Archivio | aprile 2012

PRIMO MAGGIO – Licenziare per assumere. Geniale


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Licenziare per assumere. Geniale

Alcune riflessioni sul dibattito in corso su garanzie, licenziamenti, disoccupazione, ecc…

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di Angelo Tirrito

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Altre volte mi sono occupato del mercato e del falso anelito alla sua separazione dallo Stato, per la quale fingono di battersi tutti i liberisti di questo mondo, italiani compresi, che dimostrano il massimo accanimento “scientifico” al punto di esecrare il povero J. M. Keynes reo di immaginare lo stato come investitore capace, non tanto di generare argini diretti alla prevenzione delle crisi, quanto a mettere in moto meccanismi per contribuire a risolverle.
Negli ultimi tempi ero, però, costretto ad un certo imbarazzo. Non potevo non tenere conto di come, nel governo fosse, pesantemente presente, un personaggio che, per difendere se stesso dall’attenzione giudiziaria, lasciava che nel mercato giocassero liberamente anche le forze capaci di imporre i propri interessi: monopolisti, falsificatori di bilanci, corruttori e mafiosi compresi.

In questo quadro l’attacco all’art. 18 sembrava, più che altro, non tanto il frutto di un pensiero che avesse un qualche senso economico ma, piuttosto, della volontà di discreditare i sindacati.

Già la lettera dell’agosto 2011 dell’ Europa all’Italia in cui si tirava in ballo anche l’art. 18, aveva suscitato in me qualche apprensione, ma confesso di averla sottovalutata essendo questa parte confusa tra altre più gravide di conseguenze immediate.

Oggi al vertice del governo c’è un competente uomo del mercato. Dovremmo, quindi, dibattere su proposte di interventi, che nel rispetto di tutte le leggi, trovino la loro ragion d’essere in progetti di rilancio dei fattori produttivi, tra cui il lavoro, per assicurare il benessere per tutti. E data la alta considerazione nazionale ed internazionale che lo circonda insieme con tutti i ministri, ci sarebbe da aspettarsi di non essere presi in giro.

Ma ecco. di nuovo, l’eliminazione dell’art. 18. Bisogna licenziare per assumere. Soprattutto i giovani!

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Dieci domande

Nell’introduzione all’opera in questione Non si definisce a che tipo di umanità apparterranno i licenziati. Tutto lascia prevedere che saranno i meno giovani. I quali, comunque, verranno assunti da altre aziende che nasceranno nel clima di rilancio del lavoro che i competenti sapranno realizzare. (ci ritornerò)
A questo punto chiunque fosse fornito di un minimo di logica dovrebbe porsi e porre alcune domande tipo le dieci che Repubblica poneva a Berlusconi.

  1. a quanti anni si acquisisce il diritto ad essere licenziati senza un perché? (ex Art. 18)
  2. quelli, comunque, licenziati con un perché, potranno essere assunti da altre aziende?
  3. i giovani per i quali i padri sono stati licenziati, quando arriveranno alla stessa età potranno, a loro volta, “godere” del licenziamento cosicché non correranno il pericolo di annoiarsi?
  4. visto che i licenziati verranno assunti da altre aziende, perché queste altre aziende non assumono direttamente i giovani?
  5. avendo, in grande fretta, cambiato il sistema pensionistico, i contributi versati dal lavoratore, che dopo anni di servizio hanno raggiunto maggiori importi mensili che permetterebbero pensioni proporzionate, verranno rispettati negli importi precedenti dalla azienda che li assume o saranno, con grave danno, calcolati ex-novo come per nuovi assunti?
  6. e nel periodo nel quale si è in attesa di un nuovo lavoro, chi verserà i contributi per le pensioni?
  7. non verrebbero più versati? e se dovessero versarli i lavoratori, su che importi verrebbero calcolati? sui precedenti emolumenti o su quelli che si percepirebbero come indennità di disoccupazione con conseguente riduzione della pensione? E la quota che precedentemente era a carico del datore di lavoro, da chi sarà versata?
  8. in questo secondo caso perché, senza colpa per il licenziamento subito, un lavoratore dovrebbe vedersi ridotto l’importo della pensione?
  9. poiché il licenziamento sarà disposto per procurare un beneficio all’ azienda, nel caso questa lo realizzasse, non sarebbe pure merito del lavoratore che ha contribuito a quei benefici prima col suo lavoro e poi col suo licenziamento?
  10. e se malgrado il licenziamento l’azienda fallisce, non sarebbe equo che i responsabili pagassero in qualche modo?

Ritengo che la ragione per cui si vuole eliminare l’art. 18 sia ben diversa e sia, come sempre, la sfrenata volontà del controllo assoluto del lavoro, facile ad ottenersi imponendo e gestendo la miseria, che non è solo quella economica, perché se fosse solo quella la ribellione sarebbe immediata.

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Creare il lavoro?

La miseria, senza spazi di rivolta, (non necessariamente sanguinosa) è quella che distrugge ogni certezza e speranza per il presente e per l’ avvenire. E quella minima speranza per il futuro non può che nascere, per un lavoratore subordinato, dal fare il proprio dovere sul lavoro.
E che fine fa, nei confronti dei lavoratori, il famoso “merito” che “gli uomini del mercato” esaltano come unico elemento discriminante?
Come può esservi per un operaio, per un impiegato, per un lavoratore subordinato, un elemento fondamentale di valutazione diverso dall’esperienza acquisita, nel tempo, sul lavoro?
Si può valutare il merito di un lavoratore se il tempo diventa, invece, il motivo della perdita del suo lavoro?

Ma torno al rilancio dell’economia che realizzeranno questi tecnici. Lo dicono dovunque e in tutte le lingue. Bisogna creare lavoro! Creare lavoro? Ma che bisogno c’è di crearlo il lavoro?

Questi signori sono mai stati negli ospedali, nei pronto soccorso? sanno delle scuole con aule di 35 alunni, dello stato del nostro territorio, della situazione degli anziani, della mancanza quasi totale degli asili nido, dell’età media e della mancanza di personale nei tribunali, del degrado delle nostre città e delle nostre campagne ecc. ecc.
Ma con tutto il lavoro che c’è da fare che bisogno c’è di andarselo ad inventare? Ma qualcosa l’ hanno inventata!

Lustrando le loro grandi competenze hanno appena varato, nel decreto per la crescita, l’inventiva di Società a r. l. con capitale di un euro, da fondarsi da parte di giovani. Poiché, malgrado l’inventiva, per amministrare una qualunque azienda occorrono alcuni minimi investimenti come: contratti luce, gas, telefono, scaffalature, computer, cauzione per l’affitto ecc. per un importo, supponiamo, di 5.000 euro, il bilancio della società sarà di 1 euro di capitale e 4.999 euro di debito. Quale banca darà un fido e quale fornitore la merce? Inventiamoci pure che, commossi dalla buona volontà dei giovani e del governo, banche e fornitori diano ciò di cui si ha bisogno; i prezzi di vendita di questa nuova società non possono essere che superiori a quelli delle società più grosse e più capitalizzate presenti nel mercato. Le nuove società dei giovani saranno quindi società “marginali” che permetteranno alle altre società del mercato di aumentare i prezzi di vendita fino ad allinearli, quasi, a quelli delle società marginali.

