Archivio | luglio 3, 2007

Non dimentichiamo RACHEL


Si opponeva all’abbattimento delle case palestinesi

la giovane americana Rachel Corrie, schiacciata da una ruspa israeliana



Questo documento vuole essere una testimonianza per non dimenticare Rachel, una giovane pacifista, che con il suo coraggio voleva fermare le ingiustizie che ogni giorno si verificano in Palestina.

Nel 2003, anno della morte di Rachel Corrie, si è mosso contro la guerra il più grande movimento pacifista che la storia abbia mai conosciuto: Rachel Corrie è sicuramente un simbolo di questo movimento.

E’ stata uccisa dalla logica assurda e brutale della guerra che tutti i pacifisti cercano di fermare. Ricordiamo che è ancora in corso un conflitto fra israeliani e palestinesi, con tante vittime civili innocenti in entrambi i paesi e che si deve continuare a fare pressione affinchè si trovi una soluzione pacifica e duratura.

Stefano Costa (xawcos@tin.it)

Fonte: http://www.sudnews.it/Speciali/paceinpalestina/default.htm
Qui vi sono le foto dell’uccisione.
12 ottobre 2004

Nel 2003 a Gaza, ha perso la vita una giovane pacifista, Rachel Corrie di soli 23 anni.

Era una studentessa dell’Università di Olympia (Washington), e faceva parte del movimento per la giustizia e la pace.

Con la sua associazione pacifista aveva organizzato iniziative in occasione dell’anniversario dell’11 settembre, per ricordare sia le vittime delle stragi, sia quelle della guerra in Afghanistan.

Aveva deciso di passare dalla teoria all’azione, andando in Israele, dove si era unita al gruppo filo palestinese Movimento Internazionale di Solidarietà. Con questa associazione partecipava ad azioni, per bloccare le ruspe israeliane, che cercavano di abbattere le case palestinesi.

Agli amici in diverse email aveva scritto: “Abbattono le case anche se si trova la gente dentro, non hanno rispetto di niente e di nessuno”.

Il 15 Marzo in un’azione a Rafah nella striscia di Gaza, Rachel era con i suoi amici per cercare di opporsi alle demolizioni.

“Era seduta sulla traiettoria del Bulldozer, il conducente l’ha vista, ha proseguito e le è passato sopra”, ha dichiarato Joseph Smith, militante pacifista americano.

“La ruspa le ha versato sopra la terra e poi si è messa a schiacciarla”, ha aggiunto Nicholas Dure, un altro suo compagno.

I compagni hanno cercato in tutti i modi prima di fermare la ruspa,
e poi di prestare i soccorsi, ma non c’è stato niente da fare.

Rachel Corrie a soli 23 anni ha perso la vita, mentre difendeva,
con il proprio corpo e le sue idee, il diritto dei cittadini palestinesi ad avere un’abitazione ed una terra.

Le autorità israeliane hanno dato diverse versioni dell’accaduto tutte smentite dalle documentazioni fotografiche e dai testimoni.
La giovane è stata uccisa a sangue freddo in modo barbaro, mentre si interponeva in modo pacifico.

Note:

Riportiamo gli estratti da un’e-mail di Rachel del 7 febbraio 2003 concessa dalla sua famiglia (traduzione M.T. – InfoPalestina).

