Archivio | luglio 26, 2007

Welfare, Prodi scrive ad Epifani

Lunga lettera al segretario della Cgil dopo la chiusura del sindacato
“Il governo è leale, la concertazione deve andare avanti. Confronto innovativo e duraturo”

Welfare, Prodi scrive ad Epifani

“Firmare per intero il protocollo”

Diliberto: “Non cadere nell’inganno. I contratti precari così non scompaiono”

Romano Prodi


ROMA – Il protocollo sul welfare va sottoscritto per intero e occorre continuare la concertazione sulle altre riforme. E’ questo l’invito rivolto da Romano Prodi in una lunga lettera inviata al segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani.

Il governo si è comportato con lealtà per quanto riguarda il protocollo sul welfare: protocollo che rappresenta solo il principio della stagione della concertazione, che dovrà andare avanti, scrive il premier. L’invito arriva dopo la rottura annunciata dal segretario della Cgil, che, in una lettera indirizzata a Palazzo Chigi denunciava la fine della concertazione e individuava un problema di metodo.

“La conclusione del confronto è stata come sempre caratterizzata da un rapporto di lealtà e di preventiva informazione alle parti sociali – si legge nella lettera di Prodi- su tutti gli aspetti del Protocollo e non può essere oscurata da eventuali e residui elementi di contraddizione, poichè la qualità della concertazione che abbiamo fatto vivere getta le basi per un innovativo e duraturo confronto che dovrà esercitarsi nella difficile fase di applicazione del protocollo stesso”.


La concertazione, ribatte Prodi a Epifani, “non finisce qui. Anzi, essa ha ripreso nuovo vigore da questa esperienza che vogliamo continuare a condividere con voi e con le altre organizzazioni sociali”.

“La stesura e la presentazione delle relative norme in Parlamento potrà confermare la scelta del governo a favore della crescita dell’occupazione e della stabilità del lavoro e dissipare, mi auguro, le incomprensioni che possono essere sorte nella fase finale del confronto”, continua il premier.

“Il Parlamento, nella sua sovranità, avrà modo di valutare in tutti i suoi aspetti il disegno riformatore che abbiamo insieme definito”, scrive ancora.

La lettera non è piaciuta a Oliviero Diliberto. Il leader del Pdci ha invitato Epifani a “non cadere nell’inganno“. “Nella lettera al segretario della Cgil in cui il capo del Governo invita Epifani a firmare il protocollo – osserva Diliberto – Prodi ribadisce la stabilizzazione del lavoro dopo 36 mesi. Non è vero”. “Quel lavoratore resterà precario e per questo continuerà a essere ricattabile e a non godere dei diritti che abbiamo avuto noi e la generazione dei nostri padri”, ha commentato.

(26 luglio 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/economia/pensioni-6/prodi-epifani/prodi-epifani.html

Il Libro: ‘Una vita meno ordinaria’


Baby Halder

IL DIARIO DI UNA CAMERIERA INDIANA

Di Paola Zanuttini

Baby Halder faceva le pulizie, anzi le fa tuttora, ma fra il prima ed il dopo c’è di mezzo un bestseller, tradotto in undici Paesi ed in quattro lingue indiane, s’intitola ‘Una vita meno ordinaria’ ed in Italia è appena uscito per Bompiani.

E’ il diario di una domestica diventata scrittrice, e già questo non è poco, però ha qualcosa in più. Oltre a raccontare la vita dell’autrice è riuscita a cambiare quella di molte lettrici, cinquantamila solo in India. A Baby, diventata un caso mediatico, si rivolgono tante altre come lei, che vivono una vita grama e che nella sua storia hanno trovato la forza, o la speranza, di ribellarsi. C’è persino un’altra domestica, Sushila Rai, che l’ha emulata ed scritto la propria storia.

Baby, che oggi ha 35 anni, è figlia di un soldato, che poi diventò autista, e di una madre che se ne andò quando lei aveva sette anni.

Era una buona madre, voleva che i suoi quattro figli studiassero, voleva una vita coniugale decente, ma con quel marito sempre lontano, ombroso, irresoluto e manesco era impossibile. Un giorno uscì di casa portandosi via solo il più piccolo, ancora in fasce. Poiché la sorella era già stata data in sposa giovanissima, Baby rimase col fratello maggiore a fronteggiare quel padre sempre più cupo, e la sua esistenza difficile diventò molto difficile. Il padre prese un’altra moglie e, spinto dalla gelosia della matrigna, costrinse la bambina a lasciare la scuola ed a sposarsi. A 12 anni. Lo sposo aveva il doppio della sua età.

Baby, che adorava giocare con le amiche ed a far tardi la notte raccontando interminabili fiabe, fu di fatto stuprata, ingravidata tre volte (finché non si fece chiudere le tube), umiliata, picchiata, ridotta la ruolo di serva. In casa e fuori.

Perché, visto che il marito violento era anche taccagno, cominciò ad andare a servizio per mantenere i figli. Ma visto che il lavoro –ogni lavoro- emancipa, lei si emancipò e decise di andarsene, proprio come sua madre, con la differenza che si portò i figli.

Più che un viaggio, una migrazione: da Durgapur, West Bengala, a Gurgaon, città satellite di Delhi, in cerca del fratello maggiore che aveva già tagliato la corda.

Miserie, molestie, pettegolezzi, padrone arcigne, eroismi quotidiani. Ma nel 1999, Baby finisce a casa del mite e paterno antropologo in pensione Prabodh Kumar, nipote del grande scrittore Premchand, che la accoglie con i bambini e nota che, quando spolvera i libri, la sua cameriera sfortunata si sofferma su titolo e quarta di copertina.

Il professore la invita così a leggere alcuni di quei volumi, specie quelli edificanti di donne emancipate, e poi a scrivere la sua storia.

La sorpresa è che Baby scrive bene, uno stile semplice, a volte infantile (soprattutto nella traduzione italiana: baba, dada, didi, budi, con effetti controversi) ma che segue l’evoluzione dell’autrice. Il professore la traduce dal bengalese all’hindu, corregge qualche errore, e lo invia ad amici editori. La vita di Baby è pubblicata in brani sulle riviste e poi come libro dalle edizioni femministe Zubaan.

