Archivio | agosto 2012

CRISI – Eurispes, i redditi italiani sono insufficienti per una vita dignitosa


Economia o l’ottimismo della politica… – fonte immagine

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Eurispes, i redditi italiani sono insufficienti per una vita dignitosa

Analizzando e mettendo a confronto le principali voci di entrata e uscita del bilancio di una famiglia italiana-tipo, emergono differenziali significativi tra le diverse regioni del Paese con il primato assoluto delle regioni del Mezzogiorno. L’osservazione dei dati su base regionale, secondo l’Eurispes, pone al primo posto la Puglia, dove lo spread tra ricchezza dichiarata e benessere reale si attesta a 54 punti base, seguita da Sicilia, Campania e Calabria (spread rispettivamente di 53, 51 e 50 punti)

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Roma, 31-08-2012

Con la crisi economica oltre allo spread sui titoli di Stato cresce anche quello tutto italiano tra ricchezza reale, redditi dichiarati e tenore di vita delle famiglie italiane, un differenziale che, soprattutto nelle regioni e nelle province del Sud, registra livelli significativamente elevati. Gli studi piu’ recenti elaborati dall’Eurispes mostrano che i redditi di una famiglia tipo in varie citta’ del Nord, del Centro e del Sud Italia non sono sufficienti a fare fronte alle spese necessarie per condurre una vita dignitosa. Questo e’ il principale fattore che spinge una percentuale sempre piu’ elevata di persone a cercare altre risorse attraverso soprattutto un doppio lavoro.

Analizzando e mettendo a confronto le principali voci di entrata e uscita del bilancio di una famiglia italiana-tipo, emergono differenziali significativi tra le diverse regioni del Paese con il primato assoluto delle regioni del Mezzogiorno. L’osservazione dei dati su base regionale, secondo l’Eurispes, pone al primo posto la Puglia, dove lo spread tra ricchezza dichiarata e benessere reale si attesta a 54 punti base, seguita da Sicilia, Campania e Calabria (spread rispettivamente di 53, 51 e 50 punti).

Al contrario, lo squilibrio tra entrate e uscite di cassa – indice di una ricchezza familiare “non dichiarata” -, e’ minore nelle regioni del Centro Nord, in particolare in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna dove il
differenziale registra valori minimi: rispettivamente di 1, 11, 12, 13 e 16 punti base.

Se si osservano i valori associati alle singole province, la variabilita’ dello spread e, quindi, l’incidenza del sommerso sull’economia del territorio, risulta ancora piu’ marcata. In 18 province lo spread supera, infatti, quota 50 punti (Catania, Ragusa, Sassari, Brindisi ed Agrigento in testa, con differenziali pari o superiori a 57 punti base).

Altre 60 province (la maggioranza assoluta) ha uno spread compreso tra 20 (Reggio nell’Emilia) e 50 (Avellino, Siracusa, Reggio di Calabria). Si tratta in prevalenza di province localizzate nel Mezzogiorno e nel Centro Italia. Mentre le province di Milano e di Aosta si confermano quelle piu’ coerenti nel rapporto tra entrare e uscite, con uno spread rispettivamente a 0 e a 1 punto base.

A conferma del dato regionale si osserva che tra le 25 province che registrano i livelli di spread piu’ bassi (inferiori ai 20 punti), troviamo soprattutto le citta’ del Nord Italia, segno di un maggiore equilibrio tra entrate e uscite di cassa e di una minore incidenza dell’economia sommersa sul sistema economico locale.

I DOPPIOLAVORISTI: Eurispes ha considerato il numero di coloro che esercitano attivita’ in nero a fianco di attivita’ – parziali o a tempo pieno – inserite in un contesto istituzionalizzato e regolarizzato. Quindi, e’ stato ipotizzato che almeno il 35% dei lavoratori dipendenti sia ormai costretto ad effettuare un doppio lavoro per far quadrare i conti e arrivare alla fine del mese. Questo vuol dire che sono almeno 6 milioni i “doppiolavoristi” tra i dipendenti che, lavorando per circa 4 ore al giorno per 250 giorni, producono annualmente un sommerso di 90.956.250.000
euro.

ECONOMIA ‘NASCOSTA’: Eurispes stima che l’insieme dell’economia “non osservata” nel nostro Paese abbia generato nell’ultimo anno circa 530 miliardi di euro, pari al 35% del Pil ufficiale che e’ intorno ai 1.540mld, una somma equivalente ai Pil ufficiali di Finlandia (177 mld), Portogallo (162 mld), Romania (117mld) e Ungheria (102mld) messi insieme. Un sistema economico parallelo, non ufficiale, al quale si somma un’altra economia: quella criminale, il cui fatturato l’Eurispes stima in almeno 200 miliardi di euro annui e i cui proventi vengono in gran parte riciclati all’interno dell’economia legale e in parte alimentano il sommerso stesso. Si tratta quindi di un fenomeno di enormi proporzioni che coinvolge in Italia i settori piu’ diversi: si va dall’agricoltura all’edilizia, passando attraverso i servizi e l’industria, nelle forme del lavoro nero continuativo, del lavoro e del lavoro nero saltuario, che coinvolge una molteplicita’ di soggetti (giovani in cerca di prima occupazione, disoccupati, cassaintegrati, lavoratori in mobilita’, extracomunitari non in regola, ma anche studenti, pensionati, casalinghe, lavoratori dipendenti ed autonomi con lavoro regolare, ecc.).

“Se di fronte alla crisi economica e ad una pressione fiscale senza precedenti – sottolinea Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes – gli italiani non danno ancora vita a manifestazioni spontanee di forte dissenso e’ solo perche’ nel Paese e’ presente un’economia parallela che in mille modi e sotto diverse forme, va ad integrare i redditi delle famiglie. Una sorta di ammortizzatore sociale – prosegue Fara -, per milioni di italiani che sono quotidianamente, insieme e a turno, vittime dell’evasione ed evasori essi stessi”.

– GLI IMMIGRATI: lo stesso calcolo e’ stato applicato agli immigrati clandestini per i quali si stima un sommerso di 10.500.000.000 euro, e agli immigrati con regolare permesso di soggiorno che lavorano in nero, per i quali si stima un sommerso di 12.000.000.000 euro.

– I PENSIONATI ATTIVI: in Italia su un totale di 16,5 milioni pensionati, circa 4,5 milioni hanno un’eta’ compresa tra 40 e 64 anni. Per Eurispes e’ plausibile ritenere che all’incirca un terzo di essi lavori in nero. A questo terzo si aggiungono altri 820.000 pensionati tra gli ultrasessantacinquenni, ma evidentemente ancora attivi, che vanno a formare, secondo le stime Eurispes, i 2.320.000 di pensionati italiani che producono lavoro sommerso. Ipotizzando che questi 2,3 milioni di individui lavorino per 5 ore al giorno, con un compenso orario medio di 15 euro, si ottiene un
volume complessivo pari a 43,5 miliardi di euro.

