Archivio | settembre 2011

ONLINE PER 12 ORE – Sequestrati a Repubblica i verbali di Riina. I giudici li oscurano sul sito

Sequestrati a Repubblica i verbali di Riina
I giudici li oscurano sul nostro sito

(inteso come quello di Repubblica)

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I materiali erano stati pubblicati questa mattina e sono rimasti in linea almeno dieci ore. Ma i magistrati di Caltanissetta parlano di un provvedimento “preventivo” per evitarne la diffusione. In realtà, sono ancora online su centinaia di siti. Indagati i giornalisti Attilio Bolzoni e Lirio Abbate

Sequestrati a Repubblica i verbali di Riina I giudici li oscurano sul nostro sito

Il boss mafioso Salvatore Riina

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di Massimo Razzi

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ROMASequestro “preventivo” (dodici ore dopo la loro pubblicazione sul web)per i verbali dei due interrogatori di Totò Riina (luglio 2009 e luglio 2010) pubblicati (per ampi stralci) questa mattina dal nostro giornale in versione cartacea e, contemporaneamente, in versione integrale, su Repubblica.it nella sezione “RE Le inchieste”. La decisione è stata presa dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta che ha emanato un “decreto di sequestro preventivo” e ha indagato i giornalisti Attilio Bolzoni (Repubblica) e Lirio Abbate (L’Espresso) per violazione del segreto istruttorio in concorso con “pubblici ufficiali da individuare”. Il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e il suo aggiunto Domenico Gozzo hanno ordinato a due ufficiali di Polizia giudiziaria (che un paio d’ore fa si sono presentati nella sede del Gruppo Espresso in via Cristoforo Colombo a Roma) di provvedere a “estrarre e copiare su supporto informatico le pagine oggetto di seqestro”. Si tratta di nove file tra i quali ci sono effettivamente i verbali degli interrogatori, ma anche una serie di articoli a firma di Bolzoni e Abbate, una innocente ricostruzione della vita e della carriera criminale di Riina e una galleria di foto del “Capo dei capi”.Un provvedimento clamoroso per l’informazione italiana su internet. Assolutamente particolare per l’importanza del media, per il carattere “preventivo” e per il tipo di reato ipotizzato cioé la violazione del segreto istruttorio. E anche, apparentemente, privo di risultati pratici. A quest’ora, infatti, i verbali sono stati letti da almeno due milioni di utenti unici molti dei quali li hanno scaricati e ricopiati su altri siti e blog. Il risultato è che la lettura dei verbali è ancora possibile su centinaia di pagine web. Il decreto di sequestro recita: “Si deve evidenziare come la misura appaia necessaria per impedire l’aggravamento e la protrazione delle coseguenze del reato. In tal caso, le conseguenze sono ravvisabili in un aumento esponenziale della diffusione della conoscenza delle notizie riservate e segrete contenute nella documentazione pubblicata su internet”. Ma la “diffusione” inevitabilmente continuerà e sarà praticamente impossibile fermarla.

Ma cosa contenevano i verbali dell’interrogatorio di Riina? Il boss di Cosa Nostra aveva chiesto di essere sentito in due diverse riprese. A novembre, il capomafia da 17 anni all’ergastolo in regime di isolamento, farà ottantuno anni. Nonostante i malanni dell’età – due infarti, l’ipertrofia prostatica, una cirrosi da epatite C – e il perenne isolamento, a sentirlo parlare sembra quello che era prima. Un capo. Forse il tempo non passa mai per lo “zio Totò”. Vive fuori dal mondo e si sente al centro del mondo. E’ sepolto dal 1993 in un buco (una cella lunga tre metri e larga centottanta centimetri), si mostra duro e puro però sotto sotto nasconde qualche fragilità. Cedimenti mai, non è il tipo. Solo piccole debolezze. E’ sempre lui ma – da quello che si legge nei verbali – si può capire che un po’ gli si è sciolta la lingua. Dopo un’ esistenza di ostinato silenzio Salvatore Riina concede e si concede. Allude, ammicca, annuncia, nega, conferma, rettifica, pontifica su tutto e tutti. Difficile supporre che si tratti di strategia difensiva con i tredici ergastoli che ha da scontare, è più probabile che voglia levarsi qualche sassolino dalla scarpa. E mandare messaggi ad amici e nemici.

Dalle sue parole – racchiuse in due verbali di interrogatorio top secret dei magistrati di Caltanissetta – affiora anche un autoritratto inedito del boss di Corleone. Con Totò Riina che racconta Totò Riina chiacchierando di stragi e di pubblici ministeri, di vecchi compari, di paesani suoi, di generali, spie, di senatori e di pentiti. Colloqui e sproloqui di alta mafiosità. Nel suo stile e in un molto approssimativo italiano, a modo suo Salvatore Riina si confessa per la prima volta.

Ce l’ ha con quel furbacchione di Massimo Ciancimino “che vi usa per recuperare i soldi perduti di suo padre”. E’ risentito con il procuratore Gian Carlo Caselli “che non mi ha mai chiesto se ho baciato o no Andreotti”. Ricorda Paolo Borsellino ed esorta ad indagare sulla scomparsa della sua agenda rossa. Ironizza su un Bernardo Provenzano “troppo scrittore” per quella mania dei pizzini ritrovati nei covi di mezza Sicilia. Chiede conto e ragione della chiaroveggenza dell’ allora ministro degli Interni Nicola Mancino sulla sua cattura. E poi parla e straparla. Di trattative e papelli, di traditori veri e presunti, della “tiratura morale” di Luciano Violante, della sua condizione carceraria – “Non mi pozzo fare neanche un bidè pei telecamere 24 ore su 24” – e naturalmente di sé: “Aio 80 anni e si hanno una volta sola. A 80 anni c’è morte. Gli anni sono gli anni”. Però come vedete non sono proprio abbattuto.. penso che tirerò ancora un altro po’”.

Il pensiero di quello che ancora oggi viene indicato come il capo dei capi della Cosa Nostra siciliana è dentro un centinaio di pagine (settantatré nell’ interrogatorio del 24 luglio 2009 e trentatré nell’ interrogatorio del 1 luglio 2010) che di fatto – se si esclude un breve e brusco incontro del 22 aprile 1996 fra lui e il procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna – rappresentano le uniche testimonianze ufficiali di Totò Riina dal giorno del suo arresto avvenuto nel gennaio del 1993. L’interrogatorio del luglio 2009 l’ ha voluto proprio lui, quando ha chiesto di presentarsi davanti al procuratore capo Sergio Lari “per fare dichiarazioni spontanee”. Insomma, dopo tanto tempo abbiamo scoperto che lo “zio Totò” non è muto.

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30 settembre 2011
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Napolitano: «La secessione? Grottesca. Il popolo padano non esiste»

Napolitano: «La secessione? Grottesca
Il popolo padano non esiste»

Il presidente: strillare in un prato è un conto, atti preparatori cambierebbero tutto. Serve una nuova legge elettorale

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ROMA – «Nella Costituzione e nelle leggi non c’è una via democratica alla secessione», ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un incontro alla facoltà di giurisprudenza della Federico II di Napoli, parlando delle «grida che si levano in quei prati dove non c’è il popolo padano ma cittadini con scarsa consapevolezza di cose come l’articolo 1 della Costituzione».

«È chiaro, il popolo padano non esiste, si discute di federalismo fiscale, si chiede un livello più alto di partecipazione delle Regioni… Tutto questo è lecito, ma ove dalle chiacchiere si passasse ad atti preparatori di qualcosa che va verso la secessione, tutto cambierebbe», ha avvisato Napolitano, definendo poi una «evoluzione positiva» della Lega Nord quella del 2006 che ha portato ad accantonare le proposte del professor Gianfranco Miglio di perseguire l’obiettivo della secessione. «Fu scelto allora – ha aggiunto – il federalismo fiscale. Un’evoluzione in senso federale dello Stato italiano. Ed ora, per realizzarla, si discute del superamento del bicameralismo perfetto per far nascere una Camera delle Autonomie come quelle che esistono in Germania, in Francia e in altri Paesi. Io mi chiedo da dove nascono queste nuove grida che invocano la secessione. Me lo chiedo e cerco di capire».

