Don Verzè e Barbara Berlusconi, uno studente racconta l’umiliazione vissuta quella mattina / Una insegnante: “Non in mio nome”

https://i0.wp.com/www.veja.it/wp-content/uploads/2010/01/verz_berl.jpg

Don Verzè e Barbara Berlusconi, uno studente racconta l’umiliazione vissuta quella mattina

https://i0.wp.com/www.corriere.it/Media/Foto/2009/07/13/barbjpg--140x180.jpg

.

di Andrea Tito Nespola

.

Mi chiamo Andrea Tito Nespola e sono uno studente che ha ormai concluso il terz’anno di Filosofia all’Università Vita – Salute San Raffaele di Milano.
Ho vinto la mia ritrosia a intervenire in un dibattito ormai pubblico quando all’umiliazione si è sommata altra umiliazione. Scrivo a titolo personale, ma l’uso del plurale mi si impone quando so che i pensieri ivi esposti non riguardano solo chi firmerà questa lettera. La mattina del 20 luglio ero presente alla Cerimonia di conferimento delle Lauree che ha visto protagonisti cinque brillanti studenti del San Raffaele; tre di costoro mi onorano della loro amicizia, e in particolare con due neolaureate, ormai, ho condiviso tutto il mio percorso umano e accademico nell’università milanese.

Io c’ero quella mattina quando ho visto disegnarsi nei volti di molti miei compagni lì presenti l’imbarazzo e l’umiliazione; io c’ero quella mattina quando ho assistito a un discorso istituzionale fatto dalla più alta personalità in carica nell’Ateneo che, per qualche difficile minuto, è sembrato incrinare la fondamentale equidistanza dell’istituzione universitaria da tutti i suoi studenti, equidistanza che mai in anni di intensa partecipazione all’attività accademica mi è parso fosse venuta meno. Ho sentito pronunciare parole più adatte a una privata manifestazione di stima nei confronti di una sola protagonista, di quella cerimonia per cinque, da un uomo togato, con un microfono in mano, in un’occasione pubblica e di rilievo istituzionale. Ho sentito pronunciare in tale formale occasione, e non in privato, un auspicio (ben lungi dall’essere stata “un’offerta di posto di lavoro”) di grande peso, che sottende apprezzamento per il lavoro svolto, come prima, da una sola protagonista di quella cerimonia per cinque.

Ho affrontato l’amarezza di quei momenti con lo sbigottimento di chi ha avuto la fortuna di crescere intellettualmente in un ambiente lontano da logiche di preferenza e di favore e da quelle maleodoranti infiltrazioni politiche che affliggono ben altri ambienti universitari, e che vede in pochi minuti slittare il piano dei rapporti privati tra il Rettore e alcune eminenti personalità politiche ed economiche del Paese, rapporti privati che mai hanno leso fino ad allora la dignità di un solo studente del San Raffaele, sul piano della istituzionalizzazione pubblica, nel bel mezzo di una cerimonia di grande importanza simbolica per tutti gli studenti e, immagino, per tutto il corpo docente.

Ho visto l’imbarazzo nei volti dei miei compagni, dicevo, e l’ho visto anche nei volti di alcuni nostri professori. Non tutti si sono astenuti dal denunciare pubblicamente, in modo autonomo ma legittimo, quanto è accaduto. Per amore della Facoltà e della sua integrità cui tutti, docenti e studenti, eravamo consueti, sono state spese parole amare sulle pagine di un noto quotidiano nazionale. Esse hanno suscitato reazioni dall’interno dell’Università che sono ormai note, accapigliandosi, purtroppo, mi duole scriverlo, sulle distinzioni tra auspici e offerte di lavoro, tra ciò che è legittimo e ciò che non lo sarebbe stato, senza voler vedere l’umiliazione sui nostri volti, troppo spontanea, udendo quelle parole, per essere cervelloticamente fondata su analisi di liceità.

Immagino la delicatezza e la difficoltà cui dall’interno del Consiglio dei Docenti di Facoltà si sia dovuta affrontare la situazione; ma l’immagino soltanto, perché lì non c’ero. Ho letto che quella lettera pubblicata sulle pagine di un noto quotidiano nazionale, avrebbe infangato l’immagine di tutto l’Ateneo. Capisco che è dovere di ognuno calcolare le conseguenze di quello che scrive e chiede di pubblicare sui quotidiani; ma il prezzo della serenità non può essere il silenzio.