– LE CASALINGHE OCCUPATE: altra categoria che sfugge ai dati ufficiali e’ rappresentata dalle casalinghe che nel nostro Paese sono almeno 8,5 milioni. Sono numerose le casalinghe che in molti casi, svolgono, al di fuori della famiglia, piccoli
lavori (ad esempio, baby bitter o lavori di cura e domestici extra familiari) che sfuggono alle stime e ai conteggi ufficiali. Il loro 18,8%, infatti, svolgerebbe lavori che vanno ad alimentare il sommerso con 24 miliardi di euro.

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fonte rainews24.it

Alcoa: nessuna proroga: da lunedì lo stop degli impianti


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Alcoa: nessuna proroga: da lunedì lo stop degli impianti

Doccia fredda da Portovesme: “Dal 3 settembre blocco della produzione”. Ma la Glencore mostra interesse e ha chiesto 7 giorni per le verifiche. L’incontro a Roma si era concluso con un nulla di fatto. Fuori dal Ministero la protesta dei lavoratori

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Doveva essere la giornata decisiva per il futuro di Alcoa. Ma dal vertice a Roma in cui il governo ha incontrato le parti, è venuto fuori un nulla di fatto. Tutto è stato rimandato al 5 settembre. Serviva una soluzione che scongiurasse la chiusura degli stabilimenti e la conseguente perdita di lavoro per centinaia di persone. E in serata è arrivata la doccia fredda da Portovesme. Il governatore Cappellacci ha chiesto ufficialmente all’azienda di dilatare i tempi, ma i vertici del colosso dell’acciaio hanno rifiutato: “Dal 3 settembre partono le procedure per lo spegnimento degli impianti”.

Il vertice romano sull’Alcoa di Portovesme era durato circa un’ora. Al termine, il Ministero ha diffuso un comunicato in cui trapela un moderato ottimismo. La multinazionale svizzera Glencore ha infatti ribadito il proprio interesse “a discutere della questione Alcoa, chiedendo chiarimenti in merito alle condizioni di contesto, come costo dell’energia, condizioni infrastrutturali e ambientali”. Glencore si è riservata di decidere entro una settimana. Tutto rinviato dunque. Ma dalla Sardegna sembra rimanere in piedi la decisione dei vertici dell’impianto di bloccare la produzione il 3 settembre.

Garanzie governative e disappunto dei sindacati – Il governo ha anche garantito una tutela per i lavoratori del Sulcis, grazie ad appositi ammortizzatori sociali (VIDEO). “Governo e Regione hanno concordato le modalità per mettere in sicurezza i lavoratori dell’Alcoa e dell’indotto”. I sindacati hanno però espresso posizioni meno ottimiste. Rino Barca, segretario metalmeccanici Cisl ha dichiarato: “Non vedo un impegno del governo italiano. Continueremo a battere i caschetti per terra per far capire che la trattativa non finisce qui. Da domani primo settembre lo stabilimento si ferma, quindi questo comunicato non è positivo per noi lavoratori”.

La rabbia dei lavoratori – Gli operai dell’Alcoa hanno protestato dalle prime ore del mattino per le strade di Roma. I lavoratori dello stabilimento per la produzione di alluminio di Portovesme hanno organizzato un blitz davanti Montecitorio per chiedere il salvataggio dello stabilimento sardo di alluminio. (GUARDA LE FOTO DELLA PROTESTA DELL’ALCOA A ROMA). Il presidio si è poi spostato davanti al Ministero dello Sviluppo economico. Alcuni manifestanti si sono arrampicati su un cancello e uno di loro si è sentito male. Dopo la fumata grigia emersa dal vertice, i lavoratori stanziati in Via Molise, hanno assunto un atteggiamento attendista, nella speranza che fino all’ultimo si possa evitare l’avvio delle procedure di blocco della produzione. “Ci aspettavamo una risposta positiva. Siamo arrivati dalla Sardegna, dalla provincia più povera d’Italia per ottenere cosa? Sempre rinvii o risposte negative”, ha detto uno di loro. Predominano delusione e amarezza. Adesso l’unica speranza dei lavoratori è che l’Alcoa possa concedere un rinvio e aspettare così la risposta di Glencore.

Doccia fredda dopo la proposta di Cappellacci – Il governatore della Sardegna ha chiesto in maniera ufficiale all’amministratore delegato di Alcoa Italia, Giuseppe Toia, di dilatare i tempi per la fermata dell’impianto di Portovesme, in attesa di capire il grado di interesse di Glencore. Ma i vertici del colosso americano hanno rifiutato la proposta di proroga. Secondo alcune fonti vicine alla vertenza dello stabilimento sardo, da lunedì 3 settembre dovrebbero partire le procedure per l’arresto della produzione.

La protesta parallela della Carbosulcis – Oltre al dramma dei lavoratori di Alcoa, prosegue anche la protesta della Carbosulcis. Giovedì 30 agosto, il governo aveva aperto uno spiraglio per il futuro dei minatori dei pozzi Nuraxi Figus: “La miniera del Sulcis non è detto che chiuda” ha affermato il sottosegretario De Vincenti. E prosegue anche la protesta dei minatori della Carbosulcis asserragliati a 400 metri di profondità. Nel ventre della terra, i minatori non si fidano. E dopo il gesto shock di Stefano Meletti, che davanti alle telecamere si è ferito al braccio con un coltello per protesta (IL VIDEO) giovedì 30 agosto due lavoratori, esasperati e stressati da giorni di occupazione e dalla tensione per l’attesa di risposte da Roma, sono scesi nel piano più profondo della miniera, lasciando i compagni in presidio a una trentina di metri più su. A quella profondità le condizioni sono proibitive con il rischio concreto di collassi: poco ossigeno, 36-40 gradi di temperatura, tasso di umidità al 90% e terreno ridotto ad un acquitrino melmoso e maleodorante.
Per convincerli ad uscire, dopo almeno tre ore di trattative, sono dovute intervenire le squadre di salvataggio interne alla Carbosulcis. Alla fine i due minatori hanno rivisto la luce del sole, portati in superficie con le barelle e da qui trasferiti in ospedale per accertamenti.

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fonte tg24.sky.it

ADDIO A UN ‘GRANDE’ DELLA CHIESA – Il cardinale Martini è morto «Ha rifiutato l’accanimento terapeutico»

Ho avuto la fortuna di conoscere, e apprezzare, il cardinal Martini tanti anni fa ad Assisi a una ‘Settimana della Pace’, quando ancora non era Arcivescovo di Milano. Un uomo colto, di intelligenza superiore, ma anche umano e sensibile verso tutti, e con tutti bendisposto al dialogo, quello vero. Un uomo con un carisma eccezionale, che non ha mai sfruttato per fini personali, oltre che raffinato teologo. Un autentico seguace di Cristo, come ce n’è pochi, ormai, in seno alla Chiesa Cattolica.