Sono in Palestina da due settimane ed un giorno ed ho ancora poche parole per descrivere ciò che vedo. E’ più difficile per me pensare a ciò che sta succedendo qui quando mi siedo a scrivere negli Stati Uniti, qualcosa come il portale virtuale del lusso. Io non so se molti dei bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi di carri armati alle pareti e senza le torri di un esercito di occupazione che li sorveglia costantemente da un orizzonte vicino. Io penso, sebbene non sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di questi bambini capisce che la vita non sia così ovunque. Un bambino di otto anni è stato ucciso da un carro armato israeliano due giorni prima del mio arrivo e molti bambini mi sussurrano il suo nome, Alì — oppure mi indicano i suoi posters sui muri. Ai bambini piace farmi usare il poco arabo che conosco chiedendomi “Kaif Sharon?”, “Kaif Bush?” e ridono quando io dico “Bush Majnoon” “Sharon Majnoon” rispondendo nel mio arabo limitato. (Come sta Sharon? Come sta Bush? Bush è pazzo, Sharon è pazzo). Naturalmente questo non è proprio ciò che credo, e qualche adulto che conosce l’inglese mi corregge: Bush mish Majnoon… Bush è un uomo d’affari. Oggi ho cercato di imparare a dire “Bush è un oggetto”, ma non credo sia stato tradotto giusto. Ad ogni modo ci sono qui più bambini di otto anni consapevoli della struttura del potere globale, di quanto lo fossi io qualche anno fa–almeno riguardo ad Israele.
Nonostante ciò, penso che nessuna quantità di libri, di partecipazione alle conferenze, di visione di documentari, né di parole mi avrebbero potuto preparare alla realtà della situazione qui. Non si può immaginare se non si vede, ed anche allora sei ben consapevole che la tua esperienza non è tutta la realtà: cosa dire della difficoltà che l’esercito israeliano dovrebbe affrontare se sparasse ad un cittadino statunitense disarmato, del fatto che io ho il denaro per comprare l’acqua mentre l’esercito distrugge i pozzi, ed, ovviamente, il fatto che io ho la possibilità di partire.Nessuno della mia famiglia è stato mai colpito, guidando la sua macchina, dal lancio di un razzo da una torre alla fine della strada principale della mia città. Io posso andare a vedere l’oceano. Apparentemente è piuttosto difficile per me essere trattenuta in prigione per mesi o anni senza processo (questo perché sono una cittadina americana bianca, come opposta a molti altri). Quando vado a scuola o al lavoro posso essere relativamente certa che non ci sarà un soldato armato pesantemente ad aspettare a mezza strada tra Mud Bay ed il centro di Olimpya ad un posto di blocco un soldato con il potere di decidere se posso andare per la mia strada, e se posso tornare a casa quando ho fatto. Così, se percepisco violenza arrivando ed entrando brevemente ed in modo incompleto nel mondo in cui esistono questi bambini, per contro mi chiedo cosa succederebbe a loro arrivando nel mio mondo. Essi sanno che i bambini negli Stati Uniti, di solito non hanno i genitori uccisi e che qualche volta vanno a vedere l’oceano. Ma quando tu hai visto l’oceano, vissuto in un posto tranquillo dove l’acqua è un bene scontato e non rubata di notte dai bulldozers, e quando hai passato una notte in cui non ti sei meravigliato che le pareti della tua casa non siano crollate svegliandoti dal sonno, e quando hai incontrato gente che non ha perso nessuno–quando hai sperimentato la realtà di un mondo che non è circondato da torri di morte, carri armati, insediamenti armati ed ora da una gigantesca parete metallica, mi chiedo se puoi perdonare il mondo per tutti gli anni della tua infanzia spesa esistendo–solo esistendo–in resistenza al costante strangolamento della quarta più grande potenza mondiale–sostenuta dall’unica superpotenza mondiale – nel suo sforzo di cancellarti dalla tua casa.
Come retropensiero a tutto questo vagabondaggio, mi trovo a Rafah, una città di circa 140.000 persone di cui circa il 60 per cento sono rifugiati-molti dei quali per la seconda o la terza volta. Rafah esisteva prima del 1948, ma molte delle persone qui sono essi stessi o discendenti di persone dislocate qui dalle loro case della Palestina storica–ora Israele. Rafah venne divisa in due quando il Sinai tornò all’Egitto. Al momento l’esercito israeliano sta costruendo un muro alto quattordici metri tra Rafah in Palestina ed il confine, tracciando una terra di nessuno dalle case lungo il confine. Seicentodue case sono state completamente abbattute dai bulldozers secondo la Commissione Popolare dei Rifugiati di Rafah. Il numero di abitazioni parzialmente abbattute è maggiore.