Mettere in moto meccanismi che giochino a favore di aumenti dei prezzi per chi sono un aiuto? per i consumatori? E creare strutture che dilapidino velocemente i pochi risparmi dei padri e dei nonni (i veri finanziatori di quei giovani che apriranno quelle società) sarà un fattore di crescita e di coesione sociale?

Angelo Tirrito

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Sul bus appare la scritta «Onore al Duce». L’Atac apre un’inchiesta / Una lapide per ricordare il Duce: Vergogna a Giulino di Mezzegra

Sul bus appare la scritta «Onore al Duce»
L’Atac apre un’inchiesta/Foto

Un blogger pubblica la foto e chiede all’azienda un intervento. Non solo gli autisti, anche i benzinai sono nostalgici: sull’Appia al posto del costo della benzina “Duce a noi”

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ROMA – “Onore al Duce”. E’ la scritta che compare sul display di un bus pubblicata sul blog Nonleggerlo.blogspot.com. Il blogger ha segnalato la foto sul profilo Twitter dell’Atac e l’azienda poco dopo ha risposto: «Subito attivate indagini interne per identificare il responsabile del grave atto e per eventuali sanzioni disciplinari» (il messaggio). Dopo qualche secondo un nuovo post: «Se il gesto configurasse reati penali di fuori stretto ambito aziendale informeremo l’autorità giudiziaria». Poi, in un comunicato ufficiale, l’azienda ha spiegato che il bus si trovava nella rimessa di Acilia.

Il Pd: è il frutto dello scandalo parentopoli. «Con Alemanno in Campidoglio, lo scandalo Parentopoli ha portato in Atac all’assunzione senza concorso e a tempo indeterminato di migliaia di simpatizzanti ed estremisti di destra. La scritta ‘Onore al Duce’ su un display dell’autobus Atac non è altro che il risultato del malgoverno e della sciagurata e faziosa gestione in cui Alemanno ha fatto precipitare non solo le aziende comunali, ma tutta la città. Se i fascisti con Alemanno si sentono padroni della città (e anche dei suoi autobus), un motivo ci
sarà». Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli.

Anche i benzinai sono nostalgici. Il 25 aprile, invece, su Twitter, è stata postata un’altra foto nostalgica: sul display di una pompa di benzina in via Appia Nuova un benzinaio al posto del costo del carburante ha scritto “Duce a noi” e “Duce duce”. La foto era stata pubblicata sul profilo twitter del giornalista Isaac Tesfaye.

Ecco la foto

Benzinai nostagici

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Una lapide per ricordare il Duce
Vergogna a Giulino di Mezzegra

Nel Comasco sindaco (leghista) e parroco partecipano a una celebrazione fascista nel giorno e nel luogo della fucilazione di Mussolini e Petacci

Mussolini
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Di Massimo Franchi

30 aprile 2012
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Fascisti vivi e vegeti nel Comasco. Con perfino un prete a benedire loro e la lapide nel luogo dove furono fucilati Benito Mussolini e Claretta Petacci del 28 aprile del 1945.. È successo ieri a Giulino di Mezzegra. A sessantasette anni esatti dalla sentenza di morte decisa dal Comitato di Liberazione Nazionale, la sedicente Unione nazionale combattenti della Repubblica sociale italiana ha pensato bene di celebrare la memoria del (loro) Duce e della sua amante con un cippo di marmo che raffigura un libro aperto con le due effigi in cui Mussolini e la Petacci sono ritratti in abiti civili.
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Si tratta del secondo tentativo, visto che anni fa gli stessi fascisti appesero una croce nera con il nome del duce sul vicino muro della casa dove Mussolini e la Petacci trascorsero l’ultima notte. In corteo, con una bandiera tricolore con al centro un’aquila, circa duecento nostalgici vestiti quasi tutti con la camicia nera hanno raggiunto il luogo, e quando è stato chiamato ad alta voce il nome di Benito Mussolini, hanno risposto tre volte “Presente”, facendo il saluto romano. Dopo il “silenzio” intonato da un ex bersagliere, la lapide è stata benedetta da don Luigi Barindelli, parrocco di Mezzagra, che quest’anno non ha celebrato la messa per i reduci della Repubblica sociale per l’anniversario della morte di Mussolini.
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La manifestazione è stata organizzata anche per celebrare il centesimo compleanno di Mario Nicollini, un reduce della Rsi, che ogni anno il 28 aprile organizza la commemorazione del duce. Proprio Nicollini, che ieri non era presente, ha inviato un messaggio nel quale si è detto felice che sulla lapide ci sia anche la fotografia della Petacci. L’iniziativa è stata avallata dal sindaco del paese, la leghista Claudia Lingeri con l’incredibile motivazione che «la lapide non fa riferimenti espliciti all’epoca fascista». Lo stesso sindaco ieri era presente alla celebrazione. All’Anpi, l’Associazione dei partigiani, che aveva chiesto di mettere sulla strada, al posto del cartello piuttosto ermetico che indica semplicemente “Fatto storico 1945”, un’indicazione più esplicita del luogo che ha segnato la fine della dittatura fascista, l’amministrazione comunale ha risposto “No” con la scusa di questioni formali, legate alla cartellonistica stradale e al fatto che l’indicazione rientra in un percorso tra i luoghi che hanno segnato la fine del fascismo voluto dall’amministrazione provinciale. Sabato invece a Lecco, sul luogo della fucilazione di 16 tra ufficiali e sottufficiali della Rsi, alla cerimonia ha partecipato anche il consigliere comunale del Pdl Giacomo Zamperini, che ha ceduto alla tentazione di fare il saluto romano. oltraggio nel Bergamasco Di tutt’altro segno anche le commemorazioni in un altro paesino lombardo. A Schilpario, nel Bergamasco, è stato ricordato l’«Eccidio dei Fondi», 12 partigiani uccisi in un’imboscata dai fascisti della Tagliamento.
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Nella chiesetta di Santa Barbara è stata celebrata una messa, con i ragazzi delle scuole che hanno portato sull’altare un lumino per ogni partigiano ucciso. Ma in quello stesso giorno di 67 anni fa, 43 militari della stessa Legione Tagliamento vennero uccisi a Rovetta in un’azione le cui responsabilità sono ancora discusse. E per ricordare il fatto ogni fine maggio arrivano in paese reduci repubblichini e nostalgici neofascisti. Per questo nei giorni scorsi un gruppo locale aveva distribuito nelle cassette postali un dvd per ricostruire i fatti. La replica dei nostalgici non si è fatta attendere con due striscioni affissi in paese: uno sul municipio («Quegli eroi che hai massacrato sono ancora qua»), uno al parco vicino al cimitero («Onore e gloria»). Entrambi, per fortuna, sono rimossi dalla polizia locale.
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Allarme Onu: In Italia disoccupazione al 9,7% Ma il dato reale potrebbe essere anche peggiore / Istat, benzina ad aprile +20,8%: è record


