Archivio | novembre 2012

Minori, calo record dei reati in California “dopo la depenalizzazione della marijuana”

Minori, calo record dei reati in California "dopo la depenalizzazione della marijuana" (ap)

Minori, calo record dei reati in California
“dopo la depenalizzazione della marijuana”

Uno studio del centro per la delinquenza minorile dello stato indica una riduzione del 50% di arresti per droga dall’entrata in vigore della legge Schwarzenegger che depenalizza le droghe leggere. Un calo del 16% nei crimini violenti e nel numero di minorenni fermati: da una media di 20 a 7 arresti di minori al giorno secondo le autorità

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IL VENTI PER CENTO di criminalità giovanile in meno, il livello più basso da quando lo stato della California ha iniziato il monitoraggio, nel 1954. E secondo uno studio del centro studi sulla criminalità minorile, questo calo registrato tra il 2010 e il 2011 è dovuto alla depenalizzazione della marijuana.

La ricerca ha preso in esame i minori di 18 anni arrestati in California negli ultimi ottant’anni. Non solo nel periodo 2010/11 il crimine giovanile è risultato al minimo livello, ma sul calo sembra aver influito con decisione la misura del governatore Schwarzenegger, che ha ridotto il reato di possesso di marijuana da reato minore a infrazione. In quell’anno, secondo il centro studi gli omicidi sono calati del 26%, il numero di arresti per i crimini violenti è sceso del 16% e soprattutto gli arresti per droga si sono ridotti del 50%. Nella fattispecie dei fermi collegati alla droga, il grosso del calo risulta dovuto al minor numero di arresti per possesso di marijuana. Nell’anno precedente, gli arresti per marijuana erano il 64% nell’ambito della tipologia di reato, nel 2011 erano ridotti al 46%. Numeri che portano la California ad essere lo stato americano in cui i crimini giovanili si sono ridotti nel minor tempo assoluto.

Il possesso di una modica quantità di marijuana in California è ora un comportamento derubricato da reato non grave a semplice infrazione: se si supera un’oncia di “possesso personale”, l’autorità può infliggere una multa, attorno ai 100 dollari per le quantità indicate. Ma soprattutto, la legge voluta da Schwarzenegger tocca anche i minori, e non solo quelli di 21 anni. Di fatto è un’ampia depenalizzazione, che evita che i minorenni vengano introdotti in strutture giudiziarie e penitenziarie. Dove, secondo Mike Males, esperto di criminalità minorile e ex professore di sociologia a Santa Cruz, “i ragazzi si troverebbero in situazioni peggiori” rispetto alle opportunità della legge Schwarzenegger.

Intanto, autorità californiane dichiarano che rispetto alla media di 20 minori arrestati al giorno, ora si viaggia intorno ai 7. E secondo la ricerca, il fattore determinante nella riduzione della criminalità giovanile è proprio la “manica larga” nei confronti del possesso di marijuana e il generale miglioramento delle condizioni economiche della fascia di popolazione più giovane in California. Elementi come metodi di rilevazione, sentenze dure come deterrente e cambiamenti demografici non vengono giudicati rilevanti.

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fonte repubblica.it

Israele, 3mila nuovi insediamenti. Casa Bianca: “Sono controproducenti”


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Israele, 3mila nuovi insediamenti
Casa Bianca: “Sono controproducenti”

Il giorno dopo il voto favorevole dell’Italia al riconoscimento dello Stato di Palestina come osservatore all’Onu, il ministro Terzi spiega le ragioni dell’assenso del governo: è da un anno che Monti lavora alla soluzione di “Due popoli, due Stati”

Israele, 3mila nuovi insediamenti Casa Bianca: "Sono controproducenti" Il ministro degli esteri Giulio Terzi (ansa)

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APPROFONDIMENTI

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ROMAIl giorno dopo lo storico voto dell’Onu sulla Palestina, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, lancia un appello per la ripresa dei negoziati di pace, a patto che Israele fermi la sua politica di colonizzazione. Una richiesta che arriva alla fine di una mattinata di tensione. In giornata Israele ha fatto sapere che intende autorizzare tremila nuovi alloggi per coloni nei territori occupati. Un annuncio che però non piaciuto all’Olp.  Si tratta di “un’aggressione israeliano contro uno Stato e il mondo si deve assumere la responsabilità” di rispondere, ha detto Hanan Ashrawi, del comitato esecutivo dell’Olp. E sulla questione interviene anche la Casa Bianca che boccia senza appello l’autorizzazione israeliana a costruire 3.000 nuove case tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania, definendola un’iniziativa controproducente che renderà più difficile riprendere i negoziati israelo-palestinesi.

Sull’assenso italiano al conferimento dello status di Stato osservatore all’Onu alla Palestina “la linea del governo è stata espressa ieri dal comunicato della Presidenza del consiglio” ha dichiarato il ministro degli Esteri Giulio Terzi. “L’Italia è fortemente convinta del suo rapporto con Israele e con i palestinesi, è un rapporto di amicizia con entrambi, ed è una priorità anche il rapporto con gli Stati Uniti” ha aggiunto il ministro dopo le reazioni sia internazionali che interne sulla scelta dell’Italia. E poi ha aggiunto: “E’ “assolutamente utile” che il governo italiano riferisca in Parlamento sul voto favorevole, auspicando “un dibattito” sul tema.

