Guardasigilli si è detto disposto ad accogliere quei consigli volti allo “scioglimento dei nodi politici che hanno fin qui caratterizzato l’iter parlamentare del provvedimento, al fine di consentire un sereno esame e arrivare all’approvazione”, rispondendo in questo modo anche al messaggio del presidente della Repubblica che ha più volte sottolineato, come ricordato dallo stesso Mastella, l’urgenza di riformare in modo condiviso il sistema giudiziario. Sul tema spinoso e controverso della separazione delle carriere dei magistrati, Mastella si è detto convinto che vi siano, per realizzarla, “ostacoli di ordine costituzionale che ne impediscono la realizzazione per legge ordinaria”, tanto che “non è stata prefigurata nemmeno nella scorsa legislatura, quando c’era una maggioranza, almeno numericamente, consistente”.
A difesa del ddl anche il relatore Giuseppe Di Lello, il quale ha parlato di “una riforma equilibrata”, aggiungendo che”per questo non ci spaventa che sia gli avvocati che i magistrati protestino, arrivando questi ultimi ad annunciare uno sciopero”.

Dichiarazione di sciopero dell’Anm. Proprio mentre in Senato era in corso la discussione generale sul provvedimento di ridefinizione dell’ordinamento giudiziario che precede le votazioni sul disegno di legge, i magistrati hanno dichiarato la loro volontà di astenersi dal lavoro il prossimo 20 luglio in polemica e opposizione con il ddl governativo. La decisione è stata presa dal Comitato Direttivo Centrale che ha votato a favore dello sciopero registrando due sole astensioni, quella di Lucio Aschettino e di Giuseppe Cascini, entrambi di Magistratura Democratica. Tentando una mediazione con gli esponenti di Md, che si erano espressi contrariamente allo sciopero, il parlamento dell’associazione ha approvato un documento che stabilisce in sabato 14 luglio il prossimo appunto «per valutare gli sviluppi e i risultati dei lavori parlamentari e per avviare ogni ulteriore decisione, ivi compresa l’eventuale revoca dello sciopero».
Alla scelta dell’Anm, Mastella ha risposto invitando i magistrati a rivedere la propria posizione nel tentativo di “porre fine a questo annoso scontro che pone contro due poteri dello Stato”, ristabilendo la “necessaria serenità in modo da ricomporre questa annosa vertenza tra i poteri”.

fonte: http://www.aprileonline.info/4017/ddl-mastella-ancora-scontro-con-lanm

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Di Pietro scrive male. E Mastella non si “sputtana”

Jacopo Matano, 04 luglio 2007

Giustizia Il battibecco tra i ministri monopolizza il dibattito sulla riforma della Giustizia: il motivo del contendere è una lettera che il leader dell’Idv invia al titolare di Via Arenula. Ma due punti sui tre contestati da Di Pietro non sussistono. E Mastella si infuria: “il Guardasigilli sono io, non lui”

Una baruffa tra ministri ed esplode la polemica. Saranno le origini (più o meno) comuni, quel popolo sannita “bellicoso e forte”, sempre pronto allo scontro. Sarà che questa mattina a Roma il sole stentava a fare capolino, ingrigendo l’ambiente della politica. Eppure l’infuocato carteggio tra Antonio Di Pietro e Clemente Mastella, una partita di insulti che si è dipanata per tutta la giornata, non sembra avere molto a che vedere né con la riforma della giustizia, né con il futuro, roseo o drammatico, della magistratura.