«Negli ultimi tempi io ho più volte ricordato l’Articolo 5 della Costituzione. Dice che la Repubblica è una e indivisibile, e subito dopo, lo stesso articolo, aggiunge – riconosce e valorizza le autonomie localì. È un articolo importante come spiegò alla Commissione dei 75, preparatoria dei lavori della Costituente, l’onorevole Meuccio Ruini, disse che con quell’articolo si voleva proprio impedire la nascita di uno Stato fortemente centralizzato».

A chiedere l’opinione del Capo dello Stato è stato il professor Massimo Villone, ex senatore. «Bossi dovrebbe esserle grato – ha risposto il presidente della Repubblica commentando l’articolazione della domanda – per come ha così finemente elaborato il suo concetto, perchè quel che si sente è spesso ridotto al minimo, a grida che si levano dai prati con scarsa conoscenza della Costituzione. Si dice che la sovranità appartiene al popolo, ma poi non si va oltre la virgola, dove si dice che il popolo la esercita nell’ambito della Costituzione e delle leggi. E nelle leggi non c’è spazio per la secessione».

«Ove dalle chiacchiere, dalle grida, dalla propaganda, dallo sventolio di bandiere si passasse ad atti preparatori di qualcosa di simile alla secessione – ha aggiunto il presidente della Repubblica – tutto cambierebbe. Nel ’43-44 di fronte ad un tentativo di organizzazione, magari armata, di un movimento separatista quell’accenno di Stato Italiano appena nato non esitò a intervenire e si arrivò alla detenzione di un capo importante di quel movimento, Finocchiaro Aprile. Per ciò ho detto che invocare la secessione è fuori dalla realtà e dal mondo d’oggi. Appare grottesco creare uno stato lombardo-veneto che calchi le scene mondiali competendo con India, Brasile, Cina o Russia. Il livello grottesco di questo basta a capire che non si può cambiare il corso della storia. Si può strillare in un prato, ma non si può cambiare il corso della storia».

«Non tocca a me fare nuove leggi, ma mi pare che ci sia la necessità di una nuova legge elettorale», ha detto Napolitano rispondendo a uno studente. È necessario, ha spiegato, ristabilire un rapporto più diretto fra elettore ed eletto, con la facoltà dell’elettore di scegliere il candidato da eleggere, «un diverso meccanismo elettorale è necessario anche per determinare un ritorno di fiducia». L’attuale sistema elettorale, ha aggiunto, «ha interrotto un rapporto che esisteva fra elettore ed eletto. Non voglio idoleggiare sistemi elettorali del passato, ma solo dire che prima c’era un collegamento più diretto». Napolitano ha ricordato di essere stato per 39 anni in Parlamento e di essere stato eletto sempre con il sistema proporzionale e solo l’ultima volta con l’uninominale maggioritario (Mattarellum). «Anche per me – ha detto – la differenza era molto forte. Prima ero candidato in una circoscrizione Napoli-Caserta e dovevo rispondere a 2,5 milioni di elettori dove, rispondi a tutti e non rispondi a nessuno. Poi invece nel mio collegio c’erano 100 mila e passa elettori, ed era necessario rispondere più puntualmente. Con l’attuale sistema elettorale con lista bloccata, ha aggiunto Napolitano, chi viene eletto in Parlamento «non ha più la necessità di mostrare competenza, attività, capacità di rappresentare il suo elettorato per non rischiare, la volta successiva, di non farcela con le preferenze. Ai miei tempi per queste cose si rischiava proprio di non essere rieletti. Oggi mi pare che non sia più così, è più importante avere buoni rapporti con il partito».

Si è rotto il rapporto di fiducia elettore-eletto e ora serve un nuovo meccanismo nella legge elettorale, ha spiegato Napolitano. «Non voglio idealizzare certo il sistema delle preferenze che vigeva prima – ha aggiunto il Capo dello Stato – perchè tutti sappiamo quali limiti avesse ma certo che c’è la necessità di un meccanismo elettorale che faciliti un rapporto di fiducia tra elettori ed eletti. In passato il sistema maggioritario uninominale creava un vincolo forte tra eletto ed elettore adesso sembra che la cosa più importante sia mantenere buoni rapporti con chi ti nomina deputato».

La politica ed anche i partiti richiedono cambiamenti, ed è necessario che i giovani di oggi si diano da fare per realizzarli, ha continuato Napolitano, rispondendo alle domande degli studenti. «In questo momento – ha detto – è fondamentale che voi restiate dentro la politica per cambiarne fortemente le modalità. Datevi da fare! In questo momento non so se si può ancora riconoscere ai partiti la vecchia funzione pedagogica che hanno avuto o una funzione al rovescio. Anche i partiti richiedono cambiamenti. Non so se saranno possibili se voi giovani decidete di ritirarvi dall’impegno politico».

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Venerdì 30 Settembre 2011 – 18:14    Ultimo aggiornamento: 18:37

fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=164875&sez=HOME_INITALIA

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LE TRUFFE DELLA CASTA – La Casta reintroduce la maxi diaria all’estero. E la camuffa dentro la ‘legge comunitaria’

La Casta reintroduce la maxi diaria all’estero
E la camuffa dentro la ‘legge comunitaria’

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A distanza di un anno, ritorna il super rimborso per le missioni dei funzionari ministeriali oltreconfine, peraltro mascherato all’interno di un provvedimento che decide tutt’altro. Il 31 maggio del 2010, il governo l’aveva eliminata in nome del taglio ai costi alla politica

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di Thomas Mackinson

29 settembre 2011

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L’aula di Palazzo Madama

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Anche la diaria all’estero tra i tagli ai costi della politica che escono dalla porta e rientrano dalla finestra. A distanza di un anno e sotto mentite spoglie. Succede con la curiosa vicenda della diaria per le missioni dei funzionari ministeriali all’estero, che il governo Berlusconi aveva deciso di abolire lo scorso anno con il decreto legge n.78, il quale prevedeva “misure urgenti” per la stabilizzazione economica. Tra le altre misure, all’articolo 4 veniva cancellato il contributo di circa 200 euro al giorno per parlamentari e funzionari con un risparmio stimato per il triennio di 2 milioni di euro. Il provvedimento viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 maggio del 2010 e viene data con enfasi alle agenzie di stampa a riprova che “non è vero che siamo la casta”.

Politici, sottosegretari e portaborse devono dunque accontentarsi del solo rimborso per le spese di viaggio e soggiorno. Arrotondare prolungando la permanenza all’estero non è più possibile. Forse. Perché poco più di un anno dopo la diaria cancellata con un tratto di penna con un tratto di penna ricompare. E’ contenuto tra le righe di una legge che nulla ha a che fare con i costi della politica. E’ il disegno di legge riguardante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea-legge comunitaria 2010″, relatrice la senatrice della Lega Nord Rossana Boldi. E’ la cosiddetta “legge comunitaria”, quella cioè che serve a recepire le direttive europee.