La vicenda della cameriera illetterata e del letterato, ha suggerito il paragone con Pigmalione, la commedia di Gorge Bernard Shaw (da cui il musical My Fair Lady), in cui il professor Higgins scommette di trasformare una fioraia di Covent Garden dall’accento assai plebeo in una vera duchessa. Ma baby non vede similitudini fra le due storie: “Nel mio caso non c’è stata alcuna scommessa, niente da dimostrare. Tutte le parole che ho scritto erano nel mio cuore, il professore mi ha solo aiutato a trovarle”. Ma perché il professore avrà scelto proprio lei? Avrà riconosciuto un talento o tentato un esperimento antropologico? Anche per questa domanda, Baby, che tanto illetterata e sprovveduta non sembra, ha una risposta: “Aveva avuto altre domestiche, ma non mi pare che con loro abbia stabilito lo stesso rapporto di fiducia. Ha intuito i miei guai, mi ha aiutato ad esprimerli ed a liberarmi da un peso. Il racconto è un cerchio infinito: fa parte della cultura indiana, soprattutto quella femminile, perché noi ascoltiamo di più. Ed io ho preso a raccontare la mia storia, che è individuale ma è anche quella di altre migliaia di donne”.

Urvashi Butalia, la traduttrice in inglese di Baby, dice che il potere taumaturgico del racconto ha effetti contagiosi: “La donna delle pulizie dell’ufficio ha deciso di imparare a leggere, a scrivere ed a guidare per diventare la mia autista. Come lei, molte altre mi hanno scritto, telefonato e dichiarato nei nostri continui incontri pubblici di voler prendere in mano la loro vita”.

Baby non si definisce proprio una femminista nel senso che, sì, vuol difendere i diritti delle donne, ma sono così tanti i diritti calpestati che non si può limitare a sostenere solo quelli. Comunque, nel secondo libro che sta scrivendo ha scelto un approccio più tecnico: indaga sul perché la sua vita è stata segnata così negativamente dalle figure maschili più rilevanti, il padre ed il marito.

E se il padre dopo aver letto ‘Una vita meno ordinaria’, si è stracciato le vesti per il male commesso e lo promuove con orgoglio perché non vuole che a nessun altra bambina accada quel che lui ha imposto alla sua, il marito non ha dato alcun segno di reazione. Convinta dai parenti ad andarlo a visitare, Baby l’ha trovato come l’aveva lasciato, capace soltanto di sibilare: “Quando una se n’è andata una volta se n’è andata per sempre”.

Adesso Baby, circondata dai figli che studiano come avrebbe voluto studiare lei, costretta a fermarsi alla prima media, non vuole saperne di risposarsi, tutt’al più qualche amicizia: si gode libertà e successo.

Ci sono produttori stranieri interessati a trarre un film dal suo libro, ma lei aspetta, preferisce un regista indiano.

Però all’happy end manca un dettaglio. Che fine ha fatto il professore? “Sta bene, ha 72 anni, comincia ad invecchiare, ma fa una buona vita, anche se piuttosto ritirata. Voglio lavorare solo con lui e per lui. Ha tre figli ed una moglie che vive in un ashram e che vede un paio di volte l’anno. Da quando sono a casa sua fa due pasti regolari al giorno. Gli piace il gin e tornando da Salon du Livre di Parigi gliene ho portato un bel po’. Insieme alle bauette: le adora”.

Paola Zanuttini

fonte: Venerdì di Repubblica del 13 luglio 2007

Una vita meno ordinaria. Diario di una domestica indiana

Halder Baby – Una vita meno ordinaria. Diario di una domestica indiana

Titolo Una vita meno ordinaria. Diario di una domestica indiana
Autore Halder Baby
Prezzo
Sconto 20%
€ 12,40
(Prezzo di copertina € 15,50 Risparmio € 3,10)
Prezzi in altre valute
Dati 2007, 235 p., brossura
Traduttore Vega V.
Editore Bompiani (collana Narratori stranieri Bompiani)
Normalmente disponibile per la spedizione entro 2 giorni lavorativi


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L’INDIA IN VIDEO

Punto Donna – puntata del 3 aprile
L’ India delle donne

Guarda la puntata (Adsl – RaiClik)



Viaggio nell’India
delle spose e delle vedove bambine, dei matrimoni combinati, del femminismo e dell’empowerment delle donne. Quanto la globalizzazione e il boom economico indiano le stanno aiutando?

Se ne parla a Punto Donna un programma ideato e condotto da Ilda Bartoloni con la giornalista Laura Delli Colli e l’indologa Alessandra Consolaro.

Nei servizi: la tradizione dei matrimoni combinati; intervista alla regista Deepa Mehta vissuta per due anni sotto scorta per le minacce degli integralisti hindu; parla Medha Partkar, ambientalista che lotta contro la costruzione di un complesso di dighe lungo il fiume Narmada; l’India in Italia, la comunità sikh di Novellara; l’ex assessore del comune di Roma Mariella Gramaglia racconta del suo amore per il subcontinente indiano.

fonte: www.tg3.rai.it/SITOTG/TG3_pagina_es/0,9480,10…

Dragan,in fila per donare

BUONE NOTIZIE

Pioggia di piccoli versamenti, telefonate, appelli: offerte a 30 mila euro

Dragan, il Veneto in fila per donare

E non solo

MESTRE. E’ senza interruzione e confini la gara di solidarietà scattata a sostegno della famiglia di Dragan Cigan, l’eroe bosniaco inghiottito dal mare a Cortellazzo per salvare due bimbi.

Attraversa tutta la regione, non solo le tre province colpite dalla tragedia, ma scavalca gli stessi confini del Veneto: da molte parti d’Italia, ieri sono arrivate decine di telefonate al municipio di Roncade e a quello di San Martino di Lupari per sapere come dare un contributo e garantire così un futuro alla giovane moglie di Dragan e alle due figlie, tuttora in Bosnia.

