Archivio | luglio 5, 2007

Il Pride del Vescovo e quello delle Famiglie Arcobaleno

di Gay.it Gay.it – Mer 20 Giu – 21.06

ROMA – Continua l’offensiva (in tutti i sensi) della Chiesa contro gli omosessuali. Un vescovo, quello di Imola, vuole dire la sua sul Gay Pride (al quale, supponiamo, non sia andato), e scrive sul Resto del Carlino che “Al gay pride hanno partecipato certamente dei giovani, ma non erano il futuro dell’Italia, perché non avevano bambini. Hanno occupato la piazza oggi, ma non l’occuperanno domani, perché non avranno un domani. Le loro provocatorie rivendicazioni sono prive di prospettiva, la loro richiesta di accedere al matrimonio si risolve nella delegittimazione del patto più impegnativo e fruttuoso tra esseri umani.” Il vescovo poi, tanto per dimostrare ancora una volta che il clero non si occupa di politica, attacca con forza quegli “uomini di governo che fingono di non avvedersi dell’impossibilità di convivere in una società senza regole e dell’immoralità insita nel relativismo spacciato per pluralismo.”

Le esperienze estere dimostrano abbondantemente che sono nel giusto quelle democrazie nelle quali le regole valgono per tutti, senza avvantaggiati e svantaggiati, e che il tanto deprecato “relativismo” è certamente più democratico ed evoluto dell’Assolutismo della Verità (quella di una religione) che vige invece nei regimi teocratici.

Chiunque sia stato al Pride di sabato scorso avrà invece visto che di bambini ce n’erano molti, sulle spalle del proprio papà o mamma, e a bordo del trenino delle Famiglie Arcobaleno, la cui Presidente Giuseppina La Delfa ha scritto una bella lettera aperta nella quale racconta un altro Pride rispetto a quello apocalittico-terroristico immaginato dal monsignore di turno.

Roberto Taddeucci

LA LETTERA

A nome dei figli di lesbiche e gay italiani

Siamo stati al Gay pride insieme ai nostri bellissimi figli, come ogni anno dal pride di Grosseto del 2004. E ogni anno, quando più quando meno, c’è qualcuno che ha da ridire e che si erge a difesa dei nostri “poveri” figli, “disturbati” e “sbattuti” come bandiere a difesa delle nostre battaglie.
C’è sempre qualcuno che non può fare a meno di “argomentare” i suoi vaneggiamenti sulla salute psichica dei nostri bambini e sui futuri danni fatti alla loro vita di adulti “distorti”, sulla base, argomento davvero misero, della necessità di avere una mamma e un papà per crescere sani e belli.
Se così fosse, tutti i figli del mondo sarebbero belli, sani e soprattutto felici e equilibrati e diventerebbero degli adulti eccellenti e non avremmo più né violenze, né guerre, né malati di mente, né figli abbandonati, venduti, picchiati, violentati e uccisi da mamme e papà teneri e amorevoli.

Purtroppo la realtà è ben diversa e un buon genitore non si misura certo al metro del suo orientamento sessuale ma alle sue capacità di dare amore, ascolto e rispetto ai suoi figli, alla sua capacità di aiutarlo a integrarsi nel mondo che lo circonda e che lo accoglie. I genitori di Famiglie Arcobaleno sono ben consapevoli di quest’ultimo punto e concentrano tante delle loro energie all’inserimento dei propri figli nella società, con grande successo devo dire e ciò dimostra che la gente chiede solo di conoscere e essere informata.