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Il cardinale Martini è morto
«Ha rifiutato l’accanimento terapeutico»

Era malato di Parkinson. Se ne va a 85 anni, per 22 aveva guidato la diocesi di Milano. Benedetto XVI: dolore per un generoso servitore della Chiesa. Napolitano: era illuminante, grave perdita per l’Italia. Lunedì i funerali

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ROMA – Il cardinale Carlo Maria Martini è morto. L’ex arcivescovo di Milano, 85 anni, da tempo era malato di ParkinsonLe condizioni di salute di Martini, morto a Gallarate, si erano aggravate negli ultimi giorni e stamani il suo medico aveva detto che era «entrato in fase terminale». Nel 2002 il cardinale, per 22 anni alla guida della diocesi di Milano, si dimise per ragioni di salute e si ritirò a Gerusalemme da dove tornò, malato, in Italia nel 2008. Cordoglio in Italia e nel mondo. Camera ardente sabato nel Duomo di Milano, dove si terranno anche i funerali lunedì.

«Ha rifiutato ogni forma di accanimento terapeutico». «Dopo un’ultima crisi, cominciata a metà agosto, non è più stato in grado di deglutire né cibi solidi né liquidi. Ma è rimasto lucido fino all’ultimo e ha rifiutato ogni forma di accanimento terapeutico», ha detto il neurologo Gianni Pezzoli, che da anni aveva in cura l’arcivescovo emerito di Milano.

LEGGI IL PROFILO/Biblista che parlava alla gente

Il Papa, «appresa con tristezza» la notizia della morte del cardinale Martini «dopo lunga infermità, vissuta con animo sereno e con fiducioso abbandono alla volontà del Signore», esprime la sua «profonda partecipazione al dolore» per la scomparsa «di questo caro fratello che ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa».

Benedetto XVI ricorda «con gratitudine» l’intensa opera apostolica di Martini, «profusa quale zelante religioso figlio spirituale di Sant’Ignazio, esperto docente, autorevole biblista e apprezzato rettore della Pontificia Università Gregoriana e del Pontificio Istituto Biblico». E quindi, prosegue, «come solerte e saggio arcivescovo di codesta arcidiocesi ambrosiana». «Penso altresì – aggiunge il Pontefice – al competente e fervido servizio da lui reso alla Parola di Dio, aprendo sempre più alla comunità ecclesiale i tesori della Sacra Scrittura, specialmente attraverso la promozione della Lectio Divina».

«Accompagna dall’alto la Chiesa milanese».
«Mi auguro che tutti noi possiamo vivere con fede questo momento di passaggio del cardinal Martini, testimone di una vita offerta e donata a Dio secondo una varietà di forme: intellettuale, grande biblista, rettore di università e pastore», ha detto l’arcivescovo di Milano Angelo Scola. «Personalmente – dice alla Radio Vaticana – ho avuto la possibilità di un ultimo lungo colloquio con lui sabato scorso, da cui ho ricavato sostegno e aiuto per questo delicato ministero. Sono certo che ora il cardinal Martini accompagna dall’alto la Chiesa milanese e tutti gli abitanti di questa nostra grande arcidiocesi».

Scola sottolinea come l’apertura di Martini alle istanze del mondo moderno sia stato «uno degli aspetti che hanno contraddistinto il suo ministero milanese e di cui tutti gli daranno atto; tutti i mondi, milanese e non solo, gliene daranno atto». In più, ne apprezza la volontà di dialogo anche con atei ed agnostici, «perchè – spiega il porporato – la proposta di Gesù Cristo è sempre, di nuovo, rivolta a tutti. Il cardinale ha ripreso una grande tradizione con una sua peculiare sensibilità».

L’invidia per la gioia di S. Francesco di fronte alla morte. «Noi sentiamo quasi una certa invidia e una profonda nostalgia per la libertà di spirito, la scioltezza spirituale e la gioia di Francesco d’Assisi di fronte alla morte»: è quanto affermò Martini, in una delle sue visite alla tomba di San Francesco, secondo
la testimonianza dei frati di Assisi. «La sua testimonianza e la sua capacità di dialogo con l’uomo contemporaneo, nutrita da una fede ancorata al vangelo – proseguono i francescani in una nota – rappresentano una preziosa eredità capace di orientare le vicende umane del tempo presente».

Il Parkinson.
«Il cardinal Martini soffriva di Parkinson da tanto tempo, circa 16 anni, e ha sempre dichiarato la sua malattia», ricorda Pezzoli, responsabile del Centro per la malattia di Parkinson e i disturbi del movimento degli Istituti clinici di perfezionamento (Icp) di Milano. Il neurologo, cofondatore e presidente dell’Associazione italiana parkinsoniani (Aip), ha seguito l’arcivescovo emerito «negli ultimi 10 anni» e «l’ho visto anche questa mattina».

Napolitano: grave perdita per l’Italia. «La scomparsa del Cardinale Carlo Maria Martini è una dolorosa, grave perdita non solo per la Chiesa e per il mondo cattolico ma per l’Italia, il paese di cui era figlio e cui ha dedicato tanta parte del suo impegno e del suo insegnamento», dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Nella metropoli lombarda ha lasciato l’impronta profonda della sua attività pastorale così ispirata e socialmente sensibile. La sua sapienza e la sua visione universale si sono proiettate nell’area più vasta della Cristianità e lungo i percorsi innovativi del dialogo inter-religioso. Anche negli ultimi anni di personale sofferenza ha saputo dialogare con gli italiani da grande maestro di vita intellettuale e morale. Personalmente conservo incancellabile il ricordo dei numerosi incontri e colloqui che ebbi con lui, nella sede della Diocesi milanese, da Presidente della Camera e ancor più, da Ministro dell’Interno, soprattutto sui temi dell’immigrazione. Ne trassi ogni volta illuminate e concrete suggestioni».

Pisapia: ha illuminato Milano. «I tempi difficili hanno bisogno delle parole di saggezza e di speranza dei grandi uomini. Carlo Maria Martini ha illuminato il cammino della città tutta, non solo di una parte. Per questo, oggi ancor di più, Milano rimpiange il “suo” Arcivescovo», dice il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

Le reazioni: vuoto incolmabile. «La notizia della scomparsa del Cardinale Carlo Maria Martini lascia un vuoto incolmabile nelle nostre coscienze», afferma il presidente del Senato, Renato Schifani. «La appassionata vocazione nel diffondere il messaggio del Vangelo e la generosa disponibilità umana hanno permesso al cardinale Carlo Maria Martini di rappresentare un saldo e autorevole punto di riferimento per quanti, laici e cattolici, operano per il bene e la serenità del nostro Paese, nel segno dei valori solidarietà, del dialogo tra civiltà e fedi e
dell’attenzione ai bisognosi», sottolinea il presidente della Camera, Gianfranco Fini.

La morte di Martini «segna la scomparsa di un grande protagonista della Chiesa degli anni di Giovanni Paolo II», ha dichiarato il ministro per l’Integrazione, Andrea Riccardi. «Fin dalla giovinezza è stato uomo della Bibbia e dell’ascolto della Parola di Dio. Intellettuale finissimo, ha avuto sempre – ricorda Riccardi – una spiccata sensibilità nei confronti del mondo dei poveri e delle sofferenze della vita.