Tanta, tantissima gente si è commossa quando ha appreso la vicenda del 31enne bosniaco, definito da più parti come «un eroe dei giorni nostri». La mobilitazione procede, ed è stimabile che anche il traguardo dei 30 mila euro sia molto vicino, a soli due giorni dall’apertura della sottoscrizione. Anzi, ora i conti correnti sono diventati tre.

(26 luglio 2007)

Solidarietà per la famiglia di Dragan


QUI I DATI PER LA SOTTOSCRIZIONE

Bertinotti: riforma elettorale, bisogna accelerare

E’ una necessità e una priorità realizzare una nuova legge elettorale. Penso ci siano le condizioni in Parlamento e credo sia necessaria una accelerazione”. Lo ha detto il presidente della Camera, Fausto Bertinotti alla cerimonia del Ventaglio.

Secondo Bertinotti, nella situazione attuale “è evidente che paghiamo il prezzo di una legge elettorale universalmente riconosciuta come inadeguata. Rappresenta una necessità e una priorità politica ed istituzionale porvi mano e penso che ci siano le condizioni per realizzare una riforma in Parlamento”. “Ritengo possibile ed alla portata del Parlamento italiano – aggiunge – l’elaborazione di una riforma elettorale adeguata che apra un circuito virtuoso nel paese e nella politica”.

Il modello tedesco da’ stabilità
Come sapete io sono un partigiano del sistema tedesco e non c’è ragione per fare alcun esercizio di ipocrisia. Io penso che il modello tedesco sia un modello efficacie e in grado di determinare stabilità e restituire ai partiti un ruolo importante” ha detto il presidente della Camera.

Più comprensione tra magistratura e Parlamento
“Bisogna ricostruire una assoluta correttezza nei rapporti tra le istituzioni. E’ necessaria più comprensione. Le istituzioni parlamentari devono dare segnali per togliere di mezzo elementi di conflitto. Bisogna evitare fraintendimenti”.

“Il rapporto tra la magistratura e la Camera dei deputati deve essere improntato alla ricerca per togliere di mezzo il conflitto in modo che la fase di transizione non sia, da nessuna delle due parti, inquinata”. Lo sottolinea il presidente della Camera, Fausto Bertinotti nel corso della cerimonia del ventaglio.

Il presidente della Camera boccia l’ipotesi che l’attuale fase politica possa essere paragonata al 1992 ma sottolinea “che attualmente viviamo una fase di transizione. La crisi di oggi è determinata da una transizione e dalla domanda di avere un esito a quest’ultima”. La soluzione per il presidente di Montecitorio è affidata al legislatore che ha “il compito fondamentale e la priorità di approvare una legge elettorale”. Bertinotti ci tiene a precisare che “le mie posizioni di questi giorni sono state improntate a mantenere o ricostruire un rapporto di correttezza nel paese perché in un momento di crisi il conflitto interistituzionale sarebbe disastroso”.

Troppi decreti-legge
“E’ del tutto evidente l’esigenza di ridurre il ricorso alla decretazione d’urgenza” ed è necessario che “i testi abbiano una loro compattezza e non si configurino come ‘omnibus'”, ha sottolineato il presidente della Camera. “Bisogna ridurre l’uso dei decreti legge al limite indispensabile: ai decreti bisogna ricorrere solo in casi in cui non si possa provvedere con la legge normale”, ha detto Bertinotti secondo cui la questione dei decreti legge “è fondamentale, ancor più del ricorso alla fiducia”.

fonte: http://www.rainews24.it/notizia.asp?newsID=72299

Walter Rossi e Renato Biagetti, uccisi dalla stessa mano fascista

Walter Rossi – 30 settembre 1977

Renato Biagetti – 26 agosto 2006

ASSASSINATI DALLA

STESSA MANO FASCISTA

VENERDI’ 27 LUGLIO ore 18.00-20.30

presso lo spazio dibattiti “Liberavoce

FESTA NAZIONALE DI LIBERAZIONE

(piazza Albania)

Ne discutono:

ADRIANA SPERA

BIANCA BRACCI TORSI

CATERINA PATTI

EMILIANO CELLI

GIOVANNI BARBERA

ROBERTO MAZZANTINI

SERGIO CARARO

TANO D’AMICO

VINCENZO MILIUCCI

Associazione “Walter Rossi”

Associazione “I sogni di Renato”

Centro Sociale Occupato EX ‘51

R.A.M.

SINISTRA 19

Coordina: CLAUDIO ORTALE

PROMUOVONO I CIRCOLI PRC-SE DEI MUNICIPI:

17° “Donini”– 18° “Ciccinelli”– 19° “Puletti”

fonte: SINISTRA 19 – Roma Nord
lunedì 23 Luglio 2007

dal sito Associazione Walter Rossi

Walter

Berardo: “Era d’agosto, agosto 1977, non sarebbe stato un agosto qualsiasi. Io, Walter, e altri compagni decidemmo di partire per la Sardegna. Avevamo voglia di ridere, di parlare, di vivere.

