Archivio | luglio 17, 2010

Palermo, 18 anni fa via D’Amelio: danneggiate statue Falcone e Borsellino

Palermo, 18 anni fa via D’Amelio:
danneggiate statue Falcone e Borsellino

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Il Parlamento europeo contribuirà economicamente al restauro e al ricollocamento delle due opere

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PALERMO (17 luglio) – La notte scorsa ignoti hanno danneggiato le statue in gesso raffiguranti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, installate ieri pomeriggio a Palermo in via Libertà, alla vigilia del 18°anniversario della strage di via D’Amelio. Le statue, realizzate dallo scultore palermitano Tommaso Domina, erano state posizionate su una panchina a pochi passi da Piazza Politeama, con la scritta “Giovanni e Paolo, due uomini liberi con le loro idee, nel sole, nell’allegria, nell’amicizia, fra la loro gente”. Sulla vicenda indagano i carabinieri.

Trasversale l’indignazione per l’oltraggio alla memoria dei due magistrati uccisi dalla mafia. Da Schifani a Lombardo, da Anna Finocchiaro a Maurizio Gasparri, da Cammarata a Lumia, in tanti hanno espresso il proprio sdegno.

Il Parlamento Europeo contribuirà economicamente al ricollocamento delle statue dei giudici Falcone e Borsellino. È l’impegno di Martin Schulz, capo del Gruppo Sd al Parlamento Europeo che oggi è andato insieme a Rita Borsellino in via Libertà. La Borsellino ha lanciato un appello alla cittadinanza perché venga organizzata una raccolta di fondi per ricostruire le due statue questa volta in bronzo.

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fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=111031&sez=HOME_INITALIA

Lettera aperta ai dirigenti e ai lavoratori Fiat

Lettera aperta ai dirigenti e ai lavoratori Fiat

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Autore Maurizio Zipponi Maurizio Zipponi

La vicenda della Fiat sta assumendo una dimensione tale da coinvolgere il Governo, le Istituzioni e le forze politiche che, come l’Italia dei Valori hanno a cuore il futuro dell’industria, dell’economia e dell’occupazione sana del nostro Paese.
L’Italia dei Valori ha individuato due punti di partenza per poter agire con saggezza su un tema così delicato. Innanzitutto bisogna sottolineare che la Fiat è un’azienda che ha sempre ricevuto importanti finanziamenti pubblici da parte dello Stato e non può quindi pensare all’Italia solo come ad un mercato, come se non vi fosse una responsabilità sociale per le risorse ricevute. In secondo luogo, è necessario considerare gli esempi che arrivano dalla nuova mappa mondiale dei produttori di auto. Le aziende in Francia e in Germania si stanno occupando dei nuovi mercati e, contemporaneamente, investono nel proprio Paese senza mettere in contrapposizione i diritti dei lavoratori con i piani industriali.
Ci poniamo quindi alcune domande alle quali riteniamo che gli azionisti, i dirigenti della Fiat ed i rappresentanti dei lavoratori debbano rispondere.
Come si spiega che l’industria dell’auto tedesca, con un accordo tra Merkel e sindacati, stia investendo nel proprio Paese per produzioni qualificate e di alto valore aggiunto?
Come si spiega che l’intenzione della Renault in Francia di chiudere stabilimenti e portare la produzione in Turchia sia stata definitivamente bloccata da Sarkozy?
Come si spiega che negli Usa gli aiuti pubblici alla Chrysler/Fiat sono stati vincolati da Obama allo sviluppo di produzioni a minor impatto ambientale, tanto è vero che la Fiat costruirà la 500 elettrica negli Usa?
Come si spiega che un operaio della Fiat prende millecinquecento euro medi netti al mese e quello tedesco a parità di mansioni ne percepisce più di tremila con una differenza del costo della vita solo del 20%?
Come si spiega che in Italia, dopo gli enormi finanziamenti pubblici, viene annunciata la chiusura della Fiat di Termini Imerese in Sicilia, per il 2011, con duemila posti di lavoro che saltano tra diretti e indiretti?
Come si spiega che a Melfi e a Mirafiori si licenziano delegati sindacali e lavoratori che esercitano il diritto sacrosanto della critica e dello sciopero?
Come si spiega che a Pomigliano i lavoratori debbano cancellare diritti previsti dai contratti e dalle leggi sotto il ricatto della chiusura dell’azienda e dei licenziamenti?
C’è qualcosa che non va. La sproporzione tra gli obiettivi dichiarati dall’azienda e le azioni concrete messe in atto contro i lavoratori è troppo grande. Per l’Italia dei Valori bisogna sostenere l’impresa non assistita, libera di agire sul mercato e rispettosa del Paese in cui opera, perché raggiunga la necessaria competitività e flessibilità date dalla concorrenza internazionale.
Siamo i primi sostenitori dell’investimento a Pomigliano e della ricerca di nuove imprese per Termini Imerese. E’ per questo che non capiamo i comportamenti della Fiat, a meno che la risposta non sia quella riportata recentemente da “il Sole 24 ore”, in cui si conferma l’intenzione della Fiat di separare nei prossimi mesi le attività industriali di Iveco e Cnh dal resto del Gruppo. Il Gruppo ha debiti consistenti che verrebbero distribuiti, a detta de “il Sole 24 ore”, sulla nuova società (Fiat Industrial) per il 60% mentre solo il 40% rimarrebbe a Fiat Spa con l’auto.