Oggi ho camminato sulla collina dei detriti dove una volta sorgevano le case, soldati egiziani mi chiamavano dall’altra parte del confine, “Vai!, vai!” perché stava arrivando un carro armato. Seguivano agitarsi di mani e “come ti chiami?”. C’è qualcosa che disturba in questa amichevole curiosità.
Mi ricordava di quanto, fino a quale grado, siamo tutti ragazzini curiosi di altri ragazzi: ragazzi egiziani che strillano ad una donna strana che passeggia sul sentiero dei carri armati. Ragazzi palestinesi sparati dai carri quando si affacciano dal muro per guardare quello che succede. Ragazzi internazionali in piedi davanti ai carri con striscioni. Ragazzi israeliani nei carri anonimamente, occasionalmente urlando–ed anche occasionalmente salutando–molti forzati ad essere lì, molti semplicemente aggressivi,che sparano nelle case dei palestinesi mentre noi gironzoliamo.
Oltre alla costante presenza dei carri armati lungo il confine e nella regione occidentale tra Rafah e gli insediamenti lungo la costa, ci sono più torri IDF qui di quante ne possa contare lungo l’orizzonte, alla fine delle strade. Alcune sono grigioverde militare. Altre come strane scale camuffate alla maniera dei capanni di cacciatore per rendere anonima l’attività all’interno. Alcune nascoste , proprio sotto l’orizzonte degli edifici. Una nuova è stata costruita l’altro giorno mentre ci lavavamo la biancheria e abbiamo attraversato la strada due volte per innalzare striscioni. A parte il fatto che alcune tra le zone più vicine al confine sono originali della vecchia Rafah con famiglie che hanno vissuto in questa terra per almeno un secolo, solo il campo del 1948 al centro della città è controllato da Oslo. Ma, per quanto io possa dire, ce ne sono davvero pochi che non siano sotto il controllo visivo di una torre o l’altra. Certamente non esistono luoghi invulnerabili agli elicotteri apaches o alle telecamere di invisibili fannullaoni che ronzano sulla città per ore ed ore.
Ho dei problemi all’accesso di notizie dall’estero, ma sento che un crescendo verso il conflitto in Iraq sembra inevitabile. C’è molta preoccupazione qui per la “rioccupazione di Gaza”. Gaza viene rioccupata ogni giorno in vara misura, ma io penso che la paura sia che i carri occupino tutte le strade e restino lì, invece di entrare solo in alcune strade e quando si ritirano dopo alcune ore o giorni osservano e sparano dalla cima delle comunità. Se la gente non è già pronta a pensare alle conseguenze di questa guerra per le persone dell’intera regione, allora spero che comincino.
Io spero anche che veniate qui. Siamo stati in dubbio tra cinque e sei internazionali. I vicini che ci hanno chiesto la nostra presenza sono Yibna, Tel El Sultan, Hi Salam, Brazil, Block J, Zorob e Blocco O. C’è anche bisogno di costante presenza notturna ad un pozzo nelle adiacenze di Rafah dato che l’esercito israeliano ha distrutto i due pozzi più grandi. Secondo la municipalità i pozzi distrutti la settimana scorsa fornivano la metà del fabbisogno di Rafah.Molte comunità hanno chiesto agli internazionali di essere presenti la notte per cercare di salvare le proprie case da ulteriori demolizioni. Dopo le dieci p.m. è molto difficile muoversi perché l’esercito israeliano tratta chiunque nelle strade come resistente e spara . E per questo che siamo così pochi.
Io continuo a credere che casa mia, Olympia, possa guadagnare tanto per poter fare un gemellaggio con Rafah. Alcuni gruppi di insegnanti e di bambini, hanno manifestato il desiderio di corrispondere in e-mail, ma questa è solo la punta dell’iceberg del lavoro di solidarietà che potrebbe essere fatto. Molta gente vuole che le loro voci siano udite, e penso che abbiamo bisogno di usare i nostri privilegi come internazionali per farle udire direttamente negli Stati Uniti, piuttosto che attraverso altri filtri come me. Io sto iniziando ad imparare, da ciò che mi aspetto diventi una tutela intensa, sulla capacità della gente di organizzarsi contro tutte le stranezze, e di resistere a tutte le stranezze.