Con una tenda e pochissimi soldi, armati della mia inseparabile chitarra, raggiungemmo il luogo dove avevamo stabilito di passare quelli che, poi, sarebbero stati giorni che non avrei mai più dimenticato. Walter era un ragazzo meraviglioso, ricordo quando, mentendo, gli dissi di saper pescare e, preso dall’entusiasmo, per aver visto una murena, feci segno verso il suo viso puntandogli il fucile in direzione degli occhi. Walter uscì dall’acqua veloce e, facendomi segno di seguirlo in superficie, mi rimproverò con toni molto severi, ma ricchi di dolcissimo insegnamento. Come quando preparammo insieme i giorni delle autoriduzioni. Non tolleravamo l’idea di vedere buoni film con molti soldi e pessimi film a costi ridotti. E allora eccoci, in prima fila, a occupare i cinema di Roma, per far entrare tutti, a un prezzo simbolico di L. 1.000. Fu bellissimo il rapporto con la gente, felice di un’iniziativa, che dava a tutti il modo di usufruire di un buon servizio a un giusto costo. In una di queste indimenticabili esperienze io, avevo 16 anni, fui arrestato in un cinema di Trastevere. Fummo tra i primi a provare l’esperienza della galera, ma nulla cambiò, per la consapevolezza di quanto era bello ciò che facevamo. Quando fummo scarcerati Walter era lì e, ricordo, abbracciandomi mi disse: “Vedrai, servirà, non hai sprecato neanche un istante della tua vita”. Mai come oggi mi rendo conto di quanto quelle parole fossero giuste. L’estate era meravigliosa, e la sera si suonava, si cantava, ma si parlava, anche, di quello che ritenevamo, purtroppo, sarebbe stato l’ennesimo autunno caldo. Walter viveva e combatteva per una società diversa, una notte, erano le 3, mi augurò il buon riposo dicendomi: “Chissà se domani questo mondo….Ma sì buonanotte….”. Le vacanze finirono e si tornò a Roma. Era settembre, il settembre 1977. Roma ci accolse con insoliti problemi; i fascisti che sprangavano un compagno al giorno, un morto di eroina alla settimana, tanta disoccupazione e, soprattutto, quartieri presidiati da un potere, che sembrava essere invisibile ma che, di fatto, gestiva e pilotava ogni nostro movimento. Le nostre giornate le trascorrevamo a piazza Igea, dove avevamo creato l’omonimo Circolo giovanile. Vivevamo alla ricerca continua, di spazi alternativi, dove poter esprimere tutta la nostra creatività. Una sera, mentre si discuteva di tutto questo, i fascisti ci spararono, rimase in terra la compagna Elena, fu per noi l’inizio della fine, la consapevolezza di trovarci nel mezzo di una guerra che non avremmo mai potuto vincere. Ed è qui che inizia, paradossalmente, la storia di Walter. Nasce quel giorno, il 30 settembre 1977, quando, in un pomeriggio come tanti altri, decidemmo di ribellarci e di denunciare uno stato connivente e responsabile, di molte azioni a carattere squadristico e di chiara matrice fascista. Eccoci in un pomeriggio di settembre alla Balduina; Walter, io, e molti altri compagni ad esprimere la rabbia per l’ennesima compagna ferita. Ricordo che espressi a Walter alcune perplessità, ma Walter rispose di stare tranquillo in quanto c’era molta polizia e che comunque era talmente importante dare alla gente i nostri volantini per cui dovevamo rischiare, e basta. Quando salivamo, la gente leggeva i nostri volantini con la faccia di chi sembrava aver paura di esprimere un timido segno di assenso. Eravamo a poche centinaia di metri dalla sezione dell’M.S.I. Balduina ed inconsciamente la presenza di tanta polizia, fuori della stessa, ci dava un senso si protezione e di tranquillità. Oggi quell’errore di valutazione è, purtroppo, vivo nella mente di tutti. Quelle immagini così lontane, ma così vicine, hanno oggi, per me, un significato strano da comprendere, ma durissimo da vivere, il significato dell’impotenza. Ecco chi è Walter, Walter è l’amore, è la tristezza, è la solitudine, è il dubbio che per 20 anni non ha mai smesso di tormentarci. La storia di Walter è la mia storia, la storia di Walter è la storia di molte migliaia di compagni che si sono spenti in quella sera di settembre, ma che non hanno mai smesso di sperare che un giorno, un qualsiasi giorno, quel compagno di appena 20 anni, ucciso sa uno stato fascista, ci dia la capacità di capire, quanto sia importante la consapevolezza, che nessun colpo di pistola, potrà mai uccidere l’immensa forza di un grande ideale”.



Dino.
“Sono passati vent’anni….. Lo stesso numero di anni concessi alla tua vita, Walter ….. una maligna lotteria sponsorizzata dalla “strategia della tensione” il 30 settembre di vent’anni fa sorteggiò proprio te…..!!!

Ti hanno sradicato da noi per mezzo di devastante quanto fulminea violenza…. perché la vita non lo trovasse morto e la morte lo trovasse vivo….. fu questa una delle prime frasi che qualcuno scrisse fotografando il confuso sgomento che la tua inquieta assenza ci ha consegnato. Impotenza…. rabbia…. mancanza di rassegnazione e paura…. tanta paura….. ricordo queste sensazioni che dominarono la mia mente per tanto tempo…. dopo quel maledetto 30 settembre…..!!! Ora vent’anni dopo, che tante cose sono cambiate nel nostro pianeta alle soglie del passaggio da un millennio all’altro “quelli di piazza” a cui insieme alla tua famiglia sei mancato di più…. noi che abbiamo vissuto intensamente con te la brevissima parabola della tua vita lasciandoci un sapore amaro che neanche il tempo riesce ad addolcire Un ricordo senza pace: queste parole emerse dal cuore di Enrico rispecchiano in modo limpido lo stato d’animo di tutti gli altri compagni di Walter. A quel tempo tanta rabbia e la voglia di vendetta erano le uniche sensazioni che emergevano dai nostri impulsivi cuori. Ora che anche in questo paese finalmente è in piedi un processo di democratizzazione in tutti i suoi settori, cosa che è mancata fin dall’unità d’Italia noi, compagni di Walter, pretendiamo quella “giustizia” che è sempre mancata e che è stata paradossalmente il fulcro prevaricatore di tante ingiustizie in questa seconda metà del Novecento. Non ci aspettiamo di poter ridar pace a quel ricordo, nessuno può far tanto…. ma il decoroso tentativo di far luce su quei fatti volutamente oscurati per vent’anni, questo sì, lo pretendiamo con tutte le nostre forze perché senza giustizia le fondamenta della democrazia non saranno mai sufficientemente solide”.



