Archivio | giugno 2, 2012

INTRA ‘MONA’ – Berlusconi e l’idea pazza sull’euro: «Scherzavo, grave equivocare»


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Berlusconi e l’idea pazza sull’euro: «Scherzavo, grave equivocare»

Ieri l’ex premier aveva detto: «Cominciamo a stampare euro noi con la nostra Zecca»

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ROMA – «Che una battuta, detta “intra moenia” con ironia, venga scambiata per una proposta, è certamente grave per chi dice di fare informazione politica»: lo ha detto oggi Silvio Berlusconi intervenendosulle polemiche suscitate dalle sue affermazioni di ieri, quando aveva detto: «Vi dico un’idea pazza: cominciamo a stampare euro noi con la nostra Zecca…».

«Preoccupante equivocare le mie parole». «E’ preoccupante – dice oggi Berlusconi – che venga presa a pretesto per costruirci sopra teorie stravaganti per inventare una nuova linea politica mia o del Pdl. Che una battuta – detta, tra l’altro, “intra moenia” con ironia e col sorriso – venga scambiata per una proposta – è cosa certamente grave per chi dice di fare informazione politica. Ma è addirittura preoccupante che venga presa a pretesto per costruirci sopra teorie stravaganti su presunte mie prossime “mosse” o per inventare una nuova linea politica mia o del Pdl. Non è bastato che io stesso la definissi un’idea “pazza” per chi evidentemente persegue finalità diverse da quelle di informare».

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fonte ilmessaggero.it

IL PUNTO – Il terremoto in Emilia, di Maria Rita D’Orsogna (fisico)

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Il terremoto in Emilia

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DI MARIA RITA D’ORSOGNA
dorsogna.blogspot.it

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** E’ un post lungo, e chiedo scusa a tutti quelli che mi hanno scritto e a cui non ho potuto rispondere ancora. Per quello che possa contare, un abbraccio all’ Emilia **

La premessa di tutto e’ che io non sono un geologo o un sismologo, ma un fisico, per cui non so e non posso io determinare la causa del terremoto in Emilia, ammesso che sia possibile farlo.

La sotto-premessa e’ che sono anni che continuo a leggere la letteratura sul petrolio, gas, fracking, e che in questi anni ho visto diverse comunità trivellate, parlato con persone, incontrato registi, attivisti, scienziati, in America, in Francia, in Nigeria e credo di avere una buona cultura, di persona di scienza, su tutte le tematiche collegate al tema.

Posso allora porre una serie di osservazioni, in relazione a ciò che ho visto e letto, che poi si traducono in domande e che poi alla fine riconducono ad un’unica conclusione:

L’Italia è fragile – tutta – da nord a sud, e faremmo molto meglio a proteggere questo paese evitando di trivellare alla cieca, fracking o non fracking, o di fare stoccaggi sotterranei per il beneficio di Aleanna, Padania Energia, ENI, Northern Petroleum, Petroceltic, Po Valley, Shell, Rivara Erg Storage, o chi per loro, in cambio di dubbi vantaggi alla collettività e molti rischi.

Proteggere il territorio vale non solo per il petrolio, ma per la cementificazione selvaggia, i capannoni di Modena e le università dell’Aquila crollate perché costruite alla leggera, evitare di trasformare i letti di fiumi e le coste marine in colate di cemento e cosi via.

Quando si prendono le scorciatoie, prima o poi se ne pagano le conseguenze, perché chi comanda non e’ lo speculatore di turno, ma la natura, con i suoi ritmi e le sue logiche. E anche se oggi ti pare di averla fatta franca, di avere risparmiato o speculato, alla fine lei ti presenta il conto senza guardare in faccia a nessuno.

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Veniamo alle osservazioni che io posso fare sul tema terremoto in Emilia.

1. Ho cercato in tutti i modi di capire se ci fosse fracking in Italia. I termini in inglese da cercare sono “hydraulic fracturing”, “stimulated fracture”, “shale gas”. Non ho trovato molto da parte delle ditte petrolifere, in inglese o in italiano, ne da parte del governo Italiano sull’utilizzo di questa tecnica, in Italia *in questo momento*.

Nulla esclude che si voglia o possa fare fracking in futuro. So per esempio che Stefano Saglia, sottosegretario alle attività produttive nel governo Berlusconi ne e’ stato un forte proponitore, so che si parla di possibili riserve di shale gas nella Pianura Padana, ma non credo che il fracking vero proprio sia già in atto in Italia.

Se e’ in atto, e’ sicuramente qualcosa di ben ben nascosto da tutti i siti internet che io abbia potuto indagare.

Questo porta alla domanda: il governo Italiano vuole dirci qualcosa su questo tema? La Francia ha un divieto integrale sul fracking, così pure la Bulgaria. La Germania ne sta discutendo. Anche in Inghilterra dove la pratica e’ stata inizialmente applaudita come rivoluzionaria, ci stanno ripensando. Negli USA lo stato del Vermont e di New York hanno moratorie più o meno lunghe. E noi?

Stefano Saglia come può essere cosi sicuro che questa tecnica sia una cosa buona per l’Italia? Con quale esperto parla lui? Ecco cosa disse l’anno scorso:

Lo shale gas potrebbe aprire nuove strade per l’approvvigionamento energetico in un momento particolarmente delicato a livello globale. L’Italia accoglie con favore l’avvio di approfondimenti a riguardo.

A che conclusione e’ giunto? Che approfondimenti ha fatto? Ci scommetto nemmeno uno.

Ora, anche se il fracking per ora non e’ una tecnica usata in Italia, visto che ne parla tutto il mondo, e visto che la gente vuole risposte, i nostri governanti attuali, Clini, Passera, Monti vogliono dire qualcosa su come l’Italia si pone di fronte alla possibilità di fare fracking sul nostro territorio?

Perché non c’e’ informazione su questo tema? Perché dobbiamo sempre arrivare per ultimi, in maniera disorganizzata, per sentito dire e con l’acqua alla gola? Tutto il web parla di questo fracking,
in maniera più o meno scorretta. Com’e’ che neanche si accenna minimamente a spiegare, regolamentare, discutere in modo ufficiale, questa pratica che prima o poi potrebbe arrivare anche in Italia?