Rachel

Sinistre e sinistri

Pubblichiamo il pezzo pur non condividendolo in toto. La critica alle sinistre cosiddette “radicali” a noi pare ingenerosa e inopportuna. Ingenerosa perché non hanno certo risparmiato, fin qui, critiche e opposizioni, quand’era il caso, e non crediamo possano essere accusate di essersi “appiattite” tout-court su preordinati disegni politici. Inopportuna perché la sinistra radicale (o quel che è) ha dato finora segni di lungimiranza politica riconoscendo nel Governo Prodi il minore dei mali, dato che all’orizzonte non vi è altra alternativa che una ripresa di possesso del potere da parte di Berlusconi e soci. Insomma, possiamo discutere del sesso degli angeli, ma non disconoscere una realtà ineluttabile (per ora) per quanto indigesta.

Questo è quanto passa il convento.

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Sinistre e sinistri

lunedì 02 luglio 2007

C’è una sinistra che erra, che sbaglia di brutto. Una sinistra che si ostina a non guardare in faccia il mondo che la circonda. Che teme il cambiamento tanto da preferire il cedimento. Che insegue la destra, ovunque, sulla guerra, sulla sicurezza, sulle tasse, su ogni cazzata resa solenne dall’amplificazione mediatica.

Ci chiediamo se tutto ciò derivi da confusione, corruzione, estraniamento o miopia. Ma a questo punto, poco importa.
Ciò che è certo è che il liberismo ha saputo sferrare un’offensiva che ha corrotto profondamente i valori e i riferimenti di tutte le istituzioni progressiste, da quelle sindacali a quelle politiche. I dirigenti di queste ultime usano ormai gli stessi linguaggi degli arrampicatori della finanza, anelano e gioiscono per gli stessi risultati, si comportano come imprenditori in tutti gli ambiti che attraversano, si rassegnano a fare da portavoce alle trasformazioni economiche imposte dal capitale, cercando, con ciò, di sopravviverne. Comprano la “partecipazione” popolare, seguendo una pratica che è sempre stata propria della destra liberista, perché i loro dirigenti sono diventati incapaci di muovere qualunque passione. Il partito democratico e i sindacalismo confederale sono questa sinistra. E Veltroni è il suo leader. Rappresenta l’ultima speranza di proporre una versione “centrosinistra” del controllo dei flussi speculativi, finanziari e comunicativi. Cash, cocaina e cazzate, per dirla sbrigativamente.

C’è un’altra sinistra che erra, che vaga senza meta. Vive di sbalzi, di contraddizioni fatali. Si guarda intorno smarrita, certa di attaccarsi a tutto quello che i movimenti producono. Ma lo fa superficialmente. Non ha l’età, né le risorse e neanche quell’esperienza intima della modernità che – in un’epoca di profondi cambiamenti – solo i giovani posseggono. Incapace di mutare veramente, vincolata da infinite piccole lobby interessate al mantenimento delle proprie posizioni, ad arraffare piccoli finanziamenti, è costretta a diventare nemica dei movimenti stessi nel momento in cui questi si esprimono in tutta la loro potenza. E’ fatta dai partiti della “sinistra radicale” (?) e dal sindacalismo alternativo, e da quasi tutto l’ensamble mediatico sorto trent’anni fa come voce di altre forze in altri tempi.

Eppure, esistono ben altre sensibilità, altre opportunità. Il 9 giugno, di fronte alla calata del barbaro Bush, è apparso palese. Piazza del popolo, la piazza della sinistra Partitocratica Radicalmoderata è rimasta vuota, distante anni luce da un corteo popolato da mille sentimenti. Qualche mese prima, a Milano, capitale economica d’Italia, centro culturale, faro ideologico e polo mediatico del liberismo nostrano, il primo maggio dei precari/e, la Mayday, ha conquistato “la piazza”, mentre la sfilata confederale della mattina ha richiamato poche persone, rigorosamente over 50. Che sia chiaro: non abbiamo niente contro costoro. Altro non sono che quegli spaccaballe/ovaie dei nostri genitori. Ma il futuro in gioco è il nostro, e le energie e le capacità per giocarcelo sono le nostre. Ci muoviamo per noi ma anche per loro.

Siamo consapevoli che queste arcane sinistre, per quanto nefaste, costituiscono semplicemente una disgrazia. E che il vero avversario, l’antagonista di ogni precario, lavoratore e migrante, resta l’impresa intesa in senso allargato come agente non solo economico ma anche culturale, sociale e politico. Siamo coscienti che la fine di un’IDEA di sinistra non implica per forza di cose il sorgere di un’altra IDEA. Ma – c’è sempre un ma – siamo convinti, che anni di mobilitazioni abbiano prodotto importanti risultati, sia nelle pratiche che nella comprensione del fenomeno della precarizzazione sociale, che sta sulla bocca di tutti/e ma regolarmente banalizzato e minimizzato. La crisi dell’informazione e l’avvento della produzione cognitiva, costituiscono due punti critici – non gli unici – delle trasformazioni che hanno investito il modo d’essere e di prodursi di questa società. Ancora una volta, nodi su cui si avviluppa la crisi della sinistra tradizionale, il suo patetico inseguimento ai modelli della destra.