Come dicevo, all’umiliazione si è sommata altra umiliazione, quando aprendo le pagine dei siti di informazione e dei social network che frequento quotidianamente, ho assistito al formarsi di una dicotomia tra chi ha fatto di queste tristi vicende una strumentalizzazione politica e chi invece in virtù di sani ideali e tanta ignoranza ha considerato quei fatti, che meriterebbero analisi ben più accurate, una gogna con cui il mio Ateneo, il mio amato Ateneo, si è esposto al pubblico ludibrio. Persone, amici, che mi sono sempre stati affini per ideali politici e intellettuali, hanno finito per avere opinioni che li porterebbe a ritenere inspiegabile la mia attuale alta media universitaria, non essendo io un “figlio illustre” di nessuno.

La riflessione che dovrebbe seguire da questi tristi eventi, ora, è sul valore sociale della laurea con cui noi studenti del San Raffaele concluderemo il nostro percorso di studi.
Tutti si dovrebbero spendere nel cercare di capire le complesse dinamiche che regolano un’istituzione scientifica che sta offrendo a molti studenti come me un percorso universitario di altissimo livello, equidistante e da sempre, anche grazie al suo Rettore, libero da quei cancri di cui ho già parlato, prima di umiliare i suoi studenti e i suoi professori con denigrazioni troppo fangose, e purtroppo, ora, troppo popolari, per essere riportate.
Ci si dovrebbe, inoltre, tutti domandare, entro questa grande istituzione scientifica, se a rendere opaco il legno pregiato sia la polvere o chi si rifiuta, per amore della verità, di nasconderla sotto il tappeto.

.

26 luglio 2010

fonte:  http://temi.repubblica.it/micromega-online/don-verze-e-barbara-berlusconi-uno-studente-racconta-lumiliazione-vissuta-quella-mattina/

____________________________________________________________

https://i0.wp.com/files.ilpuntorosso.webnode.com/200002204-9a8279c7a4/laurea_tommy.jpg

Non in mio nome

.

di Roberta De Monticelli

.

Insegno Filosofia della Persona alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita Salute San Raffaele. Scrivo queste righe per dire: non in mio nome. Non è certamente in mio nome che oggi (ieri, ndr) il nostro Rettore, don Luigi Verzé, intervenendo come è suo diritto alla cerimonia delle proclamazioni delle lauree, si è rivolto alla sola candidata Barbara Berlusconi, che giungeva oggi a conclusione del suo percorso triennale, chiedendole se riteneva che potesse nascere una Facoltà di economia del San Raffaele basata sul pensiero dell’autore sul quale verteva la sua tesi (Amartya Sen), e invitandola a diventare docente di questa Università, in presenza del Presidente del Consiglio, il quale assisteva alla cerimonia.

Intendo dissociarmi apertamente e pubblicamente da questa che ritengo una violazione non solo del principio della pari dignità formale degli studenti, non solo della forma e della sostanza di un atto pubblico quale una proclamazione di laurea, non solo della dignità di un corpo docente che il Rettore dovrebbe rappresentare, ma anche dei requisiti etici di una istituzione universitaria d’eccellenza quale l’Università San Raffaele giustamente aspira ad essere.

Tengo a dissociarmi nettamente e pubblicamente e da queste parole e dalla logica che le sottende, logica che da una vita combatto, come combatto da sempre il corporativismo e i sistemi clientelari dell’Università italiana, e il progressivo affossamento di tutti i criteri di eccellenza e di merito, oltre che dell’Università stessa come scuola di libertà.

Me ne dissocio individualmente, anche se spero che la deprecazione dell’accaduto sia unanime fra il corpo docente. Ma tengo a ribadire con questa mia serena dichiarazione che non sono né di principio né di fatto corresponsabile dell’andamento di questa cerimonia: non di principio per le profonde ragioni di dissenso che ho qui espresso, non di fatto, perché in effetti non figuravo fra i membri della commissione relativa alla candidata in questione, e certamente non perché avessi chiesto di esserne esonerata.

.

21 luglio 2010

fonte:  http://temi.repubblica.it/micromega-online/don-verze-e-la-nomina-a-docente-di-barbara-berlusconi-roberta-de-monticelli-non-in-mio-nome/

fonte immagine:  http://ilpuntorosso.webnode.com/news/renzo-bossi-eletto-gelmini-visto-luniversita-non-serve-/

2 risposte a “Don Verzè e Barbara Berlusconi, uno studente racconta l’umiliazione vissuta quella mattina / Una insegnante: “Non in mio nome””

Lascia un commento