«Carlo Maria Martini è stato una figura ricca e complessa, che ha parlato al cuore del mondo e non solo alla comunità dei cristiani», dice il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. «Ma soprattutto – continua – Martini non ha mai rinunciato a parlare a tutti gli uomini e a cercare insieme a tutti gli uomini la verità. La sua fede profonda e radicata non lo ha mai fatto sentire in “cattedra” rispetto alle persone in ricerca e ai non credenti, con cui riusciva sempre a instaurare un dialogo sincero. Oggi è un giorno triste – conclude Bersani – ma ci sentiamo anche riconoscenti per quanto ha rappresentato per molti di noi».

Berlusconi. «La scomparsa del Cardinal Martini lascia un vuoto nella Chiesa cattolica italiana. Il suo magistero pastorale nella diocesi ambrosiana è stato animato da un costante colloquio con tutti i cittadini, laici e credenti, sulla base di una fede aperta ai problemi della modernità e della coscienza sofferta dell’uomo contemporaneo. Il suo insegnamento resta fondamentale per la Chiesa impegnata per l’elevamento spirituale della nostra società». Lo dice Silvio Berlusconi.

Casini: «Oggi l’Italia ed il mondo cattolico sono più poveri». ll leader dell’Udc ricorda il cardinal Martini, verso il quale esprime «grande rispetto e cordoglio». «È stato un grande interprete del cattolicesimo italiano, con il cardinale Ruini, uno dei più grandi personaggi di questi anni. Uno straordinario uomo di fede al di là di tutte le valutazioni sulle scelte politiche ed ideologiche».

Il Gay center. Il confronto sui diritti «perde un importate protagonista». Anche il Gay Center si unisce a quanti in queste ore stanno esprimendo cordoglio per la scomparsa del cardinal Martini. «Ci uniamo al cordoglio per la scomparsa del cardinal Martini di cui ricordiamo – dichiara il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo – la sua posizione di apertura nei confronti delle coppie gay. Con Martini la cultura aperta al confronto sui diritti tra laici e cattolici perde un protagonista importante. Ci auguriamo che altri vogliano prenderne il testimone».

Dario Fo: «Oggi è morto un uomo giusto, un vero cristiano». Così il Premio Nobel ricorda la figura del cardinale. «Milano è abituata a questi personaggi stupendi», aggiunge Fo. Quanto alla scelta di Martini di rifiutare l’accanimento terapeutico, Fo la definisce «una scelta stupenda, mostra che tipo di persona fosse».

Gli anni all’Aloisianum. Negli ultimi anni di vita, dopo il suo ritorno da Gerusalemme per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il cardinal Martini è stato ospite dell’Aloisianum, un importante Istituto di studi Filosofici gestito dai Gesuiti dove il sacerdote in anni passati aveva studiato. L’ultimo piano del complesso è infatti attrezzato per ospitare gesuiti anziani lungodegenti o con necessità di cure. Il nome della struttura deriva da Aloisius (Luigi in latino) ed è dedicata a San Luigi Gonzaga. L’istituto è nato nel 1839, per ospitare un seminario degli aspiranti gesuiti, grazie ad una generosa donazione della contessa Rosa Piantanida Bassetti Ottolini. Sorge alla periferia di Gallarate, nel rione Ronchi, un tempo proprietà dei Bassetti.

Venerdì 31 Agosto 2012 – 13:08
Ultimo aggiornamento: 19:33
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FERMATELI! – Afghanistan, 12 anni lui e 6 lei: decapitati / Two Afghan children beheaded in separate incidents


Chicago Tribune 2012-08-31: KABUL (Reuters) – An adolescent boy and a young girl have been beheaded in two separate incidents in Afghanistan, local officials and police said on Friday, in the latest brazen attacks that have raised fresh questions about a splintering Taliban. A 12-year-old boy was kidnapped and killed in southern Kandahar province on Wednesday, his severed head placed near his body to send a warning to police, said provincial governor spokesman Jawid Faisal. The brother of the boy,… more »fonte

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Afghanistan, 12 anni lui e 6 lei: decapitati

Orrore nelle province di Kandahar e Karpisa

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Orrore in Afghanistan dove due bambini, un maschietto di 12 anni ed una bimba di 6, sono stati decapitati. I due episodi, riferisce la polizia, non sono collegati tra loro. Secondo il portavoce del governo locale, Javed Faisal, l’episodio che riguarda il 12enne è avvenuto mercoledì notte nel distretto di Panjwayee, dove il ragazzino era andato per un lavoro che il padre gli aveva chiesto di fare. «È stato preso dai Talebani e portato in un’area ignota. Il suo corpo decapitato è stato trovato giovedì notte nel bazar di Panjwayee» ha affermato Faisal. «L’unica ragione dietro la sua decapitazione è che suo fratello è un poliziotto e combatte gli insorti», ha aggiunto il portavoce. Al momento i Talebani non hanno rivendicato l’omicidio. Ancora non si hanno altre informazioni invece della bambina di 6 anni. Entrambi gli episodi arrivano però a pochi giorni dopo che altri 17 civili, tra cui due donne, sono stati trovati decapitati nella provincia dell’Helmand, sempre nel sud dell’Afghanistan. Le vittime stavano partecipando ad una festa musicale. Il bambino è stato rapito e poi ucciso nella provincia meridionale di Kandahar, mentre la bambina è stata decapitata nella provincia orientale di Karpisa.

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fonte corriere.it

TERREMOTO – Filippine, sisma di magnitudo 7.9. Scatta l’allerta per lo tsunami / VIDEO: CNN Quake of 7.9 magnitude strikes off Philippines: USGS

CNN Quake of 7.9 magnitude strikes off Philippines: USGS

Pubblicato in data 31/ago/2012 da

MANILA (Reuters) – An earthquake of 7.9 magnitude struck off the Philippines on Friday and a tsunami warning has been issued for the region, the U.S. Geological Survey and the Pacific Tsunami Warning Center said.

The quake was centered off the east coast, 91 miles off the town of Guiuan in Samar province at a depth of about 20 miles, USGS said.

The tsunami warning was issued for the Philippines, Japan, Indonesia, Taiwan, Papua New Guinea and other islands in the Pacific including the U.S. state of Hawaii.

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Filippine, sisma di magnitudo 7.9 Scatta l’allerta per lo tsunami

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ultimo aggiornamento: 31 agosto, ore 16:11
Manila – (Adnkronos/Xinhua/Ign) – L’epicentro del potente terremoto, rende noto l’U.S. Geological Survey e il Pacific Tsunami Warning Center, è stato localizzato a una profondità sottomarina di 33 chilometri e a una distanza di 146 chilometri dall’isola più vicina. L’allerta interessa Filippine e Indonesia. Al momento non vi sono notizie di danni o feriti

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Manila, 31 ago. (Adnkronos/Xinhua/Ign) – Un terremoto di magnitudo 7.9 è stato registrato nelle Filippine ed è stato diffuso un allarme tsunami per la regione. Lo rendono noto l’U.S. Geological Survey e il Pacific Tsunami Warning Center said.

L’epicentro del potente sisma è stato localizzato a una profondità sottomarina di 33 chilometri, a una distanza di 146 chilometri dall’isola più vicina. L’allarme tsunami interessa oltre alle Filippine, l’Indonesia, Taiwan e il Giappone.