Il testo ha avuto un iter a dir poco tormentato e dopo vari passaggi è approdato in terza lettura al Senato dove alcuni onorevoli del Pd si sono accorti della sorpresa. L’articolo 4 cancellato nel 2010 è stato ripristinato nel 2011 con la formula: “il nuovo articolo 4 esclude dalla soppressione delle diarie per missioni all’estero, le missioni indispensabili ad assicurare la partecipazione a riunioni nell’ambito dei processi decisionali dell’Unione europea e degli organismi internazionali di cui l’Italia è parte, nonché alle missioni nei Paesi beneficiari degli aiuti erogati da parte dei medesimi organismi e dell’Unione europea”. Da qui la domanda a governo e maggioranza in commissione Affari Istituzionali: “Onorevoli colleghi di Pdl e Lega, state reintroducendo la diaria per le missioni all’estero che è stata tagliata lo scorso anno?”. “Con questo articolo – ha precisato la senatrice Marilena Adamo – si fanno tali e tante deroghe al taglio della diaria per le missioni all’estero – da vanificare quanto deciso lo scorso anno con il DL 78. A parte il fatto che l’articolo non ha la necessaria copertura di spesa e la materia è del tutto estranea alla legge comunitaria, la sua formulazione incomprensibile sembra più che altro voler nascondere una modesta furbata: è anche per questi mezzucci che perdiamo credibilità all’estero”.

Ma non è solo questo il motivo della polemica. L’Europa aspettava la legge comunitaria 2010 e l’avrà (forse) nel 2011. Il motivo del ritardo è presto detto: da novembre 2010 a luglio 2011 il governo è stato senza ministro per le Politiche comunitarie. Così la legge fa la navetta tra commissioni di Camera e Senato e nel suo peregrinare si riempie di articoli che nulla hanno a che fare con la legge. “Alla fine è una di quelle leggi-treno alle quali si aggiungono vagoni sperando che nessuno se ne accorga”, sostiene la senatrice ricordando che la legge nasceva con 11 articoli quando a novembre dello scorso anno è arrivata in Senato in prima lettura. Dal Senato esce con 18 articoli, sette in più. Torna alla Camera il 6 aprile e viene accantonata dalla maggioranza per lasciar spazio al processo breve.

Mentre la legge staziona in commissione arrivano i nuovi vagoni: il Pdl ne approfitta per inserire nuovi articoli che portano a 41 i punti della legge, molti del tutto estranei al suo scopo. Troppo. Così quando la legge torna all’ordine del giorno, stravolta, riceve emendamenti soppressivi e inaspettatamente passa il primo emendamento sul primo articolo che è quello istitutivo della legge stessa. Risultato: tutto il provvedimento decade. Si ricomincia. La legge viene riformulata e torna a 24 articoli ma tra questi compare qualcosa di nuovo, ma forse neppure troppo: quell’articolo 4 che reintroduce la diaria soppressa solo un anno prima.

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LA MEMORIA, SPECIALE – Il giorno del ricordo di Walter Rossi / Walter Rossi: un ricordo senza pace. 10 domande al sindaco Alemanno

Al Compagno Walter Rossi

Il giorno del ricordo di Walter Rossi
Contestata la Belviso: non la vogliamo

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ROMA – A sventolare sul monumento in ricordo di Walter Rossi, questa mattina è una bandiera rossa con falce e martello.
La giornata, organizzata in memoria del giovane comunista dall’associazione dei suoi amici e compagni, è iniziata in modo movimentato: quelle corone di Comune e Regione portate nella piazza che ha il nome di Walter non sono state ben accette. In un primo momento le coccarde rosse e gialle del Comune e blu della Regione erano state staccate dalle corone di fiori e gettate in un cestino dell’immondizia.

Poi la contestazione nei confronti del vicesindaco Sveva Belviso mentre sullo sfondo sventolavano bandiere rosse e veniva intonata Bella ciao: «Quella canzone – spiega Dario, 64 anni, con un passato in Potere Operaio e Lotta Continua – è la risposta diretta, più immediata, aldilà delle parole dette, della volontà generale di questa piazza. È l’inno che rappresenta la resistenza contro quelle persone che altro non sono che fascisti riciclati e tra l’altro non pentiti». In piazza ora è scesa la calma e si sta allestendo il palco dove comparirà lo striscione «Walter Rossi un ricordo senza pace»; attorno al suo monumento sono stati posizionati anche dei pannelli con foto e articoli di giornale che ripercorrono i vari momenti di quella storia di passione politica finita nel sangue. Alle 17 da via delle Medaglie D’oro partirà un corteo in ricordo di Walter che terminerà nella piazza romana a lui dedicata. A concludere la giornata sarà poi un concerto.

«Vogliamo che la storia sia rispettata – ha proseguito Carlo Pellegrino, di Lotta continua – senza blitz clandestini per una finta riappacificazione che mistifica quegli anni: Walter Rossi è stato ammazzato dai fascisti, non come dicono loro, nel corso di una manifestazione. Le responsabilità di quegli anni vanno riconosciute». I militanti di Lotta continua, che hanno allestito la piazza con una mostra dedicata agli anni di piombo e alla morte di Walter Rossi raccontata dai giornali, già nei giorni scorsi – come hanno fatto sapere – hanno mandato un comunicato al gabinetto del sindaco «per chiedergli di non partecipare alla commemorazione Walter».

«Questa è la piazza di Walter e degli antifascisti – hanno proseguito i militanti – non vogliamo che entrino rappresentanti dell’aministrazione comunale, dove ci sono personaggi che, in quegli anni, erano collusi con i gruppi fascisti». In particolare, riguardo alla morte di Walter Rossi, i militanti sostengono che «Alemanno, che a quell’epoca era segretario del Fronte della gioventù, non poteva non sapere chi era il responsabile dell’omicidio di Walter visto che la cerchia dei fascisti era molto ristretta. Ora, che venga qui lui o chi per lui a fare appello affinchè sia fatta chiarezza sulla morte di Walter, sinceramente ci sembra una presa in giro».

Fuori dalla piazza, il vice sindaco Belviso, che – come Birindelli e D’Elia – ha consegnato una corona di fiori in ricordo di Walter, depositata sulla piazza dai Vigili urbani. I militanti di Lotta continua «dicono che noi non rappresentiamo la città di Roma ma un sindaco fascista – ha detto Belviso – ho detto che sono nata nel 1973 e gli anni di piombo li ho letti sui libri, non vissuti. Per noi è un dovere ricordare un ragazzo morto per i suoi ideali politici. Tutti dovremmo dire ‘Mai più’ agli anni di piombo. Invece questi atteggiamenti di esclusione rinfocolano i contrasti politici». Belviso ha anche ricordato che la morte di Walter Rossi resta uno dei 19 casi irrisolti degli anni del terrorismo. Anche per questo, «qui c’è una ferita aperta e un dolore ancora vivo», ha detto D’Elia, che comunque considera «una sconfitta dover rinunciare ai gesti simbolici delle istituzioni. Dobbiamo costruire un percorso che ci aiuti a creare una memoria condivisa – ha aggiunto – ma è sbagliato non far partecipare le istituzioni a questa commemorazione». I militanti di Lotta continua resterano sulla piazza tutto il giorno, fino alle 17, quando è in programma un corteo in ricordo di Walter Rossi.

«Non li vogliamo qui. È inaccettabile nonostante siano passati 34 anni. Loro rappresentano una Giunta farcita di personaggi dell’eversione nera e anche coinvolti nel caso di Walter». Parlare è Gigi, amico stretto di Walter Rossi, il giovane militante di Lotta Continua ucciso a Roma alla fine degli anni ’70. Nel giorno del suo ricordo, i suoi amici più stretti non accettano la presenza, in quella piazza che porta il suo nome, del vicesindaco di Roma, Sveva Belviso, che questa mattina voleva dimostrare e portare la sua solidarietà e vicinanza ai famigliari e amici di Walter attraverso una corona che in un primo momento non le è stato permesso di depositare al centro della piazza.