2. Ma poi, cos’e’ questo fracking? In termini molto semplici, e’ una tecnica relativamente nuova
con la quale si manda giu’ nel terreno un cocktail di roba chimica ad alta pressione, si causano microterremoti con i quali la roccia porosa viene fratturata (e di qui il nome hydraulic fracturing), il gas contenuto nei pori della roccia viene sprigionato e poi catturato per essere commercializzato.

Ecco allora il concetto dei (micro)-terremoti collegati al fracking: il fracking di per sé causa delle microscosse. Ma queste microscosse, in generale, sono di intensità bassa, o almeno questo secondo le intenzioni di chi fa il fracking. A volte restano gli interrogativi se sia proprio la pratica del fracking in sé a scatenare terremoti di intensità media – attorno al grado 2,3 o eccezionalmente anche 4 della scala Richter, ma in genere i terremoti sono di intensità bassa.

Quello che invece e’ più pericoloso, in relazione al fracking, e’ l’utilizzo di una miriade di pozzi cosiddetti di re-iniezione, pozzi dismessi in cui si iniettano i fluidi di scarto – la monnezza del fracking.

Per ogni pozzo attivo, infatti vengono prodotti enormi quantità di monnezza fluida – tossica e radioattiva – e non si sa che farne. A volte i petrolieri costruiscono delle vasche a cielo aperto per metterci questa monnezza, i cosiddetti waste pits, altre volte invece usano pozzi sotterranei dismessi per il contenimento.

Qui un waste pit a cielo aperto e non nel Burundi, ma negli USA:

Ora, quando si usano pozzi dismessi di re-iniezione, il fluido di scarto viene tenuto ad *alta pressione* ed e’ questo il vero problema: l’alta pressione dei pozzi, che spingono sulla roccia circostante, potenzialmente lubrificando e cambiando gli equilibri fra le faglie sismiche.

Negli USA ci sono state diverse regioni colpite da sciami sismici in zone in cui si fa fracking – in Arkansas, in Ohio, in Oklahoma, in Texas, e cosi pure in Inghilterra, a Blackpool, dove proprio a causa della sismicità indotta dal fracking c’e’ un ripensamento in generale di questa tecnica.

Si e’ trattato di terremoti in zone in cui prima non ce ne erano, e si e’ arrivati anche al grado 4.7 della scala Richter.

Non e’ stato semplicissimo capire se ci fossero collegamenti fra fracking, pozzi di re-iniezione e sismi, ma lentamente si e’ arrivati alla conclusione che molto probabilmente la “colpa” e’ non del fracking in sé, quanto di questi pozzi di reiniezione.

Questo non lo dice Maria Rita, ma lo dice il Servizio Geologico degli Stati Uniti: il USGS, che afferma:

a possible explanation is the increase in the number of wells drilled over the past decade and the increase in fluid used in the hydraulic fracturing of each well. The combination of factors is likely creating far larger amounts of wastewater that companies often inject into underground disposal wells. Scientists have linked these disposal wells to earthquakes since as early as the 1960s. The injections can induce seismicity by changing pressure and adding lubrication along faults.

Infine, come già discusso varie volte su questo blog, a parte i terremoti in modo più o meno diretto, questo fracking porta a innumerevoli problemi – l’inquinamento delle falde idriche in primis, l’uso di enormi quantità di acqua, e l’emissione di gas nocivi.

E’ per tutti questi motivi che non e’ proprio una cosa saggia e che secondo me l’Italia dovrebbe bannarlo, in maniera preventiva, cosicché nessuno neanche ci pensi a farlo nel nostro paese.

3. Ma allora sorge la domanda, in Emilia, ammesso che il fracking non si faccia in questo momento in Italia, ci sono pozzi di reiniezione di rifiuti liquidi provenienti dalle estrazioni di gas e di petrolio “normale”? Qualcuno li ha studiati? Ecco cosa dice il nostro Ministero delle Attività produttive.

In Emilia Romagna ci sono 514 pozzi perforati, di cui 69 non produttivi e destinati ad “altro uso“.

Fra questi, che ho potuto identificare io, ce ne sono almeno 7 di reiniezione:

1. Angelina 001 – concessione Ravenna Mare (Ravenna) ENI
3. Cavone 14 – concessione Mirandola (Modena) Padana Energia
9. Cortomaggione 038 – concessione Cortomaggiore (Piacenza) ENI
23. Cortomaggiore 134 dir – concessione Cortomaggiore (Piacenza) ENI
29. Minerbio 021 – concessione Minerbio (Bologna) ENI-Agip
63. Spilamberto 009 – concessione Spilamberto (Bologna-Modena) Padana Energia
65. Tresigallo 007 – concessione Tresigallo (Ferrara) ENI

Ecco le schede:

Di questi tre sono molto vicini all’area dei terremoti – Mirandola, Spilamberto, Minerbio.

Il nostro governo ha qualcosa da dire su questi siti di reiniezione, sulle pressioni che possono essere esercitate su eventuali faglie circostanti, specie visto che alcuni di questi siti sono vicini all’epicentro del terremoto e visto che negli USA almeno i siti di reiniezione ad alta pressione hanno “quasi sicuramente” scatenato i terremoti come dice l’USGS?

E anche se non sono i siti di reiniezione la causa scatenante di questi terremoti, e’ possibile che abbiano in qualche modo acuito o partecipato ai terremoti o invece sono stati assolutamente innocui?

In questo senso, condivido pienamente il pensiero del Prof. Ortolani che chiede maggiore vigilanza sui siti di reiniezione in Italia.

4. In Emilia ci sono, come detto, più di 500 pozzi scavati di petrolio e di gas “normali”, senza fracking, di cui varie centinaia attivi, alcuni di questi vicinissimi al punto d’impatto. Io non so se questi pozzi in cui non si pratica il fracking possano essere relazionati ai terremoti, ma so che vi sono casi registrati in altre parti del mondo in cui le trivelle hanno portato a terremoti. Casi eccezionali certo, ma pur sempre accaduti.

Qui quello che avevo scritto a suo tempo sul terremoto dell’Aquila – era uno studio commissionato dai petrolieri della Sclumberger ed eseguito da scienziati russi che affermavano che trivellare aveva portato a terremoti di grado anche 7 della scala Richter in zone desertiche dell’Uzbekistan.

Si riportano casi di sismicità indotta in Oman, in Francia, in Texas, anche senza fracking, ma, come detto, io non so, e non posso dire se questo sia il caso in Emilia Romagna, data la forte magnitudine del sisma.