Le persone che criticano e rifiutano la nostra scelta di diventare genitori dovrebbero sapere che sono loro i principali e unici responsabili dei danni o sofferenza che i nostri figli potrebbero vivere. Che se ne assumano l’intera responsabilità!!
Noi intanto, li prepariamo a controbattere alla loro grandissima ignoranza, e alla loro grandissima prepotenza. Li prepariamo grazie a quelli che ci hanno preceduti, in altri paesi lontani e vicino dove i figli di gay e lesbiche sono già adulti e a loro volta genitori, li prepariamo con lo studio e la conoscenza che abbiamo di questa realtà sempre più diffusa ovunque.
Nessuno più riuscirà a soffocare e a annientare il nostro desiderio di genitorialità.
Intanto Famiglie Arcobaleno rappresenta centinaia di famiglie che crescono centinaia di figli, totalmente ignorati se non insultati dalle istituzioni della Stato italiano. Sono cittadini italiani di seconda categoria poichè hanno l’unico torto di essere stati desiderati, messi al mondo e cresciuti da genitori omosessuali.

Il Ministro Bindi e altri esponenti della politica esprimono loro personalissime opinioni quando dicono che un bambino ha bisogno di un papà e di un mamma per crescere bene, opinioni che però sono messe in discussione dalle ricerche internazionali in merito. Un Ministro dello Stato che ha a cura la difesa e la protezione della famiglia non può basare la sua politica su opinioni personali.
Un Ministro non solo deve informarsi e modificare le sue opinioni alla luce delle ricerche scientifiche e governative fatte da decenni in tutto il mondo ma anche quando queste non sono sufficienti a farle cambiare opinioni, un Ministro dello Stato deve prendere atto dei FATTI.

E i fatti dicono che in Italia esistono almeno centomila bambini e ragazzi cresciuti da genitori omosessuali (Ricerca nazionale Modi Di del 2006), figli insultati giorno dopo giorno attraverso il vilipendio e l’insulto ai propri genitori.
Tutta la politica italiana, tranne rare eccezioni a cui siamo grati, si riempie la bocca di concetti vuoti e altisonanti, dando la falsa impressione di preoccuparsi dei bambini che non bisogna affidare all’orco omosessuale quando l’orco si nasconde in tutt’altre case.

Ma i gay e le lesbiche, i figli li sanno anche fare, e li fanno e li faranno sempre di più poiché il desiderio di genitorialità è insito nell’essere umano anche se per troppo tempo l’abbiamo soffocato, impossibilitati a lottare contro l’omofobia che dall’esterno abbiamo assorbita.

Non siamo più disposti a subire: la politica italiana e la chiesa ne prendano atto come prendano atto dell’esistenza dei nostri figli.
I figli e le figlie degli omosessuali hanno diritto come tutti i cittadini italiani ad essere garantiti nella loro dignità di persone, nei loro affetti, nei loro beni anche e soprattutto nei momenti di crisi.

Famiglie Arcobaleno si batterà per questo perché niente è più importante per noi, genitori omosessuali, del raggiungimento di questo scopo: dare dignità e visibilità alle nostre FAMIGLIE.

Giuseppina La Delfa Presidente Famiglie Arcobaleno

Lettura indispensabile: Nouveau Guide bibliographique de l’homoparentalité 2007. éditeur APGL, che raccoglie e commenta più di 1000 studi fatti nei campi del diritto, della psicologia, della sociologia sui genitori omosessuali e lo sviluppo dei loro figli. 35 anni di studi fatti in diversi paesi.

GUARDA LE FOTO DEL TRENINO DI FAMIGLIE ARCOBALENO AL PRIDE 2007


fonte: http://www.famigliearcobaleno.org/


Pensioni: chi sta barando?

LETTERA APERTA ALL’INPS SULLE PENSIONI ITALIANE

Di Luciano Gallino

Signori Presidenti del Consiglio d’Amministrazione e del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps, abbiamo bisogno di lumi.