La decisione italiana ha suscitato reazioni da più parti. Voci critiche si sono naturalmente levate dall’ambasciata di Israele a Roma, che ieri si è detta “delusa” dal sì italiano, e da esponenti politici. Il deputato Pdl Fiamma Nirenstein, in un editoriale pubblicato dal Giornale, attacca Monti: “Svende Israele a Bersani”, è il titolo – riferito alla netta presa di posizione del segretario Pd in occasione del faccia a faccia con Matteo Renzi per le primarie del centrosinistra. La Nirenstein definisce “istituzionalmente sconvolgente la scelta di Palazzo Chigi di rovesciare con una mossa nient’affatto tecnica, ma tutta politica, le scelte di un Parlamento che da vari anni a questa parte ha fatto suo onore e vanto di essere il migliore amico europeo di Israele”. E il Segretario generale di Fareitalia, Andrea Ronchi, ha chiesto a Terzi di venire a riferire in Parlamento sulla decisione, definita “inaccettabile e irresponsabile”, che “rischia di isolare Israele”. La comunità ebraica, con Riccardo Pacifici, ieri si è unita alla reazione di delusione dell’ambasciata d’Israele: “Una doccia fredda”, ha definito il capo della comunità la decisione italiana. Voci discordanti si levano però a difendere la scelta del governo Monti. Gad Lerner invita i leader della comunità italiana a non “chiudersi a riccio”: “Il rapporto organico da loro instaurato con la destra berlusconiana e post-missina ci ha screditati senza recare peraltro vantaggi a Israele”, scrive nel suo blog.

Nella nota della Farnesina, Terzi invece auspica anche che questo storico riconoscimento non sortisca l’effetto di esercitare “pressione” sui negoziati che anzi, devono riprendere con rinnovato vigore da parte dell’Autornità nazionale palestinese “senza precondizioni”. “Sono convinto – ha concluso Terzi – che l’impegno ora è di ottenere un vero rilancio del processo di pace, sappiamo che ci sono reazioni del momento che spero possano essere riportate in un clima di mutua partecipazione e collaborazione tra israeliani e palestinesi”.

Sulla dinamica della decisione, annunciata dal premier Monti a Netanyahu in una telefonata poco prima del voto all’Onu, le prime ricostruzioni indicano comunque un intervento forte e personale di Monti (mentre gli altri Paesi europei hanno annunciato la propria decisione tramite il ministero degli Esteri). Una decisione che si rivendica coerente con un percorso politico sempre chiaro: “L’assenso dell’Italia – si legge nella nota di Palazzo Chigi di ieri – è parte dell’impegno del governo nel rilancio del processo di pace con l’obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento”. Una linea fortemente condivisa e promossa anche dal Quirinale.

“Nell’anno trascorso il governo ha consolidato ulteriormente il rapporto con Israele” spiegava ieri la nota della Presidenza del Consiglio, sottolineando quanto Monti abbia lavorato affinché l’assetto finale dei negoziati “si possa basare sul principio dei due Stati per due popoli”, con lo Stato palestinese che sia patria del popolo palestinese, e lo Stato d’Israele come Stato ebraico, quale patria del popolo ebraico.

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fonte repubblica.it

Ok del Cdm al decreto salva-Ilva, no del gip a dissequestro area a caldo

Ok del Cdm al decreto salva-Ilva,  no del gip a dissequestro area a caldo Il vertice di ieri a Palazzo Chigi

Ok del Cdm al decreto salva-Ilva, no del gip a dissequestro area a caldo

Il provvedimento del governo dà forza di legge all’Aia del 26 ottobre: ha durata 6 anni e autorizza la produzione. “I sigilli non impediscono il risanamento”. Monti: “Salviamo ambiente, salute e lavoro”. Passera: “Riva si adegui o perde la proprietà”. Napolitano,  vicino ai lavoratori e alla famiglia dell’operaio morto, nominerà il Garante

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Sì del Consiglio dei ministri al decreto salva-Ilva, che autorizza a proseguire con la produzione e conferisce “all’Aia lo status di legge, obbligando l’azienda al rispetto inderogabile delle procedure e dei tempi del risanamento”; se non lo farà potrà dire addio alla proprietà del colosso. Ma no al dissequestro dell’impianto, dice il gip, nonostante l’allarme occupazione lanciato nei giorni scorsi. Per il governo non c’è incompatibilità tra i provvedimenti di oggi che decidono del più grande siderurgico d’Italia, perché prima dei sigilli “non esisteva il decreto legge” e i provvedimenti “di sequestro e confisca dell’autorità giudiziaria” non impediscono all’azienda di procedere agli adempimenti ambientali e alla produzione e vendita secondo i termini dell’autorizzazione”. Il premier: “Qualcuno l’ha chiamato ‘decreto salva-Ilva’ ma io parlerei di decreto ‘salva ambiente, salute e lavoro’. Abbiamo una creatura blindata dal punto di vista della sua effettiva applicazione”, ha assicurato Mario Monti spiegando i contenuti del provvedimento. “Non c’è bisogno di rivolgere appelli affinché il decreto non sia impugnato. Abbiamo posto grandissima attenzione di compatibilità alla Costituzione”.

IL DOPPIO PRONUNCIAMENTO SUL DESTINO DELL’ILVA – Il Cdm ha varato la legge con cui si garantisce la continuità produttiva e la salvaguardia dell’occupazione “nel pieno rispetto delle fondamentali esigenze di tutela della salute e dell’ambiente, imponendo lo scrupoloso rispetto di tutte le prescrizioni adottate dalle autorità amministrative competenti”, recita la nota di Palazzo Chigi. Ma è il premier a precisare che il sequestro è stato disposto quando “non esisteva il decreto legge”. Sequestro ribadito oggi dal gip Patrizia Todisco che ha respinto con un’ordinanza l’istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico presentata la scorsa settimana alla Procura di Taranto dal presidente Bruno Ferrante e l’avvocato del gruppo Marco De Luca. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, sull’eventuale conflitto con la magistratura, chiarisce: “Questa è legge. Il tribunale del Riesame dovrà confrontarsi con questa”. Dalla procura di Taranto, nessun commento ufficiale. Si fa sapere soltanto che si attende di entrare in possesso del testo del decreto per compiere una valutazione.