Quindi, ci chiediamo se la Fiat non stia creando un problema sociale enorme per ricontrattare con lo Stato e con il sistema bancario nuovi finanziamenti. In questo modo coprirebbe il vero problema, cioè quello del ripianamento del proprio debito, scaricando tutto sui lavoratori mentre gli azionisti decidono dividendi. E’ una storia già vista in Italia. Ci permettiamo di ricordare all’amministratore delegato Marchionne, che lui stesso dichiarò che “il problema della competitività dell’auto non dipende dal costo del lavoro che vale circa l’8% per unità di prodotto”.
Per l’Italia dei Valori la strada è chiusa. Non si possono cercare capri espiatori nei lavoratori che percepiscono 800 euro al mese quando sono in cassintegrazione, e quando lavorando non riescono più ad arrivare a fine mese. Con quale motivazione e partecipazione possono contribuire al buon andamento dell’impresa se non vengono rispettati?
Certo, siamo consapevoli che in Francia c’è Sarkozy, in Germania la Merkel, negli Usa Obama mentre in Italia il governo è assente. Ma questo non autorizza a sbagliare totalmente la strategia da opporre alla crisi. Non si possono bastonare i lavoratori e lisciare il pelo a chi ha la responsabilità di governare il Paese in un momento estremamente critico per l’economia e non fa nulla per risolvere il problema.
Una forza politica come l’Italia dei Valori, che è fuori dalla casta, dai compromessi di potere, dai ladrocini e dai misfatti, ha deciso di scrivere questa lettera aperta indirizzata a lei, egregio dott. Marchionne e a tutti i lavoratori, perché ritiene che un rapporto diretto tra le parti, senza falsi ministri del lavoro, finti presidenti del consiglio e finti sindacalisti, sia l’unico modo per far diventare la Fiat un’azienda italiana di cui essere orgogliosi.
Egregio dott. Marchionne, fare l’operaio oggi in Italia è considerato un lavoro poco nobile. Si è bistrattati da tutti e con lo stipendio percepito non si è neanche più in grado di mantenere la propria famiglia. Esiste, dunque, la possibilità che nemmeno il ricatto del posto di lavoro funzioni più, perché queste persone, che con il loro lavoro tengono in piedi l’Italia, non hanno da perdere che le loro catene.

Antonio Di PietroPresidente dell’Italia dei Valori
Maurizio Zipponi Responsabile welfare e lavoro Idv

fonte: http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/articoli/lavoro/lettera_aperta_ai_dirigenti_e.php

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Petizione di Jewish Voice for peace alla TIAA CREF

Petizione di Jewish Voice for peace alla TIAA CREF

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Martedi 20 luglio a New York si terrà il consueto meeting annuale della TIAA CREF, una della piu grosse compagnie di servizi finanziari negli USA. Gli attivisti di Jewish Voice for peace chiederanno alla TIAA CREF di ascoltare le loro richieste: che sono smettere di finanziare la Caterpillar, azienda israeliana respondabile diretta della distruzione di case palestinesi a Gerusalemme est e conseguentemente di finanziare l’economia di guerra israeliana.

Firmate la petizione in tanti così che la TIAA CREF si renda conto che il mondo non è in silenzio, che ci sono uomini e donne che non vogliono essere complici..e che siamo tanti nel mondo a chiedere un impegno da parte loro: SMETTERE DI FINANZIARE UN’ECONOMIA DI DISTRUZIONE.
Firmate e fate girare, grazie

(ricevuto via mail)

Testo della petizione:

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We are participants and investors in TIAA-CREF funds who are deeply concerned that TIAA-CREF invests in many companies that profit from Israel’s occupation of the Gaza Strip and the West Bank, including East Jerusalem. Some of these companies provide weapons and covert surveillance supplies that maintain the occupation by force. Others take or exploit Palestinian resources, including scarce water and even the land itself. All are profiting from Israel’s violations of international law and international human rights standards.

Some examples:

  • CATERPILLAR profits from the destruction of Palestinian homes and the uprooting of Palestinian orchards by supplying the armor-plated and weaponized bulldozers that are used for such demolition work.
  • VEOLIA profits from the construction and expansion of illegal Jewish-only settlements by operating a landfill in the West Bank, exploiting Palestinian natural resources to serve the settlements, and by contracting for the future operation of an illegal light rail system connecting these settlements with Jerusalem.
  • NORTHROP GRUMMAN profits from the production of parts for the Apache helicopters and F-16 aircrafts used by Israel against civilians in Gaza during Israel’s 2008-09 assault.
  • ELBIT profits from the confiscation of Palestinian land by providing surveillance equipment that is mounted on the Separation Wall, which was declared unlawful by the International Court of Justice.
  • MOTOROLA profits from Israel’s control of the Palestinian population by providing surveillance systems around Israeli settlements, checkpoints, and military camps in the West Bank, as well as communication systems to the Israeli army and West Bank settlers.

While the specific companies held change over time, TIAA-CREF’s investment criteria do not screen out such investments, which are incompatible with our values and with corporate social responsibility.

Out of commitment to equality, freedom and international law, we therefore urgently request that:

  • TIAA-CREF divest from companies that:
    • Directly profit from or contribute to the Israeli occupation of the Gaza Strip and the West Bank, including East Jerusalem.
    • Provide products or services that contribute to the construction and maintenance of Israeli settlements and/or the Separation Wall, both of which are illegal under international law.
    • Provide products or services that contribute to or enable violent acts that target civilians.
  • TIAA-CREF establish investment criteria to exclude any such companies in the future.

For almost 100 years, TIAA-CREF has striven to provide financial services for the greater good, helping those of us in the academic, medical, cultural, and research fields to plan for and live in retirement. Please help us invest the fruit of our labor and enjoy our retirement in good conscience.