La giornata dei due ministri inizia di buon ora ma con il piede sbagliato. Nella serata di ieri, giusto poco prima di cena, Di Pietro aveva definito la riforma del Guardasigilli “un inciucio”, ed aveva promesso che non l’avrebbe votata: da qualche ora era arrivata la notizia della protesta degli ex colleghi della magistratura, dimissioni della giunta dell’Anm e sciopero all’orizzonte inclusi. Il ministro delle infrastrutture ed ex pubblico ministero si sveglia quindi di malumore. Prende carta e penna e indirizza una dettagliata e tuonante missiva a Mastella (e a Prodi): nel testo del disegno di legge sulla Giustizia, scrive Di Pietro, “vi sono vistosi elementi di forte perplessità che, alterando sensibilmente l’assetto delle questioni come deliberate dal Consiglio dei ministri, ne minano pericolosamente la stessa legittimità”. Quali sono questi elementi? Il ministro li elenca uno per uno: “l’introduzione di nuovi ed inopinati vincoli al passaggio di funzioni (da requirenti a giudicanti e viceversa) per i magistrati ben oltre quanto definito al Consiglio dei Ministri”, elementi che “dissimulano in realtà l’intenzione di introdurre il perno della inaccettabile separazione delle carriere”. Secondo poi: è “inaccettabile che l’organizzazione degli uffici di procura sia sottratto alla valutazione preventiva e oggettiva che è assicurata dall’apposito programma, che consente anche agli organi di autogoverno la possibilità di consapevole e approfondito esame di eventuali problematicità emergenti”. Infine, “del tutto inaccettabile è la previsione che consente agli avvocati componenti del Consiglio Giudiziario di esprimersi anche sulle questioni afferenti la progressione in carriera dei magistrati”. Per questo motivo, scrive il responsabile di infrastrutture e trasporti, “non dubitando certo della opportunità della composizione dei consigli giudiziari arricchiti con tali partecipazioni, è necessario che il ruolo dei rappresentanti del mondo forense sia limitato alle altre questioni di competenza dei consigli giudiziari, relative alla funzionalità degli uffici giudiziari del territorio, senza intromissioni nel campo della valutazione circa la progressione in carriera del magistrato”. Una lettera fiume per spiegare il motivo dello sfogo di ieri, e per criticare i punti che non vanno nel d.d.l. licenziato dalla Commissione Giustizia: ma due di quei tre punti “fondamentali” risultano, agli occhi dell’intera Commissione, come “errati”.

Sulla presenza degli avvocati nei consigli giudiziari emerge subito che, tralasciando i tecnicismi, la situazione in esame al Senato non è quella che ha in mente Di Pietro: il ministro delle infrastrutture si riferisce ad un testo del disegno di legge risalente a molto tempo fa, addirittura alla stesura che era approdata in Commissione il 20 giugno scorso. Ma da allora il testo è stato modificato sostanzialmente, suscitando, tra l’altro, polemiche in senso nettamente contrario a quella del leader dell’Italia dei Valori: il senatore Manzione, avvocato della Margherita, aveva dato in escandescenze e alla fine votato contro proprio perché nell’emendamento della maggioranza non veniva contemplata la presenza dei legali nella composizione del consiglio giudiziario. E veniva inibita la presenza della sedia del Presidente dell’Ordine degli Avvocati all’interno del consiglio: una norma che avrebbe destato preoccupazioni sulla possibile ingerenza dei ruoli forensi, una norma che, come ci conferma il senatore Casson, semplicemente “non c’è”. Poi si passa al punto riguardante le procure, ovvero il secondo all’ordine del giorno della virulenta lettera del ministro. E anche qui, il Presidente della Commissione Cesare Salvi spiega “la commissione ha deciso lo stralcio di quella parte”. Fioccano le dichiarazioni: tutta la maggioranza difende il testo della Commissione e invita Di Pietro ad assumere “un altro atteggiamento” e a rileggersi il d.d.l.

Ma la lettera “strafalciata” del ministro delle infrastrutture fa immediatamente infuriare il destinatario Mastella, che, appena terminato di spendere ottimismo sull’ingresso della sua riforma in Aula al Senato, sputa il caffè amaro. “Non so cosa mi abbia scritto”, è il suo primo commento a caldo, “ma per quanto mi riguarda sono attestato sulla linea della Commissione”. Poi il ministro arriva subito al nocciolo della questione, e si àncora alla poltrona, sfogandosi: “lo faccio perché altrimenti sembrerebbe che il ministro della Giustizia sia Di Pietro e non io, e non mi pare. Se lo vogliono trovare un ministro della Giustizia in Di Pietro facciano pure, si accomodino..”. E l’elegante chiosa: “Se oggi accettassi una cosa del genere significherebbe sfiduciare la maggioranza della commissione e sighificherebbe sputtanarmi: questo lo può fare Di Pietro, non io”.

Il battibecco personale condisce così lo scontro sulla riforma. L’Italia dei Valori ha annunciato che presenterà degli emendamenti, in linea con la protesta dell’ ANM. Bisognerà vedere su quali punti cardine, visto che l’ultimo comunicato presentato dai magistrati sui punti critici della riforma risale anch’esso a prima dell’esame in Commissione, visto che i togati sono divisi sulle direzioni da prendere (Magistratura Democratica è contraria allo sciopero, se l’alternativa alla Mastella si chiama “riforma Castelli”). E visto che il punto focale rimane, a questo punto, solamente quello della distinzione delle funzioni: anche lì, solo il Senato saprà dare una risposta, e i magistrati hanno ed avranno il diritto di esprimersi in base ad informazioni qualificate e non alla posta dei titolari dei dicasteri.