Anche qui, quello che posso sottoscrivere e’ quanto scritto da Vitaly Adushkin, Vladimir Rodionov, Sergei Turuntaev, scienziati russi dell’Istituto della Dinamica della Geosfera, dell’Accademia Russa di Scienza, assieme alla Schlumberger:

Few will deny that there is a relationship between hydrocarbon recovery and seismic activity, but exactly how strong a relationship exists has yet to be determined.” They caution that in regions where tectonic activity is already high, extracting oil and natural gas could trigger strong quakes.

Poche persone possono negare l’esistenza di correlazioni fra estrazioni di idrocarburi e attività sismica, ma esattamente quanto forte sia la relazione fra i due eventi deve essere ancora determinato. Occorre dunque essere prudenti, perché in zone dove l’attività’ sismica e’ già molto elevata, l’estrazione di petrolio e di gas potrebbe scatenare forti terremoti.

Infine, un caso simile di sismicità indotta si e’ verificato qualche anno fa a Basilea, Svizzera, dove nel 2006 Markus Haring stava trivellando un pozzo per geotermia che scatenò uno sciame sismico di 30 terremoti con grado massimo 3.4. Fu anche messo sotto processo per avere causato instabilità al territorio, rischiava il carcere, ma se l’e’ cavata con una multa se non mi sbaglio.

5. Infine, si parla di creare un mega campo di stoccaggio di gas nell’area del terremoto detto Rivara.
Si parla di “importanza strategica nazionale”. Ma come abbiamo fatto finora senza? E’ davvero così importante o si tratta dei giochini soliti per farci soldi?

Di questi campi di stoccaggio ne sono previsti 14 in tutta Italia, fra cui a San Benedetto del Tronto, a San Martino sulla Marrucina, zone sismiche, delicate.

Cui prodest?

Qui un articolo su simili progetti in Olanda, dove si vogliono stoccare 4 miliardi di metri cubi di gas ad alta pressione, da parte della Gazprom e della Taqa, che e’ una sussidiaria della ditta nazionale di gas di Abu Dhabi. Si afferma che per il progetto nella zona di Bergermeer

“Gas storage plan will boost earthquake risk”

Si dice che:

A number of scientific reports however show that gas storage might bring about serious seismic hazard to the surrounding municipalities of Bergen, Heiloo and Schermer and the town of Alkmaar. The area has known a number of (man) induced earthquakes during the depletion of the field between 1994 and 2008, with subsequent higher magnitudes on the Richter scale. Scientists from a number of renowned scientific institutes such as KNMI, MITand TNO are comfortable with an estimated maximum magnitude of 3,9 on the Richter scale, with a chance of occurrence of 2% over the concession period. Earthquakes with lower magnitude but still quite damaging are of a much higher likelihood.

Un numero di rapporti scientifici mostrano che lo stoccaggio di gas possa portare seri rischi alle città vicine di Bergen, Heiloo e Schermer e la citta’ di Alkmaar. L’area ha già vissuto un certo numero di terremoti indotti dall’uomo durante lo svuotamento del campo fra 1l 1994 ed il 2008, con scosse sempre più alte sulla scala Richter. Gli scienziati da un gran numero di noti istituti di ricerca come il KNMI, MIT e TNO sono soddisfatti nell’estimare una magnitudine massima di 3.9 sulla scala Richter, con la possibilità di occorrenza del 2% sul periodo della concessione. Terremoti di grado minore ma allo stesso modo con danni notevoli sono di una probabilità molto maggiore.

Per l’Olanda allora i sismologi dell’MIT hanno stimato che questo impianto di stoccaggio del gas può arrivare fino a terremoti del grado 3.9 con un tasso di occorrenza del 2%.

Per la cronaca. l’MIT e’ il Massachusetts Institute of Tecnology, Boston, uno degli istituti di ricerca più noti del mondo, il KNMI è il Koninklijk Nederlands Meteorologisch Instituut, l’Istituto Olandese di Meteorologia, e il TNO e’ il Nederlandse Organisatie voor Toegepast Natuurwetenschappelijk Onderzoek, Netherlands Organisation for Applied Scientific Research.

Qualcuno *che non sia la ditta proponente* ha fatto gli stessi studi per Rivara? Se uno infatti va a leggere quello che dice la Rivara Erg Storage, ti dicono che e’ tutto perfetto e tuttapposto, ma loro cosa possono dire?

Qualcuno ha parlato alle persone del fatto che terremoti più lievi sono di probabilità maggiore?

Qualcuno ha interpellato l’MIT per Rivara, San Benedetto del Tronto, o per San Martino sulla Marrucina?

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Di tutte queste cose riparleremo.

Alla fine resta la sola domanda: chi ci guadagna in tutto questo trivellare, stoccare, petrolizzare?

Nessuno di noi esseri normali.

In Emilia, ci sono stati morti, perdite ingenti, angoscia, paura, domande senza risposte in cambio di niente.

Magari il petrolio, i pozzi di reiniezione, lo stoccaggio del gas non c’entrano niente, ma e’ evidente che non puoi continuare a insultare madre natura e ad aspettarti che non ci siano mai conseguenze di nessun genere.

Con le trivelle ci guadagnano le ditte petrolifere, l’ENI, la Erg Rivara Storage, gli speculatori. Per cui anche se non si sa, le leggi della fisica, della probabilità, e soprattutto il semplice buon senso dicono che il gioco per noi cittadini davvero non ne vale la candela.

Maria Rita
Fonte: http://dorsogna.blogspot.it
Link: http://dorsogna.blogspot.it/2012/06/il-terremoto-in-emilia.html
1.06.2012

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fonte comedonchisciotte.org

LA MANIFESTAZIONE – “La Repubblica siamo noi”, in piazza il Movimento per l’acqua

Movimento per l'acqua, in 5mila a piazza San Giovanni

“La Repubblica siamo noi”
in piazza il Movimento per l’acqua

Da piazza Esedra a San Giovanni 5mila persone si sono ritrovate in corteo per “riaffermare la necessità che venga rispettato il voto del referendum di giugno 2011”. Partito anche un “avvertimento” in merito alla vendita del 21% di Acea: “Sarà una goccia a far traboccare il vaso”. Hanno sfilato anche i terremotati dell’Emilia, i gruppi contro le discariche e i NoTav

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di MARCO CIAFFONE e MAURO FAVALE

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“Il voto va rispettato”. Non poteva essere più chiaro il riferimento al referendum del giugno 2011, il cui risultato vide prevalere nettamente la difesa dell’acqua come bene pubblico. I movimenti che sostennero l’iniziativa referendaria sono tornati in piazza. Circa millle persone si sono riunite a piazza Esedra e hanno iniziato la “marcia” alle 15.30. All’arrivo a piazza San Giovanni, alle 18, i manifestanti erano 5mila.