City of gods, o meglio, la Città degli Dei, nasce da queste riflessioni.

fonte: http://intelligence.precaria.org/content/view/204/28/

"Liberalizziamo la coltivazione fai da te della marijuana"


3/7/2007


LA PROVOCAZIONE DI UN RICERCATORE DI PARIGI

Contro il traffico di droga: orticelli casalinghi per consumo personale
Potrebbe essere l’ennesima ricerca improbabile, ma Julien Lefour, esponente della prestigiosa scuola di studi in scienze sociali di Parigi, EHESS, ne approfitta per affrontare un argomento di grande attualità, mentre si discute di leggi sulla droga, e si pone un interrogativo. Il dato è che ci sono tra 10 mila e 20 mila francesi che coltivano in proprio le piantine di marijuana. Una coltura casalinga per uso personale, condotta con metodi biologici e che, inoltre, produce piantine con un contenuto di principio attivo, il THC, più basso di quelle “industriali”. Ora, Lefour, si domanda: «Di fronte al costo sociale ed economico del traffico di marijuana, un’ auto-produzione, regolamentata, può essere una soluzione?». In Francia i fumatori abituali di marijuana sono circa 850 mila, secondo il quotidiano Liberation. Un mercato di tutto rispetto totalmente, o in parte, sottratto ai trafficanti.

fonte:

http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=90&ID_articolo=161&ID_sezione=163&sezione=

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LA VERA STORIA: PERCHÈ LA MARIJUANA FU PROIBITA

La marijuana (spagnolo), o cannabis (latino) o hemp (inglese) è una pianta che si potrebbe definire miracolosa, ed ha una storia lunga almeno quanto quella dell’umanità. Unica pianta che si può coltivare a qualunque latitudine, dall’Equatore alla Scandinavia, ha molteplici proprietà curative, cresce veloce, costa pochissimo da mantenere, offre un olio di ottima qualità (molto digeribile), ed ha fornito, dalle più antiche civiltà fino agli inizi del secolo scorso, circa l’80 per cento di ogni tipo di carta, di fibra tessile, e di combustibile di cui l’umanità abbia mai fatto uso.

E poi, cosa è successo? E’ successo che in quel periodo è avvenuto il clamoroso sorpasso dell’industria ai danni dell’agricultura, e di questo sorpasso la cannabis è stata chiaramente la vittima numero uno.

I nascenti gruppi industriali americani puntavano soprattutto allo sfruttamento del petrolio per l’energia (Standard Oil – Rockefeller), delle risorse boschive per la carta (editore Hearst), e delle fibre artificiali per l’abbigliamento (Dupont) – tutti settori nei quali avevano investito grandi quantità di denaro. Ma avevano di fronte, ciascuno sul proprio terreno, questo avversario potentissimo, e si unirono così per formare un’alleanza sufficientemente forte per batterlo.

L’unica soluzione per poter tagliare di netto le gambe ad un colosso di quelle dimensioni risultò la messa al bando totale. L’illegalità. Partì quindi un’operazione mediatica di demonizzazione, rapida, estesa ed efficace (“droga del diavolo”, “erba maledetta” ecc. ), grazie agli stessi giornali di Hearst (è il famoso personaggio di Citizen Kane/Quarto Potere, di O. Wells), il quale ne aveva uno praticamente in ogni grande città. Sensibile al denaro, e sempre alla ricerca di temi di facile presa popolare, Hollywood si accodò volentieri alla manovra, contribuendo in maniera determinante a porre il sigillo alla bara della cannabis (a sin. la locandina del fim “Marihuana: assassina di giovinezza – Un tiro, una festa, una tragedia”).

La condanna morale viaggiava rapida e incontrastata da costa a costa (non c’era la controinformazione!), e di lì a far varare una legge che mettesse la cannabis fuori legge fu un gioco da ragazzi. Anche perchè pare che i tre quarti dei senatori che approvarono il famoso “Marijuana Tax Act” del 1937, tutt’ora in vigore, non sapevano che marijuana e cannabis fossero la stessa cosa: sarebbe stato il genio di Hearst ad introdurre il nomignolo, mescolando le carte per l’occasione.