NO DEL GIP AL DISSEQUESTRO DEGLI IMPIANTIRestano i sigilli, ma non comprometteranno la messa in sicurezza degli impianti. Il no alla piena disponibilità dei reparti da parte del gip è arrivato nonostante le parole dell’ex prefetto che aveva motivato l’istanza dicendo che “se il sequestro preventivo dovesse permanere, pur a fronte del mutato quadro autorizzatorio, l’ovvia insostenibilità economico-finanziaria condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo”. I legali del siderurgico incassano l’ennesimo diniego, e intanto procedono con il ricorso al Riesame in cui chiedono il dissequestro dell’acciaio prodotto nei 4 mesi in cui l’azienda non ha avuto facoltà d’uso degli impianti. L’udienza dinanzi alla prima sezione penale è fissata per il 6 dicembre. La Procura, invece, chiamata ad esprimersi, ha dato – sempre oggi – parere negativo alla richiesta di revoca degli arresti per Girolamo Archinà, l’ex responsabile delle pubbliche relazioni dell’Ilva arrestato lunedì.

OK AL DECRETO SALVA-ILVADalla riunione fiume (durata sei ore) del Consiglio dei ministri, iniziata dopo le 10.30, con più di un’ora e mezzo di ritardo rispetto all’orario indicato nella convocazione, è arrivato il via libera al decreto nel giorno del ritrovamento del corpo di Francesco Zaccaria FOTO), l’operaio di 29 anni disperso durante la tromba d’aria che due giorni fa si è abbattuta sull’impianto. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto al Prefetto di Taranto di rappresentare la sua commossa partecipazione al dolore della famiglia e la solidale vicinanza ai lavoratori dell’Ilva”. Sulla sua morte del giovane la procura ha aperto un’inchiesta.

I PUNTI DEL PROVVEDIMENTO E IL GARANTE NOMINATO DAL CAPO DELLO STATO Il Cdm stabilisce che la società “abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell’Aia (sei anni, ndr). L’Ilva è tenuta a rispettare pienamente le prescrizioni. Le bozze del decreto sono state continuamente limate e ritoccate nel corso del Consiglio. Importante era evitare lo scontro frontale con la magistratura. Confermata, l’introduzione di una ‘figura di garanzia’, una ‘figura terza’ che possa dare fiducia a tutte le parti coinvolte: non un commissario ma un ‘garante’ che vigili sull’applicazione rigorosa ed efficace delle prescirzioni Aia. “Il garante – ha spiegato il sottosegretario Antonio Catricalà – deve essere persona di indiscussa indipendenza, competenza ed esperienza e sarà proposto dal ministro dell’Ambiente, dal ministro dell’Attività Produttive, e della Salute e sarà nominato dal presidente della Repubblica”. Il Garante acquisirà dall’azienda, dalle amministrazioni e dagli enti interessati le informazioni e gli atti ritenuti necessari, segnalando al presidente del Consiglio e al ministro dell’Ambiente le eventuali criticità riscontrate nell’attuazione delle disposizioni e potrà proporre le misure idonee, tra le quali anche provvedimenti di amministrazione straordinaria.

LE SANZIONI, RIVA RISCHIA DI PERDERE LA PROPRIETA’ – “Qualora non venga rispettato il piano di investimenti necessari alle operazioni di risanamento, il decreto introduce un meccanismo sanzionatorio che si aggiunge al sistema di controllo già previsto dall’Aia”, si legge nella nota di Palazzo Chigi. In caso di inadempienze per l’Ilva – ha spiegato a questo proposito il ministro dell’Ambiente Corrado Clini – “restano tutte le sanzioni già previste e in più introdotta la possibilità di una sanzione sino al 10% del fatturato annuo dello stabilimento”. Non solo. “Abbiamo introdotto interventi possibili sulla proprietà stessa – ha aggiunto il ministro dello Sviluppo Corrado Passera – che potrebbero togliere enorme valore a quella proprietà: se non fa quello che la legge prevede, vede il suo valore fino al punto di perderne il controllo di fronte a comportamenti non coerenti. E’ possibile che variamo la procedura di amministrazione controllata. Insomma, se non si fanno gli investimenti e gli adempimenti di legge, viene messo qualcun altro a farlo”.

MONTI: CASO PLASTICO DI ERRORI REITERATI – “Non possiamo ammettere – ha detto Monti in conferenza stampa – che ci siano contrapposizioni drammatiche tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro e non è neppure ammissibile che l’Italia possa dare di sé un’immagine, in un sito produttivo così importante, di incoerenza. L’intervento del governo è stato necessario perchè Taranto è un asset strategico regionale e nazionale”, ha aggiunto. “Questo caso è la plastica dimostrazione per il passato degli errori reiterati nel tempo e delle incoerenze di molte realtà, sia imprenditoriali che pubblico-amministrative, che si sono sottratte, nel corso del tempo, alla regola della responsabilità, dell’applicazione e del rispetto della legge”.

LA SCELTA DEL DECRETO LEGGELa strada del decreto è stata intrapresa per evitare – aveva spiegato Monti – “un impatto negativo sull’economia stimato in otto miliardi di euro annui”. Il provvedimento salva i 12mila dipendenti di Taranto e i lavoratori dell’indotto pugliese. Ma anche Genova, Novi Ligure, Racconigi. La possibilità di togliere l’azienda alla proprietà era stata prospettata anche da Clini intervenuto ieri sera a Servizio Pubblico: aveva fatto intendere che il governo sarebbe stato pronto a prendere in mano la situazione nel caso in cui la famiglia Riva non voglia o non possa far fronte alle prescrizioni. “Sappiamo – aveva spiegato – che per essere risanato quel sito deve continuare ad essere gestito industrialmente. I Riva hanno detto che sono ponti a farlo. Il piano degli interventi prevede parchi minerari, altoforni, batterie delle cokerie. Se non fai questo, è la nostra posizione, non puoi continuare a gestire gli impianti. Se non sono in grado dobbiamo farci carico noi con un intervento che consenta di garantire la continuità produttiva ed il risanamento”.