Sign Petition

Link: http://www.jewishvoiceforpeace.org/

Sakineh e le altre adultere: condannate a morte in Iran / Documentary: Execution of a teenage girl in Iran (BBC)

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Sakineh e le altre adultere: condannate a morte in Iran

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di Gabriel Bertinetto

tutti gli articoli dell’autore

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Avvolta dalla testa ai piedi in un pezzo di stoffa bianca, la vittima è infilata a forza in un buco scavato nella sabbia. Immobilizzata, esposta alla crudeltà dei carnefici. Rimane fuori solo la parte superiore del corpo, dalle spalle in su. Il tiro al bersaglio può iniziare. Una pietra dopo l’altra, fino a che la testa ciondola inerte sul collo ed i giudici abbiano la certezza che alla colpevole è stata inflitta l’adeguata punizione che, secondo i più retrogradi interpreti della dottrina islamica, la sharia esige in caso di adulterio.

A questo supplizio è sfuggita
Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni, iraniana, madre di due figli, arrestata nel 2006 e sottoposta come primo trattamento a 99 scudisciate per avere avuto «una relazione illecita» con due uomini che avevano ucciso il marito. Non reggendo al dolore provocato dalla frusta, la poveretta confessò. Ma davanti al tribunale in un secondo momento ritrattò tutto. Aveva detto agli aguzzini quello che volevano sentirsi dire, pur che cessasse il tormento. Ma questo non servì ad evitarle la condanna alla lapidazione.

Per quattro anni, in carcere, la donna ha temuto che ogni alba fosse l’ultima della sua vita. Fino a quando, alcuni giorni fa, ha appreso che la pena era stata commutata. Sakineh però ora sa solo che di certo non sarà linciata. La sua sopravvivenza resta appesa ad un filo. Nel poco trasparente sistema penale iraniano nessuno ha spiegato cosa le accadrà, ma dalle scarne e vaghe notizie diffuse dalle autorità sembra di capire che potrebbe essere impiccata.

In aiuto di Sakineh sono mobilitate numerose organizzazioni per i diritti umani, da Amnesty International a Human Rights Watch. La campagna di denuncia ha probabilmente ritardato i tempi dell’esecuzione e favorito la rinuncia alla lapidazione. Ora l’impegno umanitario continua per strappare la poveretta alla pena capitale. Un appello in suo favore è stato sottoscritto da quasi 90mila persone, compresi l’ex-presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso, lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, ed Ingrid Betancourt che fu prigioniera delle Farc in Colombia per sei anni.

Primi firmatari sono i figli stessi di Sakineh, la sedicenne Farideh e il ventenne Sajjad: «Il termine “lapidazione” è così orrendo che cerchiamo di non usarlo mai -scrivono-. Noi diciamo, invece, che nostra madre è in pericolo, che potrebbe essere uccisa, e merita l’aiuto di tutti. Oggi, che quasi tutte le iniziative sono arrivate a un punto morto, e l’avvocato dice che nostra madre è in una situazione pericolosa, noi ci rivolgiamo alla gente del mondo, non importa chi siate e dove viviate. Noi ricorriamo a voi, popolo dell’Iran, a tutti quelli di voi che hanno conosciuto la sofferenza e l’angoscia dell’orrore di perdere una persona amata. Vi preghiamo, aiutate nostra madre a ritornare a casa».

Il caso di Sakineh non è isolato. Proprio ieri il Comitato internazionale contro le esecuzioni, una ong che si batte contro la pena capitale nel mondo, ha rivelato che rischia la lapidazione un’altra detenuta nello stesso carcere di Sakineh, a Tabriz, nell’Iran nordoccidentale. Si chiama Maryam Ghorbanzadeh, ha 25 anni, ed è incinta. I suoi legali si sono rivolti alla magistratura chiedendo quello che solo a denti stretti si può definire un atto di clemenza: sostituire la lapidazione con la fustigazione. Una tortura non letale al posto di una tortura che provoca morte sicura.

In base ad alcuni precedenti le possibilità che la richiesta sia accolta non sono remote. Le autorità iraniane negli ultimi anni, per 13 volte hanno rivisto sentenze di donne condannate alla lapidazione. È accaduto ad esempio per Kobra Babaei, liberata dopo avere subito cento frustate.

Attualmente nella Repubblica di Khamenei ed Ahmadinejad sono pendenti almeno dieci sentenze di morte come quella che incombeva sino a pochi giorni fa su Sakineh e ancora oggi su Maryam. Tre riguardano uomini, accusati di relazioni extraconiugali. Benché venga usata soprattutto come strumento di minaccia e di violenza nei confronti delle donne, la pena della lapidazione colpisce specificamente il reato di adulterio.

Quanto risponda davvero ai dettami della religione musulmana uccidere a sassate un essere umano, è contestato dalle correnti più aperte della cultura islamica. C’è chi ritiene che sia una forma di vendetta radicata nei costumi di alcune popolazioni, ma esplicitamente esclusa dal Corano. I teologi distinguono fra precetti muhkamat (inderogabili) e mutashabehat, la cui applicazione deve cambiare a seconda delle circostanze. Alcuni appartenenti al clero sciita e al sistema giudiziario religioso si oppongono alle pene corporali. L’ayatollah Seyed Mohammad Bojnourdi, ex membro del Consiglio Supremo della Magistratura in Iran, affermò già diversi anni fa che simili punizioni crudeli danno all’opinione pubblica internazionale un’immagine distorta dell’Islam, nascondendone gli aspetti caritatevoli e misericordiosi.