Il corteo da piazza Esedra a San Giovanni

Tra i manifestanti le bandiere di Cobas, Federazione della Sinistra, Verdi e Movimento 5 stelle. Tra gli slogan, si rivendica che il “13 giugno 2011 io c’ero” e si lancia la provocazione: “Sarà una goccia a far traboccare il vaso”. L’obiettivo della protesta, per i romani, è chiaro: la vendita del 21% delle quote di Acea ai privati. “Significa svendere l’acqua dei romani”, affermano i manifestanti prima di spiegare con uno striscione il senso che danno alla ricorrenza di oggi: “La Repubblica siamo noi”. Su Twitter, invece, il profilo di Acqua Bene Comune cinguetta: “Insomma, tra noi e la parata militare vinciamo noi mille a zero”.

E l’ottica nazionale non manca; sfilano infatti anche i terremotati dell’Emilia, perché “Il terremoto ci ha tolto case e lavoro ma nessuno può toglierci la res publica”.

Con loro, i gruppi che protestano contro le discariche previste intorno alla capitale e in Campania, oltre ai NoTav.

Pd. Umberto Marroni, caogruppo del Pd in Campidoglio, afferma: “L’infausto progetto di svendita di Acea targato Alemanno è in palese contrasto con il referendum popolare, anche alla luce di ciò ribadiamo al sindaco la richiesta di accantonare l’illegittima delibera 32 e di iniziare finalmente la discussione del bilancio visto che mancano solo 29 giorni alla scadenza dei termini di legge”.

Per Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, “Il modo migliore per festeggiare la Repubblica è quello di marciare con il popolo dell’acqua”.

Idv. “Giù le mani dall’acqua pubblica!”. E’ quanto scrive sul suo profilo Facebook Antonio Di Pietro: “L’Italia dei Valori, che lo scorso anno ha promosso e sostenuto i referendum contro la privatizzazione dell’acqua, il nucleare e il legittimo impedimento, partecipa alla mobilitazione. L’acqua non è una merce, ma un bene dell’umanità e, pertanto, appartiene a tutti. Per questo, l’Idv vigilerà affinché la volontà popolare espressa attraverso il voto referendario sia rispettata pienamente. Non consentiremo a nessuno di calpestare la democrazia e di sacrificare gli interessi collettivi in nome delle lobby e dei potenti”.

Sel. “La mobilitazione rappresenta un’alternativa  concreta alle politiche neo liberiste di privatizzazione come quelle portate avanti dal governo Monti e, a livello locale da Alemanno su Acea” afferma l’esponente di Sel Paolo Cento.”A partire dalla Regione Puglia, unica regione che ha avviato la ripubblicizzazione dell’acquedotto e che ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale l’obbligo di privatizzare i servizi locali, Sel è impegnata con sindaci e amministratori locali a difendere in tutto il territorio nazionale l’esito referendario per l’acqua bene comune come contenuto decisivo anche per costruire un’alternativa di governo nel nostro Paese”.

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fonte roma.repubblica.it

Napolitano: «Su parata sisma strumentalizzato»

fonte immagine maurobiani.it

Napolitano: «Su parata sisma strumentalizzato»

Parata con polemiche. Il presidente: «Strumentalizzato il terremoto». E a Di Pietro che ha parlato di «sagra degli sprechi»: «Non sa di che parla». Il leader Idv: «Offende gli italiani». Napolitano applaude a ritmo: VIDEO | Assente Alemanno. Il governatore dell’Emilia invece considera la sfilata un segno di solidarietà | L’Italia celebra la Repubblica ma pensa a crisi e terremotati | Il minuto di silenzio: VIDEO | «I Verdi: Basta parate» VIDEO
parata 2 giugno 2012 - 640
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Parata del 2 giugno, ovvero delle polemiche con l’accusa che con il terremoto “è uno spreco” lanciata da Lega e Idv. Assente con polemica il sindaco di Roma Alemanno. Ed è il presidente Giorgio Napolitano a contrattaccare accusando di aver strumentalizzato il terremoto chi aveva chiesto di cancellare la parata e che il leader dell’Idv “non sa di che parla” quando parla di “spreco”.

Il minuto di silenzio per il sisma: VIDEO

Napolitano applaude a ritmoVIDEO

«I Verdi a Napoli: Basta parate» VIDEO

NAPOLITANO: “STRUMENTALIZZATO TERREMOTO”
E A DI PIETRO: “NON SA DI CHE PARLA”
«Alcune polemiche erano vecchie posizioni negatrici del ruolo delle Forze armate e della parata militare», ha detto il Capo dello Stato tirando le somme dei festeggiamenti di quest’anno. «Alcuni hanno utilizzato un po’ strumentalmente l’emergenza del terremoto». E a chi ha parlato di ‘sagra degli sprechi’ (cioè  Di Pietro) ha replicato: «Non sa di che parla».

L’Italia celebra la Repubblica ma pensa a crisi e terremotati

DI PIETRO INSISTE: «OFFENDE GLI ITALIANI E NON SE NE RENDE CONTO»
«Secondo il Presidente della Repubblica io non saprei quel che dico, ma lui non sa quel che fa». È durissima la replica di Antonio Di Pietro a Giorgio Napolitano. «Il Capo dello Stato se la prende con me perchè pensa di poter colpire quel che ritiene essere l’anello debole della catena, ma qualcuno farebbe bene ad informarlo che sono milioni i cittadini che hanno trovato di cattivo gusto la parata e soprattutto il ricevimento, tenutosi ieri sera ai giardini del Quirinale, a base di pasticcini, torte e champagne», afferma in una nota il leader dell’Italia dei Valori.

PARATA TRA POLEMICHE-ASSENZE
Assenti dal Pd Bersani che era nell’Emilia terremotata (presente invece D’Alema) e Alfano dal Pdl (c’erano ex ministri del governo Berlusconi come La Russa e Gasparri), il Capo dello Stato ha sottolineato la necessità di una, se pur sobria, celebrazione come quella della Festa della Repubblica, ma le polemiche non si sono placate. Nella tribuna delle autorità, dove il governo al completo ha affiancato Napolitano e i presidenti di Camera Fini e Senato Schifani, non si sono visti la Lega e l’Italia dei Valori. Maroni da Bergamo ha parlato di un «buttare soldi nel cesso», il leader Idv ha parlato di una «costosa parata che è una mancanza di rispetto, non solo nei confronti di quelle popolazioni colpite dal sisma ma anche dei principi della Repubblica».