“Un terremoto di questa intensità ha la potenza per generare uno tsunami distruttivo che può toccare le coste più vicine all’epicentro in pochi minuti e quelle più distanti in alcune ore”, si legge nel bollettino del Center.

Il centro abitato più vicino all’epicentro del sisma è la cittadina di Guian, nella provincia di Samar, sulle coste orientali delle Filippine. Al momento non vi sono notizie di danni o feriti.

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fonte adnkronos.com/IGN

Crisi, disoccupazione: record dal ’99. Senza lavoro il 35% dei giovani


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Crisi, disoccupazione: record dal ’99
Senza lavoro il 35% dei giovani

Dati Istat. A luglio tasso stabile al 10,7%. Ma su base annua le persone in cerca di occupazione sono cresciute di 700mila unità. Picco tra le ragazze del Sud

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ROMA – Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre 2012 risulta pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali su base annua. Lo rileva l’Istat in base a dati grezzi. Si tratta del tasso più alto, in base a confronti tendenziali, dal secondo trimestre del 1999. A luglio resta stabile al 10,7%, lo stesso livello di giugno, il più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). Su base annua il tasso è in rialzo di 2,5 punti. Su base annua le persone in cerca di occupazione aumentano del 33,6%, ovvero di 695 mila unità.

Giovani. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni nel secondo trimestre del 2012 sale al 33,9%, dal 27,4% del secondo trimestre 2011. È il tasso più alto, in base a confronti tendenziali, dal secondo trimestre del 1993, inizio delle serie storiche. A luglio il tasso dei giovani senza lavoro è al 35,3%, in aumento di 1,3 punti percentuali su giugno e di 7,4 punti su base annua (dati destagionalizzati e provvisorie). Il ritmo di crescita annuo della disoccupazione giovanile è triplo rispetto a quello complessivo. Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 618 mila.

Picco tra le ragazze del Sud.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni nel secondo trimestre 2012 tocca un picco del 48% per le giovani donne del Mezzogiorno.

Record precari. Nel secondo trimestre 2012 i lavoratori dipendenti a termine sono 2 milioni 455 mila, il livello più alto dal secondo trimestre del 1993 (inizio serie storiche). Sommando i collaboratori (462 mila) si arriva a quasi tre milioni di lavoratori precari.

Inflazione in rialzo. Torna a crescere anche l’inflazione. Il tasso annuo ad agosto registra una risalita, passando al 3,2% dal 3,1% di luglio. Sono stime preliminari. Su base mensile i prezzi sono cresciuti dello 0,4%. La spinta ai prezzi arriva dai rialzi congiunturali di carburanti e trasporti. I prezzi dei carburanti ad agosto risalgono rispetto a luglio: la benzina rincara del 3,6% e il gasolio per mezzi di trasporto aumenta del 4,4%. Su base annua si registrano accelerazioni sia per la verde, che sale al 15,1% (dal 12,5% di luglio), sia per il diesel, in rialzo del 17,5% (dal 14,2% di luglio).

Carrello della spesa.
Ad agosto il rincaro del cosiddetto carrello della spesa, cioè i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti), è del 4,3% su base annua, un rialzo superiore al tasso d’inflazione (3,2%) e a quanto registrato a luglio (4%).

Venerdì 31 Agosto 2012 – 10:19
Ultimo aggiornamento: 11:19
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SCIENZA – Stasera sarà notte di Luna blu


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Stasera sarà notte di Luna blu

Oggi si verifica il secondo plenilunio in uno stesso mese, un fenomeno che avviene circa una volta ogni tre anni

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di Caterina Visco

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31 agosto 2012

Non sarà davvero blu la  Luna piena che si staglierà stasera. Ma non per questo il fenomeno sarà meno spettacolare per tutti coloro che alzeranno il naso in su. Il secondo plenilunio in un mese solare, chiamato appunto  Blue Moon o  Luna blu, non è infatti uno spettacolo al quale si può assistere tutte le stagioni. Il prossimo sarà tra il luglio e l’agosto del 2015, mentre per una doppia Luna blu (ben 14 pleniluni in un anno) si dovrà aspettare fino al 2018.

Il nome  comparve per la prima volta nel 1932 (anche se alcuni dicono nel 1937) sul  Maine Farmer’s Almanac. Nell’articolo pubblicato sulla rivista, con questo nome era definita la terza Luna piena di una stagione che ne aveva insolitamente quattro (di solito sono solo tre). Poiché le stagioni sono cadenzate da equinozi e solstizi, però, è possibile avere un anno con dodici lune piene in cui ben quattro cadono nella stessa stagione. Un evento meno raro di quello che si intende oggi con il termine  Blue Moon

Questa definizione venne mutuata nella moderna accezione mensile nel 1946, quando in un articolo un astronomo dilettante, chiamato  James Hugh Pruett, male interpretò la definizione del Maine Farmer’s Almanac, credendo si riferisse appunto alla seconda Luna piena in un medesimo mese. Da allora questo è diventato il significato della definizione Luna blu.

Tuttavia ci sono state alcune occasioni in cui il nostro satellite si è veramente tinto di questo colore. La più famosa coincide con l’esplosione del vulcano  Krakatoa: attraversando la spessa cortina di cenere che si sollevò durante la devastante  eruzione i raggi bianchi della Luna si coloravano di blu, dando al satellite questa insolita tinta. L’effetto durò anche diversi anni dopo l’esplosione.

Questo fortunatamente è un evento che capita veramente ” once in a blue Moon”, ovvero molto di rado, per usare l’espressione inglese che sfrutta il fenomeno astronomico a cui assisteremo venerdì per definire qualcosa che accade poco di frequente. La Luna blu come la conosciamo noi, invece, si verifica più spesso e soprattutto regolarmente: una volta ogni 2,7 anni, circa 7 volte ogni 19 anni. La doppia Luna blu invece una volta ogni 19 anni, tra Gennaio e Marzo grazie al minore numero di giorni del mese di Febbraio.

Non per tutti però la prossima  Blue Moon sarà stasera: per tutti coloro che vivono per esempio nella regione russa  Kamčatka o in  Australia, la Luna piena sarà il primo settembre e sarà semplicemente il primo plenilunio del mese. Per la loro Luna blu del 2012 dovranno aspettare fino al 30 settembre.

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fonte daily.wired.it

FIRMA LA PETIZIONE – Affile celebra il gerarca fascista. Esposto alla Corte dei conti / Mayor of Affile: Stop celebrating fascist war criminals!

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Affile celebra il gerarca fascista
Esposto alla Corte dei conti

Sdegno per il memoriale al generale Graziani: petizione on line

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di Mauro Evangelisti

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ROMA – «Mayor of Affile: Stop celebrating fascist war criminals». È il titolo di una petizione che sta raggiungendo 1.000 adesioni su internet (il sito è specializzato in questo tipo di iniziative http://www.change.org) lanciata da un autore di teatro londinese. La petizione ricorda che il sindaco di Affile ha dichiarato che spera che il suo paese diventi la Predappio del Lazio, che con soldi pubblici ha realizzato un memoriale per uno dei generali più fedeli a Mussolini. Chiede al Governo Italiano e al sindaco di Affile di ricordare piuttosto le vittime dei massacri «in Etiopia e Libia», di scusarsi per come la memoria di quelle vittime sia stata offesa, di dedicare piuttosto un monumento a chi lottò contro il fascismo.