Eppure i bisticci e le gelosie ministeriali sembrano monopolizzare la dialettica politica, non consentendo di andare al di là del ping pong di polemiche. La lettera pasticciata di Di Pietro fa il suo ingresso nella bolgia del Senato presentata in anteprima dal “suo” orecchio, nonchè voce, in Commissione Giustizia Aniello Formisano. Ma l’orecchio e la voce di Di Pietro non possono che sentire male e riferire di conseguenza: il senatore Formisano alla riunione del 28 giugno scorso, ovvero quella decisiva per il testo da inviare all’Aula, semplicemente non c’era.

fonte: http://www.aprileonline.info/3928/di-pietro-scrive-male-e-mastella-non-si-sputtana
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Reti colabrodo, emergenza idrica

AMBIENTE

Invasi vuoti, allarme anche al Nord
Bertolaso: infrastrutture da terzo mondo

Reti colabrodo, emergenza idrica
il Sud resta senza acqua

di ANTONIO FRASCHILLA

PALERMO – Mezza Italia nell’incubo dell’emergenza idrica. La siccità diminuisce i livelli negli invasi del Nord, le reti colabrodo fanno perdere al Sud milioni di litri d’acqua. Puglia e Sicilia le regioni più colpite, ma difficoltà si segnalano anche in Calabria, dove il comune di Reggio ha emesso un’ordinanza che proibisce di utilizzare l’acqua per usi non potabili dopo che alcuni quartieri sono rimasti a secco per giorni. “Per fortuna le piogge nelle regioni meridionali sono state abbondanti, altrimenti sarebbe stata una catastrofe – dice il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso – Le reti e le infrastrutture sono da terzo mondo ed è incivile che intere città, da Taranto ad Agrigento, si siano abituate ad avere l’acqua ogni dieci giorni. Gli enti locali devono fare di più. I soldi ci sono ma la burocrazia blocca la realizzazione delle opere. Alla fine a pagare sono i cittadini”.

La situazione più drammatica si registra in Puglia. E in particolare a Taranto, dove anche ieri è mancata l’acqua a causa dell’abbassamento del livello dei fiumi campani Sele e Calore, che servono l’acquedotto. Risultato? Da più di una settimana in alcuni quartieri non arriva una goccia d’acqua. Quella pugliese è un’emergenza dichiarata, ma in Sicilia non va meglio. Ad Agrigento fino a poche settimane fa l’acqua mancava anche per 18 giorni consecutivi: “Adesso la situazione è migliorata, in alcuni quartieri arriva ogni tre giorni, in altri ogni sei”, dice il neo-sindaco Marco Zammuto. Motivo, le reti vecchie di sessant’anni e un sistema di approvvigionamento che entra facilmente in tilt. Nonostante gli invasi siciliani siano quasi pieni, basta un guasto a un dissalatore, come quello di Gela, per far mancare l’acqua a migliaia di persone. A Licata, 40 mila abitanti in provincia di Agrigento, l’acqua non arriva da 8 giorni. A Caltanissetta arriva a giorni alterni: “Ma in periferia manca anche per tre giorni consecutivi”, dice il sindaco Salvatore Messana. Il mese scorso si è rotto il dissalatore di Trapani: otto Comuni sono rimasti senz’acqua per 20 giorni perché non c’erano altre fonti di approvvigionamento disponibili.


Situazione critica anche nel Centro Italia, soprattutto a causa della siccità. Ieri nelle Marche il presidente della Provincia di Pesaro, Palmiro Ucchielli, ha vietato agli agricoltori prelievi d’acqua lungo la vallate del fiume Metauro in secca. “In questa regione c’è un calo del 30 per cento nelle fonti di approvvigionamento. Ma ci sono problemi anche in diversi comuni dell’Appennino Tosco-Emiliano e dell’Umbria che da settimane vengono forniti con autobotti”, spiega Bernardo de Bernardis, commissario della Protezione civile per l’emergenza idrica al Nord. Anche il presidente della Provincia di Perugia, Giulio Cozzari, ha sospeso ieri le concessioni per prelevare acqua dal lago Trasimeno, calato di 94 centimetri rispetto ai livelli di guardia.