Gigi:
“Vent’anni sono trascorsi dal barbaro assassinio di Walter. Tanti, una intera generazione. Abbiamo deciso di incontrarci, inizialmente in pochi, così, per parlare, per cercare di rinnovarne il ricordo, comandati forse da un impulso, un impeto di rabbia, per il tanto, troppo tempo trascorso che inesorabilmente trascinava quel ricordo verso l’oblio. Saranno stati proprio i vent’anni, una sorta di ricorrenza diversa per alcuni aspetti dalle altre a darci la scossa per capire cosa era possibile fare. Una cosa su tutte, dilatare al massimo le nostre forze, testimoniare e far riaffiorare la memoria di questo nostro compagno ucciso. Non è stato semplice; troppo lacerante e fortemente interiorizzato il solo riparlare di Walter per tanti di noi significava sgualcirne il ricordo, banalizzare emozioni e sensazioni forti per lungo tempo compenetrate individualmente in ciascuno di noi. Socializzare quell’esperienza ha costituito inizialmente tanta fatica, ma via via andava determinando una sorta di liberazione collettiva, come se riaffermare il ricordo di Walter ci consentisse finalmente di storicizzarlo, riconsegnando quella memoria alla sola collocazione che gli è propria, quella dei movimenti di lotta, dell’antifascismo, della ribellione verso la sopraffazione e l’egoismo. Ma a quel punto non ci bastava più, nel riaffermare la verità storica ci siamo accorti non si poteva e doveva dimenticare l’aspetto giuridico della vicenda. In una fase come quella che attraversiamo, pensiamo sia giunto finalmente il momento in cui con coraggio e rinnovati stimoli tutte le intelligenze critiche, le menti e i movimenti più sensibili si facciano carico di pungolare, ma anche richiedere aspramente, a chi ci governa attualmente, di rendere giustizia e verità, giustizia e verità a quelle persone e a quei fatti che tanto misteriosi non sono più ma che tuttora non si ha l’ardire di rendere pubblici, di sviscerare nelle aule di giustizia e nei libri di storia.

L’assassino di Walter non ha nome: noi intendiamo riaprire quelle carte, peregrinamente archiviate e vogliamo altresì che quest’impegno sia assunto istituzionalmente da rappresentanti politici invitati al convegno che abbiamo tenuto il 29 settembre a Roma. Ma parlare di Walter significava pure ripercorrere quegli anni, gli anni della nostra giovinezza, delle tensioni e del protagonismo che ci investiva, gli anni della speranza, dell’impegno in prima persona senza deleghe, delle forti idealità e del dolore. A questo punto vorremmo che l’aver aperto un confronto con tutta la sinistra istituzionale e non, possa servire da stimolo per far uscire quegli anni dalla cappa di silenzio che li ha attanagliato reinserendoli a pieno titolo nella storia di questo paese. Un confronto nel rispetto delle proprie diversità, senza reticenze e senza la necessità di arrivare a sintesi comuni, chi riesca altresì a porsi il problema di come in Italia ci siano ancora delle vite racchiuse tra quattro sbarre e altre in esilio, frutto di una anacronistica legislazione di emergenza o forse più ancora di un desiderio di vendetta in alcuni mai sopito”

Storia di un processo mai svolto

Introduzione

Millenovecentosettantasette

Roma – Settembre 1977

Inizio

Gli spari

Istanti successivi

La corsa in ospedale

La Polizia

Le indagini

Cercando la verità

La premeditazione

Il depistaggio

Gli assassini

Le armi

La copertura

La riapertura dell’inchiesta

Ingiustizia è fatta

Le date dell’inchiesta

Storia di un processo mai svolto può essere scaricato in formato zip.

fonte: http://www.associazionewalterrossi.it/

Cuba, si salvi chi può! Lettera al giornale Liberazione


Arianna e Massimiliano, due turisti italiani a Cuba

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L’Avana. 1 Giugno 2007

Se lo lasci dire, caro direttore,
che con un giornale al minimo della fogliazione, con tirature paragonabili ai giornalini di quartiere e con notizie spesso in ritardo rispetto anche al tam tam della rete, permettersi il lusso di mandare un’inviata a La Habana per un reportage di una intera pagina, dove si rimarca che Cuba non è il paradiso, ma invece un paese dove esistono più ragioni per non credere più alla società socialista che quelle per cui crederci ancora, per disilludere i nostri giovani sul mito dell’uomo nuovo proposto dal Che e per troncare ogni possibile idea che un altro mondo è
possibile.

Non è certamente una grande iniziativa politica e anche non mi sembra, giornalisticamente parlando, una grande idea, visto e considerato che già lo fanno, e da parecchio tempo, il 98% dei giornali e delle agenzie italiane.
Di come sia difficile vivere a Cuba lo sappiamo tutti, amici e nemici di Cuba, non lo nascondono nemmeno i cubani, che con la loro espressione “es una lucha” lo continuano a testimoniare giornalmente, nel fare la spesa, nel cercare di sistemare il loro alloggio, nel trasporto per andare al lavoro, per la carenza di mille cose, la voglia di partire, ecc. Non c’è bisogno di inviare nessuno, lo hanno già raccontato in tutte le salse e lo riscontriamo in molti altri paesi dove non esiste il socialismo.

Invece di raccontarci, ancora una volta, scelte e idee personali di alcuni giovani cubani, non sarebbe meglio far conoscere ai lettori di come un paese affronta le problematiche dettate dal neoliberismo e da un embargo economico da più di 45 anni?
Non sarebbe meglio raccontare che i giovani tagliatori di canna, con il riordino della produzione di zucchero e la chiusura del 50% delle Centrali (zuccherifici), invece di essere cacciati sulla strada hanno trovato un salario frequentando scuole di specializzazione agraria e tecniche sulla
lavorazione dei surrogati dello zucchero (cose da pazzi!) e che alla fine la resa produttiva è aumentata sia in temine di zucchero che di energia?