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17 luglio 2010

fonte:  http://www.unita.it/index.php?section=news&idNotizia=101337

Potete firmare la petizione qui: http://freesakineh.org/

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Execution of a teenage girl in Iran_pieces01/05(BBCdcmentry)


McDouglath | 10 ottobre 2006

This is a admirable documentary which was made courageously under the suppression of fact of mullas regim Shown by Bbc01.And following the brutal murder of Zahra kazemi the Canadian national journalist.
This video is devided to 5 pieces in row beside the execution of 16 years old Atefe also contains the real video shots of govermental punishment in Iran attributed to Islam.Like stoning, lashing and public hanging.
though this case is one of the thousands similar medieval excution carried out by mullas regim only across Iran.apart of it`s slauter in Iraq and other countries.
Meanwhile a significant number of these actions has been Exhibited to public or revealed to all institutions dealing with human-rights By P.M.O.I (people of Mojahedin organization of Iran)in order to urge the world for condemnation and cessation.And as the result the regim reduced the stoning and public hanging through the fear of international societis.though it has been significantly intensified scince Ahmadi Nejad came on power,a mad devil whome called the world for war by his actions.
Please watch my video and try to do somthing for Iran.
Thanks
McDouglath

LAVORO – Finora 660mila in cassa integrazione. E per la Cigl la situazione peggiorerà

Finora 660mila in cassa integrazione
E per la Cigl la situazione peggiorerà

Secondo il rapporto del sindacato da gennaio decurtazioni del reddito pari a 2,4 miliardi di euro. Inserendo nel computo i lavoratori in Cig, il tasso di disoccupazione  passa dal 9,1% al 12,1%

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 Finora 660mila in cassa integrazione E per la Cigl la situazione  peggiorerà  Cassintegrati Ilva protestano a Genova

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ROMA – Sono oltre 660mila i lavoratori che dall’inizio dell’anno sono stati messi in cassa integrazione, con  pesantissime ripercussioni sui redditi che nel primo semestre sono stati decurtati di 2,4 miliardi di euro.
Secondo il rapporto di giugno dell’Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale, la situazione produttiva italiana è drammatica ed è destinata a peggiorare. L’analisi ha anche ricalcolato il tasso di disoccupazione: se si comprendono i lavoratori “inattivi”, si passa dal 9,1% certificato dall’Istat per il primo trimestre 2010 al 12,1%.

Il rapporto della Cgil parla chiaro:
ad aumentare è soprattutto la cassa integrazione “in deroga” (Cigd), ovvero quella che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd da maggio a giugno sono aumentate del 7,30%, e questo dato rappresenta il valore più alto degli ultimi 18 mesi. Per quanto riguarda il primo semestre 2010, invece, l’aumento tendenziale è stato del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd. Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) – pari a 336.931 lavoratori a zero ore – hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno, segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

L’Osservatorio della Cgil sottolinea come il ricorso alla Cig a giugno sia calato rispetto a maggio (-11,39%), con un volume di ore pari a 103.545.689, mentre il primo semestre del 2010 ha fatto registrare un +71,21% rispetto al primo dello scorso anno, attestandosi a una richiesta di 636.140.849 ore di cassa integrazione.

“Il rapporto – spiega il segretario confederale della Cgil, responsabile del settore Industria, Vincenzo Scudiere – dimostra come la crisi produttiva sia grave e la manovra economica non faccia altro che ampliare i rischi di peggioramento delle condizioni di reddito e sociale delle famiglie”. Secondo Scudiere, “servono urgentemente interventi da parte del governo anche a fronte degli effetti determinati dalla manovra economica, che riducono gli spazi e le possibilità di finanziamento da parte delle Regioni”.

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17 luglio 2010

fonte: http://www.repubblica.it/economia/2010/07/17/news/a_giugno_660mila_in_cassa_integrazione_per_la_cigl_decurtazioni_del_reddito_per_-2_4_miliardi-5642346/?rss

SALUTE – La gabbietta che riapre le coronarie, salva il cuore e poi sparisce

Con la nuova tecnica, il centro cardiologico Monzino evita che resti un corpo estraneo

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La gabbietta che riapre le coronarie, salva il cuore e poi sparisce

Due «stent riassorbibili» impiantati per la prima volta a Milano

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MILANO — Gli stent, le retine che riaprono i vasi sanguigni chiusi, e che se usate nelle coronarie salvano il cuore dall’infarto, sono metalliche. D’acciaio inossidabile. E una volta posizionate restano a vita. Nessun problema, ma pur sempre un corpo estraneo. Per questo la ricerca scientifica cercava da anni qualcosa di più naturale: una retina bio-riassorbibile, efficace e non tossica. Molte aziende, dopo ingenti investimenti, hanno lasciato perdere. Ogni materiale utilizzato o non sosteneva bene la parete del vaso o, peggio, favoriva un’infiammazione, causa poi di successivi danni. Soltanto un’azienda è andata avanti, arrivando ora alla soluzione. Così sembra. Prima i test su 30 pazienti, a partire dal luglio 2006. Poi altri 100. In Europa, Australia e Nuova Zelanda. Infine, visti i buoni risultati, la sperimentazione clinica su mille pazienti. Coordinatore dello studio internazionale è Antonio Bartorelli, cardiologo interventista dell’università degli studi di Milano e del Centro cardiologico Monzino. I primi due stent bio-riassorbibili impiantati in pazienti italiani li ha messi lui: il primo due settimane fa, il secondo in questi giorni. Già dimessi i pazienti, stanno bene e a casa.