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Allarme Onu: In Italia disoccupazione al 9,7%
Ma il dato reale potrebbe essere anche peggiore

I dati dell’Ilo allarmanti: i Neet salgono a 1,5 milioni
«L’austerity può alimentare ulteriormente il ciclo di recessione»

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MILANO – Campanello d’allarme da parte delle Nazioni unite sulla situazione del lavoro in Italia. L’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), l’agenzia Onu che si occupa, appunto, di lavoro, nella sua scheda sull’Italia, evidenzia un crollo del mercato del lavoro con un tasso di disoccupazione, nel quarto trimestre 2011, del 9,7%, il più alto dal 2001. Ma la stessa Ilo evidenzia che «il tasso reale potrebbe risultare superiore poiché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250.000 lavoratori in cassa integrazione». Inoltre, è «allarmante» la situazione per i Neet (acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training: persone che non studiano, lavorano o sono in formazione) e per i giovani: la disoccupazione giovanile risulta infatti pari al 32,6%, più che raddoppiata dall’inizio del 2008. I lavoratori che non cercano più lavoro hanno raggiunto il 5%, e i Neet sono 1,5 milioni, mentre i disoccupati di lunga durata rappresentano il 51,1% dei disoccupati totali.

I PART-TIME E I TEMPI DETERMINATI – Dall’inizio della crisi l’occupazione a tempo parziale o determinato è cresciuta fino ad arrivare rispettivamente al 15,2% e al 13,4% del totale. Ilo evidenzia, però, che il 50% del lavoro a tempo parziale e il 68% di quello a tempo determinato (cioè le antitesi del posto fisso) non sono frutto di una scelta dei lavoratori.

L’AUSTERITY AUMENTA LA RECESSIONE – Nel suo rapporto generale, quindi, l’Ilo non manca di sottolineare come le recenti misure di austerità rischino «di alimentare ulteriormente il ciclo di recessione e di rinviare ancora l’inizio della ripresa economica e il risanamento fiscale». Infatti, la ripresa viene frenata dalla contrazione del consumo privato e che «tale contrazione è aggravata dal fatto che gli stipendi crescono meno velocemente rispetto all’inflazione». Il debito pubblico – sottolinea l’Organizzazione internazionale del lavoro – «è schizzato dal 103% del Pil nel 2007 al 120% nel 2011. A seguito dell’aumento dei tassi di interesse nazionali sono anche sorti dubbi sulla tenuta delle finanze pubbliche. Per ridurre il deficit, il governo ha aumentato la pressione fiscale che dovrebbe raggiungere il 45% nel 2012. Queste misure di austerità rischiano di alimentare ulteriormente il ciclo della recessione e di rinviare ancora l’inizio della ripresa economica e il risanamento fiscale».

202 MILIONI DI DISOCCUPATI NEL MONDO – Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, infine, nel 2012 la disoccupazione nel mondo colpirà 202 milioni di individui proprio a causa dei contraccolpi delle misure di austerità messe in atto in diversi Paesi. Nel 2013 il tasso mondiale sarà del 6,3%.

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Istat, benzina ad aprile +20,8%: è record
E il carrello della spesa sale del 4,7%

I calcoli su base mensile parlano del 3,1% per i carburanti e del 0,5%, il massimo dal 2008, per i generi di consumo

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MILANO – La spesa degli italiani costa sempre di più e non serve certo l’Istat per capirlo. Ma l’Istituto di statistica lunedì ha quantificato l’aumento per il mese di aprile e le cifre sono sicuramente sconfortanti. Partendo dal prezzo della benzina, nel mese che si sta chiudendo il prezzo su base annua è aumentato del 20,8%, in forte accelerazione rispetto al 18,6% di marzo, e su base mensile il rincaro è stato del 3,1%. In pratica, l’Istat ha sottolineato che il rialzo tendenziale è il più alto almeno dal gennaio del 1996, cioè da quando sono disponibili
le serie storiche. Il prezzo del gasolio segna, invece, un rialzo su base mensile dello 0,9% e cresce su base annua del 20,5%, in flessione rispetto al 22,5% del mese precedente.

IL CARRELLO DELLA SPESA – L’aumento della benzina non può far altro che riflettersi su tanti altri prodotti. Mediamente, il cosiddetto carrello della spesa, cioè i prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo allo stesso carburante), è salito del 4,7%: un valore superiore al tasso d’inflazione, fermo al 3,3% (stabile sia rispetto a marzo sia rispetto a febbraio), che è il più alto da settembre 2008. Su base mensile i prezzi sono saliti dello 0,5%.

686 EURO A FAMIGLIA – Traducendo le percentuali in euro, una famiglia di tre persone spenderà 635 euro in più all’anno, e una di quattro 686 euro. Lo sottolinea il Codacons in una nota: «È evidente che aumentare ad ottobre l’Iva (dal 21 al 23%, ndr) significherebbe una ulteriore spinta sui prezzi già alle stelle». Secondo l’organizzazione dei consumatori, infatti, «l’effetto sull’inflazione sarebbe variabile tra l’1,32% e l’1,74%, a seconda che scattino anche gli arrotondamenti e le speculazioni». Il Codacons quindi propone «a Monti che nel consiglio dei Ministri di oggi siano subito attuati alcuni tagli agli sprechi della politica, eliminando ad esempio le comunità montane, ente ancora più inutile delle province, ed abolendo i consigli di amministrazione delle partecipate degli enti locali, e che sia introdotto il principio di commisurare le detrazioni fiscali al reddito dichiarato, in modo che, ad esempio, non siano concesse a chi dichiara di guadagnare oltre 75.000 euro».

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«Non posso più dare l’assegno a mamma». Portiere 56enne si impicca in casa a Napoli. Aveva ricevuto lettera di licenziamento

«Non posso più dare l’assegno a mamma»
Portiere 56enne si impicca in casa a Napoli
Aveva ricevuto lettera di licenziamento

Divorziato, aveva due figli. Nei prossimi mesi avrebbe dovuto lasciare la casa dove viveva. La folla urla: «Colpa della crisi»

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NAPOLI – Aveva ricevuto una lettera di licenziamento e, nei prossimi mesi, avrebbe dovuto lasciare la casa dove viveva: c’è, forse, tutto questo dietro il suicidio di un portiere, a Napoli. L’uomo, 56 anni, si è ucciso, impiccandosi, nella sua abitazione di corso Garibaldi.