Il caso di Affile che ha speso 130 mila euro (finanziamenti regionali) per il monumento a Graziani ha ormai fatto il giro del mondo, gli ultimi grandi quotidiani a occuparsene sono stati il New York Times ed El Pais. Per ora il presidente della Regione, Renata Polverini, non ha commentato, mentre un suo assessore, Francesco Lollobrigida, partecipò all’inaugurazione del memoriale. In Regione, la replica che circola anche se nessuno la dice tra le virgolette, è che anche la giunta Marrazzo finanziò un altro parco dedicato a Graziani a Filettino.

Il capogruppo del Pd, Esterino Montino, fa sapere: «La notizia non ha scandalizzato solo gli esponenti del Pd accusati, lo ricordo, da autorevoli voci del Pdl di disinformazione e ignoranza su un soldato pluridecorato. È approdata sulle prime pagine di una quarantina di Paesi stranieri, dall’Algeria al Venezuela, generando un moto unanime di condanna.

Chiedo l’immediata revoca del finanziamento regionale che è stato erogato sotto la precedente legislatura per il completamento di un semplice parco pubblico. Farò anche un esposto alla Corte dei Conti per distrazione di fondi pubblici. Un criminale di guerra come Graziani non merita alcun rispetto, figuriamoci un monumento».

Venerdì 31 Agosto 2012 – 09:43
Ultimo aggiornamento: 09:45
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Petitioning Mayor of Affile

Mayor of Affile: Stop celebrating fascist war criminals!

by Akkas Al-Ali
London, United Kingdom
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A mausoleum and park, dedicated to the memory of Fascist Field Marshall Rodolfo Graziani, has recently been opened in the Italian town of Affile. At a cost of €127,000 to local taxpayers, the mayor Ercole Viri has expressed hope that the site will become as ‘famous and as popular as Predappio’ – the burial place of Mussolini which has become a shrine to neo-Fascists.

Graziani was notorious as Benito Mussolini’s commander in colonial wars in Ethiopia and Libya where he carried out massacres and used chemical weapons against the native populations.

In the 1920s, Graziani was commander of the Italian forces in Libya where he became known as ‘the Butcher of Fezzan’. He was directly responsible for suppressing the Senussi uprisings and the construction of concentration and labour camps. He was also directly responsible for the deaths of tens of thousands of Libyans including Omar Mukhtar in eastern Libya.

From 1935 to 1936, Graziani implemented the invasion of Ethiopia before becoming viceroy of Italian East Africa and governor-general of Addis Ababa in 1937. In an attempt to consolidate Italian control over the country, Graziani’s occupation army murdered up to 30,000 civilians in just three days in February 1937. Eyewitness accounts tell of how Italian soldiers doused houses with gasoline and set them on fire. Some even posed on the corpses of their victims to have their photographs taken. In the same month, Graziani ordered the massacre of the monks and pilgrims at the ancient monastery of Debre Libanos. In May, he was responsible for the assassination of up to 3,000 Ethiopian intellectuals. For these actions, Graziani earned his second title: ‘the Butcher of Ethiopia’.

As Mussolini’s minister of defence in 1943, Graziani was also responsible for putting down dissent in the Nazis’ puppet republic of Salo in Italy. He drafted a decree, which threatened any Italian who refused to serve in the army with execution and many were killed as a result.

Both the League of Nations and the United Nations failed to carry out trials against Graziani – even though the charges and evidence against him were presented to the UN War Crimes Commission, which agreed that there was a prima facie case against eight Italians including Graziani.

In 1950, an Italian military tribunal condemned Graziani to 19 years for collaborating with Nazis. He was never charged with specific war crimes. He served only four months. He was never prosecuted for specific war crimes. In the 1950s until his death, he was the head of the neo-Fascist Italian Social Movement party.

We, the undersigned, condemn unequivocally this atrocious use of public money to celebrate a war criminal and a Nazi collaborator.

Furthermore, we call upon the European Union and our own governments to use current European and international legislation to:

(1) Demand that the Italian government and the Mayor of Affile issue an apology for allowing the memory of Graziani’s victims to be desecrated in this way

(2) Demand that the Italian government and the Mayor of Affile remove all allusions to Graziani, both direct and indirect, from the memorial

(3) Demand that the Italian government and the Mayor of Affile dedicate the memorial to all those in Italy and around the world who gave their lives in the struggle against Fascism

(4) Demand that the Italian government and the Mayor of Affile install a specific memorial at the site which commemorates those Africans who died resisting Italian occupation of their countries

Sign this petition

 

 

Quando il virus informatico diventa un affare di Stato / Salve a tutti, mi chiamo Wiper. E pulisco dove passo

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Quando il virus informatico diventa un affare di Stato

Cresce esponenzialmente nel mondo il mercato dei software nocivi venduti ai governi per tenere sotto controllo gruppi antagonisti e criminali, ma il pericolo che questi programmi si trasformino in armi di repressione è dietro l’angolo. E’ la guerra sporca del terzo millennio. Ecco perché

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di MATTEO CAMPOFIORITO

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SORVEGLIARE e punire. I governi mondiali sembrano aver scoperto che il controllo delle voci contrarie o eversive non passa solo dalle intercettazioni telefoniche. Le comunicazioni dei gruppi “antagonisti” sono sempre più digitali: email, Skype, social network, questi sono i mezzi che vengono usati più spesso. Ecco perché i governi hanno bisogno di metterli sotto controllo ricorrendo anche a strumenti illeciti come i “trojan”, software nocivi usati fino a poco tempo fa solo da hacker “black hat”, i cattivi della Rete insomma.

La lista dei paesi che hanno scelto la guerra cibernetica con armi non convenzionali si allunga di giorno in giorno. Gli Stati Uniti sono stati (probabilmente) i precursori di una tendenza arrivando a creare la prima arma di distruzione di massa informatica, il virus Stuxnet che ha avuto l’obiettivo di colpire e rendere inagibili le centrali nucleari iraniane. Probabilmente anche altri virus come “Flame”, “Duqu” e il recente “Gauss” (fresca scoperta della società di antivirus Kaspersky), potrebbero essere frutto di una joint-venture informatica tra Stati Uniti e Israele 1 contro i nemici comuni in Medio Oriente. E stando alle ultime rivelazioni del blogger Richard Silverstein, Israele potrebbe presto andare oltre portando una massiccia offensiva cibernetica contro l’Iran, paralizzandone le comunicazioni informatiche.