Siamo un gruppo di persone i cui figli e nipoti sono preoccupati perché temono che a suo tempo non avranno più una pensione, o almeno una pensione decente. Alla base delle loro preoccupazioni vi è un’idea fissa: che il bilancio dell’Inps sia un disastro, o ci sia vicino. L’hanno interiorizzata sentendo quanto affermano ogni giorno politici, economisti ed esperti di previdenza, associazioni imprenditoriali, esponenti della Commissione europea. Non tutti costoro, è vero, menzionano esplicitamente l’Inps. Ma tutti sostengono che le uscite dovute al pagamento delle pensioni risultano talmente superiori alle entrate da rappresentare una minaccia devastante per i conti dello Stato. Che tale deficit peggiorerà di sicuro nei decenni a venire, poiché pensionati sempre più vecchi riscuotono la pensione più a lungo, mentre diminuisce il numero di lavoratori attivi che pagano i contributi. Che allo scopo di ridurre il monte delle pensioni erogate in futuro bisogna allungare al più presto l’età pensionabile e abbassare i coefficienti che trasformano il salario in pensione. Dal complesso di tali affermazioni pare evidente che chi parla ha in mente anzitutto l’istituto che eroga quasi il 75%, in valore, di tutte le pensioni italiane. Cioè l’INPS. E il suo bilancio.

Pressati dai nostri giovani – quasi tutti lavoratori dipendenti o prossimi a diventarlo – che ci domandano dove stia l’insostenibile pesantezza del deficit della previdenza pubblica che minaccia il loro futuro, abbiamo passato qualche sera, in gruppo, a scorrere il bilancio preventivo 2007 dell’Inps. Tomo I, pagine 933. Ed ora abbiamo un problema.. Perché non siamo riusciti a comprendere da dove provenga la necessità categorica di elevare subito l’età pensionabile, e di abbassare l’entità delle future pensioni, pena il crollo della solidarietà tra le generazioni ed altre catastrofi.

Quel poco che noi, genitori e nonni inesperti, crediamo di aver capito lo possiamo riassumere così:

  1. lo stato trasferirà dal proprio bilancio a quello dell’Inps, nel 2007, 72,3 miliardi di euro. Cifra enorme. Quasi 5 punti di PIL. Vista questa cifra (a pag. 90), ci siamo detti: ecco dove sta la voragine che minaccia di ingoiare le pensioni dei nostri figli e nipoti. Poi qualcuno ha notato che il titolo della pagina riguarda non il pagamento delle ordinarie pensioni, bensì gli oneri non previdenziali. I quali ammonteranno a 74,2 miliardi in tutto, coperti dallo stato per la cifra che s’è detto e per 1,9 miliardi da altre entrate. Gli oneri non previdenziali sono per quasi la metà uscite che, per definizione, non presuppongono nessuna entrata in forma di contributi. Si tratta di interventi per il mantenimento del salario (2,5 miliardi); oneri a sostegno della famiglia (2,7 miliardi); assegni ed indennità agli invalidi civili (13,5 miliardi); sgravi dagli oneri sociali ed altre agevolazioni (12,7 miliardi). Sono tutti oneri sacrosanti, che lo stato ha il dovere di sostenere. Ha quindi chiesto all’Inps di gestirli, cosa che dal 1988 l’istituto fa con una cassa separata, la Gestione degli Interventi Assistenziali (GIAS). Però chi prende il totale di questi oneri per sostenere che la normale previdenza costa ai contribuenti oltre 70 miliardi l’anno, per cui è necessario tagliare qui ed ora le pensioni ordinarie, forse ha esaminato un po’ troppo alla svelta i bilanci dell’Inps. O, nel caso del bilancio preventivo 2007, si è fermato a pagina 89.
  2. Poiché quasi tutti i nostri giovani sono o saranno lavoratori dipendenti, siamo andati a cercare nel bilancio quale rapporto esista tra le entrate del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) in forma di contributi, e le uscite in forma di pensioni. Anche qui, sulle prime, credevamo di aver letto male. Il FPLD in senso stretto avrà un avanzo di esercizio, nel 2007, di quasi 3,5 miliardi (pagina 219). In altre parole, i contributi che entrano superano di 3,5 miliardi le pensioni che escono. Ma poiché adesso sono stati accollati, con gli anni, degli ex Fondi che generano rilevanti disavanzi (trasporti, elettrici, telefonici, più l’INPDAI, l’ex Fondo dirigenti di azienda che quest’anno sarà in rosso per 2,8 miliardi) il FPLD farà segnare un passivo di 2,9 miliardi di euro. Il bilancio Inps definisce appropriatamente “singolare” il caso del FPLD (pagina 162). In effetti, esso appare ancor più singolare ove si consideri che il passivo egli ex Fondi, per un totale di 6,3 miliardi, è generato da poche centinaia di migliaia di pensioni. Per contro, le pensioni del FPLD sono nove milioni e seicentomila, ben il 96% del totale. Tuttavia sono proprio anzitutto queste ultime di cui la riforma delle pensioni vorrebbe ridurre l’entità, in base all’assunto che i lavoratori attivi non ce la fanno più ad alimentare un monte contributi sufficiente a pagare le pensioni di oggi e di domani.