Sono nello studio Absorb extend, che coinvolge cento centri in Europa, Canada, Medio- Oriente, Australia e Nuova Zelanda. Studio per l’agenzia del farmaco europea: Emea. «E’ una rivoluzione — dice Bartorelli — in un settore dove ne avviene una ogni dieci anni circa. La prima angioplastica (il catetere con un palloncino che riapre la coronaria chiusa causa di infarto) a Zurigo nel 1977 (il paziente è ancora vivo e il suo cuore funziona bene). La seconda con l’avvento degli stent, nel 1980, che hanno risolto il problema della ristenosi (richiusura del vaso dopo l’angioplastica), che nel 2002 sono diventati medicati (a rilascio di farmaco nel vaso). La terza, ora, con lo stent che scompare». Va bene il progresso, ma valeva la pena? «Il razionale —risponde Bartorelli—era arrivare a restaurare la normale integrità della parete arteriosa. Con il nuovo stent, abbiamo visto che la coronaria torna come prima, come quando era sana e non tenuta aperta da una gabbietta metallica dilatativa». Un paragone con un altro settore della medicina: quando si rompe una gamba viene applicato il gesso, quando l’osso si è risaldato il gesso si toglie. Così avviene con il nuovo stent. Continua Bartorelli: «Uno stent metallico medicato rilascia un farmaco che previene la proliferazione di tessuto che può dare una nuova stenosi, ma con il tempo c’è sempre un certo rischio di trombosi tardive a causa del corpo estraneo. Inoltre, nel caso si dovesse arrivare alla cardiochirurgia non è facile arrivare a ricostruire un vaso che contiene acciaio… ».

Che cosa accade quando si chiude una coronaria, un’arteria del cuore? Quando si ha un infarto? Il primo obiettivo, salva-vita, è riaprire il vaso. Con farmaci che sciolgono il tappo (trombolisi), con l’angioplastica (il catetere che con un «palloncino» ridilata il vaso) e poi mettendo una retina metallica (stent) che lo mantiene aperto. La gabbietta si usa anche quando si scoprono in anticipo vasi chiusi o semi-chiusi. O nel caso vi siano spasmi della coronaria, senza però una vera occlusione. Perché, quando si chiude l’arteria coronaria, il muscolo cardiaco resta senza sangue, senza ossigeno, e muore in quantità crescente in rapporto al tempo di «asfissia» cellulare. Più grave il danno, più difficile salvarsi. Il Bvs (Bioresorbable vascular scaffold), così si chiama il nuovo dispositivo, viene lentamente riassorbito dall’organismo una volta che non è più necessario tenere il vaso pervio. E’ costituito da acido polilattico, un polimero noto per la sua biocompatibilità, comunemente usato come materiale da sutura assorbibile. La novità è che, al momento dell’impianto, ha la stessa rigidità del metallo. Inoltre, come gli altri stent è «medicato».

Cioè rilascia un farmaco che impedisce, nel periodo iniziale, la formazione di trombi per reazione al corpo estraneo. Aggiunge Bartorelli: «Si chiude un cerchio nella cardiologia interventistica: curare la coronaria senza lasciare alcuna traccia nel giro di due anni». E il rischio che la coronaria si richiuda? Non c’è un ritorno elastico dell’arteria, che invece la gabbietta metallica evita? «No, nei primi casi ormai risalenti a 4 anni fa dopo un minimo restringimento vi è stata una ridilatazione. Ora vedremo nei prossimi mille». Al Monzino, per verificare lo stato delle coronarie e lo stent che sparisce, è stata anche messa in funzione una nuova tecnologia di imaging: la Tomografia a coerenza ottica (Otc), un catetere con una luce di particolare lunghezza d’onda che visualizza la parete interna dell’arteria, si vede lo stent (che non essendo di metallo è totalmente invisibile ai raggi X) e via via la sua scomparsa. Si vede anche lo stato di salute della parete del vaso, in profondità. E, poiché non resta in loco una protesi permanente, si vedono i vasi trattati riprendere mobilità, flessibilità e pulsatilità come da sani. Ovviamente, c’è molta attenzione anche da parte dei concorrenti, produttori di stent medicati metallici. Il mercato è, infatti, pari a 5 miliardi di dollari all’anno.

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Mario Pappagallo
17 luglio 2010

fonte:  http://www.corriere.it/salute/10_luglio_17/mario-pappagallo-la-gabbietta-che-riapre-le-coronarie-salva-il-cuore-e-poi-sparisce_1439b240-916b-11df-8c13-00144f02aabe.shtml

P3, pm Capaldo: quadro devastante. Il Pdl attacca: condanna preventiva

P3, pm Capaldo: quadro devastante
Il Pdl attacca: condanna preventiva

Il magistrato: senza intercettazioni non li avremmo scoperti. Cosentino interrogato per 4 ore: penso di aver chiarito tutto

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Nicola Cosentino (foto Claudio Peri - Ansa) ROMA (17 luglio) – Negli interrogatori in corso per l’inchiesta sulla  cosiddetta P3, oggi è stato il turno di Nicola Cosentino, sentito a Roma per oltre quattro ore dai magistrati. Ieri era stato il turno di Cappellacci e Sica. Divampa intanto la polemica per un’intervista rilasciata dal pm romano Giancarlo Capaldo a Repubblica, nella quale il magistrato parla di un «quadro devastante che condiziona la civiltà democratica».

«Penso di avere chiarito tutto quello che c’era da chiarire. I magistrati sono stati gentili e disponibili», ha detto Cosentino dopo le quattro ore di interrogatorio. Gli episodi nei quali è coinvolto «sono l’accelerazione dell’iter del ricorso in Cassazione presentato contro la richiesta di arresto fatta dai pm di Napoli ed il tentativo di discredito dell’attuale governatore della Campania Stefano Caldoro. Penso di aver dato risposte a tutte le domande. Non ho in alcun modo tentato di screditare Stefano Caldoro». Il parlamentare, interrogato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli, non è voluto entrare nel merito degli aspetti toccati durante l’interrogatorio. L’ex sottosegretario era giunto poco dopo le 9 a Piazzale Clodio ed è stato sentito in qualità di indagato per associazione per delinquere e violazione della legge Anselmi sulle società segrete.