A rischio sono infine gli agricoltori e decine di Comuni del Nord. “Abbiamo ricevuto segnalazioni di problemi di approvvigionamento anche da alcune zone montane del Piemonte – continua De Bernardis – Il Po è in secca, non a caso oggi (ieri, ndr) ho emesso l’ennesima ordinanza per diminuire dell’8 per cento i prelievi per uso agricolo da Torino a Venezia. Viviamo in perenne emergenza idrica”.

(13 luglio 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/ambiente/acqua-sud/acqua-sud/acqua-sud.html
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ALLARME SICCITA’

Emergenza idrica a Taranto: scrivici anche tu

Emergenza idrica a Taranto. Quotidiano.net raccoglie le vostre segnalazioni, proteste, appelli. Scrivi anche tu a online@quotidiano.net

Sui quotidiani si parla di tanti problemi, sifanno inchieste più o meno importanti io vorrei sapere il motivo del silenzio sull’emergenza idrica in puglia. Taranto è una città di circa 200.000 abitanti, ha tanti problemi non ultimo l’ ILVA e le sue scorie, ma qual’è il motivo per cui questa città è priva di acqua da circa una settimana.
L’acqua è stata tolta improvvisamente senza preavviso e non si sa il perchè, è un guasto? allora perchè non avvisare la popolazione. Mancano gli approvvigionamenti, perchè non dirlo? perchè alzarsi la mattina aprire i rubinetti e non trovare nulla, in una stagione calda come questa e con tutte le conseguenze e i disagi che il problema provoca. Ma tanto è inutile nessun mass media ne parla e ne parlerà, forse perchè il problema riguarda una città del Sud, e poi un giornale fiorentino come può prendere a cuore un problema del genere, cosa farete direte anche voi che chi ha il problema se lo tiene.
Sarà tanto se mi risponderete, comunque buon lavoro.
Tina

Sono così indignata che stento a trovare le parole per esprimere tutta la rabbia, lo sconforto, la ribellione per quello che sta accadendo a Taranto. La città, che di recente è salita agli onori (?!) della cronaca per lo stato disastroso delle finanze del Comune, vive ora un’altra emergenza: la mancanza d’acqua. Da un giorno all’altro e senza alcun preavviso i rubinetti sono rimasti a secco e la gente vive in una situazione inimmaginabile. Nessuno ha avvertito i cittadini, nessuno ne spiega le cause, né dice quando e se si tornerà alla normalità, intanto non si può cucinare, non ci si può lavare, non si possono pulire i gabinetti; la salute della popolazione è a rischio, anche quella mentale!.

I mezzi di comunicazione, che pure hanno (e giustamente!) diffuso la notizia del mancato smaltimento di rifiuti in Campania, tacciono, inspiegabilmente e omertosamente, preferendo informarci sui flirt estivi dei vip di turno.

Elena de Gaetano

fonte: http://qn.quotidiano.net/cronaca/2007/07/12/24003-emergenza_idrica_taranto_scrivici_anche.shtml

spesso gli sbirri e i carabinieri al loro dovere vengono meno…"

10 Luglio 2007

Continuità

di Lorenzo Guadagnucci

Mi dispiace ma non ci sto. Non dite che la questione G8 sta arrivando a conclusione, perché non è così. Gianni De Gennaro esce di scena, ma le ferite di Genova sanguinano ancora, forse più di prima. Se qualcuno pensa che la nomina di Antonio Manganelli sia un punto di svolta definitivo, si sbaglia di grosso. L’avvicendamento al vertice della polizia, per come è stato gestito e per ciò che rappresenta, non ricompone affatto la frattura che si consumò nel luglio del 2001 fra forze di polizia e cittadinanza. Non sana la lesione che fu inferta all’ordinamento democratico, non riscatta le istituzioni, che si rivelarono inacapaci di impedire la sospensione dello stato di diritto.

Potrei parlare di tutto il G8, di quanto accaduto nelle strade di Genova, in piazza Alimonda, nella caserma di Bolzaneto, ma voglio limitarmi alla notte della Diaz, il 21 luglio 2001, perché ero dentro la scuola e ne uscii [con altri 92] con le ossa rotte, oltre che in stato d’arresto. Quella notte mi sentii letteralmente un cittadino senza Costituzione. Gli agenti delle forze di polizia del mio paese mi pestavano a sangue senza alcun motivo e mi privavano della libertà senza nemmeno premurarsi di comunicarmene il motivo. Non c’era più legge, non c’erano garanzie. La Diaz era un buco nero senza democrazia.