Diversi minuti per cercare di trovare una soluzione a quella frase «lei non può essere qui in quanto collusa con quel sistema» che ha bloccato e «spiazzato» il vicesindaco della Capitale. «L’avevamo già detto – ha spiegato Gigi – che la presenza di qualsiasi esponente del Comune non era gradita perchè riteniamo questa Giunta farcita di personaggi coinvolti in questa storia. Abbiamo acconsentito però che la corona di Roma capitale fosse lasciata ma per mano dei vigili urbani perchè la Roma antifascista è benaccetta». «Non vogliamo imporre la nostra presenza – ha contestato Belviso spiegando le sue ragioni agli organizzatori della giornata in memoria di Walter Rossi – siamo per la libertà di espressione e non condividiamo questa scelta perchè questo significa rinfocolare quei periodi mentre invece bisognerebbe guardare avanti. Ci hanno impedito di portare l’abbraccio di Roma Capitale agli amici e familiari delle vittime e questo è un vero e proprio sopruso».

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Venerdì 30 Settembre 2011 – 10:05    Ultimo aggiornamento: 17:07

fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=164791&sez=HOME_ROMA

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Walter Rossi


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Dal libro “In Ordine Pubblico” di autori vari – 2003 – curato da Paola Staccioli – Editore Associazione Walter Rossi

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“Il clima di quello scorcio di settembre del 1977 era a Roma molto teso. Le azioni fasciste contro i militanti della sinistra si susseguono a ritmo serrato. Il 27 due studenti sono feriti a colpi di arma da fuoco all’EUR e la sera del 29 Elena Pacinelli, 19 anni, è colpita da tre proiettili in piazza Igea, luogo di ritrovo dei giovani del movimento. Per venerdì 30 viene organizzato un volantinaggio di protesta nel quartiere della Balduina. In viale medaglie d’oro i compagni di Elena, dopo aver subito un’aggressione con sassi e bottiglie partita dalla vicina sede del MSI, vedono un blindato della polizia avanzare lentamente verso di loro, seguito da un gruppo di fascisti che lo utilizza come scudo. Tra costoro c’è anche Andrea Insabato, autore nel 2000 di un attentato contro “Il Manifesto”. Dopo aver fatto fuoco contro i giovani di sinistra i missini arretrano, mentre gli agenti si scagliano su chi tenta di soccorrere Walter Rossi, 20 anni, militante di Lotta Continua colpito alla nuca. Proseguendo la corsa, il proiettile ferirà lievemente un benzinaio. Walter arriverà privo di vita in ospedale. Cortei e manifestazioni percorrono l’Italia nei giorni successivi, mentre sedi e ritrovi dei fascisti vengono devastati e dati alle fiamme. Durante i funerali 100 mila persone salutano Walter con le note dell’Internazionale.

Nessun provvedimento sarà preso nei confronti dei poliziotti presenti: 10 nel furgone blindato, 3 in una volante vicina e due o tre in borghese che si muovevano a piedi, secondo quanto dichiarato dal dirigente, dott. Falvella. Il fermo dei missini avverrà solo 1 ora e un quarto dopo gli spari. I 15 arrestati, tra i quali Riccardo Bragaglia, risultato positivo al guanto di paraffina, saranno ben presto scarcerati e prosciolti dall’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio, e in seguito da quella di rissa aggravata, contestata anche a quattro compagni di Walter. Il missino Enrico Lenaz, arrestato il 4 ottobre, tornerà libero dopo pochi giorni. Nel 1981 alcuni pentiti indicarono nei fratelli Fioravanti e in Alibrandi i possibili assassini. Cristiano Fioravanti, arrestato per appartenenza ai Nar, ammise di essere stato presente ai fatti armato di una pistola, a suo dire difettosa, fornitagli da Massimo Sparti. Attribuì ad Alessandro Alibrandi il colpo mortale e a Fernando Bardi la detenzione dell’arma omicida. In seguito alla morte di Alibrandi in uno scontro a fuoco con la polizia il procedimento penale fu archiviato. Fioravanti venne condannato a nove mesi e 200 mila lire di multa solo per i reati concernenti le armi.

La vicenda giudiziaria si è definitivamente chiusa nel 2001 con l’incriminazione di tre compagni di Walter per falsa testimonianza e il non luogo a procedere, per non aver commesso il fatto, nei confronti di Cristiano Fioravanti, che ora vive libero, sotto altro nome, protetto dallo stato.”


L’ASSOCIAZIONE

L’Associazione si è costituita nel 1997, a vent’anni di distanza dall’assassinio di Walter.
Il suo obiettivo è quello di individuare i responsabili dell’omicidio, ma anche di raggiungere la verità sulle uccisioni di altri militanti della sinistra e sulle stragi e gli attentati che hanno insanguinato il nostro paese nell’ambito di quel processo di stabilizzazione violenta del potere che si è espresso attraverso la strategia della tensione.

Una verità che deve essere innanzi tutto giudiziaria – per questo abbiamo chiesto e ottenuto la riapertura dell’inchiesta, archiviata pure se un noto pentito fascista aveva confessato di essere stato presente, armato, al momento dell’omicidio – ma anche e soprattutto storica, per rendere giustizia alla memoria di quegli anni, sconfiggere la criminalizzazione delle lotte, opporre un rifiuto al revisionismo storico che intende relegare l’antifascismo e il comunismo fra i fatti ormai superati, che ci vorrebbe uniformati e integrati in una società basata sull’ingiustizia e l’oppressione.

Per questo l’Associazione è attualmente impegnata nella proposta di un collegamento fra le varie realtà che si occupano di giustizia, verità e antifascismo, con l’obiettivo di costruire una rete di informazione e discutere la possibilità di realizzare annualmente una Giornata della verità e della memoria.

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fonte:  http://www.reti-invisibili.net/walterrossi/

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WALTER ROSSI MILITANTE DI LOTTA CONTINUA UCCISO DAVANTI ALLA SEDE DEL MSI ALLA BALDUINA FUNERALI MANIFESTAZIONI INCIDENTI
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Walter Rossi: un ricordo senza pace. 10 domande al sindaco Alemanno

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WALTER ROSSI: UN RICORDO SENZA PACE !

La sera del 29 settembre 1977, Elena Pacinelli, 19 anni, militante di sinistra, è colpita da tre proiettili in piazza Igea, luogo di ritrovo dei giovani del Movimento. Il giorno dopo viene organizzato un volantinaggio di protesta nel quartiere della Balduina. In viale Medaglie d’oro i compagni di Elena, dopo aver subito un’aggressione con sassi e bottiglie partita dalla vicina sede del MSI, vedono un blindato della polizia avanzare lentamente verso di loro, seguito da un gruppo di fascisti che lo utilizza come scudo. Tra costoro c’è anche Andrea Insabato, autore nel 2000 di un attentato contro “Il Manifesto”. Dopo aver fatto fuoco contro i giovani di sinistra i missini arretrano, mentre gli agenti si scagliano violentemente su chi tenta di soccorrere Walter Rossi, 20 anni,militante di Lotta Continua colpito alla nuca. Walter arriverà privo di vita in ospedale.
Cortei e manifestazioni percorrono l’Italia nei giorni successivi, mentre sedi e ritrovi dei fascisti vengono devastati e dati alle fiamme. Il giorno dei funerali 100 mila compagne e compagni  salutano Walter cantando l’Internazionale.

Nessun provvedimento sarà preso nei confronti dei poliziotti presenti: 10 nel furgone blindato, 3 in una volante vicina e tre in borghese.
Il fermo dei missini avverrà solo 1 ora e un quarto dopo gli spari. I 15 arrestati, tra i quali Riccardo Bragaglia, risultato positivo al guanto di paraffina, saranno ben presto scarcerati e prosciolti dall’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio, e in seguito da quella di rissa aggravata, contestata anche a quattro compagni di Walter.
Il missino Enrico Lenaz, arrestato il 4 ottobre, tornerà libero dopo pochi giorni. Nel 1981 alcuni pentiti fascisti indicarono nei fratelli Fioravanti e in Alibrandi i possibili assassini. Cristiano Fioravanti, arrestato per appartenenza ai Nar, ammise di essere stato presente ai fatti armato di una pistola, a suo dire difettosa, fornitagli da Massimo Sparti. Attribuì ad Alessandro Alibrandi il colpo mortale e a Fernando Bardi la detenzione dell’arma omicida. Ma visto che Alibrandi era morto in uno scontro a fuoco con la polizia il procedimento penale fu archiviato. Cristiano Fioravanti venne condannato a nove mesi e 200 mila lire di multa solo per i reati concernenti le armi.