ERRANI: PARATA SEGNO DI SOLIDARIETA’
Il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani l’ha difesa. «Il 2 giugno è la festa della Repubblica. Il fatto che il Presidente Napolitano abbia scelto di dedicarla alla vittime e alla popolazioni terremotate è un segno importante di solidarietà e unità della Repubblica». E mentre non c’era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, mentre c’erano i presidenti di Provincia e Regione, Nicola Zingaretti e Renata Polverini.

Per strada, attivisti sono stati fermati e identificati per aver esposto cartelli di protesta al Colosseo contro la parata, mentre hanno ricevuto applausi ma tiepidi Fini e Monti.

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fonte unita.it

IL FUTURO E’ QUI – Da La Palma a Tenerife, nuovo record di distanza per il teletrasporto

Da La Palma a Tenerife, nuovo record di distanza per il teletrasporto
Vista dell’orizzonte dell’isola di La Palma, nelle Canarie, dove il team di Zeilinger ha stabilito il primato di distanza per il teletrasposto quantistico (© Dusko Despotovic/Corbis)

Da La Palma a Tenerife, nuovo record di distanza per il teletrasporto

Il gruppo viennese guidato da Anton Zeilinger batte il primato di teletrasporto trasferendo lo stato quantistico di fotoni tra due isole delle Canarie, a 147 chilometri di distanza. Pochi giorni prima, ricercatori cinesi diretti da Jian-Wei Pan avevano annunciato di aver effettuato il teletrasporto dello stato di fotoni a una distanza di 97 chilometri. Questi successi aprono la strada a nuovi test su lunghe distanze, usando addirittura satelliti in orbita, e a future tecnologie di comunicazione quantistica di uso pratico (red)

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Volendo interpretare gli eventi in termini di competizione internazionale, si potrebbe dire che la Cina si sta facendo sotto ma la vecchia Europa non ha  intenzione di cedere il suo primato.

Qualche giorno fa, infatti, alcuni ricercatori cinesi della University of Science and Technology of China di Shanghai diretti da Jian-Wei Pan hanno pubblicato su arXiv un articolo in cui annunciano di aver completato con successo un esperimento di teletrasporto di uno stato quantistico di fotoni su una distanza di circa 100 chilometri, superando di due ordini di grandezza il precedente primato.
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Da La Palma a Tenerife, nuovo record di distanza per il teletrasporto
Antoni Zeilinger © HERBERT PFARRHOFER/epa/Corbis

Pochi giorni dopo, tuttavia, il 17 maggio, il gruppo dell’Università di Vienna guidato da Anton Zeilinger, uno dei pionieri di questo particolare campo di ricerca, ha replicato, sempre su arXiv, con una distanza di 143 chilometri, superando così i colleghi di Shanghai.

Alla base degli esperimenti sul teletrasporto quantistico vi è l’ormai noto fenomeno dell’entanglement, per il quale due particelle opportunamente preparate (convenzionalmente indicate come “A” e “B” o con i nomignoli Alice e Bob) stabiliscono una correlazione di natura quantistica che si mantiene anche allontanandole a una distanza virtualmente arbitraria.

Una misurazione condotta su una delle due fa collassare il suo stato quantistico su un valore definito, e lo stesso avviene per la particella lontana, come se ci fosse una misteriosa interazione istantanea a distanza (spooky action at a distance, come la definì Albert Einstein, che propose per primo il paradosso di questa comunicazione, passato alla storia come “Paradosso EPR”, da un famoso articolo del 1935 scritto con Boris Podolski e Nathan Rosen).

Alla fine degli anni novanta, grazie ai pionieristici studi di Francesco De Martini dell’Università «La Sapienza» di Roma e di Anton Zeilinger, allora all’Università di Innsbruck, la realtà del teletrasporto è stata dimostrata sperimentalmente. Da ciò è nato un fertile filone di ricerca che ha portato a diversi successi, tra cui quello annunciato dallo stesso Pan nel 2010 su una distanza di 16 chilometri. Tuttavia, il risultato era di scarsa applicazione pratica a causa della necessità di preparare i due fotoni entangled in uno spazio molto limitato e non esteso.

Per superare questa limitazione, Pan ha introdotto “Charlie”, un intermediario in grado di preparare due fotoni nello stato entangled a una certa distanza, grazie all’invio di un fascio di luce ultravioletta attraverso un cristallo di bario, riuscendo così a teletrasportare lo stato del fotone Alice verso Bob da una sponda all’altra di un lago con una percentuale di successo dell’80 per cento. Misurata la distanza, fanno appunto 97 chilometri in linea d’aria.

L’esperimento di Zeilinger si è svolto invece nelle Isole Canarie. Sfruttando nuove tecnologie, quali un’innovativa fonte di fotoni entangled e di rivelatori di fotoni singoli a rumore ultra-basso, e superando notevoli difficoltà meteorologiche, il gruppo è riuscito a portare a buon fine il teletrasporto dall’isola di La Palma a quella di Tenerife, che distano tra loro 147 chilometri.

Se i risultati annunciati da Pan e Zeilinger saranno confermati dalla peer review (arXiv, infatti, è un archivio informatico a disposizione della comunità scientifica, ma gli studi pubblicati non sono sottoposti a revisione), e superata quindi ufficialmente la barriera dei 100 chilometri, s’intravede la possibilità di estendere i test utilizzando i satelliti artificiali in orbita. E, guardando più oltre, di stabilire finalmente le basi per tecnologie di comunicazione quantistica di uso pratico.