Ilva, recuperato il corpo dell’operaio
Ricerche in mare: la cabina a 24 metri di profondità
Il reportage / Sofri: Taranto, il pianto degli uomini forti
“Inferno Ilva, sfiorata la strage” Foto / Video

ESPOSTO DEI VERDI, ‘DECRETO VERGOGNA’“Un decreto incostituzionale, che non risolve il problema della salute e “di cui l’Italia dovrà vergognarsi in Europa”, “un vero e proprio commissariamento della Procura di Taranto”. Così il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, cheha presentato in Procura un esposto con il quale chiede il sequestro conservativo dei patrimoni, dei beni dei conti correnti del gruppo Riva, della famiglia Riva e dei soci nonché di tutti gli indagati del gruppo. Questo affinché le risorse siano utilizzate “alla messa in sicurezza e alle bonifiche necessarie per legge”.

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fonte bari.repubblica.it

Disoccupazione all’11%, mai così alta. I senza lavoro sono quasi 2,9 milioni. Camusso: «Nel 2013 andrà peggio»

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Disoccupazione all’11%, mai così alta
I senza lavoro sono quasi 2,9 milioni
Camusso: «Nel 2013 andrà peggio»

A ottobre il tasso di disoccupazione sale all’11,1%. Record anche fra i giovani: i senza lavoro sono al 36,5%. Camusso: «Nel 2013 andrà peggio»

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ROMA – Il numero dei disoccupati a ottobre è di 2 milioni e 870 mila. È il livello più alto sia dall’inizio delle serie storiche mensili, gennaio2004, sia dall’inizio delle serie trimestrali, IV trimestre 1992. Lo rileva l’Istat. Il tasso di disoccupazione a ottobre ha superato la soglia dell’11%, raggiungendo l’11,1%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su settembre e di 2,3 punti su base annua.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre è salito invece al 36,5%, anche questo picco massimo sia dall’inizio delle serie mensili sia dall’inizio delle serie trimestrali. L’Istat rileva poi che tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 639 mila.

Quasi tre milioni di precari. Nel terzo trimestre i dipendenti a termine sono 2 milioni 447 mila a cui si aggiungono 430 mila collaboratori, sommando le due categorie si arriva a 2 milioni 877 mila lavoratori precari, anche questo un record.

Camusso. «Il 2013, sul piano occupazionale, sarà ancora più pesante del 2012, che già è stato l’anno più pesante della crisi»: così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commentando gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione. «I dati Istat confermano che l’effetto recessivo delle politiche economiche è molto profondo» e sul 2013 avrà «un effetto moltiplicatore», ha affermato Camusso a margine di un convegno. E confermano, ha proseguito, che «la scelta di non occuparsi né di politiche industriali né di politiche dei redditi e di sostegno dei redditi più deboli determina una crescente crisi dell’occupazione e del sistema produttivo». In cui «il prezzo più alto si paga dove le differenze strutturali sono più forti, cioè nel mezzogiorno e con un tracollo dell’occupazione delle donne». Secondo Camusso «le scelte fatte determinano un progressivo arretramento». La leader della Cgil ha anche sottolineato la necessità di investire: «se non ci sono investimenti c’è una deriva di riduzione dell’economia e dell’occupazione».

«La riorganizzazione degli ammortizzatori sociali sarebbe certamente da rinviare nel momento in cui ci sarà la crescita», ha aggiunto il segretario generale Cgil. La nuova Aspi che entrerà in vigore dal gennaio 2013 non dovrebbe essere attuata, secondo Camusso, in un momento in cui c’è un picco di crisi così grave. «Mancano le risorse per gli ammortizzatori in deroga. I 970 milioni sono assolutamente insufficienti a traguardare anche i primi mesi del 2013». Inoltre, «ai dati di disoccupazione così forte» si aggiunge che «la quota di allungamento della disoccupazione cresce».

Venerdì 30 Novembre 2012 – 10:08
Ultimo aggiornamento: 13:29
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Mobilitazione Ilva, Genova in tilt. Ultime limature al decreto del Governo

Lavoratori dell'Ilva di GenovaLavoratori dell’Ilva di Genova

La protesta delle tute blu

Mobilitazione Ilva, Genova in tilt. Ultime limature al decreto del Governo

I lavoratori hanno posizionato davanti al palazzo del governo mezzi pesanti, fra cui un carro sollevarotoli da due tonnellate, una pala meccanica da 150 quintali e un enorme camion semovente

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Genova, 30-11-2012

Momenti di tensione si stanno registrando davanti alla prefettura, dove si e’ radunato il corteo delle tute blu. Alcuni operai hanno minacciato di sfondare il portone con un mezzo meccanico se non dovessero arrivare buone notizie da Roma. I lavoratori hanno anche chiesto al sindaco della citta’, Marco Doria, presente alla manifestazione, di obbligare l’Ilva a ritirare la nota in cui annuncia la chiusura immediata dei siti di Genova, Novi e Racconigi. Ilsindaco in questo momento è a colloquio con il prefetto. I lavoratori hanno posizionato davanti al palazzo del governo mezzi pesanti, fra cui un carro sollevarotoli da due tonnellate, una pala meccanica da 150 quintali e un enorme camion semovente.

Questa mattina si è tenuta l’assemblea dei lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova indetta ieri sera al termine del vertice a Roma tra Governo e sindacati sul decreto legge ‘salva-Ilva’ e dopo i tafferugli davanti alla prefettura durante i quali un operaio e’ rimasto ferito.

Approda intanto oggi in Cdm il decreto per consentire la ripresa della produzione all’Ilva di Taranto, da cui dipende il futuro degli stabilimenti liguri di Genova e Novi Ligure e quello piemontese di Racconigi. “Conciliare la tutela della occupazione e dell’ambiente col rispetto della magistratura” è la via di Monti, per evitare “un impatto negativo sull’economia di 8 miliardi l’anno”.

“Il Consiglio dei ministri, con l’assistenza dell’avvocatura dello Stato, sta ‘limando’ il decreto ‘Salva Ilva’ per evitare che venga impugnato dalla magistratura”, ha detto il leader della Fiom Cgil genovese Franco Grondona appena arrivato al presidio dei lavoratori davanti alla prefettura. Le sue parole hanno in parte rasserenato gli operai.