O raccontare di quei giovani che, abbandonato lo studio, sono stati avvicinati da altri giovani, operatori sociali, e stimolati a riprendere gli studi con un salario quasi pari ad un professore?
E di quelle migliaia di giovani che partono per missioni internazionaliste e, udite udite, ritornano a fronte di qualcuno che invece “evade” e che l’inviata non riesce a trovarne stime? (basta chiedere a Miami).
Perchè trattare con superficialitè indegna il tema dei cinque agenti cubani (si parla di terrorismo, di vittime…).
Davvero si vuole raccontare che la vera causa del problema casa a Cuba sono i soppalchi? (mostriamo invece il nuovo piano delle costruzioni rilanciato dopo aver ripreso la produzione di cemento e del materiale edilizio, con grande ricerca nella bioedilizia e nell’energia pulita),

Parliamo dell’emigrazione dei giovani, foraggiato attraverso le scandalose politiche migratorie degli USA, (con conseguente furto di specialisti e atleti quasi a costo zero) e del mito del consumismo..
Persino sulla vergine miracolosa, credenza pre rivoluzionaria sul modello Giulietta e Romeo, la nostra Angela riesce a trovarne punti di dissenso e critica alla rivoluzione.
Tra le molte imprecisioni dell’articolo quella che più mi ferisce è l’affermazione su Giustino Di Celmo, che conosco personalmente. Lui non è andato ad abitare a Cuba, ci abitava già da molto tempo, non è un testimonial del regime, ha solamente giurato di battersi fino alla morte per ottenere giustizia per suo figlio, e Cuba, a differenza dell’Italia, gli ha dato spazio in questa
battaglia comune, ma sembra che questo dia fastidio al nostro giornale e alla sua inviata.
Che senso ha denigrarlo, invece di appoggiarlo nella sua sacrosanta richiesta di estradizione di Posada Carriles.

Per ultimo e per la precisione, a Cuba si possono aprire i ristoranti privati, alcuni sono gestiti dalla comunità cinese (nel barrio chino), altri dalle varie associazioni di origine spagnola (galleghi, valenciani, ecc.) o da centri culturali. Molti altri sono a gestione familiare denominati paladar, se ne trovano ovunque e, cara Angela, da brava inviata dovresti saperlo, questi paladar non possono avere più di 12 posti (limitazione del regime). Avrai quindi notato che la Pizzeria Fabio è molto più grande: nemmeno al nostro caro Giustino è stato permesso trasgredire una legge cubana, infatti è un locale della catena Rumbos, a partecipazione minoritaria straniera, e nel caso della pizzeria il socio minoritario è proprio Giustino.

Censurate pure se volete, io comunque la invio a tutti i nostri parlamentari, senatori, sezioni, circoli e associazioni.
(Paolo Rossignoli
Editore)

LIBERAZIONE VERGOGNATI!
Quando la finirete di scrivere menzogne su Cuba e sugli altri paesi dell’America Latina e di portare acqua al mulino degli imperialisti ed assassini del mondo? Per queste ragioni non vi compero già da tempo e quella scritta “GIORNALE COMUNISTA” fareste meglio ad eliminarla, per non offendere la memoria di quanti veramente comunisti sono morti in nome d’ideali e per la giustizia e la dignità dei popoli.
La vostra Nocioni, per associazione d’idee, mi ha rammentato il plan bush che ha stanziato negli ultimi due anni ben 80 milioni di dollari con il fine di destabilizzare Cuba e Venezuela. Dei quali 80 milioni, 20 sono destinati a giornalisti europei per comprare le loro penne e far scrivere loro ciò che serve allo zio sam.

Abbiate il coraggio di togliervi la maschera e di confessare che oramai fate il gioco dell’imperialismo assassino ed affamatore e che del riscatto sociale ed umano di Paesi che hanno tanto da insegnarci non ve ne importa più nulla! Almeno sapremo con chi abbiamo a che fare una volta per tutte.

Perchè la vostra inviata (pagata coi soldi della collettività e dei compagni che si fanno il mazzo alle feste di liberazione!) non va a farsi un giro nelle periferie nostrane dove la disperazione e il degrado la fanno da padroni, finendola di prendersela con un Paese che pur stritolato da un
bloqueo sta resistendo da 48 anni e continua ad essere l’esempio per gli altri Paesi d’America Latina che in questo periodo stanno trovando un cammino di riscatto?

(Alma Masè, a nome del Circolo “Hilda Guevara” di Trieste – dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba)

fonte: http://www.granma.cu/italiano/2007/junio/vier1/cuba,-si-salvi-chi-puo!-lettera-al-giornale-liberazione.html

A PROPOSITO DEI METODI DI BUSH
(dal sito Digital Granma International)

Un’impresa degli USA recluta mercenari messicani per l’Iraq

L’impresa nordamericana Dyn Crop International recluta i messicani come mercenari, nel punto di frontiera di El Paso, in Texas, per poi mandarli alle frontiere dell’Iraq , ha riportato PL.

La proposta d lavoro è stata presentata sui media che si stampano in questa zona di frontiera come annuncio pubblicitario, proprio tra il Messico e gli USA, nello stato di Chihuahua.

L’impresa nordamericana offre salari sino a 11.250 dollari al mese, un’assicurazione sulla vita, bonus addizionali per 25.000 dollari e altre prestazioni civili, precisava l’annuncio.

La Dyn Crop International ha il supporto, nel momento della firma del reclutamento, di un contratto valido con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e ha già inviato 6.000 persone in Afganistan, Bosnia, Haiti e Iraq. (Traduzione Granma Int.)

Repubblica di Cuba. L’Avana Anno 11 Nro 1089
Mercoledì 25 Luglio 2007 Aggiornamento: 11:00 @709
“Anno 49 della Rivoluzione”


PRECARIATO: Quel documento non ci piace!

Il “Protocollo su previdenza, lavoro e competitività” non piace a noi Comunisti Italiani. Non ci piace perché sembra una toppa mal ricucita su un lenzuolo vecchio e liso, tanto corto da non poter avere la pretesa di coprire nessuno.

Intanto non ci piace che il protocollo sia inemendabile, un documento “prendere o lasciare” che, seppure abbia ricevuto il consenso della CISL e della UIL e della Confindustria, non ci sembra. affatto a favore dei lavoratori e non persegue quella equità sociale e quello sviluppo sostenibile che tanta parte ha occupato nello Zibaldone dell’Unione. Soprattutto, non cancella la legge Biagi, ma ingarbuglia ancor di più un mercato del lavoro che avrebbe, invece, bisogno di chiarezza e trsparenza. Alla fine, anche la Cgil ha sottoscritto l’ipotesi di accordo, riservandosi tuttavia di assumere iniziative formali nei confronti del Governo.