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fonte lescienze.it

Trento, scontri e cariche per la Fornero

Trento: arriva la Fornero, la polizia carica

Momenti tensione fuori dall’auditorium Santa Chiara tra i manifestanti e la polizia, poco prima dell’incontro con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. All’inizio la contestazione è inziata con una serie di slogan e striscioni, poi c’è stato un primo lancio di fumogeni, a cui è seguito un momento in cui forze dell’ordine e manifestanti sono entrati in contatto. Sul posto è stata fatta arrivare l’ambulanza per soccorrere una persona che è rimasta ferita (ansa) – QUI LA GALLERY

Trento, scontri e cariche per la Fornero
Il ministro: “Non voglio creare problemi”

Tensione per la partecipazione del ministro del Lavoro al Festival del’Economia. I manifestanti hanno tentato di forzare il blocco delle forze dell’ordine per entrare nell’Auditorium Santa Chiara. Una persona è stata trasportata in ambulanza, leggermente contuso il sindacalista Ezio Casagranda

Trento, scontri e cariche per la Fornero Il ministro: "Non voglio creare problemi" Un manifestante ferito a Trento (ansa)

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TRENTO – Tensione a Trento per la visita del ministro del Lavoro Elsa Fornero. Fuori dall’auditorium Santa Chiara, dove era previsto l’incontro con la titolare del Welfare per il Festival dell’economia, la polizia ha caricato alcune decine di aderenti al centro sociale Bruno di Trento che contestavano le azioni di governo in tema di lavoro ed economia e chiedevano di poter entrare nell’auditorium per incontrare il ministro.

LE IMMAGINI DEGLI SCONTRI 1

Le contestazioni sono iniziate poco dopo le 16.  Le forze dell’ordine, in assetto antisommossa, hanno per quattro volte caricato alcuni manifestanti che volevano forzare il blocco per poter entrare nell’edificio. Negli scontri sono stati coinvolte una cinquantina di persone, tra le quali anche il sindacalista Ezio Casagranda. Il bilancio, al momento, è di un ferito. Sul posto è stata chiamata un’ambulanza.

“L’ultima cosa che voglio è creare dei problemi”. Così ha commentato la Fornero dopo gli incidenti. “Io credo – ha aggiunto Fornero sulle contestazioni – sia parte di un modo democratico di vivere anche esprimere il dissenso. Però la protesta, deve essere fatta in una logica di dialogo. Il governo è accusato di non avere sufficiente dialogo e magari in parte è vero. Certo la quantità di lavoro chiesta ai ministri è tanta. Però le riforme, oltre a farle, bisogna comunicarle”.

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fonte repubblica.it

L’Apocalisse dietro l’angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?


Our future..? – fonte immagine

L’Apocalisse dietro l’angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?

La storia della fine del mondo prevista dai Maya è una bufala, ma alcuni ricercatori ritengono che la simulazione che 40 anni fa previde un collasso socioeconomico e una brusca riduzione della popolazione umana entro questo secolo potrebbe aver colto nel segno

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di Madhusree Mukerjee

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Ricordate in che modo Vil Coyote, nella sua ossessiva caccia a Beep Beep, cade in fondo al canyon? Lo sventurato predatore corre oltre il limite del baratro, si ferma a mezz’aria come solo un personaggio dei cartoni animati può fare, guarda sotto di sé spalancando gli occhi in un barlume di recuperata lucidità e precipita verso il suolo, alzando una nube di polvere.

Circa 40 anni fa, un modello computerizzato elaborato al Massachusetts Institute of Technology, chiamato World3, avvertì che un simile destino aspettava la civilizzazione umana nel XXI secolo. Il libro I limiti dello sviluppo, uscito nel 1972, che scatenò un aspro dibattito, spiegava quei risultati: i ricercatori sostenevano che il sistema industriale globale avesse un’inerzia tale da non riuscire a correggersi in corsa in risposta ai segnali dello stress planetario. A meno che la crescita economica non si fosse fermata prima di raggiungere l’apice, sottolineavano gli autori, la società era destinata a passare il segno e precipare, con miliardi di possibili vittime.

Non guardate giù, ma siamo a mezz’aria – afferma adesso un nuovo libro. In 2052: A Global Forecast for the Next Forty Years (Chelsea Green Publishing), Jorgen Randers della BI Norwegian Business School di Oslo, uno degli autori della simulazione World3, sostiene che la seconda metà del XXI secolo ci porterà vicino all’apocalisse, sotto forma di un grave riscaldamento globale. Dennis Meadows, professore emerito di politiche dei sistemi all’Università del New Hampshire che guidò il gruppo originario del MIT e che ha rivisto World3 nel 1994 e nel 2004, ha una visione ancora più pessimistica. Il programma degli anni settanta produsse una gamma di scenari, in alcuni dei quali l’umanità imparava a gestire la produzione e la popolazione per vivere entro i limiti planetari (definiti come i limiti dello sviluppo). Meadows sostiene che le opzioni sostenibili non sono più disponibili perché l’umanità non è riuscita ad agire tenendo conto di questi limiti.
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L'Apocalisse dietro l'angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?
Confronto tra gli scenari previsti dal libro “I limiti dello sviluppo” e i dati reali raccolti negli ultimi anni (cortesia PBL Netherlands Environmental Assessment Agency)

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Al contrario, gli ultimi dati globali stanno tratteggiando uno degli scenari più allarmanti, in cui queste variabili aumentano costantemente fino a raggiungere un picco e poi diminuiscono bruscamente in un processo definito collasso. In effetti, “si possono scorgere i segni del collasso già in atto”, spiega. “La quantità di cibo pro capite sta scendendo, l’energia va scarseggiando e le riserve di acqua nelle falde si vanno esaurendo”. Ma l’elemento più preoccupante, sottolinea, è che i gas serra vengono emessi a un ritmo doppio rispetto a quello di assorbimento di oceani e foreste. Mentre nel 1972 gli esseri umani usavano l’85 per cento della capacità rigenerativa della biosfera per supportare attività economiche come produrre cibo e altri beni e assorbire gli inquinanti, il valore è attualmente del 150 per cento, e aumenta.

Le idee di Randers somigliano molto da vicino allo scenario di World3, in cui l’efficienza energetica previene i peggiori effetti del cambiamento climatico solo fino al 2050. Per i pochi decenni a venire, Randers prevede che la Terra andrà avanti più o meno come ha fatto finora. Le economie ricche continueranno a crescere, benché più lentamente perché occorrerà distogliere investimenti per gestire l’impoverimento delle risorse e i problemi ambientali, che perciò lasceranno meno capitali per produrre beni per il consumo.