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fonte rainews24.it

L’Onu: la Palestina ora è uno Stato. Sì a sorpresa anche dall’Italia / VIDEO: ☆☆☆GIUBILEO PALESTINESE☆☆☆

☆☆☆GIUBILEO PALESTINESE☆☆☆

Pubblicato in data 29/nov/2012 da

ORE 23.04: 138 SI, 9 NO, 41 ASTENUTI: La Palestina è Stato osservatore permanente alle Nazioni Unite.

L’Onu: la Palestina ora è uno Stato
Sì a sorpresa anche dall’Italia

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di Giampaolo Pioli
inviato qn.quotidiano.net

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NEW YORK
È UNA TAPPA storica. Il seggio dei palestinesi all’Onu come ‘Stato osservatore non membro’ adesso è una realtà. A 65 anni dal pieno riconoscimento israeliano arriva quello parziale per i palestinesi, indicando come punto di partenza i vecchi confini del 1967.
Col sì di 138 Paesi, il voto contrario di Usa, Israele e altri nove e 41 astenuti (anche Inghilterra e Germania), l’Assemblea generale dell’Onu ha dato il suo consenso con una maggioranza superiore ai due terzi dei 193 stati membri. «La Palestina è venuta all’Onu oggi — ha detto Abu Mazen — perché crede nella Pace e la sua gente ne ha un disperato bisogno. L’occupazione israeliana deve finire. Non c’è bisogno di nuove guerre. Siamo qui nella continuazione del sogno di Arafat. Il voto è l’ultima chance per la soluzione dei due Stati. Noi continueremo, noi non siamo stanchi. Questo non è terrorismo. L’Onu ci dia un certificato di nascita». Subito la replica del rappresentante israeliano Ron Prosor: «Per la pace serve sicurezza. L’Anp ci riconosca una volta per tutte come Stato ebraico con Gerusalemme capitale». Senza mezzi termini il commento del premier Netanyahu: «Abu Mazen è stato ostile e velenoso».
Il voto sul nuovo status palestinese è reso più solido e meno simbolico dall’appoggio (non scontato alla vigilia) di molti paesi europei: l’Italia, a sorpresa, anzichè astenersi si è unita ieri a poche ore dal voto alla schiera dei favorevoli che comprende Francia, Spagna e Grecia, oltre a Cina, Russia, India e Brasile.

LE IMMAGINI del voto sono arrivate nella notte in diretta a Gaza e Ramallah dove la gente era già in festa. Anche Hamas ha ammesso che quello di ieri, a 65 anni dal riconoscimento dello Stato israeliano, è stato un giorno importante per la Palestina, con i cortei nelle piazze che inneggiavano all’unità tra Hamas e Fatah e i cartelli in tutta la Striscia che per la prima volta, dopo mesi di sfide e scontri, mostravano il vecchio volto sorridente di Abu Mazen.
«Il cammino verso una soluzione che preveda due Stati e che soddisfi le aspirazioni del popolo palestinese è attraverso Gerusalemme e Ramallah, non New York», ha commentato fredda ma non sfiduciata il segretario di stato americano Hillary Clinton. Aggiungendo: «Questo voto è infelice e controproducente». La sua portavoce Victoria Nulan è stata ancora più esplicita: «Nessuno deve coltivare l’illusione che la risoluzione possa portare ai risultati che i palestinesi si augurano, ma soprattutto che il loro Stato possa vivere in pace di fianco a Israele. È quel che abbiamo cercato di dire prima di andare al voto, ricordando che il Congresso americano aveva già tagliato i fondi all’Unesco per la loro decisione».

L’IMPRESSIONE al Palazzo di Vetro in queste ore è che Israele e Usa scontino un forte e imbarazzato isolamento, che apre la strada ai palestinesi per avere accesso anche alla Corte Internazionale di Giustizia contro Gerusalemme. È positivo che Gerusalemme abbia comunque mantenuto toni bassi e non immediatamente minacciosi, ma aspetti le prossime mosse. Se il discorso di Abu Mazen verrà percepito come un indiretto annuncio di ripresa del negoziato senza precondizioni, allora molti dei sospetti potrebbero diradarsi. Obama ha fatto chiedere in extremis un rinvio della decisione, ma gli hanno risposto: «Ormai è troppo tardi».
L’arrivo a New York del ministro degli esteri israeliano Lieberman, pure in presenza di un voto scontato e non favorevole a Israele, è forse il segnale che anche gli israeliani a questo punto hanno più interesse a un’accelerazione e a una ripresa del dialogo che non a un passo indietro. Il voto, insomma, se può apparire come una sfida, viene visto da Abu Mazen come uno strumento di sopravvivenza politica da far fruttare in senso positivo.
Di certo è destinato ad avere conseguenze pesanti per gli equilibri dell’intero Medio Oriente, proprio nel giorno in cui gli Usa pensano di poter fornire in Siria anche aiuti militari e armi ai guerriglieri anti-Assad.