Nel 1997 l’Associazione Walter Rossi ha avanzato domanda di riapertura delle indagini ma nel 2001 la magistratura ha incredibilmente incriminato tre compagni di Walter per falsa testimonianza e condannato al pagamento delle spese processuali l’Associazione e ordinato il non luogo a procedere, per non aver commesso il fatto, nei confronti di Cristiano Fioravanti, che ora vive libero, sotto altro nome, protetto dai servizi segreti dello stato italiano.

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GIOVEDI 30 SETTEMBRE ALLE ORE 17 CORTEO DA P. DEGLI EROI
WALTER VIVE, LA LOTTA CONTINUA !!

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE E CONTROINFORMAZIONE  “MACCHIA ROSSA”
CENTRO SOCIALE OCCUPATO AUTOGESTITO  “MACCHIA ROSSA” MAGLIANA

Le 10 domande al sindaco Alemanno

1) Signor sindaco, ricorda dove era la sera del 30 settembre del 1977?

2) Conosceva o frequentava all’epoca Cristiano Fioravanti e Alessandro Alibrandi, indicati da più fonti come gli assassini di Walter Rossi, pur se mai condannati per l’omicidio?

3) Come militante attivo del Fronte della gioventù ha avuto modo di frequentare i locali della sezione dell’MSI della Balduina, a Roma, dalla quale sono partiti e in cui si sono rifugiati indisturbati gli esecutori dell’omicidio? E conosceva o frequentava all’epoca qualcuno degli attivisti presenti quella sera nella sezione

4) Era al corrente della riunione tenutasi nel mese di settembre del 1977 nel quartiere di Monteverde nella quale si organizzò a Roma la strategia di attacco ai militanti della sinistra e furono pianificate le aggressioni?

5) Risponde al vero la sua richiesta di coinvolgere in questa operazione di “pacificazione” il padre di Walter Rossi?

6) Non trova strumentale e di facile approdo rendere partecipe soltanto un anziano genitore, in dissenso con altri componenti della famiglia e con i compagni e gli amici di Walter?

7) Ritiene che i conti con la storia o una sua rilettura possano essere effettuati con un mero avallo “genetico”, prescindendo dall’analisi dei fatti e dal riconoscimento dei protagonisti di quegli anni?

Ricordando anche come l’assassinio di Walter Rossi rappresentò un salto di qualità nella recrudescenza fascista, ricordando l’emozione e indignazione che attraversò l’italia intera, le lacrime di Sandro Pertini e dei centomila che seguirono Walter il giorno dei funerali, non crede sia il caso di una lettura più attenta dei contenuti di quella stagione politica?

9) Ritiene giusto che Cristiano Fioravanti, che ha dichiarato di essere stato presente la sera dell’omicidio e individuato grazie al lavoro dei compagni e degli amici di Walter e alla mobilitazione della stampa democratica come uno dei due esecutori materiali dell’omicidio, viva da tempo in libertà sotto protezione del Ministero degli Interni?

10) I compagni di Walter, che espressero il loro dissenso a Violante sulla riabilitazione dei giovani di Salò, affermano, oggi come allora, che vi è una sostanziale differenza fra vittime e carnefici. Non crede che, senza una chiarezza in tal senso, sia assai fuorviante e strumentale parlare di “pacificazione”?

I compagni e le compagne di Walter Rossi

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fonte:  http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5016&Itemid=9

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Gianni Alemanno, a una manifestazione del Movimento Sociale Italiano- fonte immagine

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“Vorremmo sapere dal sindaco di Roma dov’era quel pomeriggio del 30 settembre 1977 e perché non racconta tutta la verità su quei camerati missini, a lui legati, nel Fronte della Gioventù, che uscirono dalla sede del Msi della Balduina con le armi in pugno per uccidere”. Con queste parole gli amici e compagni di Walter Rossi hanno letteralmente diffidato Gianni Alemanno dal prendere parte alla celebrazione che si svolgerà oggi in memoria del giovane militante di sinistra ucciso 34 anni fa, a soli 20 anni, in via delle Medaglie d’Oro . Alemanno che nel ‘77 era il segretario del Fronte della Gioventù , la stessa organizzazione da cui proveniva l’ex direttrice del Secolo d’Italia Flavia Perina , indicata come sua fidanzata dell’epoca e finita tra le 17 persone arrestate pochi giorni dopo la morte di Rossi perché in mezzo al gruppo di persone da dove partì il colpo c’era anche lei.

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30 settembre 2011

fonte:  http://www.editorionline.com/omicidio-walter-rossi-quei-fantasmi-del-passato-che-inseguono-alemanno-2/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=omicidio-walter-rossi-quei-fantasmi-del-passato-che-inseguono-alemanno-2

TAORMINA – Non solo, anche se vivo, viene dichiarato cadavere al pronro soccorso, ma sbagliano pure a fargli la lastra

Taormina, l’odissea del paziente cadavere
lastra sbagliata, intervento d’urgenza

Radiografia alla parte sana di una gamba, operato a Roma: stampelle e riabilitazione. Il racconto di Giuseppe Teodoro

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di Marco Giovannelli
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ROMA – Quarantasette morto che parla. Ottomila gli euro per sperare di guarire dopo la resurrezione. Se non fosse tutto vero ci sarebbe da ridere. E invece per Giuseppe Teodoro è tutto tragicamente vero. Il romano “giunto cadavere” al pronto soccorso dell’ospedale di Taormina, ha scoperto oggi che per quasi due mesi ha sopportato i dolori al ginocchio perché è stato sottoposto a una radiografia sbagliata che non aveva naturalmente rilevato “lesioni ossee di natura traumatica a carico dei segmenti scheletrici esaminati”. Insomma tibia e perone della gamba destra sono sani ma nessuno aveva mai sostenuto il contrario perché sul referto del triage (il sistema di accettazione secondo una scaletta di priorità) il paziente lamentava un trauma al ginocchio.

«Quando ho letto che ero giunto cadavere al pronto soccorso mi sono fatto una risata – racconta Giuseppe Teodoro, cinquantenne romano, funzionario del ministero di Grazia e giustizia – ma adesso che ho l’esito della lastra sono davvero arrabbiato perché ho sopportato inutilmente il dolore per tanto tempo e non mi sarei ritrovato in queste condizioni, con i muscoli così indeboliti che quasi non riesco a camminare».

Teodoro si trovava a Taormina nel luglio scorso per una vacanza con tutta la famiglia. Una sera, mentre passeggiava, è stato schiacciato da un auto contro un’altra auto in sosta. All’inizio non sembrava nulla di grave ma con il passare delle ore il dolore al ginocchio destro era diventato insopportabile e così il funzionario ministeriale decise di ricorrere alla cure del pronto soccorso dell’ospedale San Vincenzo.

La resurrezione. L’uomo in poco meno di un’ora viene resuscitato perché arriva cadavere ma viene dimesso con una prognosi di 10 giorni. Durante la permanenza al pronto soccorso Teodoro viene visitato e sottoposto a una radiografia del ginocchio per verificare i motivi del dolore. Sotto la macchina però qualcosa non va per il verso giusto e invece del ginocchio viene fatta una lastra alla gamba. Nulla di anomalo per tibia e rotula e per il medico del pronto soccorso il “caso” è stato archiviato con una prognosi di 10 giorni.

Il dolore non passa. Teodoro continua a lamentarsi. Il ginocchio è gonfio e le vacanze sono ormai rovinate. L’uomo con la famiglia torna a Roma nei primi giorni di agosto e un suo amico ortopedico era appena partito per le ferie. Dopo tre settimane finalmente viene visitato e il medico decide di effettuare una artroscopia esplorativa per verificare il motivo del dolore. Legamenti a posto, menischi quasi a posto ma alcuni frammenti ossei della rotula (probabilmente fratturati nell’incidente) si erano posizionati nell’articolazione bloccando quasi completamente il movimento del ginocchio.