Sono uscito da quella scuola con due obiettivi: recuperare fiducia nelle forze di polizia e nello stato democratico; ottenere giustizia in tribunale. Sotto quest’ultimo aspetto, che reputo il meno importante, è in corso un processo, che dovrebbe chiudersi in primo grado entro il 2007, ma che difficilmente arriverà al terzo grado di giudizio prima che scatti la prescrizione. La lentezza della giustizia è un male italiano molto noto e questo caso non sfugge alla regola.

Ma è il primo obiettivo quello che più mi sta a cuore. Dopo i due giorni trascorsi in ospedale piantonato, e una volta recuperata piena serenità di giudizio, mi sono ripromesso di dare un contributo alla ricerca di una via d’uscita, sotto il profilo etico e politico, all’eclissi di democrazia che avevo sperimentato sulla mia pelle. Nel mio piccolo, ho scritto un libro su quanto accaduto alla Diaz, ho contribuito a fondare il Comitato Verità e Giustizia per Genova, ho partecipato a centinaia d’incontri e dibattiti in tutta Italia, ho cercato il dialogo con sindacalisti della polizia di stato. Mi aspettavo, data l’enormità di quanto avevo vissuto, un forte moto d’indignazione fra la gente e fra gli uomini delle istituzioni. Credevo che i miei diritti di cittadino e le mie aspettative di riscatto morale sarebbero stati accolti e valorizzati. In questi sei anni, a parte il sostegno e l’affetto di migliaia di persone, ho raccolto invece ben poco, specie dalle istituzioni.

Da cittadino convinto che la Costituzione venga prima di tutto e che ogni funzionario debba esserle fedele, mi sarei aspettato nei giorni e nei mesi seguiti al G8 una serie di cose: una denuncia pubblica, da parte del potere politico, che abusi del genere sono intollerabili; un’ammissione di colpa da parte della polizia, con l’avvio di una rigorosa inchiesta interna e le dimissioni del massimo responsbaile del corpo; la sospensione immediata dei dirigenti coinvolti nell’operazione; un messaggio di scuse alle vittime delle violenze; la massima collaborazione con la magistratura; l’avvio, da parte del parlamento, di una commissione d’inchiesta sull’intera gestione dell’ordine pubblico durante il G8. È quanto avverrebbe in un paese autenticamente democratico, rispettoso delle leggi e della sua Costituzione.

In questi anni, è accaduto invece questo: la polizia ha mentito nel riferire la dinamica del blitz [la resistenza degli occupanti, le ferite pregresse]; ha costruito prove false per giustificare gli arresti [le bottiglie molotov]; non ha sospeso i responsabili dell’operazione, che sono anzi stati promossi; non ha chiesto scusa di alcunchè; ha ostacolato l’azione della magistratura [gli elenchi incompleti degli agenti impegnati nel blitz, l’invio di foto inutilizzabili per i riconoscimenti, la scomparsa delle bombe molotov ricevute in custodia]. Gli imputati, non paghi delle promozioni ricevute, hanno tenuto un comportamento processuale assolutamente inadeguato per funzionari dello Stato: hanno disertato tutte le udienze e solo due [Canterini e Fournier] su 29 hanno accettato di rispondere alle domande di pm e avvocati.

Il potere politico ha avallato questa condotta. All’epoca del centrodestra c’è stata una legittimazione piena, con le promozioni degli imputati, il rifiuto di una commissione d’inchiesta, la conferma del capo della polizia. All’epoca del centrosinistra la politica delle promozioni è proseguita e il capo della polizia viene sostituito “per fine naturale del mandato” proprio nei giorni in cui viene indagato per istigazione alla falsa testimonianza e a ridosso del clamore suscitato dalla deposizione di Michelangelo Fournier sulla “macelleria messicana”.

Come si vede, ci vorrebbe ben altro che l’ambiguo avvicendamento deciso dal governo Prodi. Non siamo di fronte ad alcuna svolta. Il governo in carica non ha denunciato gli abusi commessi alla Diaz per quello che sono, una “macelleria italiana”; non ha revocato le promozioni [anzi ne ha concessa una]; non ha chiesto scusa alle vittime; non ha istituito una commissione d’inchiesta; non ha rimosso De Gennaro in quanto oggettivo responsabile, come capo della polizia, di quanto accaduto a Genova e delle coperture successive; ha scelto la strada della continuità anziché avviare quell’operazione di pulizia e trasparenza che sarebbe necessaria per ripristinare un clima di fiducia fra cittadinanza e forze dell’ordine.