Nessun commento da parte di Giancarlo Capaldo salvo che l’atto istruttorio «non ha riguardato la parte relativa al contenuto delle intercettazioni telefoniche poiché quelle relative a parlamentari non sono utilizzabili».

Carboni: «Rappresento uno che sa produrre ricchezza. Mi hanno sempre dato fiducia, che si tratti di eolico, di immobiliare». È uno dei passaggi dell’interrogatorio cui i giudici hanno sottoposto il 9 luglio scorso Flavio Carboni e pubblicato oggi dal Corriere della Sera.

Carboni ha raccontato degli incontri con Denis Verdini per candidare il giudice Miller in Campania e Cappellacci in Sardegna: «Bisognava nominare i candidati della Regione Campania. Miller era la persona più idonea, era considerato da Verdini la persona ideale. Essendo io più amico di Verdini rispetto a Miller, potevo influenzare, potevo raccomandare. Cosa che ho fatto… che io trovo estremamente normale… Non so se ricordo bene, credo che sia stato Miller a rinunciare».

Carboni di Cappellacci dice: «L’ho sostenuto, è vero». Ma poi, aggiunge, ne avrebbe avuto solo svantaggi perché ha cancellato «la legge Soru che consentiva alle grandi società di intervenire nel mondo dell’eolico. Da quando è stato eletto questo signore ha creato danni a tutti, non solo a me».

Degli altri coinvolti nell’inchiesta, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, Carboni dice ai giudici: «Per me sono due estranei e mi hanno creato solo guai». In particolare di Lombardi dice: «Uno stupido che al telefono diceva ciò che a me non interessava… Io non ho mai avuto nessun rapporto di inciuci… se poi i due soggetti avessero altre intenzioni o avessero altre malefatte ai danni dello stato questo lo chieda a loro. I miei rapporti sono stati solo e unicamente quelli di ricevere richieste da entrambi, ma soprattutto da Martino, quello che frequentavo di più».

«Quello che è emerso è davvero devastante. Riguarda l’assetto della società civile, configura un condizionamento della civiltà democratica. Ci sono interferenze effettuate da una società segreta che determinano condizionamenti sulla politica, sulle istituzioni, sulla vita stessa dei cittadini», dice della cosiddetta P3 il coordinatore delle indagini, il pm Giancarlo Capaldo. Capaldo aggiunge che non avrebbe immaginato il coinvolgimento dei magistrati, «certe frequentazioni e conoscenze sono molto sorprendenti. Non si tratta solo di vicende penalmente rilevanti ma anche di momenti di vita democratica condizionati da interventi ‘esternì non proprio limpidi». Capaldo precisa che «senza le intercettazioni non avremmo scoperto nulla». Dell’inchiesta in corso, il pm racconta: «Indagavamo sugli affari della camorra sui casinò online quando ci siamo imbattuti nella loggia».

Bondi e Cicchitto: condanna preventiva. «Io non so come si possa, da parte di un magistrato che coordina le inchieste in corso, emettere giudizi così netti, oltretutto attraverso gli organi di stampa, nel mentre l’inchiesta stessa è ancora in corso. È come se, prima ancora delle conclusioni dell’indagine e del pronunciamento dei giudici, si potessero anticipare valutazioni di condanna di natura politica e morale equivalenti ad una condanna preventiva», attacca il ministro e coordinatore del Pdl Sandro Bondi commentando l’intervista a Capaldo. Anche il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, parla di «tentativo di far emettere una preventiva condanna mediatica senza il benchè minimo vaglio processuale. Taciamo gli ulteriori commenti del dottor Capaldo sul disegno di legge sulle intercettazioni».

Ieri il ministro Alfano aveva detto: basta caccia alle streghe.

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fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=110962&sez=HOME_INITALIA

ENERGIA – Rinnovabili boom nel 2009, coperti i consumi casalinghi

ENERGIA

Rinnovabili: boom nel 2009
Coperti i consumi casalinghi

Secondo l’ufficio studi della Confartigianato la produzione ‘verde’ è salita: lo scorso anno ha fatto segnare un più 19,2% rispetto al 2008. Puglia al top per l’elettricità da solare

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Rinnovabili boom nel 2009 coperti i consumi casalinghi

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ROMA – La produzione complessiva da fonti rinnovabili nel 2009 è giunta a coprire l’intero (100,6%) consumo di energia elettrica delle famiglie italiane. Secondo l’ufficio studi della Confartigianato, nonostante la crisi che ha abbattuto la produzione ‘tradizionale’ dell’8,3%, la produzione ‘verde’ è salita: nel 2009 l’energia elettrica da fonti rinnovabili ha fatto segnare un più 19,2% rispetto al 2008, arrivando a un livello di produzione di 69.330 gigawattora (i consumi delle famiglie ammontano a 68.924 gigawattora). Nel 2008, la produzione ‘verde’ copriva fino all’85% dei consumi casalinghi.

Spetta alla Puglia
il primato della maggior produzione di elettricità da solare, seguita da Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte. Ed è sempre la Puglia la regione che lo scorso anno ha incrementato di più la produzione da impianti fotovoltaici, con 72 gigawattora in più, pari ad oltre un terzo dell’intera crescita (37,3%), seguita dalla Lombardia e dal Piemonte. Ma anche a livello internazionale la Puglia la fa da padrone e si leva lo sfizio di battere la Cina per potenza di impianti solari installati: 161 mw contro i 160 cinesi.