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Crisi depressive. Il portiere, che lavorava in uno stabile di corso Garibaldi, era divorziato e aveva due figli. Ai condomini era sempre apparso come una persona dal carattere forte. Ultimamente, però, G.C., 56 anni, anche a seguito della morte di sua madre, nonché della separazione dalla moglie, sembra soffrisse di crisi depressive. Pare che l’uomo vivesse la sua vita in solitudine, poche o addirittura nessuna amicizia, solo lavoro e casa. Da due giorni non si vedeva in giro e stamattina non era al suo posto in portineria. La sua assenza ha insospettito i condomini che hanno dato l’allarme alla polizia. L’uomo non avrebbe lasciato biglietti per motivare il suo gesto.

«Non posso più dare l’assegno a mamma». «Dite a mamma che non posso più passarle l’assegno…». Queste, secondo gli investigatori le ultime parole del portiere dette al telefono con uno dei due figli che vive al Nord, con l’altro fratello e con la madre, poco prima della decisione di togliersi la vita. Secondo quanto si è appreso, sabato scorso, dopo aver chiuso la portineria l’uomo si è suicidato.

Casa in vendita. Nel prossimo ottobre avrebbe dovuto lasciare l’alloggio da portiere in cui abitava. Giorni fa, però, i proprietari avevano fatto un sopralluogo per metterla in vendita, facendogli forse presagire un anticipo del suo allontanamento e forse anche questo ha inciso sulla sua decisione. Fonti investigative riferiscono, che l’appartamento nel quale si trovava era di proprietà di una agenzia immobiliare fallita tempo fa. La stessa agenzia è proprietaria di altri depositi situati nella zona della stazione centrale. Dopo il fallimento il tribunale ha nominato un curatore fallimentare.

Senza lavoro e senza casa. Ancora qualche mese e il portiere avrebbe dovuto lasciare l’appartamento ma anche il lavoro avendo ricevuto lo scorso anno una lettera di licenziamento. Secondo quanto si è appreso si sarebbe tolto la vita sabato scorso ma soltanto oggi gli inquilini del palazzo, temendo che gli fosse accaduto qualcosa, hanno chiesto l’intervento della polizia che ha fatto la scoperta.

La famiglia. La polizia ha rintracciato i due figli (vivono al Nord) e la moglie, uno dei due si è già messo in viaggio per venire a Napoli mentre un fratello della vittima vive nel quartiere di Poggioreale.

La folla urla: «Colpa della crisi». Una folla di curiosi, gente del quartiere, qualche passante ha assistito mentre la mortuaria portava via il corpo di G.C.. Qualcuno ha fatto il segno della croce, altri hanno urlato che la responsabilità è della situazione economica che coinvolge tutti, riscuotendo il consenso di altri passanti che hanno applaudito.

Suicidio al Vomero. Solo pochi giorni fa al Vomero, quartiere collinare della città, un immobiliarista 52enne, Diego Peduto, si è suicidato dopo aver ricevuto una cartella di Equitalia.

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LA NUOVA GRANDE DEPRESSIONE. IN GERMANIA CODA PER POSTI FULL-TIME A 260 EURO/MESE. PRESTO IN ITALIA


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LA NUOVA GRANDE DEPRESSIONE. IN GERMANIA CODA PER POSTI FULL-TIME A 260 EURO/MESE. PRESTO IN ITALIA

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DI GIUSEPPE SANDRO MELA*

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Ci sono molti validi motivi per ritenere che la gente comune non abbia ancora capito l’immane portata devastante della Nuova Grande Depressione, né quella della svolta epocale cui sta andando incontro l’Occidente.

Non se ne rimane stupiti, e si deve ancora un volta constatare quanto sia inutile cercare di spiegare qualcosa a chi non ci sia già arrivato da solo. I cascami ideologici offuscano tuttora le menti al punto tale di impedire la corretta percezione di quanto sta accadendo e della sua portata. Eppure di segnali c’é solo l’imbarazzo della scelta. Eccone uno, molto significativo.

Il fatto.

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Vitto e alloggio gratuiti (camera)

La famiglia paga un abbonamento mensile per il trasporto pubblico

La famiglia paga i costi dell’assicurazione sanitaria, per infortuni e responsabilità civile

La partecipazione al costo per il corso di lingua, previo comune accordo

Durata del soggiorno è di solito 12 mesi

Sì, avete letto bene. Le assunzioni di personale au-pair in Germania sono regolate dallo Stato Federale secondo lo Statuto „Gütegemeinschaft Au Pair E.V.“. Trenta ore di lavoro al giorno (di lavoro tedesco [N.d.A.]) consistente nel fare tutti i lavori domestici, ivi compresa la cucina, e sorveglianza dei bambini. Vitto ed alloggio gratuito, un giorno e mezzo libero ogni settimana e 28 giorni di ferie annuali, assicurazione sanitaria, per infortuni e responsabilità civile a carico del datore di lavoro. Ed il tutto per:

260 (duecentosessanta)

Euro al Mese.

E la gente fa la fila per questi posti.

Ma non sono marocchine, cingalesi, albanesi o rumene. Sono fior di laureati con il dottorato di ricerca e master conseguiti in una Patria martirizzata dagli esiti esasperati ed esasperanti della implosione della “società dei diritti“. Per garantire i “diritti precostituiti” che la generazione che li ha preceduti si è arrogata, e che tuttora se li gode alla grande, i giovani sono costretti ad emigrare e la fame li obbliga ad accettare condizioni del genere, benedicendo il cielo di aver superato una severa prova di selezione.

Il caso personale.

La Frankfurter Allgemeine riporta ieri il caso del dr. Víctor Marí Cervera.

D. Signor Víctor Cervera Marí, che cosa sei venuto a fare qui in Germania?

R. La crisi in Spagna. Ho studiato biologia con specializzazione in biochimica a Valencia e stavo lavorando come ricercatore. Ma a causa della crisi, non c’erano posti di lavoro nei laboratori scientifici o delle imprese.

D. E poi, sei arrivato qui per lavorare come au pair?

D. No, ho conseguito un master per insegnare biologia e chimica. Ma non ci sono più posti liberi per insegnanti in Spagna. Non c’era nessuna possibilità per me, anche se ho una buona votazione. Le uniche cose che mi avrebbe potuto aiutare sarebbero state delle raccomandazioni. Ma non ne ho.

D. Ma non aveva avuto modo di sapere che la situazione sarebbe stata così grama quando ha iniziato il master?

D. Non sembrava essere la situazione per gli insegnanti. Le scuole in Spagna mancano di insegnanti di biologia. E negli ultimi anni sono stati ancora assunti.

D. Quando ti è venuta l’idea di scappare?

D. Subito dopo la laurea. Lasciare la Spagna per imparare una lingua. Avrei dovuto aspettare un anno perché mi avevano prospettato un assegno di ricerca. Ma ero certo che volevo andare via. Ho 26 anni e non voglio perdere altro tempo.

D. E come ti senti tu, che sei un accademico, a sentirti equiparato ad una au pair?

R. Volevo trovare un modo per imparare la lingua, poi, magari, farò un concorso in Germania come insegnante o in laboratori di ricerca.