Sono passati sei anni e la sensazione d’essere un cittadino senza Costituzione è ancora intatta. Almeno, vi prego, non prendeteci in giro, e rispondete, se potete, a queste semplici domande: chi controlla davvero le forze di polizia? Chi garantisce la effettiva preminenza dei diritti costituzionali?

fonte: http://www.donvitaliano.it/?p=537 – more-537

Non Dico più. Ora Cus

”Non Dico più”. ”Ora Dico Cus”. ”Le coppie di fatto della sinistra ritornano al (P)Cus”. ”Al governo piace il… Cus Cus. Si è subito scatenata la maratona ”a chi la inventa più divertente” sul nome del nuovo testo sulle unioni civili presentato ieri dal presidente della commissione Giustizia del Senato Cesare Salvi che, per l’appunto, non si chiameranno più Dico (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), ma Cus (Contratti di unione solidale). La discussione in Parlamento sul ddl costruito con tanta pazienza dal ministro della Famiglia Rosi Bindi e dalla sua collega per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, e presentato a febbraio alla fine si è tradotta in una riformulazione del testo per riavviare la discussione e cercare di arrivare finalmente a un testo il più possibile condiviso, ma anche questa proposta, così come quella dei Dico, ha già scatenato rimbrotti, rimproveri e qualche polemica.

Fra le novità principali del nuovo testo che Cesare Salvi ha presentato al comitato ristretto della commissione, e del quale si discuterà a partire dalle prossime settimane, quella che riguarda la possibilità di ”stipulare” le unioni civili anche tra persone dello stesso sesso. I Contratti di unione solidale saranno stipulati con una dichiarazione congiunta davanti a un notaio o al giudice di pace. Quest’ultimo dovrà inserire in un apposito registro sia gli atti firmati in sua presenza, sia quelli redatti dagli studi notarili. Coloro che stipulano i Cus, anche dello stesso sesso, ”si portano aiuto reciproco e contribuiscono alla necessità della vita in comune in proporzione ai propri redditi, al proprio patrimonio e alle proprie capacità di lavoro professionale e casalingo”.
Per modificare il contratto sarà necessario seguire lo stesso iter, mentre potranno essere sciolti sia con un accordo comune tra la coppia, sia per decisione unilaterale di uno dei due contraenti. Il contratto viene meno anche per il matrimonio di uno dei due o per la sua morte.
I Cus
non potranno essere stipulati dai minorenni, dalle persone interdette per infermità di mente, da chi è già sposato. Divieto di stipulare i contratti di unione anche per chi è stato condannato per omicidio o tentato omicidio del coniuge o del convivente dell’altra persona. Non potranno stipulare i contratti nemmeno le persone che abbiano vincoli di parentela.
Per quel che riguarda i diritti, i Cus elargiranno una serie di benefici normalmente riservati ai coniugi: l’assistenza sanitaria e penitenziaria, le facilitazioni nei trasferimenti di sede di lavoro, la decisione sulla donazione degli organi e sulle celebrazioni funerarie del convivente. Previsto anche il diritto di successione nel contratto di locazione nel caso di morte del convivente. Per quanto riguarda l’eredità, si ha diritto a un quarto del totale se il convivente ha figli o fratelli e sorelle; la metà se ci sono parenti fino al sesto grado e tutta la somma negli altri casi.

Le ”madri” dei Dico, Rosi Bindi e Barbara Pollastrini, non hanno voluto commentare i cambiamenti del Cus, mentre in generale le reazioni al nuovo testo di Cesare Salvi fino adora sono state contrastanti ma non eccessivamente rumorose. Da Alleanza nazionale a Rifondazione comunista il nuovo testo è stato comunque considerato ”un passo avanti”. Più critiche invece le posizioni delle deputate di Rifondazione Vladimir Luxuria e Titti De Simone. ”Il disegno di legge sui contratti di unione solidale non accoglie le richieste del movimento lgtb che all’ultimo Pride ha chiesto la parificazione al matrimonio attraverso il riconoscimento della genitorialità omo e transessuale e l’accesso alle tecniche della fecondazione assistita. Può essere considerato un passo avanti solo rispetto al vuoto legislativo ora presente”.