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fonte qn.quotidiano.net

POI DICONO LE BESTIE… – Il gatto e la volpe: le foto di un’amicizia bellissima

"Quanta fretta, ma dove corri?": gatto e volpe compagni di gioco

“Quanta fretta, ma dove corri?”: gatto e volpe compagni di gioco

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I due animali truffaldini delle ‘Avventure di Pinocchio’ sono stati avvistati insieme In Turchia, sulle rive del Lake Van, il più grande lago a est del paese. Alcuni pescatori hanno assistito a scene di gioco, rincorse e coccole tra una volpe e un gatto 

"Quanta fretta, ma dove corri?": gatto e volpe compagni di gioco
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repubblica.it

Corno d’Africa: è ora di dire basta al traffico di esseri umani e di organi / VIDEO: HUMAN TRAFFICKING IN SINAI DESERT

HUMAN TRAFFICKING IN SINAI DESERT


Pubblicato in data 12/mar/2012 da

La denuncia di SOS Sinai nella giornata mondiale contro la violenza alle donne

Corno d’Africa: è ora di dire basta al traffico di esseri umani e di organi

Del Corno d’Africa, della tratta di esseri umani e della loro particolare valenza al femminile, come del traffico di organi con le innumerevoli morti, anche infantili, come esito di torture, infezioni, espianti, si è parlato nella Casa internazionale delle donne il 25 novembre, in due ore pomeridiane promosse dalla costituenda associazione SOS Sinai e da un gruppo f.b. di attivisti/e


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di Maria Paola Fiorensoli

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Il racconto dell’orrore, con foto e collegamento in diretta con la dott.ra A., che sta dedicando la vita alla denuncia dei crimini e al soccorso delle vittime, dimostra che gli interventi degli Enti umanitari (es. Asinitas), presso gli organismi internazionali e i molti servizi giornalistici (es. Cnn, Bbc, Al Jazeera), Agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo), non hanno sinora sortito effetti rilevanti, non hanno dato visibili esiti diplomatici né diffuso adeguatamente la conoscenza del dramma fuori dagli ambienti più sensibili alle questioni umanitarie o direttamente coinvolti.

Perché il Sinai? Perché i canali del traffico di esseri umani e di organi che prima passava per zone adesso impraticabili, come la Libia, ha trovato nuove strade del dolore in Egitto, specie nella penisola sinaica.

Il Corno d’Africa significa Paesi con Governi che non reclamano come proprie le persone in fuga per vari motivi e rinchiuse, in altri, in campi di detenzione o nelle carceri ordinarie, e che difficilmente ottengono lo status di rifugiato/a politico/a dopo essere sfuggiti (o essere stati riscattati), ai predoni, ai pirati, alle parti corrotte delle polizie locali, al prigionia, nel deserto, in condizioni disumane, con torture e stupri.
Passando di mano in mano, con richieste di riscatto sempre più alte (dai 20.000 ai 50.000 dollari), le vittime, se merce inutile all’arricchimento o alla prostituzione, passano ai trafficanti d’organi.

Alla grande tomba marina del Mediterraneo, corrisponde quella del deserto egiziano, sudanese, somalo, etiopico, eritreo, dove il viaggio della speranza e della disperazione comincia e può in fretta finire sotto le dune. Solo una piccola parte raggiunge le nostre coste per scontrarsi con le nostre leggi ed entrare nei Cie (Centro di identificazione ed espulsione), da cui si esce per un viaggio spesso senza ritorno.
Gli interessi geopolitici ed economici degli Stati d’uscita e degli Stati d’ingresso, le loro spinose relazioni diplomatiche, le inadempienze delle Convenzioni internazionali (es. Ginevra), la diffusa corruttela e la sostanziale non volontà/impossibilità di reprimere, all’origine, un fenomeno atroce quanto diffuso, stanno togliendo il futuro alle popolazioni del Corno d’Africa, già duramente provate.

La questione religiosa innesca ulteriori complicanze anche se cristiani e islamici e animisti condividono il barbaro trattamento, e in alcuni casi ostacola la già scarsa azione delle Ong nella continuità d’assistenza e d’istruzione e sanitaria.
SOS Sinai ha evidenziato che in Eritrea la situazione si differenzia dalla Somalia solo per la presenza della dittatura e che la tragedia del rapimento e della vendita ai pirati e ai predoni può iniziare in patria, a causa di una rete criminale (es. Rashaida), in contatto con i movimenti del terrore (Al Quaeda e i gruppi fondamentalisti armati, le mafie internazionali), che si passano le vittime di mano in mano nei lunghi tragitti di fame, torture reiterate, terrore, per portarle alle porte di Israele, nella zona rovente del Sinai.

Le volte che la polizia egizia cattura pirati e predoni, le vittime non sono liberate ma entrano nei “campi di detenzione” con l’accusa d’immigrazione clandestina. Altre sofferenze le aspettano prima di essere, in qualche caso, “reclamate” dal Paese d’origine od obbligate a un’espulsione che significa la morte.

Dell’atroce fenomeno si occupano alcune ong ed enti (Agenzia Habeshia, Gruppo EveryOne, New Generation Foundation for Human Rights, Ong Gandhi, Eritrean Refugees Protection Group, America Team for Displaced Eritreans, Eritrean Youth Solidarity for Change), molti dei quali costituiti da comunità del Corno d’Africa all’estero, in Europa o in America, poiché sono loro a ricevere le drammatiche richieste di riscatto e a subire la tortura psicologica di non poter salvare sempre parenti e/o connazionali.
Nel possibile, raccolgono le somme, forniscono documenti, premono sui governi per ottenere il rientro o lo status di rifugiato/a.
In ultimo, è da ricordare che Amnesty International preme per introdurre, anche in Italia, il reato di tortura: un vuoto legislativo che va colmato avendo il nostro paese già ratificato, nel gennaio del 1989, la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite.

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fonte womenews.net

Ilva, venerdì arriva il decreto. Monti: conciliare lavoro e rispetto pm / VIDEO: Solo lavoro, la protesta dell’Ilva a Roma – Youdem Tv

Solo lavoro, la protesta dell’Ilva a Roma – Youdem Tv

Pubblicato in data 29/nov/2012 da

http://www.youdem.tv/ – Sit in degli operai mentre il governo discute sul decreto per salvare il polo siderurgico

I lavoratori dell’Ilva davanti Montecitorio mentre è al lavoro sul decreto legge. Servizio di Alessandra Dell’Olmo

Ilva, venerdì arriva il decreto
Monti: conciliare lavoro e rispetto pm

Vertice a Palazzo Chigi. Con il provvedimento del governo decadono i sequestri. Ferrante: anche Genova destinata alla chiusura. Protesta degli operai a Roma

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ROMA – «Il prossimo passo urgente è un atto del governo e lo strumento giuridico sarà il decreto legge. I tempi sono brevissimi, domani, finalizzeremo l’elaborazione inconsiglio dei ministri». Lo ha detto il premier, Mario Monti, al tavolo sull’Ilva, secondo quanto riferito da chi vi partecipa. Il provvedimento consentirà in sostanza allo stabilimento di evitare la chiusura e di continuare a produrre facendo decadere i sequestri disposti dalla magistratura.