“How many murders, suicides, robberies, criminal assaults, holdups, burglaries and deeds of maniacal insanity it causes each year, especially among the young, can only be conjectured…No one knows, when he places a marijuana ciga-rette to his lips, whether he will become a joyous reveller in a musical heaven, a mad insensate, a calm philosopher, or a murderer…”

“Quanti omicidi, suicidi, furti, aggressioni criminali, rapine, scassi e gesti di follia maniacale provochi ogni anno, lo si può solo indovinare. Nessuno sa, nel mettere ad altri fra le labbra una sigaretta di marijuana, se ne faranno un allegro visitatore di paradisi musicali, un folle delirante, un tranquillo pensatore, o un assassino…”

HARRY J ANSLINGER . Commissioner of the US Bureau of Narcotics 1930-1962

Fatto sta che a partire da quel momento Dupont inondava il mercato con le sue fibre sintetiche (nylon, teflon, lycra, kevlar, sono tutti marchi originali Dupont), il mercato dell’automobile si indirizzava definitivamente all’uso del motore a benzina (il primo motore costruito da Diesel funzionava con carburante vegetale), e Hearst iniziava la devastazione sistematica delle foreste del Sudamerica, dal cui legno trasse in poco tempo la carta sufficiente per mettere in ginocchio quel poco che era rimasto della concorrenza.

Al coro di benefattori si univa in seguito il consorzio tabaccai, che generosamente si offriva di porre rimedio all’improvviso “vuoto di mercato” con un prodotto cento volte più dannoso della cannabis stessa.

E le “multinazionali” di oggi, che influenzano fortemente tutti i maggiori governi occidentali, non sono che le discendenti dirette di quella storica alleanza, nata negli anni ’30, fra le grandi famiglie industriali. (Nel caso qualcuno si domandasse perchè mai la cannabis non viene legalizzata nemmeno per uso medico, nonostante gli innegabili riscontri positivi in quel senso).

Come prodotto tessile, la cannabis è circa quattro volte più morbida del cotone, quattro volte più calda, ne ha tre volte la resistenza allo strappo, dura infinitamente di più, ha proprietà ignifughe, e non necessita di alcun pesticida per la coltivazione. Come carburante, a parità di rendimento, costa circa un quinto, e come supporto per la stampa circa un decimo.

Abbiamo fatto l’affare del secolo.

Scritto da Massimo Mazzucco per luogocomune.net

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medicina : "L’incredibile AIDS"

“Tutti sono pronti a credere che la CIA menta, che il governo menta, che l’FBI menta, che la Casa Bianca menta. – dice il microbiologo americano Harvey Bialy – Ma che menta l’Istituto di Sanità no, non è possibile, la Sanità è sacra, tutto ciò che esce dagli Istituti Nazionali di Sanità è parola di Dio.

Niente fa differenza, nemmeno la storia di come Gallo scoprì il virus, nemmeno il fatto che sia uno scienziato screditato e condannato per truffa. La strategia dell’establishment è sempre la stessa: ignorare. Meglio non rispondere, vuoi vedere che ci si accorge che c’è qualcosa di strano?”

Una musica che non ci suona del tutto nuova, e che in questo caso ci arriva da un fronte ancora più controverso di quello dell’undici settembre: la medicina moderna – o meglio, l’industria farmaceutica che la condiziona ormai alla radice – stretta nella morsa letale del conflitto fra altruismo e egoismo, fra missione umana e interesse privato, in una spirale ormai inarrestabile che la porta a inventarsi malattie inesistenti pur di vendere più farmaci, mentre non riesce stranamente a trovare nessuna cura valida per le malattie che esistono davvero.

Quello che presentiamo è un lavoro di ricerca particolarmente illuminante … … sulla reale situazione dell’AIDS nel mondo, che un regista italiano, Gian Paolo Vallati, ha realizzato come base di partenza per un documentario… che naturalmente fino ad oggi nessuno ha mai voluto produrre. M.M.

Vai alla scheda “L’incredibile AIDS”

Vedi anche (purtroppo in inglese) Aids made in America

Segnaliamo anche su arcoiris.tv il filmato: “L’origine del Male – Storia di una controversa teoria sull’origine dell’AIDS” È possibile che la pandemia di AIDS sia stata causata da vaccini antipolio accidentalmente contaminati con un virus delle scimmie e utilizzati in Africa alla fine degli anni ’50?

fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1553 ……