D. Non percepisci che il lavoro come au pair è sotto la tua dignità?

R. Ma, naturalmente sì. Ma poi arriverò a conoscere qualcuno qui in Germania, quindi evito il problema per ora. Ho avuto un po’ di vergogna all’inizio. Ma io vedo la “ragazza alla pari” come un trampolino di lancio per imparare la lingua e trovare lavoro. Mi piace anche il lavoro. Ha molto a che fare con l’educazione. Amo l’educazione. Il lavoro è una buona preparazione per la professione di insegnante.

D. Hai già fatto qualche domanda per le scuole?

R. Sì, e non sembra andar male. Sono d’accordo con la famiglia che mi ospita che potrei andarmene, se trovassi un buon lavoro. La famiglia che mi ospita può ottenere rapidamente un sostituto, penso, anche tra le masse di studiosi spagnoli.

D: Perché?

R. Quando la signora che mi ospita stava cercando qualcuno, mise un’offerta su un sito web internazionale au pair ed ottenne rapidamente 30 richieste provenienti dalla Spagna: avvocati, architetti, ingegneri.

….

Considerazioni.

Questa é la situazione. E’ inutile cercare di non vederla. Questo posto da 260 Euro al mese era ambito da trenta laureati: architetti, avvocati, ingegneri disposti a fare la “ragazza alla pari” pur di sopravvivere, di cercare di non morire di inedia e di fame.

Ci sono persone che hanno capito l’aria che tira e cercano di darsi da fare, anche per 260 Euro al mese. Ce ne sono altre che invece rimangono a marcire a casa, senza far nulla, in attesa di chissà cosa. Forse hanno ancora la pancia troppo piena.

Però adesso si ripropone in modo sempre più drammatico questo quesito:

Risponde a giustizia che la nuova generazione subisca questo trattamento, perché

chi gode di stipendio statale o di pensione ha un “diritto precostituito”?

 

Ma esistono i “diritti precostituiti”?

 

Ma che razza di padri siamo a trattare così i nostri figli?

* Link all’originale: http://www.rischiocalcolato.it/2012/04/la-nuova-grande-depressione-in-germania-coda-per-posti-full-time-a-260-euromese-presto-in-italia.html

Per Beppe Grillo la politica strangola, Cosa nostra no. Fava: “Parole da mafioso “


Pubblicato in data 30/apr/2012 da

Per Beppe Grillo la politica strangola, Cosa nostra no. “Parole da mafioso “

L’uscita del comico genovese durante un comizio di Palermo. Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione vittime della strage di Firenze ricorda che “i boss strangolarono il piccolo Di Matteo”

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di Giuseppe Pipitone | 30 aprile 2012

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Ha lasciato l’amaro in bocca a parecchie persone l’ultima esibizione di Beppe Grillo per le imminenti elezioni amministrative del 6 e 7 maggio. Il leader del Movimento 5 Stelle, di passaggio a Palermo per sostenere la candidatura a sindaco del giovane Riccardo Nuti, ha infatti tirato in ballo Cosa Nostra utilizzandola come termine di paragone per gli effetti devastanti della crisi economica.

“Noi abbiamo candidato Toto’ u curtu e u Malpassotu come vicesindaco, vediamo come va – aveva detto il comico genovese prima di salire sul palco – . La mafia non ha mai strangolato il proprio cliente, la mafia prende il pizzo, il 10 per cento. Qui siamo nella mafia che ha preso un’altra dimensione, strangola la propria vittima.” Una battuta al vetriolo per criticare la politica e il governo, che ha immediatamente innescato una furiosa polemica, amplificata anche dal fatto che proprio oggi a Palermo si commemora l’anniversario dell’assassinio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, uccisi da Cosa Nostra esattamente 30 anni fa.

“Grillo parla come un mafioso senza essere nemmeno originale. Gli stessi argomenti prima di lui li hanno già utilizzati Vito Ciancimino e Tano Badalamenti. E come l’ultimo dei mafiosi non ha nemmeno il coraggio di confrontarsi pubblicamente sulle sue patetiche provocazioni”, è stato il duro commento di Claudio Fava, figlio del giornalista Pippo Fava (ucciso da Cosa Nostra nel 1984), e ora nella segreteria di Sinistra Ecologia e Libertà.

L’uscita del comico genovese ha costretto il candidato del Movimento 5 stelle a un’immediata replica: “Ancora una volta – ha detto Nuti – abbiamo avuto la conferma che ci sono mezzi di ‘informazione’ che tentano solo di denigrare il Movimento. Beppe Grillo nei suoi interventi utilizza spesso dei paradossi ed estrapolare una frase dal contesto è pretestuoso oltre che ridicolo: la dichiarazione che alcuni hanno contestato, fa infatti parte di un ragionamento molto più ampio e complesso. D’altra parte le nostre azioni parlano chiaro, essendo certi che le mafie siano il cancro che strangola l’economia legale e priva i cittadini di diritti e libertà.”

Questo, però, non è bastato a frenare le reazioni. Durissime, soprattutto, quelle arrivate dal mondo dell’associazionismo antimafia. “Le affermazioni di Beppe Grillo non possono essere giustificate neanche se fatte provocatoriamente. Il sistema di potere mafioso è purtroppo una questione ancora molto seria e in quanto tale non può essere oggetto di speculazioni politico elettorali”, ha fatto sapere l’associazione Addiopizzo.

Cristina Musumeci, dell’associazione Cittadinanza per la Magistratura, ha invece sottolineato il possibile effetto boomerang delle parole pronunciate da Grillo che “denotano una scarsa conoscenza del fenomeno mafioso e danno il fianco a chi continua a perpetrare il mito della mafia buona, la mafia che non minaccia, che non uccide, che si sostituisce allo Stato assente e protegge i suoi sudditi chiedendo in cambio una piccola controprestazione economica.  Grillo – prosegue la Musumeci – si dimentica così della mafia che non si ferma neanche di fronte ai bambini, ma soprattutto dimentica che la mafia è  cointeressi e connivenze  che deturpano l’ amministrazione comunale, l’amministrazione regionale e quella statale togliendo ogni possibilità di sviluppo alla nostra terra”.

E se il comico genovese aveva fatto cenno al “pizzo”, una replica è arrivata anche da Pina Maisano, vedova di Libero Grassi, l’imprenditore ucciso da Cosa Nostra proprio per essersi ribellato al racket delle estorsioni. “Grillo dice che la mafia non ha mai strangolato i suoi clienti limitandosi a prendere il pizzo? Forse dimentica che ha anche ucciso le persone che il pizzo non hanno voluto pagarlo”.

”Come si permette Grillo a fare l’elogio della mafia in una città che gronda sangue di vittime innocenti? Perchè non era in piazza con noi il 21 marzo scorso, nella sua Genova, per la Giornata della memoria organizzata da Libera in ricordo di tutte le vittime della mafia?”. Si chiede invece Angela Ogliastro, sorella di Serafino Ogliastro, poliziotto ucciso dalla famiglia mafiosa di Brancaccio nel 1991.