Vi sono in verità altri temi, connessi al bilancio Inps, che nel nostro gruppo inter-generazionale di discussione hanno fatto emergere dei dubbi. Ad esempio: le pensioni di domani, indicano i grafici su cui siamo capitati, sarebbero a rischio perché senza interventi drastici sul monte pensioni esse arriveranno verso il 2040 a superare il 16% del PIL, in tal modo generando un onere intollerabile per il bilancio dello stato. Però a noi risulta che il totale delle pensioni pubbliche, erogate dall’Inps e da altri enti, al netto delle gestioni o spese assistenziali in senso stretto (le citate GIAS) rappresentavano nel 2005, ultimo anno per cui si hanno dati consolidati, l’11,7% del PIL. Le GIAS valevano da sole oltre 2 punti di PIL, pari a 30,1 miliardi. Le gestioni previdenziali dell’Inps incideranno sul PIL del 2007 per il9,7%, ma se si escludono il fondo ferrovie e l’ex INPDAI arriveranno appena al 7,4% (pagina 61).

A noi sembra quindi che chi disegna o brandisce scenari catastrofici per il 2040 (il 2040!) lasci fuori dal disegno un po’ tanti elementi. Tra di essi: il peso economico delle gestioni assistenziali (di cui una legge del 1988, la nr. 67, dava già per scontata la separazione dalla previdenza); il fatto che i contribuenti, quelli che pagano i contributi, non stanno affatto diminuendo, bensì aumentano regolarmente da diversi anni (+ 121.000 nel solo 2007: pagina 45); il peso rilevante dei deficit che non riguardano il Fondo dei Lavoratori Dipendenti in senso stretto; il fatto, ancora, che prendere come un assioma il rapporto pensioni/PIL significa voler misurare qualcosa con un elastico, visto che il rapporto stesso può cambiare di molto a seconda che il PIL vada bene o vada male. Com’è avvenuto tra il 2001 ed il 2005.

Riassumendo: delle due, l’una. O noi inesperti dei bilanci Inps abbiamo capito ben poco, e i nostri figli e nipoti hanno ragione di temere per le loro future pensioni ove non si decida subito di tagliarne il futuro ammontare. Se questo è il caso, restiamo in trepida attesa delle Loro precisazioni. Oppure dobbiamo concludere che quando, nelle più diverse sedi, si dipinge di nero il futuro pensionistico dei nostri giovani, si finisce per utilizzare i dati Inps, come dire, con una certa disinvoltura.

Su questo, naturalmente, non ci permettiamo di chiedere un parere all’Inps

fonte: Repubblica, pag 22, del 05/06/07


Lolite artificiali

Certo non è difficile manipolare le immagini, ma quello che ha fatto Delorme con le fotografie di comunissime bambine ha dell’inquietante..

Ovviamente è bravo a rendere l’irreale reale, e forse la sua è solo una dimostrazione in tal senso. Ma perché delle bambine? Le ha trasformate in tante piccole dolls, equivoche e, per certi individui dalla mente malata, anche piuttosto eccitanti, pur se fotografate in pose del tutto innocenti.. Ma quanto innocente è stata tutta l’operazione? Non c’è il rischio, in questo abbellimento sfrontato, di stimolare fantasie perverse incitando a confondere comunissime bambine in tante lolite desiderose di “seduzioni”?