E’ comunque l’Italia stessa ad occupare una posizione di primissimo piano sul fronte dei pannelli solari. Sulla base dei dati 2009 dell’European PhotoVoltaic Industry Association (Epia), il nostro Paese è il secondo mercato al mondo nel fotovoltaico con il 9,9% della potenza installata nell’anno, dietro alla Germania che da sola rappresenta il 51,6% del mercato mondiale.

In particolare il Mezzogiorno e il Centro-Nord ricoprono una posizione di rilievo nel mercato mondiale collocandosi, rispettivamente, al quarto e al sesto posto della classifica: i 422 Mw del Centro-Nord sono pari al 5,7% del mercato mondiale; i 289 Mw installati del Sud corrispondono al 3,9% e sono pari alla potenza installata in Francia, Spagna e Portogallo messi insieme.

Sempre secondo l’ufficio studi di Confartigianato, nel primo trimestre 2010 il settore delle imprese potenzialmente interessate alle fonti rinnovabili registra una crescita del 2,7%, più accentuata nel Mezzogiorno (+4,1%) e nel Centro (3,6%) mentre nel Nord la crescita è robusta ma con uno spunto minore (1,5%). Nel primi tre mesi in Italia vi sono poi 86.079 aziende (prevalentemente imprese di installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione) potenzialmente interessate dalle fonti rinnovabili, con una stima di 332.293 occupati e una dimensione media per impresa di 3,9 addetti.

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17 luglio 2010

fonte:  http://www.repubblica.it/ambiente/2010/07/17/news/energia_rinnovabili-5642345/?rss

PAVIA – La Lega e la ‘ndrangheta: incontri elettorali con un consigliere regionale

La Lega e la ‘ndrangheta, incontri elettorali con un consigliere regionale

Si tratta di Angelo Ciocca. Il politico, non indagato, avrebbe traghettato i voti del Carroccio su un candidato delle cosche. Con il padrino si è incontrato a Pavia

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di Davide Milosa

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Chi lo conosce lo definisce “furbo”. Il suo motto, riportato sul suo sito, è: “Fare per la nostra gente”. Gente padana naturalmente, perché il consigliere regionale Angelo Ciocca, classe ’75, in politica dal 1996, è leghista da sempre. Eppure le carte dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia raccontano qualcos’altro. Raccontano dei suoi rapporti diretti con l’avvocato Pino Neri, massone dichiarato e soprattutto boss di primissimo piano finito in carcere nel maxi blitz del 13 luglio. I due, nella primavera del 2009, sono stati filmati dai carabinieri mentre si incontravano per discutere di pacchetti di voti da dirottare su un candidato gradito alle cosche.

La Lega nord e la mafia, dunque. Una novità assoluta che imbarazza il Carroccio tanto da spingere la Padania di oggi a polemizzare  con La Stampa rea di aver scritto che la ‘ndrangheta ha conquistato anche i Comuni governati della Lega. Sul quotidiano leghista si parla di “allucinazioni” e di “insinuazioni”.  Da adesso però il problema non sono più i giornali. Ma le 3000 pagine della richiesta di arresto dei magistrati milanesi in cui si descrivono i rapporti – certi – tra il padrino e Ciocca (ad oggi non indagato) per far confluire i voti leghisti su Francesco Rocco Del Prete, candidato della ‘ndrangheta (poi non eletto) alle comunali 2009 di Pavia.

Un bel pasticcio per l’enfant prodige padano in queste ore a rapporto da Giancarlo Giorgetti, responsabile degli Enti locali del Carroccio, e suo sponsor politico. Una riunione privatissima, che precede l’imminente summit di domani nella sede di via Bellerio, dove, molto probabilmente, al consigliere sarà chiesto ufficialmente di dimettersi. Interpellato da ilfattoquotidiano.it il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, infatti dice: ” Se qualcuno non è immacolato sarà espulso immediatamente”.  E poi, come molti altri funzionari, prende le distanze da Ciocca. “Personalmente non lo conosco. Non l’ho mai sentito”, aggiunge lasciando via Bellerio, dove ha appena incontrato Bossi.

Torniamo allora a quel 2009. All’epoca Ciocca è assessore provinciale pavese alle Attività produttive. Una poltrona che però lascierà presto per migrare verso il Pirellone. Alle ultime elezioni di maggio 18.910 preferenze lo spingono direttamente in Consiglio regionale, primo fra gli eletti. Un bel colpo per un ragazzo di appena 35 anni, originario di San Genesio e Uniti, paesino a due passi da Pavia. Poco più di 3.000 anime e un gran numero di ville in stile hollywoodiano. Un bel posto, insomma, che in appena quattro anni ha sfornato un consigliere regionale e addirittura un senatore della Repubblica. Roberto Giovanni Mura, oltre che primo cittadino di San Genesio, siede, infatti, a palazzo Madama tra i banchi della Lega nord. E proprio gli uffici comunali nei giorni scorsi sono stati visitati dagli uomini della Dia di Milano. Gli investigatori hanno portato via diverse carte tra cui la variante della strada Vigentina che prevede una glosissima speculazione edilizia.

I rapporti tra il consigliere e il padrino della ‘ndrangheta iniziano così nel giugno 2009, quando “Neri – annotano i magistrati – ha assoluta necessità di far eleggere alle consultazioni elettorali di Pavia un proprio uomo, Rocco Del Prete, e a tal fine si rivolge a Ciocca”. E che Del Prete sia persona vicina alla cosca non vi è dubbio. Sarà lui, infatti, a incontrare il deputato azzurro Giancarlo Abelli per proporgli il piano politico della mafia. “Rocco Del Prete – si legge nella richiesta d’arresto – è stato candidato nella lista Rinnovare Pavia facente capo a Ettore Filippi Filippi“. E ancora: “Del Prete era candidato nella piena disponibilità di Pino Neri”

Su quelle comunali c’è, però, un problema. La Lega nord si è messa di traverso e non vuole Del Prete. Questo il motivo per cui il boss Pino Neri intensifica i suoi rapporti con Ciocca, arrivando al punto di promettergli in cambio dell’appoggio elettorale un appartamento nel centro di Pavia a prezzo di favore. Scrivono i magistrati: “Neri si premurava di assicurare al suo interlocutore girando a questo le garanzie a lui date da Ciocca”, mettendo in evidenza “l’incertezza del momento”.