Critica anche la reazione di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione familiari vittime della strage di via dei Georgofili. “Non so quanto Grillo e altri abbiano preso coscienza delle stragi del 1993, non so se Grillo ricorda che mentre il paese saltava in aria l’argomento principale era il debito pubblico – ha detto la Chelli a ilfattoquotidiano.it – . Non capisco perché adoperare espressioni di questo tipo che fanno tanto bene alla mafia e non a noi. Grillo poi dimentica che la mafia ha strangolato un sacco di persone, penso per esempio al piccolo Giuseppe Di Matteo. Grillo dovrebbe rileggersi quegli atti processuali, e capirebbe cosa è in grado di fare la mafia alla gente per bene e forse allora proverebbe a tacere su argomenti di questo tipo”.

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Psicofarmaci: un tredicenne su 4 li assume, spesso senza prescrizione / VIDEO: Come gli psicofarmaci possono uccidere il vostro bambino – Versione Integrale

Errore Fatale: Come gli psicofarmaci possono uccidere il vostro bambino – Versione Integrale

Caricato da in data 24/giu/2011

Dai produttori dei premiati documentari “Macabri profitti: la storia mai raccontata degli psicofarmaci” e “Markeing della pazzia: ma siamo tutti matti?”, un lancinante nuovo documentario, che smaschera quanto devastanti – e fatali – per bambini e famiglie possano essere gli psicofarmaci.
Dietro alle macabre statistiche di decessi, suicidi, malformazioni di nascita e gravi reazioni avverse si trova il volto umano di questa epidemia globale: le storie personali di perdita e coraggio di coloro che pagarono il vero prezzo.
Gli psichiatri asseriscono che i loro psicofarmaci sono innocui per i bambini?
Una volta che avrete sentito cos’hanno invece da dire otto madri coraggiose, le loro famiglie, esperti del settore sanitario, consulenti farmaceutici e medici, vi rimarrà impressa una sola convinzione…
Quello degli psichiatri è uno spudorato ERRORE FATALE.

Sito web Comitato per i diritti umani:
http://it.cchr.org

DVD: http://www.libreriauniversitaria.it/errore-fatale-psicofarmaci-possono-uccide…

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Psicofarmaci: un tredicenne su 4 li assume, spesso senza prescrizione

Comunicato stampa del 27/04/2012

Tratto da www.giulemanidaibambini.org – 29 aprile 2012

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Studio dell’Università di Torino: psicofarmaci assunti dal 25% dei minori con amici e/o somministrati dai genitori senza alcuna prescrizione medica. Alberto Ugazio (SIP): “in assenza di patologia la terapia farmacologica non è assolutamente indicata”. Poma (Giù le Mani dai Bambini): “Appello al Ministro Balduzzi: allarme già rilanciato da noi nel 2009, ma l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Agenzia del Farmaco (AIFA) continuano a sottostimare il problema”


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TORINO – Secondo i risultati di uno studio condotto dall’Università di Torino a cura della Dott. sa Roberta Siliquini – Professore Ordinario di Epidemiologia, Igiene Generale e Sanità Pubblica all’Università di Torino – un adolescente su quattro assume psicofarmaci a casa, su consiglio dei genitori, o fuori casa, in accordo con gli amici, quasi sempre senza prescrizione medica. Inizialmente, lo studio ha preso in esame una casistica di 600 soggetti, ma il progetto di ricerca prevede di arrivare a 2.000 casi esaminati entro la fine del corrente anno, alla ricerca di conferme per un trend che vari commentatori esperti definiscono “inquietante”.

Dopo la presentazione dei risultati preliminari della ricerca, il primo commento ufficiale è quello del Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), il Dott. Alberto Ugazio, il quale ricorda che “l’automedicazione, o il fai da te, è quanto di meno auspicabile possa esserci per la salute dei nostri bambini. Inoltre, l’ansia è un sintomo che va valutato attentamente: se non indica una patologia, la terapia farmacologica non è assolutamente indicata”. Secondo la Prof. Siliquini, infatti, molte assunzioni improprie di psicofarmaci avvengono per scelta degli stessi genitori, che cercano in questo modo di “dare una risposta agli stati di disagio dei propri figli”.

“Un fenomeno inquietante, in continua crescita ovunque nel mondo, come anche nel nostro Paese – ha commentato Luca Poma, giornalista e Portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini”, il più rappresentativo comitato indipendente per la farmacovigilanza pediatrica in Italia (www.giulemanidaibambini.org) – che la nostra organizzazione aveva denunciato nel 2009, riprendendo i dati del ‘rapporto ESPAD’ che evidenziò già allora il 10% di minori che utilizzavano psicofarmaci con modalità “fai da te”.[1] I rischi sono molteplici – continua Poma – dagli effetti collaterali di queste molecole, che vanno dai problemi cardiaci anche gravi alla stimolazione di idee suicidarie, a seconda della classe farmacologica utilizzata, a quelli di carattere psicologico e pedagogico: stiamo permettendo la trasmissione ai nostri figli un modello sbagliato, ovvero che basta una pillola per risolvere qualsiasi problema. Tra l’altro questi prodotti – con buona pace delle norme stabilite dagli organismi sanitari di controllo – si reperiscono con estrema facilità su internet, pagando con un comune conto PayPal: sono perlomeno 7 anni che ci siamo messi a disposizione dell’Agenzia del Farmaco e dell’Istituto Superiore di Sanità una campagna seria di prevenzione su questo tema, che impegnerebbe ben poche risorse, ma il problema continua ad essere colpevolmente sottostimato. Ci appelliamo allora direttamente – conclude Poma – al Ministro della Salute Prof. Renato Balduzzi: non attendiamo che la situazione vada alla deriva, com’è già successo in USA e in altre nazioni, perché qui è in gioco il futuro delle nuove generazioni del nostro paese”.

Per media relation: 337/415305 – portavoce@giulemanidaibambini.org

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A NUORO – Costretto a licenziare i figli imprenditore si suicida

Il dramma degli imprenditori suicidi. Intervista a Giuseppe Bortolussi

Caricato da in data 20/dic/2011

Giovanni Schiavon, imprenditore edile veneto, si è tolto la vita perché strozzato dai “crediti”. La pubblica amministrazione gli doveva 200mila euro, i pagamenti erano in ritardo, intanto lui non aveva i soldi per lo stipendio degli operai. Sono tanti quelli nella sua situazione nel nord-est. Da Rainews l’intervista di Emanuela Bonchino e Mino Fuccillo a Giuseppe Bortolussi, presid. della CGIA di Mestre.

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Costretto a licenziare i figli
Nuoro, imprenditore si suicida

Nel Nuorese un impresario edile di 55 anni si è ucciso con un colpo di pistola. Aveva dato lavoro a diversi giovani del suo paese, alle sue dipendenze anche i due figli. Poi il precipizio della recessione


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Un impresario edile di 55 anni, originario di un paese del Nuorese, Mamoiada, si è tolto la vita dopo che la sua azienda, a causa della crisi, aveva cessato l’attività e l’uomo era stato costretto a licenziare i suoi due figli.