Basta esaminare i sei capitoli del documento per rendersi conto che “Il protocollo sul welfare è inaccettabile. Aggrava quanto è già stato fatto con la riforma delle pensioni e non cambia nulla sul tema della precarietà, anzi, aggiunge ambiguità e confusione rischiando di vanificare quel poco che è stato fatto nella lotta contro il lavoro precario. ” (Dichiarazione di Pino Sgobio, capogruppo PdCI alla Camera – Fonte Apcom 24/07).

Riguardo ai Contratti a termine e ai provvedimenti per ridurre il precariato, Diliberto sostiene:

“Ma che differenza c’è fra un rinnovo contrattuale di sei mesi in sei mesi fatto in azienda e uno con il “bollino” della Direzione provinciale del lavoro? Quel lavoratore resterà precario e per questo continuerà a essere ricattabile e a non godere dei diritti che abbiamo avuto noi e la generazione dei nostri padri”

Aggiunge, inoltre: ”Dove sono finiti i difensori a spada tratta dell’avvenire dei ragazzi e delle ragazze appena affacciatisi nel mondo del lavoro? Che cosa è rimasto della centralità del lavoro a tempo indeterminato indicata a chiare lettere nel programma dell’Unione? E’ bene che il governo si fermi, finché è in tempo. Per quanto ci riguarda, l’impegno contro il precariato deve tornare ad essere uno dei tratti distintivi della maggioranza: daremo battaglia per difendere questo principio”.

fonte: http://theobserver.splinder.com/



SALUTE: Mammografia? No, grazie!

Tutti entusiasti dello screening


L’informazione diffusa verso la società civile dai media, dai supporti informativi prodotti dai servizi sanitari, dai bollettini delle associazioni e società scientifiche e dai “guru” nazionali di riferimento, sulla miriade di rischi sanitari in costante agguato, ha probabilmente accresciuto significativamente l’ansia e l’angoscia sociale. Ne consegue che la maggior parte degli attuali consumi medico sanitari è motivata dalla speranza di diminuire o annullare questi rischi potenziali percepiti dai cittadini e la logica irresistibile, soggiacente alla promozione di questi consumi, è che quanto prima si arriva a diagnosticare una malattia, tanto più efficace sarà la possibilità di curarla e sicura sarà quindi la guarigione. Nell’opinione pubblica ricevere in anticipo una diagnosi è ormai diventato sinonimo di guarigione.

Questo assioma, vero solo per pochissime malattie e purtroppo non per tutti gli individui, potrebbe spiegare il generale entusiasmo per qualsiasi genere di screening proposto dal mercato e dai servizi sanitari.
Un recente studio mostra ad esempio che il 50% delle donne americane che non hanno più il collo dell’utero a seguito di isterectomia totale continua comunque a sottoporsi al test per la diagnosi precoce del tumore al collo dell’utero!

La qualità dell’informazione diffusa per promuovere gli screening è tale che l’81% delle donne italiane ritiene perfino che il sottoporsi regolarmente allo screening mammografico riduce o annulli il rischio di ammalarsi in futuro di tumore al seno, cosa ovviamente non possibile. Non sorprende quindi la notizia apparsa il 27 giugno del 2002 sul quotidiano di Lisbona Diario de Noticias, secondo cui quattro donne portoghesi si sono fatte facilmente convincere da un paramedico a uscire la sera a seno scoperto su un balcone al fine di beneficiare
di una mammografia “satellitare”.

L’articolo recentemente apparso sul numero di aprile della rivista a grande diffusione OK Salute dove Umberto Veronesi dà la sua ultima ricetta in fatto di screening mammografico va in questa direzione (1). Sull’efficacia dello screening mammografico nel ridurre la mortalità per tumore del seno si è detto di tutto e il contrario di tutto ma mai si parla del numero effettivo di decessi che potrebbero essere evitati e nemmeno mai si informa sugli effetti indesiderati.

Si stima che tra 1’000 donne di 40 a50 anni che fanno ogni due anni una mammografia, il numero di decessi evitati sull’arco di 10 anni (in confronto a 1’000 donne che non fanno lo screening) sia di 0,5, il beneficio sale a 1,9 decessi evitati per 1’000 donne di età tra i 50 e i 60 anni (2). E gli effetti indesiderati?

Prendendo sempre una fonte autorevole, il National Cancer Institute (3) eccone l’elenco:

sovradiagnosi, cioè il trattamento (con tutte le conseguenze del caso) di tumori “in situ” che non evolveranno (tra il 20 e il 50% dei tumori diagnosticati dallo screening)

risultati falsi positivi (concerne circa il 50% delle donne che partecipano durante 10 anni ad uno screening, 25% di esse dovrà pure sottoporsi anche ad una biopsia chirurgica)

falso senso di sicurezza (tra il 6 e il 46% delle donne con un tumore invasivo hanno sperimentato un risultato negativo alla mammografia)

cancro al seno provocato dallo screening, specialmente tra le donne che hanno iniziato lo screening in età giovane (tra 10 e 32 tumori al seno ogni 10’000 donne esposte a dosi di radiazioni cumulative di 1Sv.).

Ecco! Finalmente qualcuno saprà che ci sono anche dei cosiddetti effetti indesiderati. Sempre il National Cancer Institute valuta come “probabili” (fair) i benefici dello screening mentre qualifica come “solide” (strong) le evidenze sugli effetti indesiderati. In conclusione la decisione se sottoporsi o no ad uno screening non può essere che una scelta individuale da prendere dopo aver preso conoscenza dei benefici e dei rischi della procedura e soprattutto del rischio individuale di contrarre la malattia. Purtroppo gran parte delle scelte sono
esclusivamente fondate sulla base degli slogan del marketing promosso da coloro che vivono e prosperano sugli screening e che non hanno nessun interesse a dare un’informazione completa e onesta.

A dimostrazione basta leggere gli opuscoli di propaganda prodotti dai servizi dove non si trova nessuna informazione quantificata dei benefici e nemmeno dei rischi che sono generalmente sottaciuti.

Due riflessioni per concludere.