I punti principali del decreto che il governo sta mettendo a punto in queste ore per portarlo nel consiglio dei ministri sno l’Autorizzazione integrata ambientale con forza di legge, la ripresa dell’attività produttiva e commerciale dell’Ilva, la sospensione dei provvedimenti di sequestro incompatibili con l’Aia, un garante per vigilare sull’attuazione del decreto legge e la responsabilità e gestione dello stabilimento in capo all’Ilva. Il provvedimento terrà conto delle osservazioni emerse oggi nell’incontro a palazzo Chigi con le parti sociali, l’azienda e gli enti locali.

«Non possiamo permetterci di dare un’immagine dell’Italia dove non sia possibile conciliare la tutela dell’occupazione e il rispetto della magistratura, la tutela dell’ambiente e la produzione dell’acciaio», aveva sottolineato Monti alla riunione a palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio, secondo quanto riferito, ha spiegato che proprio per la necessità di tutelare contemporaneamente le decisioni della magistratura, il livello occupazionale, l’ambiente e la produzione industriale c’è la necessità di «sentire tutti i punti di vista e le valutazioni» dei presenti alla riunione. Al centro del vertice a Palazzo Chigi, a cui hanno partecipato anche le parti sociali e le gli amministratori locali, un decreto legge che rafforzi l’Autorizzazione Integrata Ambientale con valore legislativo e consenta all’azienda di riprendere subito l’attività.

«Il governo considera prioritaria la tutela della salute e dell’ambiente. Considera altresì il polo produttivo di Taranto un asset strategico per l’economia regionale e nazionale», si legge nella nota di Palazzo Chigi diffusa dopo l’incontro con le parti sociali sull’Ilva. «Il funzionamento del polo industriale, oltre al territorio della Regione Puglia, coinvolge direttamente anche gli stabilimenti Ilva in Liguria e Piemonte e fornisce acciaio a diverse realtà industriali e straniere», si aggiunge.

La bozza del decreto. Per vigilare sull’attuazione del decreto legge sull’Ilva sarà nominato un garante che si avvarrà dell’Ispra e sentirà un comitato dei lavoratori dello stabilimento di Taranto, in cui sono rappresentate tutte le aree produttive. Lo prevede l’ultima bozza del Dl all’esame a Palazzo Chigi.

Decadono i sequestri incompatibili con l’Aia. La bozza prevede che dal momento del via libera al decreto legge sull’Ilva, i provvedimenti di sequestro incompatibili con l’attuazione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) «perdono efficacia». Nell’ultima bozza del decreto legge viene ribadito che l’Aia, provvedimento con cui viene autorizzata la prosecuzione dell’attività produttiva e commerciale, fa parte integrante del decreto legge. La gestione e la responsabilità degli impianti resta in campo all’Ilva.

L’azienda: anche Genova destinata alla chiusura. «I provvedimenti della magistratura stano provocando gravi ripercussioni sull’occupazione, ma il quadro rischia di peggiorare. Anche Genova avrà problemi ed è destinata alla chiusura». Lo ha detto il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante al tavolo a palazzo Chigi, secondo quanto riferito da alcuni presenti.

Vendola: salvare l’Ilva nel rispetto della salute dei cittadini. «Il mio augurio – dice il governatore della Puglia, Nichi Vendola – è che il decreto non rappresenti l’esproprio delle competenze dei magistrati che oggi hanno messo sul banco degli imputati aziende importanti come l’Ilva per il pregiudizio che viene arrecato alla salute dei tarantini. Bisogna evitare conflitti tra poteri dello Stato. L’Ilva va salvata, ma in modo compatibile con l’esercizio prioritario del diritto alla salute».

Squinzi. «Sul caso dell’Ilva di Taranto l’Italia si gioca il futuro industriale e manifatturiero»: è quanto sottolineato dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, secondo quanto si apprende, al tavolo a Palazzo Chigi.

Bonanni
. «Si faccia subito questo decreto per dare piena esigibilità all’Aia. Chiediamo un commissario super partes che sappia far dialogare le istituzioni in conflitto», dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. «Una personalità autorevole che garantisca – ha aggiunto – il rispetto di questa soluzione equilibrata».

Casini: le toghe non blocchino gli investimenti. «Fermo restando che la sicurezza e la salute sono al primo posto nei nostri valori – dice il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini – è cosa indecente e molto preoccupante per chi vuole investire in Italia che alla magistratura siano affidate la politiche industriali del nostro Paese perchè questo è il presupposto per il suo fallimento».

Protesta degli operai a Roma. «Parassiti», «ladri», «assassini»: gli operai dell’Ilva si scagliano contro tutta la classe politica mentre a palazzo Chigi è in corso la riunione sul destino dell’azienda di Taranto. I circa 300 operai giunti a Roma, da Genova, Taranto, Novi Ligure, Racconigi, da oltre un’ora stanno urlando slogan contro una «classe politica di ladri», che «non da risposte» e che «sa solo rubare». «Siete voi la rovina dell’Italia – dicono i manifestanti rivolti ai politici – siamo qui per il nostro lavoro e per il nostro futuro, che voi ci state rubando». I manifestanti hanno intonato cori contro Monti, il ministro Fornero e i Riva, proprietari della fabbrica di Taranto. Ad ascoltare le ragioni degli operai, solo i giornalisti: al momento da Montecitorio nessun parlamentare è uscito in piazza per incontrarli e ascoltarli.