Secondo quanto riporta oggi L’Unione Sarda, il fatto è avvenuto nel pomeriggio di venerdì, nella vigna di proprietà dell’impresario che si è ucciso con un colpo di pistola.

L’uomo – secondo quanto scrive il quotidiano sardo – non ha lasciato nessun biglietto, ma più d’uno a Mamoiada sussurra che si possa trattare dell’ennesima cronaca di una disperazione dovuta alla mancanza di lavoro.

Da impresario aveva dato occupazione a diversi giovani del suo paese, pendolari verso la costa per costruire case di villeggiatura. Poi, negli ultimi mesi, il precipizio della recessione, che si è tradotto nel fermo dell’azienda, fino alla difficilissima decisione di licenziare i due figli che si trovano alle sue dipendenze.

“Non potevamo immaginare nemmeno lontanamente il dramma interiore che quest’uomo stava attraversando – racconta all’Unione Sarda il sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana – faceva parte di una famiglia molto unita, era una persona in gamba”.

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Processo Mastrogiovanni: Che la pietà non vi sia di vergogna / Franco Mastrogiovanni – Una morte misteriosa – Video estratto Mi manda RaiTre

Franco Mastrogiovanni – Una morte misteriosa – Video estratto Mi manda RaiTre

Caricato da in data 13/apr/2010

Un uomo viene ricoverato il 31 luglio 2009 allospedale di Vallo della Lucania in seguito a una richiesta di trattamento sanitario obbligatorio. Entra con le sue gambe, viene legato a un letto e muore dopo quattro giorni. La procura rinvia a giudizio medici e infermieri del reparto.

Processo Mastrogiovanni
Che la pietà non vi sia di vergogna

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“Amare è un diritto umano” recita un recente slogan inviato, via email, a migliaia di sostenitori, da Amnesty International. Amore, rispetto dei diritti e della dignità dell’uomo e del malato ma, soprattutto, rispetto della verità è il messaggio che noi lanciamo ai consulenti degli imputati dopo aver ascoltato le loro dichiarazioni nell’udienza del 14 febbraio 2012. Su cinque consulenti della difesa si sono presentati in aula solo in tre: la d.ssa Margherita Neri (ricercatrice presso l’Università di Foggia), il dott. Guido Lanzara (assistente presso l’Università Tor Vergata di Roma) e il dott. Enrico Mainenti, medico legale e direttore dell’ASL di Salerno. Prima dell’esame dei consulenti della difesa, il legale di parte civile, avvocatessa Caterina Mastrogiovanni, in riferimento alla precedente udienza, ha chiesto alla Presidente Garzo di acquisire agli atti un documento dal quale risulta che la d.ssa M. L. D. M. (medico che confermò la proposta di trattamento sanitario obbligatorio a carico di Francesco e per questo indagata) non sarebbe in possesso della specializzazione in psichiatria, bensì di quella in medicina dello sport.

Francesco Mastrogiovanni

Pubblicare il video dell’orrore

La deposizione dei medici legali Lanzara e Neri inizia contestando il termine di “contenzione fisica” usato dal dott. Maiese (consulente, insieme ad Ortano del PM). Per loro si tratta di una semplice e innocua contenzione meccanica. La loro affermazione provoca una lunga contestazione da parte della Presidente, dr.ssa Elisabetta Garzo. Nonostante la reazione del giudice i consulenti della difesa continuano, imperterriti, affermando che la contenzione praticata consentiva addirittura a Francesco Mastrogiovanni di potersi muovere, il mantice respiratorio del paziente, a loro avviso, non era bloccato e lo stesso poteva anche sedersi sul letto. Per loro la contenzione non ha affatto determinato la morte e tra la contenzione e la morte non c’è alcun nesso omettendo, naturalmente, di rilevare che Mastrogiovanni era assistito così bene che si sono accorti dell’avvenuto decesso con sei ore di ritardo. I due consulenti medici, per supportare le loro affermazioni, fanno ricorso ad un vecchio e rodato espediente: proiettano solo un frame del “video dell’orrore” sequestrato dai carabinieri su ordine del P.M. Rotondo, nel quale si vede Mastrogiovanni impegnato in uno sforzo disperato mentre cerca, con rabbia e dolore, di slegarsi, di liberarsi delle fasce di contenzione che gli serrano polsi e caviglie. Basta guardare il volto sofferente e gli occhi imploranti aiuto del paziente per capire che vuole liberarsi dai moderni cartigli e non cercare di conquistare una posizione più agevole su quel letto divenuto, per lui, un crocifisso. A seguito dell’utilizzo, in modalità limitata e circostanziale, di parti del video, finalizzato al diniego delle responsabilità e all’istituzione di un vero e proprio “campo dissociativo” il Comitato ha deciso di pubblicare, sulla rete, il video integrale (prova definita evidentissima e incorruttibile) in modo che ogni cittadino possa visionare, senza accomodamenti o censure, l’intero calvario, le torture e le vessazioni subite da Francesco Mastrogiovanni.

Meccanismi di difesa e mancata cognizione delle atrocità

I due consulenti, nel rispondere alle domande dei legali della difesa, hanno affermato di non condividere le conclusioni a cui sono giunti i consulenti del P.M., di non comprendere le cause della morte mancando, a loro parere, la sintomatologia dell’edema polmonare e di non condividere neppure le conclusioni del consulente tecnico dell’ASL prof. Palmieri. Per la d.ssa Neri e il dr. Lanzara gli infermieri non possono prescrivere la contenzione e nemmeno la decontenzione. A loro parere Francesco Mastrogiovanni è stato anche idratato e controllato. Tutto regolare quindi, anche la prassi di non annotare l’adozione della misura della contenzione sulla cartella clinica e gli interventi di controllo operati dagli infermieri. Peccato che nel corso degli interrogatori degli stessi infermieri è invece emerso che, nel reparto, non esisteva “diario infermieristico” e neppure le linee guida per la contenzione. Di fronte ai contenuti delle dichiarazioni improntati al diniego totale la Presidente Garzo mostra loro delle foto del cadavere di Francesco, dal quale risultano i segni provocati della contenzione e chiede se le sanguinanti abrasioni ai polsi siano state curate in quanto, dalle foto scattate poche ore dopo il decesso, non risulta alcuna medicazione. Molto probabilmente questi tecnici non si rendono conto della valenza umana e politica di questo processo. E allora ricordiamo loro che trattasi di un processo unico nella storia della psichiatria, per la gravità dei fatti, che ha riaperto persino il dibattito sulla necessità di proporre la reintroduzione, nel codice penale, del reato di tortura. Non è un processo qualsiasi quello che si svolge a Vallo della Lucania, è un processo a chi vuole distruggere tutto il lavoro di Franco Basaglia, a chi non vuole capire che il TSO è uno strumento di alta tutela della salute del paziente affetto da disagio mentale e non l’anticamera della contenzione, dell’accanimento terapeutico, dei supplizi, della morte.