Perché è questo il rischio: di spingere a vedere la normalissima figlia della vicina di casa attraverso il filtro di un’immagine provocatoria altamente falsata. Di stimolare, insomma, ulteriormente le fantasie malate di chi proprio non ne avrebbe bisogno. Anzi.

Qui sono visibili le immagini in questione: http://www.alaindelorme.com/

Google, fate spot contro il film di Moore

News

lunedì 02 luglio 2007

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Roma – Caustico e sarcastico al pari dei precedenti, Sicko, l’ultimo documentario di Michael Moore, si scaglia contro il sistema sanitario e l’industria farmaceutica americana, facendone emergere le logiche viziate. E Google che fa? Si propone quale braccio prezzolato per la contro-propaganda del sistema sanitario americano.

Il presupposto è chiaro: la Rete è un raccoglitore di informazioni riguardo alla Salute sempre più nutrito e consultato; secondo un’indagine di Pew Internet & American Life Project l’ottanta per cento dei netizen americani ha utilizzato Internet per ottenere ragguagli in proposito. Ma la Rete è altresì un campo di battaglia periglioso per gli operatori della sanità: testimonianze e opinioni si scontrano in dibattiti, sollevati da documenti molto ben pubblicizzati come quello di Moore, già diffuso presso i circuiti del file sharing prima dell’uscita ufficiale. Documenti che, mettendo nero su bianco le esperienze di cittadini dalle coscienze rassegnate, attentano alla reputazione dell’establishment della sanità, e alle casse dei suoi opulenti attori.

Google sembra farsi interprete di questa tendenza al botta e risposta in Rete, e cavalca la cattiva pubblicità fornita da Moore al sistema sanitario americano, con un post comparso nel “Google Health Advertising Blog“, uno spazio in cui BigG tenta di convincere gli operatori della sanità dell’efficacia della pubblicità online per promuovere i propri servizi.

Google strizza l’occhio a case farmaceutiche, assicurazioni, istituzioni sanitarie, nel mirino di Moore e delle polemiche che il film ha sollevato e solleverà. Lauren Turner, account di BigG per l’ambito sanitario, definisce il film come un motivo di preoccupazione. Il film di Moore, infatti, raffigura il sistema sanitario come “un’industria mossa semplicemente dal profitto e dal marketing, e trascura di mostrare come il sistema sanitario si preoccupi del benessere dei pazienti e della loro salute”. Un documentario che infierisce, contribuendo a bersagliare un’industria già dipinta a tinte fosche dalla stampa, che cavalca storie strappalacrime e snocciola numeri che tracciano profili poco indulgenti del settore.

Per difendere la loro reputazione, questo l’invito esplicito del post, gli operatori della sanità possono approfittare di Google per piazzare annunci di ogni tipo, strategicamente collocati fra i risultati a pagamento delle ricerche, o affiancati a contenuti rilevanti. Annunci taumaturgici, in cui l’industria può mostrarsi ai cittadini anche nei suoi aspetti filantropici e caritatevoli, sistematicamente ignorati dalla stampa, secondo BigG.

Quella comparsa nel blog ufficiale di Google è una ordinaria campagna di pubbliche relazioni o è una presa di posizione da parte dell’azienda? Google, contattata da ZDNet e da GeeksAreSexy, dichiara di non avere opinioni ufficiali da esternare riguardo al film di Moore. Se ne deduce che il post pubblicato da Lauren Turner sia un semplice tentativo di vendere spazi pubblicitari. Un invito all’acquisto che addita coloro che raffigurano la sanità come un’industria al servizio del denaro e, al contempo, sprona questa industria a convincere il mondo del contrario, costruendosi una reputazione investendo in pubblicità. Il post di Google ai più appare coerente nel contesto di un’advertising company, che, operando come mediatore, non intende schierarsi: ha intuito la crescente domanda di contraddittorio rispetto alle polemiche scatenate da Sicko, e si propone di offrire al sistema sanitario spazio e visibilità a pagamento.