Produzione ripresa
. Intanto riprende lentamente la produzione all’Ilva di Taranto, anche negli impianti sotto sequestro dal 26 luglio per disastro ambientale, dopo il tornado che ieri si è abbattuto su Taranto e sul comune di Statte, investendo anche l’area a caldo del siderurgico. L’azienda sta effettuando l’inventario dei danni strutturali subiti, mentre i lavoratori, che ieri erano stati invitati ad uscire dallo stabilimento per motivi di sicurezza, sono rientrati regolarmente al lavoro. Mancano all’appello solo i dipendenti dell’area a freddo, in ferie forzate da lunedì scorso.

Sciopero. Ed è cominciato alle 7 lo sciopero di 8 ore in tutti gli stabilimenti del gruppo Riva indetto dai sindacati metalmeccanici. A Taranto la produzione è al minimo anche in seguito alla chiusura degli impianti dell’area a freddo decisa due giorni fa dall’azienda in conseguenza dei provvedimenti di sequestro dei prodotti finiti disposti dalla magistratura. Lo sciopero proclamato dall’Usb (Unione sindacale di base) proseguirà fino alle 7 di domani. I segretari territoriali di Fim, Fiom e Uilm e i delegati di fabbrica sono partiti per Roma, dove questo pomeriggio si terrà il vertice a Palazzo Chigi sul caso Ilva. Il governo dovrebbe illustrare loro la bozza di decreto legge che consenta la continuità produttiva dello stabilimento siderurgico.

È stato un tornado di scala tra 1 e 2 quello che ha spezzato uno dei camini dell’Ilva di Taranto. Il bilancio è di un uomo disperso e 38 feriti. Sulla città ancora un vento fortissimo: ieri, quando durante il tornado, il vento ha anche superato i 200 chilometri orari.

– APPROFONDIMENTO: Tutti i video, le foto e la cronaca della giornata nera di Taranto

Le ricerche dell’operaio disperso. Sono riprese da questa mattina alle cinque da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco di Taranto (ieri erano intervenuti quelli di Bari) le ricerche dell’operaio gruista dello stabilimento siderurgico Ilva del capoluogo jonico disperso da ieri mattina dopo la tromba d’aria che ha colpito l’area della fabbrica. L’uomo si nella cabina della gru precipitata in mare nei pressi di uno dei pontili del porto industriale. L’operaio, F.Z., ha 29 anni ed è originario di un paese della provincia. Le ricerche ieri sera sono state sospese a causa della scarsa visibilità. Intanto stamane, anche se la situazione meteorologica si è normalizzata, continua ininterrotto il lavoro dei vigili del fuoco chiamati.

Giovedì 29 Novembre 2012 – 10:14
Ultimo aggiornamento: 20:26
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Cioccolata tossica nel calendario dell’Avvento: Dalla Germania il test che accusa la Lindt

Cioccolata tossica nel calendario dell’Avvento
Dalla Germania il test che accusa la Lindt

La fondazione tedesca Warentest ha trovato sui cioccolatini tracce di idrocarburi derivati dal petrolio dopo una serie di test tossicologici: “Potrebbero essere cancerogeni”. Per la società il risultato è “incomprensibile”

 

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di FRANCO ZANTONELLI

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LUGANO Il prossimo rischia di essere un Natale avvelenato, per molti bambini. Almeno per quelli che, dal primo al 24 dicembre, giorno dopo giorno, apriranno gli sportellini del calendario dell’Avvento della Lindt & Sprüngli e di altre ditte svizzere che producono cioccolata.

Lo sostiene la fondazione tedesca Warentest, che dopo aver effettuato dei test tossicologici sui cioccolatini contenuti nei calendari, vi ha trovato tracce di idrocarburi, derivati dal petrolio. “Che potrebbero, addirittura, essere cancerogeni”, hanno messo in guardia. Lindt & Sprüngli non l’ha presa bene, arrivando a definire “incomprensibile e riprovevole” il risultato degli esami della Warentest, ripromettendosi, comunque, di prenderli “sul serio”. Intanto calendari di altri marchi, tra cui “I Simpson”, del distributore Denner, ma anche “I puffi”, dei magazzini Coop, entrambi venduti in Svizzera, sono risultati contaminati.

Una spiegazione della presenza, di oli minerali, nei cioccolatini, l’ha data Didier Ortelli, responsabile del Laboratorio di chimica cantonale di Ginevra. “Gli oli minerali – dice – si trovano nel cartone pressato, utilizzato per le confezioni dei calendari. Inevitabile che da lì finiscano nel cioccolato“. Va detto, comunque, che l’esperto relativizza il rischio di avvelenamento, derivante dall’assunzione di cioccolatini agli idrocarburi. La cui presenza è cosi bassa da ritenere “minimo il rischio di avvelenamento, considerato che se ne mangiano non più di 24 all’anno. E poi – conclude Ortelli – il rischio esiste con tutti gli alimenti imballati nello stesso modo, dal riso ai cereali”.

Cionostante l’allarme lanciato dalla Germania ha già fatto sparire i calendari “Simpson” della Denner. Stessa sorte potrebbero subire “I puffi” di Coop, risultati quelli maggiormente inquinati. Dal canto suo Lindt vende i propri calendari anche in Italia, ma sono diversi – hanno assicurato – da quelli che hanno contribuito a scatenare il caso, oltrefrontiera: “Non utilizzando cartone riciclato, ma cartone di alta qualità, in più non impiegando colori contenenti olii minerali, non siamo toccati dal problema”, fa sapere il gruppo Lindt, da Induno Olona, in provincia di Varese, sede di uno dei suoi stabilimenti italiani.

Resta il fatto che, per molti bambini, provando ad immaginare la preoccupazione, creata nei genitori, dopo la messa in guardia dei tedeschi di Warentest, il prossimo Natale arriverà senza il rito dello sportellino che si apre, quotidianamente, fino alla vigilia. Non bastasse la crisi economica si aggiunge, insomma, un motivo in più per un Natale più sommesso del solito.

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fonte repubblica.it