Non abbiamo visto lo stesso video

L’avvocatessa Caterina Mastrogiovanni, dopo aver ascoltato le risposte dei consulenti Lanzara e Neri, replica esclamando: “Forse non abbiamo visto lo stesso video!”. Il medico legale dr. Enrico Mainenti, consulente dell’infermiere Forino, si è impegnato a sostenere la correttezza e anche l’umanità del suo cliente. Francesco sarebbe stato slegato, addirittura in mancanza di un’autorizzazione medica e afferma che l’infermiere per il quale è consulente è stato zelante e scrupoloso nell’assolvimento dei suoi compiti. Anche a quest’ultimo consulente la Presidente del Tribunale mostra alcune foto del corpo di Franco straziato dalla contenzione.

Nessuna domanda del PM

Stranamente il PM., dr. Martuscelli non ha rivolto nessuna domanda ai consulenti. La prossima udienza è fissata per il 28 febbraio, sempre alle ore 14. Saranno sentiti gli altri consulenti degli imputati.

Angelo Pagliaro

Per info:
Il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni
Vincenzo Serra, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano

Per ulteriori informazioni si può telefonare a:
Vincenzo Serra 0974.2662
Giuseppe Galzerano 0974.62028
Giuseppe Tarallo 0974.964030

www.giustiziaperfranco.it
postmaster@giustiziaperfranco.it

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Altri articoli su Mastrogiovanni reperibili in questo sito

– Il caso Mastrogiovanni: Superficie e profondità di un delitto di Stato

– Ti ricordi di chi è morto e vive dietro a un Muro?

– DIRITTI – Se fossi un cane

– A Vallo della Lucania, nel Salernitano il giallo del maestro «anarchico» morto durante il ricovero coatto / Detenuti Contenuti Legati e Morti: Francesco Mastrogiovanni

– Detenuti Contenuti Legati e Morti: Francesco Mastrogiovanni

Tutti gli articoli sono consultabili qui

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SPECIALE

Francesco Mastrogiovanni – Speciale Uno Tv – parte 1

Caricato da in data 05/ago/2011

Francesco Mastrogiovanni – Speciale Uno Tv – parte 2

Francesco Mastrogiovanni – Speciale Uno Tv – parte 3

Francesco Mastrogiovanni – Speciale Uno Tv – parte 4

CLASS ACTION – “Non è vero che la Nutella è sana”: Una mamma americana piega la Ferrero / VIDEO: Nutella ‘Not A Healthfood’ Lawsuit


New York Daily News 2012-04-26: Bad news for people who thought they’d found their dream diet — Nutella is not a health food. Ferrero, the makers of the creamy chocolate and hazelnut spread, has settled two class-action lawsuits with consumers who sued over the… more »

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“Non è vero che la Nutella è sana”
Una mamma americana piega Ferrero

Il colosso alimentare si accorda con i consumatori Usa che hanno aderito alla class action innescata da una donna californiana: verranno rivisti gli spot che descrivono le qualità nutrizionali della crema. Il gruppo precisa: “L’accordo riguarda solo gli Usa”

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WASHINGTONChe la crema spalmabile italiana più conosciuta al mondo non sia proprio un alimento amico della linea, lo sanno tutti. Ma questa volta la Nutella ha dovuto fare i conti con l’ira di una mamma californiana che è arrivata fino ai tribunali per contestare gli slogan pubblicitari sull’alimentazione “sana e nutriente”, innescando una class action che si annunciava molto pericolosa. E così la Ferrero Usa si è vista costretta a modificare gli spot e a pagare un risarcimento a un numero imprecisato di ricorrenti.

Tutto è nato dalla denuncia presentata nel febbraio scorso da Athena Hohenberg, madre di un bambino di San Diego, che ha accusato la Ferrero di promuovere la Nutella come “un esempio di colazione equilibrata, gustosa e sana”. Al contrario, ha affermato la donna “la Nutella non è né sana, né nutriente, ed è simile a tanti altri dolci e contiene livelli pericolosi di grassi saturi”. Secondo la donna gli spot pubblicitari della Nutella diffusi negli Usa non mettevano in rilievo tutti gli elementi nutrizionali della crema spalmabile, in particolare i grassi.

La Ferrero Usa, che ha raggiunto un accordo con i consumatori, si è impegnata a “modificare alcuni spot pubblicitari sulla Nutella” e a rendere più esplicita la tabella nutrizionale sulla confezione. In un primo momento si era parlato di una multa di 4 dollari per ogni singola confezione di Nutella venduta negli Usa tra il 2008 e il 2012. Secondo alcune stime, ciò avrebbe significato un salasso da 3,05 milioni di dollari. Successivamente, Ferrero ha precisato che il risarcimento riguarda in realtà soltanto i singoli consumatori che hanno aderito alla class action.

Ferrero: “Contenzioso è problema solo americano”. “L’accordo transattivo raggiunto da Ferrero negli Stati Uniti è relativo al solo contenzioso nato dalla pubblicità trasmessa negli Stati Uniti e alla conformità di quest’ultima alle esigenze della legislazione americana”. Così la Ferrero chiarisce la vicenda. Il gruppo di Alba (Cuneo) sottolinea che “non vi è nessun tipo di necessità di correggere da parte dell’azienda i suoi comportamenti commerciali e pubblicitari negli altri paesi, né intervenendo sulla confezione del prodotto, né sul posizionamento di marketing”. L’azienda, poi, ha spiegato che le spese legali di un prolungamento di un contenzioso di questo genere negli Stati Uniti sono generalmente molto più elevate dell’impatto economico di un accordo tra le parti. La Ferrero ha, inoltre, evidenziato che “la cifra globale della quale si è fatta menzione sui media in relazione all’accordo transattivo è ancora aleatoria, perché il rimborso è di pochi dollari per consumatore ricorrente” e “il totale dei consumatori in questione non è ancora definito”. “L’utilizzo di Nutella a prima colazione con pane, latte e frutta nelle quantità suggerite – conclude la Ferrero – rimane un utilizzo raccomandato da numerosi studi scientifici di alta rilevanza internazionale nel quadro di una dieta equilibrata e gustosa, che come dice la pubblicità, fa più buona la vita”.

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fonte articolo

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Nutella ‘Not A Healthfood’ Lawsuit

Pubblicato in data 27/apr/2012 da

Via The Consumerist: “Remember last year, when various media outlets reported that the mother of a four-year-old child was suing the makers of Nutella for advertising it as a health food? Everyone thought that this was hilarious, because hey, lady, fat-laden choco-paste ain’t a health food. It’s time for us all to stop laughing now, because the class-action lawsuit has been settled for about $3 million, $2.5 million of which is going to consumers willing to admit that they can’t read a nutrition label…”.* Ana Kasparian and Ben Mankiewicz break it down on The Young Turks.

*Read more from Laura Northrup: http://consumerist.com/2012/04/theres-actually-a-settlement-in-nutella-health…