Emilio Nicola Bucicco (An), ha invece apprezzato il lavoro di Salvi parlando di ”un buon testo, una buona base di discussione. Certo, questo non coinvolge un giudizio sul merito, ma la metodologia di lavoro adottata è positiva e lo sforzo di Salvi utile. Insomma – ripete – una base importante”.
Anche il giudizio di Antonio del Pennino (Pri) è positivo: ”Mi sembra che il testo presentato dal presidente Salvi rappresenti un’ottima base su cui si può costruire un’intesa trasversale che superi le contrapposizioni che si sono verificate nei mesi scorsi. Il testo riprende l’impianto fondamentale del ddl Biondi, accoglie alcune considerazioni che avevo avanzate”.
Positive anche le riflessioni di Mauro Bulgarelli (Verdi): ”Si parte dalla proposta di legge Biondi ed è un risultato importante. Si tratta di un’operazione di sintesi che come base di partenza è interessante. Non mancheranno delle correzioni, penso alla parte successoria. Ed è importante che si facciano queste audizioni per ascoltare sia il punto di vista cattolico che quello laico. Ma il dato positivo è che si siano superati i numerosi ddl e ci sia finalmente un testo unico su cui lavorare”.

Per il deputato di Sinistra democratica Franco Grillini ”è positivo che si sia riaperta la discussione in sede parlamentare sui diritti delle coppie di fatto e di quelle dello stesso sesso”, tuttavia muove alcune critiche: ”Nove anni di Cus per l’eredità sono davvero eccessivi – ha dichiarato –. Per non parlare delle pensioni di reversibilità, rinviate in questo testo come nei Dico al riordino complessivo della materia”. Secondo Grillini però è necessario che il provvedimento sia approvato in tempi stretti. ”In Italia alcuni milioni di cittadine e cittadini, vivono in regime i convivenza ed attendono da tempo una buona legge di regolamentazione – ha sottolineato –. E’ un’occasione che non va sprecata. E’ auspicabile che la discussione in Senato proceda rapidamente”.

Ma c’è chi è stato subito contrario senza lasciare alcun margine di dibattito. ”Non andavano bene i Dico, non va bene il Cus”, questa la secca bocciatura in una dichiarazione congiunta dei senatori Cdl della commissione Giustizia Mantovano (An), Bianconi (Fi) e Polledri (Lega). ”Per noi è inaccettabile ogni forma di famiglia-fai-da-te”.
”Persa in piazza San Giovanni e nel Parlamento la prospettiva di approvare il ddl del Governo sui ‘Dico’ – hanno argomentato i senatori della Cdl – oggi il presidente della Commissione Giustizia del Senato lo sostituisce con il ‘Cus’ della proposta Biondi. La differenza fra il ddl Biondi e il ddl del Governo sui ‘Dico’ è che nel primo non vi è un riconoscimento pubblico della realtà di fatto costituita dalla convivenza; e però questo non si traduce nella mera possibilità di regolamentare per contratto privato specifici aspetti dell’unione non matrimoniale, come ad esempio la comunione dei beni o la titolarità della locazione. Si traduce in qualcosa di più, e di più significativo: il contratto d’unione solidale, pur mantenendo natura privatistica, acquista un contenuto generalistico”. ”I due partner – osservano ancora – si recano dal notaio o dal giudice di pace e gli prospettano la registrazione di un loro ‘pacchetto famiglia’, modulato sulla base delle esigenze e dei desideri di entrambi. Ci si trova di fronte a una ”famiglia-fai-da-te”, che indica l’elenco dei diritti e dei doveri reciproci, non coincidenti con quelli descritti per ogni famiglia dalla Costituzione e dal Codice civile, e che invece sono frutto di una scelta che termina in un contenitore, la cui consistenza varia sulla base della volontà dei contraenti. Il rapporto di coppia, esclusa la via del matrimonio, non è più, per questo ddl, semplicemente una situazione di fatto, comunque tutelata nei diritti individuali per aspetti particolari, ma – partendo da una situazione di fatto – si configura giuridicamente in virtù di quello che le parti concordano di inserire nel ‘paniere’, la cui consistenza varia sulla base della volontà dei contraenti”.
fonte: http://www.guidasicilia.it/ita/main/news/index.jsp?IDNews=27000

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