La prima nasce dalla rilettura sul New England Journal of Medicine dell’articolo che mostrava come, in soggetti deceduti per incidenti stradali o altri traumi, la prevalenza all’autopsia di alcuni tumori “in situ” supera di gran lunga la prevalenza clinica: il tumore al seno in donne da 40 a 50 anni raggiunge il 39%; quello alla prostata in uomini dai 50 ai 70 anni il 46%. Vi è dunque una buona fetta di cancri che rimane silente e non avrà nessuna rilevanza clinica: non è difficile immaginare cosa comporterebbe, anche solo in termini di inutile ansia e angoscia, la disponibilità di una tecnica in grado di identificare ciascuna cellula cancerosa.

La seconda riflessione è suggerita dalla letteratura classica. Un cavaliere, racconta Ludovico Ariosto nell’Orlando furioso, era avvezzo, al termine dei banchetti, invitare gli ospiti a sottoporsi a quello che oggigiorno si chiamerebbe un test predittivo: la prova consisteva nel vuotare un gran bicchiere colmo di vino senza distogliere la bocca dal calice. Se qualcuno si sbrodolava, ciò significava che la sua donna gli metteva le corna. Stranamente, dice l’Ariosto, i commensali, forse già ben avvinazzati, con gioia facevano a gara nel sottoporsi a tale prova. Molti si sbrodolavano e allora il loro animo da gioioso si mutava in tetro e ansioso.
Rinaldo ha già il calice in mano e sta per accettare la prova, ma ci ripensa e decide di non farla, dicendo: “Ben sarebbe folle che quel che non vorrai trovar, cercasse. Mia donna è donna, et ogni donna è molle: lasciàn star mia credenza come stasse. Sin qui m’ha il creder mio giovato, e giova: che poss’io megliorar per farne prova?”

professor Gianfranco Domenighetti


(1) la rivista OK Salute non è disponibile on-line. Vedi tuttavia il sito di Tempo Medico per un approfondimento

(http://www.tempomedico.org)

(2) Cliccando si arriva all’articolo di Barratt et al pubblicato il 23 aprile 2005 sul British Medical Journal

(http://bmj.bmjjournals.com/cgi/reprint/330/7497/936?maxtoshow=&HITS=10&hits=10&RESULTFORMA

T=&author1=barratt&andorexactfulltext=and&searchid=1&FIRSTINDEX=0&sortspec=relevance&resourc

etype=HWCIT)

(3) Cliccando si arriva direttamente all’elenco degli effetti dello screening mammografico sul sito del

National Cancer Institute (http://www.cancer.gov/cancertopics/pdq/screening/breast/HealthProfessional)

Il Tamigi cresce e minaccia Oxford

Mentre l’Italia brucia (524 incendi: “Terrorismo ambientale”), e altrove avvengono terremoti (Forte sisma in Indonesia) in Inghilterra invece si rischia di affogare..

MALTEMPO IN GB

Il Tamigi cresce e minaccia Oxford
Inondazioni, sfollate 350mila persone

Allarme in Inghilterra per le forti piogge. Il Tamigi è uscito dagli argini nella notte e sono a rischio le località di Reading, Henley e Windsor

maltempo Londra, 25 luglio 2007La città di Oxford è l’ultima in ordine di tempo ad essere minacciata dalla crescita del livello delle acque del fiume Tamigi, a causa delle forti piogge che hanno causato negli ultimi giorni allagamenti e inondazioni nel centro-sud della Gran Bretagna. Le autorità locali hanno reso noto che circa 250 persone hanno abbandonato volontariamente le loro abitazioni nella famosa città universitaria durante la notte per la piena del fiume, mentre al momento sono circa 2.000 i residenti che hanno trovato rifugio allo stadio.
Squadre di soccorso e di vigili del fuoco sono al lavoro per garantire l’elettricità nel centro cittadino e in alcuni ospedali, ma non è esclusa la possibilità di black out.

Il Tamigi è uscito dagli argini nella notte e sono a rischio le località di Reading, Henley e Windsor. A causa delle inondazioni dei giorni scorsi, circa 350 mila persone sono ancora senza acqua potabile nel Gloucestershire. La responsabile dell’Ambiente, Hilary Benn, ha definito la crisi «la peggiore inondazione degli ultimi 60 anni». La regina Elisabetta si è detta «commossa e profondamente colpita» per la devastazione. Intanto, le previsioni meteo annunciano ancora forti piogge nei prossimi giorni nel centro del Paese.

fonte: http://qn.quotidiano.net/2007/07/26/26849-tamigi_cresce_minaccia_oxford.shtml

Armonia nella mente

STRUMENTI: MUSICOTERAPIA.

Se l’argomento vi interessa e ritenete che altri file di questo genere possano rivelarsi utili, fatecelo sapere. Ne possiamo mettere online diversi altri.
mauro

Demo #A1

Questo file MP3 demo che vi proponiamo rappresenta un esemplare di
“Sistema Verbale di Rilassamento”.

Si tratta di un eccezionale file MP3 (durata 10′ – 4,6 Mbytes), che racchiude in sé delle sonorità , dei battiti binaurali, delle induzioni doppie e una musica di sottofondo, appositamente studiati per indurre la massima armonia nella mente e nelle cellule nervose.
La voce maschile, che guida l’intera seduta di rilassamento, e’ adatta e calda, e professionale.

COME ASCOLTARE IL FILE

  • Trovate un posto comodo, dove nessuno vi disturberà e dove potrete restare tranquilli

  • Riducete la luce e create un’atmosfera calma.

  • Allentate tutti gli indumenti che vi stringono.

  • Scegliete una posizione comoda.

  • Utilizzate, se possibile, una cuffia stereo.

Inizialmente, vi consigliamo di compiere l’esercizio, ascoltando il file MP3, per due volte al giorno, sì da apprenderne bene la sequenza; in seguito, proseguite, pure, da soli, senza alcuna voce guida, con il vostro metodo ed i vostri ritmi personali.


HackRelax.mp3 (10′ – 4,6 Mb) download

Il brano contenuto nel file “HackRelax.mp3” e’ Copyright (C) 2001 Migliorati.org
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