La produzione di cibo migliorerà: l’incremento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera farà sì che le piante crescano più velocemente, e il riscaldamento consentirà di coltivare nuove aree, come la Siberia. La popolazione crescerà fino a un massimo di circa otto miliardi entro il 2040.
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L'Apocalisse dietro l'angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?
© Ton Koene/Visuals Unlimited/Corbis

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Alla fine, tuttavia, alluvioni e desertificazioni prenderanno il sopravvento, riducendo le aree coltivate e con ciò la disponibilità di grano. Nonostante gli sforzi umani per mitigare il cambiamento climatico, Randers prevede che i suoi effetti diventaranno devastanti dopo la metà del secolo, quando il riscaldamento globale s’intensificherà, per esempio, innescando incendi che trasformeranno le foreste in aree che emettono carbonio invece di assorbirlo. “Molto probabilmente, scoppierà una guerra prima di arrivare a quel punto”, aggiunge Randers, che si aspetta che la migrazione di massa da zone diventate invivibili porterà a conflitti armati localizzati.

Graham Turner, della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization australiana, teme invece che il collasso possa avvenire anche prima, ma a causa del picco del petrolio anziché del cambiamento climatico. Dopo aver confrontato i vari scenari generati da World3 con dati recenti su popolazione, produzione industriale e altre variabili, Turner e, separatamente, la PBL Netherlands Environmental Assessment Agency, concludono che il sistema globale sta fedelmente seguendo una curva di sviluppo senza cambiamenti rispetto al passato. In questo modello, l’economia continua a crescere come atteso fino a circa il 2015, per poi vacillare a causa del fatto che le fonti non rinnovabili cominciano a diventare più costose da estrarre.

“Non si tratta dell’esaurimento di qualcuna di queste risorse”, spiega Turner. “È che andando alla ricerca di fonti non convenzionali, per esempio nel fondo degli oceani, occorrerà molta più energia per estrarre ogni singola unità di energia.” Per mantenere la fornitura di petrolio, il modello prevede che la società distoglierà investimenti dall’agricoltura, causando una caduta della produzione di cibo. In questo scenario, la popolazione raggiungerà un picco, tra sette e otto miliardi, intorno al 2030 per poi diminuire bruscamente, raggiungendo infine i quattro miliardi entro il 2100.

(La versione originale di questo articolo è apparso su Scientificamerican.com il 23 maggio 2012; riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

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fonte lescienze.it

Kosovo: dopo le barricate vie percorribili

Nikolic apel për qetësi – Vizion Plus – News – Lajme

Pubblicato in data 02/giu/2012 da

Presidenti serb Tomislav Nikolic ka reaguar pas përleshjeve te një dite me pare ne kufirin midis Kosovës dhe Serbisë, duke bere apel për qetësi dhe për distancim nga dhuna. Ne nje interviste për Televizionin Publik Serb, kreu i shtetit deklaroi se çdokush nga pala serbe ka marre urdhër te ruaje qetësinë, qofte brenda juridiksionit te vet, qofte ne anën kosovare. Nikolic i beri thirrje edhe KFOR si dhe qeverise kosovare qe se bashku te ulen ne bisedime dhe diskutojnë seriozisht për administrimin e territorit nga ushtaret e Eulex dhe UNMIK. Ai nuk ka qene aspak kritik me protestuesit serbe, te cilët nisen gjithçka por i beri thirrje Prishtine zyrtare se ne këtë mënyrë nuk mund te shkohet drejt bisedimeve te reja. Një dite me pare rreth 300 protestues serbe ishin mbledhur ne Rudare për te kundërshtuar heqjen e barrikadave te ngritura prej tyre prej me shume se një viti. Situata është tensionuar pasi tubuesit nisen te godisnin me gurë trupat e KFOR ndërsa këta te fundit janë kundërpërgjigjur duke shtëne ne ajër. Për pasoje 2 ushtare te KFOR dhe 3 protestues serbe janë lënduar dhe gjenden ne spitalin e Mitrovicës.

Serbian President Tomislav Nikolic has reacted to a day after clashes earlier in the border between Kosovo and Serbia, making an appeal for calm and distancing from violence. In an interview for Serbian Television, the head of state said that anyone from the Serbian side has been ordered to keep quiet, either within their jurisdiction, whether in Kosovo side. Nikolic also urged KFOR and the Kosovo government to sit together to discuss seriously in negotiations and administration of territory by soldiers of EULEX and UNMIK. He was not at all critical of Serb protesters, who started all but official urged Pristina so that we can not go toward new talks. One day before about 300 Serb protesters had gathered at the disputed Rudare to remove barricades set up by them for more than a year. The situation is tense as the Gatherer, the Unifier started to hit with stones KFOR troops while the latter are counter by shooting into the air. For result 2 soldiers and 3 Serb protesters were injured and are in Mitrovica hospital.

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Kosovo: dopo barricate vie percorribili

I soldati della Kfor si sono ritirati dalle strade

02 giugno, 19:00
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(ANSA) – PRISTINA, 2 GIU – E’ tornata tranquilla la situazione nel nord del Kosovo, dove ieri si erano registrati violenti scontri fra militari della Kfor (Forza Nato) e manifestanti serbi che cercavano di impedire la rimozione di due barricate erette la scorsa estate. La Kfor ha fatto uso di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e idranti contro i serbi, dai quali sono stati sparati anche colpi d’arma da fuoco. Dopo lo smantellamento dei blocchi, le truppe Kfor si sono ritirate e le vie sono tornate percorribili.
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fonte ansa.it

ESCLUSIVO ‘IL MATTINO’ – «11 settembre, camorra informata in anticipo dell’attentato» Leggi il racconto choc del pentito


Il boss della camorra Giuseppe Polverino successivamente la cattura – fonte

ESCLUSIVO/«11 settembre, camorra informata in anticipo dell’attentato»
Leggi il racconto choc del pentito

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di Leandro Del Gaudio
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NAPOLI – Alcuni esponenti della camorra napoletana erano a conoscenza degli attentati alle torri gemelle di New York (11 settembre del 2001), ma anche delle bombe nella stazione di Madrid (11 marzo 2004).

E non solo: alcuni camorristi si sono vantati per anni di aver ospitato nei propri covi napoletani i protagonisti del doppio attentato terroristico.

È il contenuto di un verbale di interrogatorio firmato da un collaboratore di giustizia di nuova generazione: si chiama Biagio Di Lanno ed è un ex affiliato al clan Polverino, la potente cosca maranese specializzata – tra l’altro – nel traffico di hashish in mezzo mondo. Ed è proprio sulle rotte della droga – base operativa in Spagna – che alcuni esponenti dei Polverino stringono rapporti con uno degli esponenti della strategia del terrore culminata nell’ormai fatidico 11 settembre del 2001 e nell’esplosione delle stazione di Madrid.