È questa l’ennesima manifestazione del volto malvagio di Google? C’è chi, su Slashdot, si aspetta che BigG, in un imparziale desiderio di profitto, si rivolga anche alla controparte; nel mondo del marketing si arguisce che il dibattito scatenato dal post di Google abbia già contribuito a bilanciarne l’effetto, alimentando il successo di Sicko. Mentre altri già intravedono nella evilness di Google il bersaglio della prossima opera di Moore.

Gaia Bottà

fonte: http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2030233

…….

Michael Moore colpisce ancora. Questa volta il suo bersaglio è il sistema sanitario statunitense che costringe migliaia e migliaia di persone a morte certa perché prive di un’assicurazione. Ma questo argomento non è che il prologo di Sicko perché in un breve arco di tempo l’attenzione si concentra su quelli che invece una copertura assicurativa ce l’hanno ma scoprono che le grandi e piccole società del settore escogitano qualsiasi strategia per evitare di pagare il dovuto.
Moore conosce alla perfezione i meccanismi della denuncia e quando ci mostra persone rispedite a casa (con taxi pagato però) senza alcuna cura perchè non in grado di sostenere le spese di ricovero o un uomo che, essendosi tranciato falangi di due dita lavorando, ha dovuto scegliere quali farsi riattaccare e quali non sulla base del prezzo, colpisce il bersaglio. La situazione americana in materia ha superato il limite del sopportabile e l’accusa è precisa e circostanziata. Moore però mostra, ancora più che nei film precedenti, i suoi punti deboli. Non ama il contraddittorio se non per metterlo in ridicolo e in questa occasione ha deciso di escluderlo totalmente. Nessun dirigente delle Società di assicurazione compare nel documentario. Ciò che poi più colpisce è l’immagine da Alice nel Paese delle Meraviglie che ci propone delle società canadese, inglese e, in particolare, francese. In quei mondi tutto sembra essere perfetto e idilliaco in materia di assistenza medica. Sappiamo bene che non è così ma Moore non sa resistere alla tentazione di idealizzare rischiando così in realtà di indebolire un j’accuse assolutamente fondato.

Quando fa scorrere sullo schermo con la grafica di Star Wars l’elenco delle malattie escluse da copertura assicurativa si ride ma lo si fa con l’amaro in bocca. Quando poi ci mostra i volontari che l’11 settembre 2001 si precipitarono a Ground Zero per aiutare nei soccorsi riportando malattie croniche che nessuno si preoccupa di aiutarli a curare non si ride più. Si pensa solo al cinismo e alla retorica della dirigenza di una grande nazione che ‘usa’ i propri veri eroi. Moore risponde a tutto ciò con il grottesco che gli è proprio. Subissato come tutti i suoi compatrioti da informazioni tranquillizzanti sul trattamento (anche dal punto di vista medico) dei detenuti di Guantanamo decide di portare i suoi volontari malati nella base americana per garantire loro le cure che l’Amministrazione Bush dichiara di prestare ai membri di Al Qaeda arrestati. Ovviamente non riesce nell’impresa e li fa curare dai medici di Cuba nelle cui farmacie un medicinale che negli States costa 120 dollari può essere acquistato per 50 centesimi. Questo lo ha fatto mettere sotto inchiesta per espatrio illegale e altre violazioni dell’embargo nei confronti di Cuba. È il tipo di clamore che il regista cercava? Forse sì. Forse no. Nonostante le esagerazioni di cui sopra resta però nello spettatore la sensazione che Moore creda profondamente alla frase di Tocqueville che inserisce nei titoli di coda: “La grandezza di un Paese si misura sulla sua capacità di porre rimedio ai propri errori”.

fonte:
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=44528