«Sono stato 40 giorni immobilizzato – racconta ancora l’uomo – fino al 9 settembre quando sono stato operato d’urgenza in clinica. Costo 8mila euro. Ora sto affrontando una fase di recupero molto complicata perché i muscoli sono diventati particolarmente deboli. Ho appena terminato la prima fase della riabilitazione, ho lasciato da un paio di giorni le stampelle e zoppico».

La rabbia di Teodoro stava per passare quando oggi è arrivata da Taormina il duplicato della lastra con il referto, richiesto dall’uomo per cercare di capire perché in Sicilia non era stata vista nessuna frattura. «Nessuno avrebbe potuto vedere cosa era successo al ginocchio – si lamenta il funzionario – perché nelle lastre il ginocchio non c’è. Se non avessero commesso questo errore forse sarei stato operato due mesi fa, non avrei sofferto tutto questo tempo magari ora non avrei più problemi. Sula mia morte mi sono fatto una risata ma su questo errore no. Denuncerò l’ospedale di Taormina». Un morto che sporge la denuncia? Quello che parla c’è ma il morto con la carta bollata no.

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Venerdì 30 Settembre 2011 – 16:30    Ultimo aggiornamento: 16:42

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SORPRESA! – L’Iva sale dell’1%? I prezzi anche del 7%

Approfondimenti: Manovra e carovita

L’Iva sale dell’1%, i prezzi anche del 7%

Dai pedaggi ai cd, alla benzina: aumenti oltre l’incremento di imposta


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MILANOIl 17 settembre è scattato, per effetto della manovra, l’aumento dell’Iva. Sono passati dal 20 al 21% i detersivi, i giocattoli, le tv ma anche auto, moto, abbigliamento, scarpe, computer, vino, cioccolata, calzature e una serie di altri servizi. E da un giorno all’altro sono aumentati i prezzi. Dell’1%, penserà il più ingenuo. Non proprio. L’effetto dell’operazione, scattata per rimpinguare le casse dello Stato tra i 4 e i 5 miliardi l’anno, sta diventando un po’ più complessa. Soprattutto per i consumatori.

Le associazioni lo avevano annunciato: il rischio è un aumento indiscriminato dei prezzi. Tant’è. La benzina è subito volata a 1,7 euro al litro (per poi ripiegare: ieri oscillava tra 1,63 e 1,64 euro), le sigarette sono aumentate in media del 4%, con punte del 15% per il tabacco trinciato. Ma non solo. L’Adoc, l’associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, ha preso carta e penna e con l’aiuto dei suoi volontari, ha monitorato alcuni negozi in tutta Italia prima e dopo l’innalzamento dell’aliquota. Il risultato? Oggi per fare un corso in piscina potremmo spendere al mese il 5,4% in più e per l’aperitivo con gli amici, aumenti del 3,2%. Certo, si tratta solo di un campione e alcuni prezzi (come nel caso degli aperitivi) sono solo una media di quelli rilevati sul territorio nazionale (nessuno ha mai pagato per un happy hour 7,75 euro). Ma dai risultati finali si ha un’idea di quanto, l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, stia impattando sui nostri acquisti.

Il Codacons poi fa notare: «Se l’Iva passa dal 20 al 21%, non significa che un bene che prima veniva 1 euro ora passa a 1,01 euro. Bisogna scorporare e considerare il prezzo del bene senza Iva, e su quello applicare l’Iva maggiore al 21%». Giusto. Lo abbiamo fatto, ma anche così i conti non tornano. Lo dimostrano, oltre ai calcoli (nella tabella sopra) le decine e decine di segnalazioni arrivate proprio all’associazione presieduta da Carlo Rienzi. Simile a questa: «Stamattina al solito bar, la tazzina di espresso – scrive un consumatore di Roma – mi è stata fatta pagare 0,90 euro contro gli ottanta centesimi pre-Iva. È una truffa».

Un caso tutto particolare è quello dei cd musicali, un mercato che con l’avvento della musica digitale è sempre più in crisi. Innumerevoli gli appelli degli artisti che negli anni passati hanno implorato di far scendere l’aliquota Iva sui cd dal 20 al 4%. Al danno, oggi, si aggiunge la beffa. «A questo punto auspichiamo una decisione sotto il 5% a livello comunitario» commenta Enzo Mazza, presidente della Fimi (Federazione industria musicale italiana). Nel frattempo i prezzi dei cd, anziché scendere per contrastare il fenomeno del download (illegale) e della pirateria, sono saliti. Nei negozi monitorati dall’associazione, al netto delle offerte e delle promozioni, sono passati da 19,40 euro a 20,90 euro.

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Con un incremento lontano da quell’uno per cento. E vediamo perché: il prezzo medio dei cd prima del 17 settembre, era di 19,40 euro. Scorporando l’Iva si arriva a un prezzo base di 16,16 euro. Applicando l’Iva al 21%, il risultato è di 19,55 euro. Eppure il prezzo finale al consumatore è di 20,90 euro. Il 7,7% in più se confrontiamo il prezzo prima e dopo l’aumento dell’imposta. Il 6,9% in più se confrontiamo il prezzo del cd per come doveva essere con l’Iva al 21% (19,55 euro) e com’è invece oggi (20,90 euro). «Questo non aiuta né il commercio né i consumatori – aggiunge Carlo Pileri, presidente dell’Adoc -, che in alcuni casi rinunciano all’acquisto. Senza parlare delle sigarette, una vera e propria speculazione di Stato. E a parlare è un non fumatore: a fronte dell’aumento dell’Iva sono stati alzate anche le accise per un totale di 15-20 centesimi a pacchetto». E poi ci sono le autostrade. A sollevare il caso è stata questa volta Altroconsumo: «I pedaggi autostradali – spiegano dall’associazione – sono una delle categorie di servizi interessati dal recente aumento dell’Iva. Nulla di strano, quindi, se sono state adeguate le tariffe. Peccato che sia stato fatto per scaglioni di 10 centesimi e non applicando matematicamente l’1% in più come previsto dalla manovra finanziaria. Cosa significa? Che a Como, ad esempio il pedaggio è passato da 1,90 euro a 2,00 euro, con un incremento reale del 5,26%».
«Un arrotondamento disciplinato dal decreto interministeriale 10440/28/133 del 12 novembre 2001, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze» fanno sapere da Autostrade per l’Italia. «In pratica, su una cifra da uno a dieci – spiegano – se l’incremento dell’Iva fa arrivare la tariffa a quattro, si arrotonda per difetto (zero). Ma se l’incremento fa arrivare il pedaggio a sei, si arrotonda per eccesso (dieci)». E così ci sono caselli dove l’aumento dell’Iva non ha fatto registrare alcun tipo di incremento (ad esempio Lainate) e altri dove invece il pedaggio è aumentato per eccesso. I comaschi si rassegnino.

Qualche giorno fa è intervenuto sull’argomento anche Mr Prezzi, Roberto Sambuco che ha avviato, in coordinamento con la Guardia di Finanza e gli uffici del Mise, delle azioni di verifica e ispezione. Oltre a un tavolo anti-speculazione. Subito sono seguiti i commenti sarcastici del Codacons: «Mister Prezzi si è svegliato dal letargo in cui sembrava essere caduto – ha detto Rienzi -. Peccato però che i controlli di cui parla andavano realizzati molti giorni fa, ossia ancor prima dell’entrata in vigore dell’aumento». Dall’altra parte, quella delle aziende, c’è chi ha deciso di farsi carico dell’aumento senza alzare i prezzi dei cartellini. Zara, Esselunga, Benetton, solo per citarne alcuni, assorbiranno l’incremento dell’imposta senza riversarla sui consumatori. Almeno per ora.