Nei giorni successivi un uomo vicino al boss sente il politico. Del contenuto della conversazione ne parla con lo stesso Neri. “Mi ha detto: non ti preoccupare che adesso noi rompiamo le palle ancora”. Cioé Ciocca farà pressione sui vertici locali del Carroccio per favorire la candidatura di Del Prete. Le parole confortano il boss. “Se Angelo Ciocca vi dice in quel modo io non ho motivo di dubitare che loro romperanno le palle”. Il politico leghista viene sentito anche da Del Prete che poi riferisce al boss: “Ciocca gli avrebbe assicurato che stanno facendo una manovra per farlo rientrare, ma non gliel’ha spiegata anche se ha assicurato che lo avrebbe richiamato per dargli la lieta notizia”.

E del resto il capo della ‘ndrangheta pavese con Angelo Ciocca ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i magistrati – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’appartamentino di Medigliani”. Si tratta di una casa in piazza Petrarca a Pavia, luogo dove, dopo contatti telefonici tra Neri e Ciocca, avviene l’incontro tra i due. All’appuntamento, però, si presentano anche i carabinieri. I militari filmano i due assieme a un altro uomo. E annotano: “I tre dopo aver conversato dinanzi all’ingresso si allontanavano recandosi tutti all’interno dell’istituto Monte dei Paschi di Siena”. Banche, politica e affari. La ‘ndrangheta è “democratica” e per comandare non fa distinzioni di partito. Ciò che conta è stare con chi è al governo. Forse anche per questo,ieri, il ministro dell’Interno, Bobo Maroni,  è sembrato rompere gli indugi e ha detto: “Non guarderemo in faccia a nessuno”.

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16 luglio 2010

fonte:  http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/16/la-lega-e-la-ndrangheta-incontri-elettorali-con-un-consigliere-regionale/40820/

Temperature record nel weekend In 21 città si attendono 40 gradi

Temperature record nel weekend
In 21 città si attendono 40 gradi

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Da domani arrivano i temporali

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Pianeta bollente in questa prima parte del 2010, secondo gli scienziati statunitensi. Intanto sull’Italia prosegue la canicola di questa metà di luglio e questo fine settimana è ancora ad alto rischio con 40 gradi in alcune città. In più l’umidità che ristagna nei bassi strati produrrà una diffusa sensazione di afa anche di notte. Sono già state registrate più di 3.000 chiamate al numero verde del ministero della Salute (1500) nelle prime 8 ore dalla sua attivazione.
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Gravi le conseguenze del caldo nel veronese dove un agricoltore è morto e un operaio edile è invece in coma dopo essere stati entrambi colti da malore mentre lavoravano sotto il sole. A Roma segnalati 50 gradi sulla linea B della metropolitana con decine di malori mentre in città la temperatura percepita è di 43 gradi. Black-out elettrico in varie zone di Milano. A Sassari bloccate le sale operatorie per i condizionatori in tilt. Ed è picco consumi elettrici: secondo il grafico sui consumi di Terna, in Italia la domanda di energia elettrica di ieri alle 11.30 è stata di 56.400 MegaWatt, a fronte di una previsione di 55.500 MW. Ci si avvicina così al record storico per il periodo estivo, toccato il 20 luglio 2007 a 56.589 Mw.
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Ora l’appiglio anti-afa è la perturbazione atlantica che da oggi pomeriggio si affaccerà sul versante alpino per poi allargarsi domenica ad alcune zone padane e al triveneto. In Friuli Venezia Giulia è prevista anche bora sostenuta. Per il Dipartimento della Protezione Civile fino a domani si avranno ancora temperature con valori superiori alla norma, che in alcune città saranno prossimi ai 40 gradi. Massima allerta, quindi, per almeno 21 città, che da domani dovrebbero ridursi a 13. Da oggi pomeriggio si prevedono infatti temporali diffusi sui settori alpini, che porteranno tempo instabile su alcune zone della Valpadana, con rovesci specie e sul Triveneto; successivamente le precipitazioni si estenderanno anche alle zone appenniniche ed interne del centro-sud, riducendo sensibilmente le temperature.
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In Italia la prima decade di luglio ha fatto complessivamente registrare – riferisce la Coldiretti – una temperatura massima superiore di 1,3 gradi rispetto alla media del periodo di riferimento del trentennio 1970-2000, sulla base dei dati della statistica decadale Ucea. La situazione più difficile – precisa l’ente – si è registrata nelle regioni del nordest Italia dove nello stesso periodo si sono registrati scostamenti di 3,5 gradi in più rispetto alla media ed in quelle del centro ovest dove il termometro è risultato superiore di 2,6 gradi rispetto alla media. Anche a livello planetario si registrano dati storici: secondo l’agenzia americana per l’ atmosfera (Noaa), non solo il mese di giugno è stato il più caldo dal 1880, ma sono da primato anche le temperature medie dei primi sei mesi dell’anno e del trimestre aprile-giugno. Nel giugno 2010 minore estensione dei ghiacci artici rispetto a tutti i mesi di giugno precedenti dal 1979.
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17 luglio 2010
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