Sembra pura fantasia, se non fosse che il collaboratore di giustizia viene ritenuto attendibile dal pool anticamorra che in questi mesi ha smantellato il clan che fa capo a Giuseppe Polverino, boss arrestato qualche mese fa in Spagna dopo una lunga latitanza. Ma andiamo con ordine, a partire dalla storia di Rachid, il cui volto viene mostrato al pentito in una fotografia: «Lo conosco – spiega – è un grossista di hashish, era uno di noi». È qui che il collaboratore di giustizia si sofferma su un pranzo che si sarebbe svolto nell’estate dello stesso anno dell’assalto alle Twin Towers: «Rachid venne a pranzo a casa di Sabatino Cerullo, al quale partecipai io e Angelo D’Alterio ed un altro marocchino che accompagnava Rachid».

Sulla identità del secondo marocchino, il pentito non ha dubbi: è uno dei kamikaze impegnati nella strage del 2001, tanto da essere additato come uno di «quelli che si va ad uccidere». Ma ecco come la camorra avrebbe conosciuto l’esistenza dell’attacco alle torri di Manhattan: Rachid ricevette una telefonata da un altro suo sodale, con cui dialogava in spagnolo. Al termine di questa telefonata, Rachid parlò con Angelo D’Alterio, dicendogli che sarebbe accaduto qualcosa utilizzando degli aerei; per ”qualcosa” si intendeva un attentato e aggiunse anche che sarebbe accaduto qualcosa sui treni metropolitani in Spagna. Sul momento rimasi molto interdetto, perché era un argomento molto diverso da quelli ordinariamente oggetto delle nostre conversazioni.

Quella telefonata ha invece assunto ben altro valore quando sono avvenuti gli attentati alle torri gemelle a New York e alla metropolitana di Madrid. Qui la memoria si fa meno lineare, dal momento che tra New York e Madrid passano tre anni, anche se sembra vivido il ricordo sulle sensazioni provocate in seno al clan: «Ricordo che Sabatino Cerulo, proprio all’indomani di questi terribili attentati, si vantava di aver ospitato presso la sua abitazione una persona che aveva avuto a che fare con coloro che avevano commesso l’attentato».

Insomma, telefonate e conversazioni in spagnolo, commenti in napoletano, tutto pochi mesi prima dell’attentato che ha cambiato la recente storia dell’Occidente, evidentemente all’insaputa – ammesso che sia vero il racconto del pentito – delle attività di intelligence delle polizie di mezzo mondo. Poi, il pentito aggiunge anche particolari su un possibile «fratello» di Rachid deciso a trasformarsi in martire della causa jadista: «Angelo D’Alterio, che aveva un rapporto molto stretto con Rachid, spesso nelle sue conversazioni con Sabatino Cerullo commentava, all’indomani del pranzo e della telefonata fatta in spagnolo da Rachid, in questo modo: ”Hai capito, il fratello di questo (ovvero di Rachid) si va ad uccidere!”».

Inchiesta condotta dai pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio, decisivi gli accertamenti dei carabinieri del comando provinciale di Napoli guidato dal colonnello Marco Minicucci, dal reparto e dal nucleo investigativo rispettivamente guidati da Giancarlo Scafuri e Lorenzo D’Aloja. Seguono particolari sul passaggio nel napoletano di Rachid, sulla abitudine dei marocchini di chiamarsi «fratelli», un po’ come il «frate’» usato dai napoletani, sulla «bella stagione» trascorsa dai due potenziali terroristi in scooter per le masserie del Napoletano sotto la copertura della camorra. Metti un pranzo con gente informata dei piani stragisti, «uno di noi» assieme al «fratello» che aveva deciso di uccidersi, quella storia di aerei e metro saltate in aria: storie che entrano in un fascicolo della Dda di Napoli.

Sabato 02 Giugno 2012 – 11:09    Ultimo aggiornamento: 14:47
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Carabiniere trovato morto a Sanremo, il corpo carbonizzato nella sua auto. Al vaglio l’ipotesi del suicidio

Carabiniere trovato morto a Sanremo il corpo carbonizzato nella sua auto Carabinieri in pattuglia

Carabiniere trovato morto a Sanremo
il corpo carbonizzato nella sua auto

La vittima è Enrico Solinas, 49 anni, da molti anni in servizio nella locale stazione. Il rinvenimento presso la zona balneare di Pian di Poma. Accanto al cadavere una pistola col colpo in canna. Non esclusa alcuna pista

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SANREMOUn carabiniere è stato trovato morto carbonizzato nella sua auto data alle fiamme. Si tratta di un brigadiere in servizio da anni nella locale stazione: Enrico Solinas, 49 anni, divorziato. E’ accaduto stanotte a Sanremo, in una zona vicina agli stabilimenti balneari, Pian di Poma. L’auto era parcheggiata in una strada sterrata.

La morte è avvenuta in un luogo piuttosto isolato, frequentato di notte da coppiette, confinante con alcuni stabilimenti balneari e campetti sportivi. Sul posto, il responsabile del reparto di medicina legale della Asl 1 imperiese Simona Del Vecchio.

“Non escludiamo alcuna ipotesi, compresa la possibilità che si tratti di un suicidio”, hanno detto i carabinieri di Sanremo che stanno indagando sulla vicenda. Sul posto anche gli specialisti del Ris per l’analisi dell’auto, una Punto bianca, e della pistola che si trova ancora dentro la vettura. Secondo quanto appreso, la pistola non ha la sicura e il caricatore è correttamente innestato, come se fosse pronta a sparare. Anche se  la circostanza fa pensare a un suicidio, resta da spiegare come si sia innescato il rogo.

Il brigadiere, originario della Sardegna, viene descritto dai colleghi come persona integerrima. Dalla fine degli anni ’80 era in servizio a Sanremo. In precedenza aveva lavorato quattro anni alla frontiera di Ventimiglia. Era separato da tempo e lascia un figlio che frequenta l’Università.

Il militare è stato trovato dai vigili del fuoco, chiamati all’alba per la segnalazione di un’auto in fiamme, una Punto bianca. L’area è stata transennata. Oltre ai carabinieri di Sanremo sul luogo è arrivato il magistrato, Antonella Politi, che coordina le indagini.

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fonte genova.repubblica.it