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Corinna De Cesare
30 settembre 2011 08:55

fonte:  http://www.corriere.it/economia/11_settembre_30/de-cesare-iva-sale-di-un-punto-percentuale_baf74cf0-eb2e-11e0-bc18-715180cde0f0.shtml

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MESSICO – Il trans Brigitte e la strage di Veracruz: Narcotraffico o squadroni della morte?

MESSICO

Il trans Brigitte e la strage di Veracruz
Narcotraffico o squadroni della morte?

Il mistero di Boca del Rio: scaricati in pieno giorno 35 cadaveri. Tra le vittime 12 donne, minori e due poliziotti

Messico/ Altri 14 cadaveri scoperti a Veracruz
(TMNews) – Altri 14 cadaveri sono stati scoperti a Veracruz, città portuale dell’est del Messico, 48 ore dopo che 35 corpi erano stati ritrovati in due furgoni abbandonati nella metropoli messicana – fonte

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Il trans Brigitte
Il trans Brigitte

WASHINGTON – Chi ha ucciso il trans Brigitte e altre 34 persone? I narcos o uno squadrone della morte? La strage avvenuta a Veracruz (Messico) il 20 settembre sta riservando non poche sorprese, con le autorità in imbarazzo davanti all’attività di gruppi di vigilantes non proprio senza macchia.

IL MASSACRO – E’ pieno giorno a Veracruz quando in una strada nella zona di Boca del Rio appaiono degli uomini armati. Indossano divise, ma questo non vuol dire che siano agenti perché i narcos usano spesso abiti militari. Il commando ferma il traffico e scarica da due camioncini 35 cadaveri. Vicino il manifesto di rivendicazione che accusa le vittime di essere al servizio dei Los Zetas, una delle più importanti formazioni criminali.

LE INDAGINI – Tra le vittime vi sono 12 donne, due minori e almeno un paio di poliziotti. Qualche giorno dopo si aggiunge il nome di un personaggio noto nel sottobosco – e non solo – di Veracruz. E’ quello di Brigitte, un trans molto popolare e che si dice abbia tra i suoi clienti anche delle personalità. Risvolto strano: il 17, ossia tre giorni prima, era stato annunciato il suo assassinio ma Brigitte aveva smentito via Facebook. L’autopsia rivela che 34 persone sono state strangolate, solo una è stata finita con un colpo di pistola. E’ possibile che i killer non abbiano usato armi da fuoco per non lasciare tracce balistiche. Precauzione inusuale per i i narcos.

LA PISTA – Gli investigatori accusano il gruppo «Gente nueva», i sicari del Cartello di Sinaloa in guerra a Veracruz contro i Los Zetas. Ma la storia si complica quando la madre di una delle vittime denuncia: «Mio figlio era stato fermato dalla polizia municipale e da quel momento è scomparso». Vuol dire che è stato preso e assassinato da una squadrone della morte? I giornali non si sbilanciano, le autorità prendono tempo per «non violare il segreto istruttorio». Arrivano, infine, su Youtube due video di rivendicazione a nome dei Mata Zetas. Una sigla già nota che pretende di agire «in difesa del popolo» ma che in realtà fiancheggia Sinaloa e il Golfo contro i Los Zetas. Intanto i killer uccidono ancora – altre 15 persone – mentre nelle strade compaiono striscioni, messi dai narcos, che accusano la Marina di aver partecipato alle esecuzioni. Probabilmente si tratta di calunnie ma che aggiungono veleno.

Los Mata Zetas narco-formazione che sostiene di agire «in nome del popolo»
Los Mata Zetas narco-formazione che sostiene di agire «in nome del popolo»

LA PROCURA – Martedì, fonti giudiziarie non escludono il coinvolgimento nella strage di appartenenti alle forze dell’ordine. E si aprono così altri scenari. Il primo: i poliziotti hanno agito per conto del cartello di Sinaloa, una «pratica» piuttosto diffusa in Messico. Il secondo: gli agenti fanno parte di squadre che conducono una guerra segreta contro criminali, veri o presunti. Un fenomeno pericolosamente in crescita in diversi stati messicani. Secondo un esperto americano sarebbero almeno sei le formazioni di vigilantes attive nel paese. Alcune sono pagate da commercianti e sindaci. Altre composte da gruppi di cittadini. Altre ancora fanno da schermo agli assassini dei cartelli. Il governo, in difficoltà, ha reagito inviando diverse centinaia di agenti a Veracruz ed ha escluso che vi sia tolleranza per i giustizieri. Il procuratore locale ha invece minimizzato: “Non e’ successo nulla, tutto va bene”. Ma il mistero di Veracruz non e’ stato ancora risolto.

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Guido Olimpio
30 settembre 2011 09:25

fonte: http://www.corriere.it/esteri/11_settembre_30/olimpio-veracruz-tran-_118d27d6-eb2c-11e0-bc18-715180cde0f0.shtml

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PER PROF E NON DOCENTI – “Ci dispiace, i fondi sono finiti” Niente scatti di stipendio nelle scuole

“Ci dispiace, i fondi sono finiti”
Niente scatti di stipendio nelle scuole

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Prof e non docenti che hanno maturato l’anzianità nel 2011 rimarranno a secco: la Corte dei Conti avverte che non ci sono i soldi per tener fede alle promesse del governo. Sindacati sul piede di guerra


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di SALVO INTRAVAIA

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Niente scatto al personale della scuola per il 2011. A denunciare l’ennesima tegola sulla testa di insegnanti e non docenti è la Gilda. La notizia arriva nel giorno in cui per le casse scolastiche si apre uno spiraglio: il governo, questa mattina è stato battuto con 247 sì e 223 no su un ordine del giorno presentato dal deputato del Pd, Antonino Russo, che impegna l’esecutivo a prevedere la possibilità di destinare una quota dell’otto per mille anche alle scuole pubbliche. Attualmente, all’atto della denuncia dei redditi, i cittadini possono scegliere di destinare l’8 per mille allo stato o a sei diverse confessioni religiose: chiesa cattolica, chiesa valdese, chiesa evangelica luterana, unione delle comunità ebraiche, unione chiese avventiste del settimo giorno e assemblee di Dio.

Ma la cattiva notizia è che il personale della scuola che ha maturato lo scatto di anzianità e stipendiale nel 2011 non riuscirà a percepirlo. “La brutta notizia arriva dalla Corte dei conti”, spiega il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio. “Dalla Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2010, redatta dai magistrati contabili, infatti, emerge l’attuale indisponibilità di risorse da destinare al recupero dell’utilità dell’anno 2011 ai fini della maturazione delle posizioni di carriera e stipendiali del personale del comparto scuola”. Che tradotto da burocratese, significa che gli insegnanti e il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) che hanno maturato lo scatto nel 2011 non avranno nessun aumento di stipendio.

“La notizia  –  aggiunge Di Meglio  –  è di una gravità eccezionale e ci lascia sorpresi, considerata l’entità gigantesca dei tagli che hanno colpito la scuola. Se questa è la premessa per non onorare l’impegno assunto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, la risposta del mondo della scuola non potrà che essere forte”. E rilancia l’invito rivolto ieri attraverso il web alle altre sigle sindacali   per una protesta unitaria a fine ottobre. “Si tratta di un’azione doverosa di difesa dei diritti degli insegnanti  –  conclude  –  soprattutto per quelli che, avendo maturato gli scatti nel 2011, rischiano di essere i più penalizzati”.