Ad oggi, Germania, Egitto, Siria, Bahrain e Marocco hanno fatto ricorso a strumenti informatici “poco ortodossi” per sorvegliare (e punire) criminali, gruppi poco graditi o voci antagoniste ai governi in carica. Tra tutti i paesi citati solo la Germania ha pubblicamente ammesso di aver usato un trojan per infettare i computer di gruppi criminali e poterne fermare i traffici. I casi più interessanti però riguardano il Bahrain e il Marocco, gli ultimi due paesi ad essere stati “pizzicati” (anche se non vi è nessuna conferma ufficiale da parte di entrambi) ad usare software per il controllo remoto.

In Bahrain gli oppositori del re Hamad bin ‘Issa Al Khalifa si sono dovuti confrontare con un software nocivo decisamente avanzato, capace di intercettare chiamate e chat di Skype, email, foto e documenti. La scoperta è stata fatta da ricercatori di sicurezza che hanno analizzato gli allegati inviati ad alcuni oppositori del governo, rivelatisi infetttati dal software nocivo denominato FinFisher. Non si tratta di un programma gratuito, realizzato da qualche hacker naif, bensì di un vero e proprio software di spionaggio che viene venduto a caro prezzo da una società inglese, la Gamma Group. Quest’ultima, tuttavia, ha negato con forza la vendita del programma al governo del Bahrain, lamentando un possibile furto e riutilizzo del software di controllo remoto.

L’analisi del trojan FinFisher ha aperto un vaso di Pandora. Secondo uno studio effettuato dal ricercatore di sicurezza italiano Claudio Guarnieri, della società Rapid7, il Bahrain potrebbe non essere l’unico Stato a ricorrere allo spionaggio cibernetico grazie a FinFisher. Di questo software di controllo remoto sono state trovate tracce in una manciata di server sparsi in tutto il mondo: Australia, Repubblica Ceca, Dubai, Etiopia, Estonia, Indonesia, Lituania, Mongolia, Qatar e Stati Uniti. Non è chiaro se questi Stati abbiano fatto davvero uso di questa sofisticata forma di intercettazione cibernetica ma l’ipotesi non è remota, anzi. L’unico stato che certamente ha verificato l’efficacia di FinFisher è l’Egitto, pur non essendo tra i paesi individuati da Guarnieri. La prova sono le proposte commerciali fatte da Gamma Group a Mubarak, trovate dai ribelli egiziani nel marzo 2011 nel quartier generale della sicurezza di stato del Cairo e successivamente pubblicate da Wikileaks.

L’Egitto tuttavia non sarebbe il solo stato africano ad aver usato le nuove “armi sporche”, anche il Marocco è salito alla ribalta da pochi giorni per un attacco sferrato contro il sito Mamfakinch.com, una delle voci libere nate nella primavera araba del 2011. La redazione del sito marocchino è stata infettata ricorrendo a un documento Word che prometteva rivelazioni su uno scandalo politico, ma che in realtà conteneva un software di spionaggio e controllo remoto avanzato. Le analisi del software nocivo presente sui PC dei giornalisti marocchini hanno dato un verdetto: si tratta di un trojan creato in Italia.

Il nostro paese infatti non è immune dai virus di Stato. Forse non vengono ancora usati per “intercettare” a casa nostra ma di sicuro vengono creati. Una società di Milano, la Hacking Team, è una tra le più “accreditate” e note nella realizzazione di software avanzati di controllo remoto. Partecipa alla luce del sole alle conferenze di sicurezza informatica e vende un prodotto a suo modo “innovativo”: Da Vinci. L’azienda lo definisce come un software di hacking rivolto ai governi e alle agenzie di sicurezza, un modo nuovo per combattere il crimine attaccando con le stesse “armi sporche” che sono utilizzate spesso anche dai cyber criminali. La differenza nel caso di Da Vinci è il suo prezzo, migliaia di euro, e chi utilizza questa sofistica arma digitale. Proprio questo software avrebbe infettato i computer dei giornalisti marocchini di Mamfakinch. com.

Tempo fa, in un’intervista apparsa sul Guardian 2, i creatori di Da Vinci hanno dato qualche numero: il software sarebbe stato venduto a ben 30 paesi, con cifre da capogiro per un’installazione “media”, ben 635.000 euro. Evidentemente un prezzo che governi e agenzie di sicurezza sono disposte a pagare per avere il controllo di email, chat e smartphone dei propri “nemici”, siano essi oppositori di un regime o criminali. Secondo gli Spy Files pubblicati da Wikileaks 3, la Hacking Team sarebbe solo una delle 7 società che forniscono software di controllo remoto, anche se l’unica a produrre uno strumento che nelle modalità di funzionamento è in tutto e per tutto uguale a un trojan.
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I pericoli insiti in software come FinFisher, Da Vinci, Stuxnet e negli altri, sempre più numerosi, “trojan di Stato” sono essenzialmente due: dovrebbero essere usati solo per colpire criminali ma possono trasformarsi in strumenti di repressione in mano ai governi, con pesanti violazioni dei diritti umani, come hanno sottolineato gli avvocati della Electronic Frontier Foundation nel rapporto Human Rights and Technology Sales 5.

L’altro grosso pericolo è che i software di controllo remoto possono cadere in mano a mafie e criminali che ne sfruttino le caratteristiche avanzate per il proprio tornaconto. Proprio Da Vinci, della società italiana Hacking Team, potrebbe essere caduto nelle mani sbagliate. Recentemente infatti è stato individuato un software nocivo per sistemi Windows e Mac, denominato “Crisis” dagli esperti della società antivirus Dr Web, che altro non sarebbe se non una versione modificata di Da Vinci. A sostenere la tesi di una diretta derivazione di Crisis dal software della Hacking Team sono i ricercatori di Dr Web, ma anche Mikko Hypponen di F-Secure, uno tra gli esperti più noti di questo tipo di minacce.

Possibili violazioni dei diritti umani e utilizzo da parte di criminali comuni di questi software non sembrano però argomenti sufficienti a fermare l’escalation in corso, sono solo danni collaterali che non preoccupano governi e software house “spregiudicate”, entrambi impegnati in una guerra sporca del terzo millennio.

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fonte repubblica.it

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Salve a tutti, mi chiamo Wiper. E pulisco dove passo

In esclusiva l’annuncio della scoperta di un nuovo e temibile malware. Specialità: dopo il misfatto, fa perdere le proprie tracce. E lo fa dannatamente bene

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29 agosto 2012

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di Riccardo Meggiato

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Nell’Aprile 2012, alcuni (grossi) disservizi informatici nei sistemi iraniani, soprattutto in siti petroliferi, portano la International Telecommunications Union (ITU) a chiedere aiuto ai Kaspersky Lab per fare chiarezza su quanto accaduto. Si pensa che il responsabile sia il malware Wiper, ma l’indagine dell’azienda russa, in realtà, porta alla scoperta prima di Flame e poi di Gauss. Dell’obiettivo iniziale, nessuna traccia.

Ciò non basta a distogliere lo sguardo dei ricercatori da Wiper, e il motivo è semplice: Flame e Gauss sono sì due software malevoli, ma quasi privi di componenti in grado di arrecare danni ai sistemi informatici. Si tratta, insomma, di programmi-spia, che da soli non potevano bastare per mettere KO sistemi protetti come quelli iraniani. Oggi, quelli di Kaspersky se ne escono con la bomba: gli attacchi di Aprile, ma non solo,  sono stati effettivamente causati da Wiper. La ricerca è stata lunga e difficile, perché gli autori del malware sono stati in grado di eliminare quasi ogni traccia dopo ciascuna “missione”. Per fortuna, da alcuni sistemi danneggiati, gli esperti  russi sono riusciti a recuperare il registro di sistema, vale a dire quel particolare archivio contenente un po’ tutte le attività e le funzioni software e hardware di un computer. Da qui, si è risaliti all’ultimo giorno di funzionamento del sistema, rilevando che, prima del suo blocco, era stata creata e quindi cancellata una nuova voce. O, come si dice in gergo, “chiave”. Questa chiave, come quasi tutte quelle in un registro di sistema, faceva riferimento a un file specifico. Si trattava del ~DF78.tmp, contenuto nella cartella C:\WINDOWS\TEMP. Il che ha portato alla mente il trojan Doqu, bestiaccia cattiva piuttosto nota, che segue proprio questo comportamento. Il file, però, era stato cancellato in modo irreversibile, disseminando la memoria occupata di dati inutili, secondo una tecnica chiamata, appunto, “wiping”. Quando eliminiamo il  file da un computer, non lo facciamo in modo definitivo. In realtà, comunichiamo al computer che lo spazio che occupa in memoria può essere utilizzato. Ma se non viene fatto, esistono tecniche e programmi per recuperarlo. Col wiping, invece, molti programmi genuini, dedicati alla privacy, sovrascrivono quella porzione di memoria con caratteri assortiti e privi di significato. Così, anche se si riesce a recuperarli, ci si  ritrova con un pugno di informazioni senza senso. “Wiper riesce a effettuare il wiping ad alta velocità, lasciando anche noi ricercatori senza tracce da analizzare per capirne la struttura. Di fatto, al momento, non abbiamo proprio idea della sua architettura”, racconta Magnus Kalkuhl, Deputy Director del Global research & Analysis Team di Kaspersky, raggiunto al telefono.

Il punto sta proprio lì, in quel dannato sistema di wiping che Wiper esegue così efficientemente: per operare velocemente, applica la sovrascrittura  solo in alcune porzioni della memoria, in modo appena sufficiente per renderle irrecuperabili e far perdere le sue tracce. “Abbiamo anche notato che i sistemi colpiti da Wiper sono stati colpiti anche da Flame, ma non c’è alcuna evidenza di una connessione tra i due”, continua Kalkuhl. Si tratterebbe, dunque, di una curiosa coincidenza, anche se è chiaro che i due possono cooperare proficuamente. A Flame, il compito di spiare il sistema, a Wiper quello di sabotarlo. “Difficile stabilire se si tratta di una cyber-arma, le informazioni sono ancora troppo poche, quel che è certo è che Wiper è un malware frutto di un lungo studio e di investimenti ingenti, quindi dedicato a sistemi industriali e governativi, e non certo a quelli del pubblico di massa”. Al momento si sa ancora poco di Wiper, ma più che le funzioni di sabotaggio, preoccupa questa sua capacità di cancellare le proprie tracce, che di fatto continua ad alimentare l’alone di mistero che circonda le sue potenzialità, i suoi meccanismi interni e la sua origine.  Un aiuto, secondo il mio personale parere, può arrivare dalla connessione, anche se casuale (ma mi pare una coincidenza un po’ strana), con Flame e i suoi autori…

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fonte blog.wired.it

Siria, massacro di donne e bambini ad Aleppo. Trovati oltre quaranta cadaveri ammanettati


Aleppo massacre – fonte immagine

Siria, massacro di donne e bambini ad Aleppo
Trovati oltre quaranta cadaveri ammanettati

Oltre 140 morti a sud della città dove sono in corso bombardamenti. I ribelli: «È stata una rappresaglia»

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Un ribelle vicino ad Aleppo (Reuters)Un ribelle vicino ad Aleppo (Reuters)
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Ancora una strage di donne e bambini. Le forze governative siriane hanno bombardato una cittadina a sud di Aleppo uccidendo una ventina di civili, tra cui otto bambini e nove donne. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria citando testimoni locali. In serata il bilancio dei morti è salito a 147. Ed è orrore per il ritrovamento di 42 cadaveri ammanettati ad Ariha, nella provincia di Idlib. Il bombardamento ad Aleppo sarebbe stata, secondo i ribelli, una rappresaglia per la cattura da parte dei ribelli del vicino aeroporto militare, avvenuta nella mattinata di giovedì. L’artiglieria governativa infatti sta bombardando l’aeroporto militare di Dhuhur, a sud di Aleppo, in parte controllato dai ribelli anti-regime.

IL PARAGONE CON LA BOSNIA – E secondo una testimone la guerra in Siria sarebbe peggiore di quella in Bosnia di 20 anni fa. Questo il racconto di una 33enne bosniaca Dzenana Abas, fuggita dal Paese arabo e tornata a Sarajevo insieme ad altri 35 connazionali. La donna, con il marito Mahmud e i quattro figli, ha camminato per otto giorni da Aleppo per raggiungere la Turchia. Da Istanbul la famiglia ha poi preso un aereo per arrivare in Bosnia e oggi raccontato di essere rimasta bloccata ad Aleppo per giorni, mentre gli aerei siriani bombardavano il loro quartiere. La 33enne sopravvisse all’assedio di Sarajevo del 1992-95, ma giura che quanto ha visto ad Aleppo è «oltre il credibile». Sono circa mille i bosniaci ancora bloccati in Siria, per la maggior parte donne sposate con siriani.

ALTRI MORTI – Intanto, secondo il Centro di documentazione delle violazioni in Siria, altri venti vittime odierne sono state identificate: sei sono cadute nella regione di Homs, cinque in quella di Daraa e altrettante a Damasco e dintorni, quattro a Idlib e una a Hama. Mentre il bilancio dei morti della giornata di mercoledì è di 128 persone uccise, tra cui 77 civili. E nel frattempo nuovi scontri sono divampati all’alba fra l’esercito siriano e i ribelli a est e a sud di Damasco. Spari dell’esercito sono stati uditi nel quartiere di Qaboun (est), secondo il Consiglio generale della rivoluzione siriana. Scontri con mitragliatrici e carri armati si sono verificati nel quartiere di Tadamoun (sud). Nella provincia di Deir Ezzor, nell’est del Paese, i ribelli hanno bombardato il quartiere generale della Sicurezza militare nella città di Boukmal.

I SOLDATI MORTI – Sull’altro fronte più di 8mila soldati e membri delle forze di sicurezza siriani sono stati uccisi dall’inizio della crisi in Siria, in particolare nei combattimenti contro i ribelli. Lo ha affermato il direttore dell’ospedale militare Teshrin a Damasco. «La stima è che circa 8mila soldati e membri delle forze di sicurezza siano stati uccisi dall’inizio della crisi» negli ultimi diciassette mesi, ha affermato il responsabile sanitario. La media è di quasi 500 morti al mese, 15 al giorno.

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fonte corriere.it