L’anno scorso, la manovra finanziaria da 25 miliardi varata dal governo colpì gli stipendi dei docenti congelando per un triennio gli scatti automatici previsti dal contratto. Provvedimento che in fase di conversione in legge del relativo decreto venne alleggerito, vincolando il recupero degli scatti ai risparmi effettivamente realizzati sulla scuola durante l’anno precedente. Una soluzione che ai più sembrò risolutiva. Ma che dopo 12 mesi si rivela inadeguata. I risparmi evidentemente non si sono realizzati appieno nel 2010 e, a questo punto, 400 mila tra docenti e Ata rischiano di non vedersi riconosciuto l’aumento di stipendio atteso da ben 6 anni.

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30 settembre 2011

fonte:  http://www.repubblica.it/scuola/2011/09/30/news/ci_dispiace_i_fondi_sono_finiti_niente_scatti_di_stipendio_nelle_scuole-22459671/?rss

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ABROGAZIONE LEGGE ELETTORALE – Referendum, oltre un milione di firme

30/09/2011

Referendum, oltre un milione di firme

Il leader dell’Idv Antonio Di Pietro

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Festa dei promotori
Al voto per abrogare la legge elettorale

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ROMA
Palloncini rosa con il disegno di un maialino e duecento scatoloni. Così si sono presentati i comitati promotori che hanno depositato all’ufficio centrale elettorale della Suprema Corte di Cassazione più di un milione e duecento mila firme contro l’attuale legge elettorale cosiddetta ’Porcellum’. I rappresentanti dei comitati ora dovranno redigere all’ufficio centrale elettorale un verbale per il deposito delle firme.

«Ancora una volta i cittadini hanno anticipato la politica – ha detto il leader dell’Idv Antonio Di Pietro tra i principali promotori di questa iniziativa – lo hanno fatto i cittadini l’anno scorso con tre referendum che tutti gli altri partiti snobbavano ma il 95% degli elettorali ha fatto sapere che non voleva il nucleare e le leggi ad personam. Oggi dopo una incredibile raccolta di firme fatta in pochi mesi siamo di nuovo qui come cittadini».

Festeggiano anche gli altri fautori dell’iniziativa: Arturo Parisi (Pd), Mario Segni e molti altri. «È stato – ha detto Parisi – un lavoro corale, anche se sono stati i cittadini a correre da noi per esprimere la loro rabbia e indignazione». Andrea Morrone, presidente del comitato per il referendum ha parlato di «fenomeno unico per il tempo occorso per raccogliere le firme, due mesi, e anche in relazione alle scarse risorse umane e finanziarie a disposizione». «Siamo di fronte – ha aggiunto Morrone – ad un miracolo popolare, ad un grande contributo da parte degli italiani alle istituzioni».

Soddisfatto anche Nichi Vendola. «Il messaggio che viene dal popolo italiano a conclusione della raccolta delle firme per il referendum sulla legge elettorale è netto e incontrovertibile ed ha un valore civile prima ancora che politico: i cittadini vogliono contare, non intendono lasciare una delega in bianco ad una classe politica chiusa in Palazzo sempre più screditato», afferma il presidente di Sinistra Ecologia Libertà. «Un valore civico straordinario – prosegue il leader di Sel – che è sintetizzato nel fatto che in poche settimane più di un milione di italiani hanno firmato per aiutare l’Italia a liberarsi da quella vera e propria vergogna che è il Porcellum. Il referendum, il dare la parola ai cittadini, può diventare ora il grimaldello democratico per scardinare un sistema di potere,che ha in questo oscuro sistema elettorale uno dei suoi punti di forza, e che dimostra ogni giorno di più la propria insostenibilità». «La democrazia nel nostro Paese – conclude Vendola – non può più essere umiliata come è successo finora».

Il via libera della Cassazione arriverà entro il 10 dicembre, poi ci sarà il passaggio alla Corte costituzionale, che valuterà l’ammissibilita’ dei due quesiti. Dopo inizierà il momento della campagna referendaria e a questo proposito Morrone lancia l’appello a tutti i cittadini di versare un contributo finanziario attraverso il sito.

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La  tua citt� alla met�

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fonte:  http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/422779/

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TARANTO – L’ovetto rubato che blocca la giustizia. E che, forse, rubato non è

Taranto – cioccolatino su un banchetto. Trattativa da 1.600 euro per evitare le udienze

L’ovetto rubato che blocca la giustizia

Ragazzo alla sbarra per un furto da un euro
Il processo ne costerà migliaia

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TARANTO – «Fino all’anno scorso nella cancelleria penale si usavano ancora i registri di carta» disse del tribunale di Taranto il presidente della Corte d’appello Mario Buffa durante l’inaugurazione di quest’anno giudiziario. «Roba dell’età della pietra…» aggiunse. Parlava del perché a Taranto la giustizia fosse così lenta.

Adesso sa che c’è almeno un altro motivo: l’impiego di tempo ed energie per celebrare processi come quello per il presunto furto di un ovetto Kinder. Siamo all’inizio, seconda udienza fissata per il 31 gennaio prossimo. Valore della «refurtiva»: 1 euro e 4 centesimi. Costo del processo: migliaia di euro fra atti, notifiche, tempo da dedicare e documenti da scrivere per cancellieri, magistrati, avvocati, carabinieri.

E se casomai si mettesse male l’imputato – che si chiama Donato, ha 20 anni ed è uno studente – potrebbe avere un futuro da pregiudicato. Vaglielo a spiegare, poi, se per esempio ti fermano per un controllo stradale, che sulla tua fedina penale c’è scritto sì che hai un precedente per furto, ma era un ovetto Kinder… L’avvocato di Donato, Gianluca Pierotti, è convinto che ci siano «tutte le premesse per chiudere questo caso con un’assoluzione». Ma tanto per cominciare ci vorrà tempo e questa storia tiene sulle corde la famiglia del ragazzo già da più di due anni.

È successo il 4 di agosto del 2009. Donato, allora 18enne, chiacchierava con un amico a Montedarena, sulla litoranea salentina, proprio davanti a un rivenditore ambulante di frutta e dolciumi. La cosa certa è che si è avvicinato all’Ape Poker del venditore (che di nome fa Luciano) per prendere un ovetto di cioccolato. Da qui in poi, però, le versioni diventano due. Lo studente dice di aver preso il Kinder dall’espositore per mostrarlo al commerciante e pagarlo. Il commerciante, invece, sostiene che il ragazzo l’aveva messo in tasca e che quando gli ha detto «ti ho visto, volevi rubarlo», ha ricevuto come risposta una raffica di insulti (da qui il rinvio a giudizio anche per ingiurie). «Tutto falso» replica Donato. «Mi ha sgridato perché non dovevo toccarlo e gli ho chiesto pure scusa». Insomma, un battibecco. Niente che valesse più di una banale seccatura. E invece no. Il venditore ambulante ha chiamato i carabinieri, Donato è stato identificato e sentito in caserma e alle due di notte, quando suo padre si è ritrovato davanti al commerciante, ha provato a chiudere la partita con tante scuse e una stretta di mano. Niente da fare. E nemmeno i tentativi di transazione dei giorni successivi sono andati a buon fine (l’ultima offerta era 1.600 euro). Così la faccenda è diventata decisamente più seria di quel che meritava e il fascicolo dell’ovetto è finito sul tavolo del pubblico ministero Raffaele Graziano: furto e ingiurie. Rinvio a giudizio e processo. Avendo ben presente che anche soltanto l’atto di citazione costa ben più del valore della refurtiva.

L’avvocato Pierotti conta di smontare l’accusa anche grazie all’informativa dei carabinieri, una paginetta che riassume la vicenda e che definisce «alquanto improbabile» la versione del commerciante. Perché Donato «indossava un pantalone jeans a vita bassa aderente e tale da impedire l’intromissione nella tasca di un uovo di cioccolato». C’è da sperare che non si arrivi a una perizia per stabilire se e come un ovetto Kinder può stare nella tasca di un jeans.

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Giusi Fasano
gfasano@corriere.it
30 settembre 2011 07:17

fonte:  http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_30/fasano-ovetto-rubato_5844bcc6-eb21-11e0-bc18-715180cde0f0.shtml

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