Archivio | luglio 29, 2010

Afghanistan: Torna Emergency a Lashkar-Gah

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L’ospedale era stato chiuso dopo le accuse di collaborazionismo con i talebani

Torna Emergency a Lashkar-Gah

Strada: «Ci è stata assicurata piena collaborazione e pieno rispetto dell’autonomia»

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Soldati afghani davanti all'ospedale (Ap)
Soldati afghani davanti all’ospedale (Ap)

MILANO – Riapre i battenti il centro chirurgico di Emergency a Lashkar-Gah, chiuso nello scorso aprile scorso dopo il ritrovamento di armi e dopo l’accusa a tre volontari italiani di essere collaboratori dei talebani. «Oggi è una bella giornata» dice Gino Strada.
Un team composto da un chirurgo, due infermieri e un logista internazionale e da 140 afghani, tra personale medico, amministrativo e ausiliario, ha ripreso possesso della struttura dopo che una delegazione di Emergency guidata da Gino Strada, aveva incontrato lunedì scorso il governatore della regione di Helmand per verificare la possibilitá di riapertura.

LE ASSICURAZIONI DEL GOVERNATORENei giorni scorsi il governatore aveva vincolato la ripresa delle attività ad alcune condizioni, tra le quali la presenza di militari afghani intorno all’ospedale e il passaggio della gestione dell’ospedale al ministero della Sanità locale. Il governatore ha inoltre assicurato che Emergency continuerà a poter condurre in autonomie le attività dell’ospedale sia dal punto di vista clinico sia dal punto di vista gestionale. Sulla decisione hanno influito le continue sollecitazioni della societá civile afghana. Da quando il centro era stato chiuso infatti la popolazione locale aveva perso un luogo di cura fondamentale in quanto l’ospedale era l’unica struttura in grado di offrire assistenza chirurgica gratuita e di elevata qualità in tutta la provincia di Helmand.

STRADA: «ASSICURATA PIENA AUTONOMIA»«Oggi è una bella giornata – ha osservato Strada in collegamento telefonico dall’Afghanistan – e siamo arrivati con fatica a questo momento. Siamo riusciti a capire quale era l’umore della gente che aveva bisogno che l’ospedale riaprisse e che non voleva fosse tolto a loro per motivi forse politici. Abbiamo ricevute le scuse ufficiali da parte del governo afghano e questo dimostra che evidentemente si è trattato di un episodio oscuro». «Al governatore di Lashahk-Gah – ha proseguito Strada – abbiamo fatto le nostre richieste tra le quali il libero accesso per i feriti alla struttura e che l’ospedale debba essere rispettato da tutti, così come deve essere per sua natura un luogo neutrale dove non si esercita violenza. Abbiamo anche ribadito che è impensabile che un ospedale sia sotto il controllo di una forza militare e che l’accesso alle cure sia filtrato da qualcuno e su questo il governatore si è detto d’accordo con noi». «Abbiamo avuto un incontro con il nuovo capo della sicurezza perché quello precedente è stato rimosso, e ci ha garantito piena collaborazione e pieno rispetto dell’autonomia dell’ospedale. Un ospedale – ha sottolineato Strada – che abbiamo ritrovato in una situazione disastrosa, pieno di sabbia ma senza che, tuttavia, vi fosse stato alcun furto».

ATTEGGIAMENTO SERVILE DELL’ITALIA NELLA VICENDA DELL’ARRESTONella vicenda dell’arresto dei tre operatori di Emergency e della chiusura dell’ospedale di Lashkar-Gah il Governo italiano ha dimostrato un «atteggiamento servile» nei confronti degli alleati coinvolti. A distanza di tempo ne resta convinto Gino Strada che ha riferito di aver parlato nei giorni scorsi con l’ambasciatore britannico nel paese asiatico per chiarire il coinvolgimento dei militari inglesi nella chiusura dell’ospedale di Emergency (furono infatti alcuni soldati britannici a prelevare i tre operatori italiani). Se si fosse verificata una situazione contraria – ha ragionato Strada – e cioè «se fossero stati dei militari italiani a prelevare degli operatori inglesi, il governo inglese avrebbe subito convocato l’ambasciatore italiano: ma da noi non usa, il nostro governo è più servile».

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29 luglio 2010

fonte:  http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_29/emergency-afghanistan_cbf43090-9b02-11df-ad9d-00144f02aabe.shtml

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LA CRISI – Berlusconi rompe: “Finiani fuori dal partito”. Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi

LA CRISI

Berlusconi rompe: “Finiani fuori dal partito”
Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi

Documento dell’ufficio di Presidenza:deferimento contro tre fedelissimi dell’ex leader di An: Granata, Bocchino e Briguglio. Il Cavaliere durissimo con l’ex leader di An: “Non abbiamo più fiducia in lui, iniziative perché lasci la presidenza della Camera”. La replica: “Non decidi tu”. In 34 pronti a nuova formazione parlamentare. Firmano lettera di dimissioni dal gruppo e la affidano al loro leader

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di MARCO BRACCONI

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 Berlusconi rompe: "Finiani fuori dal partito"  Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi

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ROMA – Il Pdl non c’è più. O almeno, non c’è più per come lo abbiamo conosciuto finora. E’ durato meno di un’ora l’ufficio di presidenza per decidere l’isolamento e, di fatto, l’espulsione dei dissidenti. Le parole pronunciate da Silvio Berlusconi non lasciano spazio a equivoci: “Facciano pure i gruppi autonomi tanto sono fuori”. Non solo. Dal Cavaliere arriva un attacco durissimo alla terza carica dello Stato: “Allo stato viene meno la fiducia nei confronti del ruolo di garanzia del presidente della Camera indicato dalla maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni”. E alla domanda se il cofondatore debba lasciare il suo incarico il capo del governo  risponde: “Riteniamo che siano i membri del Parlamento a dover assumere un’iniziativa al riguardo”. La replica dell’ex leader di An sul punto è secca: “La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio…”

Commentando il testo uscito dall’ufficio di presidenza, nel quale si dice che “le posizioni dell’onorevole Fini sono assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà”, Berlusconi ostenta sicurezza: “Non c’è problema per il governo, la maggioranza non è a rischio e i nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo ci sia un atteggiamento di opposizione permanente. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito. Vogliono fare il gruppo? Facciano quello che vogliono, tanto sono fuori”.

Per quanto riguarda i ministri vicini al presidente della Camera, il Cavaliere dice di “non avere difficoltà a continuare una collaborazione con validi ministri”.

Intanto, sul piano formale, il verdetto dell’Ufficio di Presidenza prevede anche una sanzione diretta contro tre tra i deputati più vicini al Presidente della Camera. Bocchino, Granata e Briguglio sono stati deferiti ai probiviri. Anche se a questo punto pare difficile che il meccanismo innescato non porti ad una scissione che renderebbe di fatto inutile la decisione.

Il documento. Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio saranno deferiti al collegio dei probiviri. Ma è il vero bersaglio del documento è il presidente della Camera. Le sue posizioni sono ritenute “incompatibili con i principi ispiratori del Pdl. E si pone il problema della presidenza della Camera” perché viene meno “anche la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni”.

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IL DOCUMENTO DELL’UFFICIO POLITICO PDL1

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Nel testo uscito da Palazzo Grazioli si fa riferimento alla “volontà degli elettori” e si attacca duramente “l’uso politico della giustizia” e “il ruolo politico assunto da Fini”. Che in sostanza viene accusato di essersi ritagliato un profilo di opposizione all’esecutivo, con uno “stillicidio continuo” e sistematico, attraverso una “critica demolitoria alle decisioni prese dal partito”.

I finiani pronti all’addio. Dopo l’attacco durissimo della maggioranza Pdl  i deputati finiani hanno firmato una lettera di dimissioni dal gruppo parlamentare della Camera. Le lettere sono ora nelle mani del presidente che, spiegano alcuni dei firmatari, le userà domani “a seconda di quello che accadrà”. Sarebbero almeno 34 i componenti di un nuovo gruppo a Montecitorio. Per quanto riguarda la possibilità di formare un gruppo di finiani anche a Palazzo Madama sarebbero pronti ad entrare nelle ‘file’ di Fini anche i senatori Adriana Poli Bortone e Giovanni Pistorio.

I numeri in Parlamento. Attualmente la maggioranza di governo nei due rami del Parlamento è di 342 deputati e 174 senatori, a fronte di una maggioranza necessaria, rispettivamente, di 316 a Montecitorio e 162 a Palazzo Madama. A Montecitorio basterebbero quindi 27 voti in meno per portare il Governo a 315, sotto la soglia minima di sopravvivenza. E stando ai numeri di queste ore potrebbero essere addirittura 34 i deputati finiani a sfilarsi. A Palazzo Madama, invece, per perdere la maggioranza degli aventi diritto, dovrebbero essere 16 i senatori ad abbandonare il Pdl.

Le reazioni.
A ufficio politico del Pdl concluso, Bersani ha detto che è “un singolare tribunale che processa gli innocenti”. Bersani ha salutato i deputati del Pd alla Camera, prima della pausa estiva, brindando: “A un nuovo governo”. Poi ha chiesto al Cavaliere di andare in Parlamento, “perché questa è una vera crisi”. Domani mattina alle 9 assemblea del Pd per discutere della situazione.

Sul webmagazine di  Farefuturo si parla di “Operazione Baygon”, vale a dire di “disinfestazione del pluralismo, il Pdl sta adottando metodi, linguaggi e liturgie che tradiscono l’essenza stessa del suo progetto. Quel progetto che doveva regalare all’Italia il tanto atteso partito liberale di massa, maggioritario e plurale. Ma a furia di disinfestare, si rischia l’avvelenamento”.

La giornata. Le ore della resa dei conti nella maggioranza si era aperta con il rifiuto dell’ultima mediazione. “L’offerta di tregua di Gianfranco Fini è arrivata troppo tardi, fuori tempo massimo”. Così, nel vertice notturno di palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi e gli altri partecipanti alla riunione (compreso Giuliano Ferrara) avevano declinato l’invito del Presidente della Camera a “resettare tutto senza risentimenti”.

La stesura del documento. Tutta la giornata si era consumata nell’attesa dell’ufficio di presidenza. E sulla formula dell’eventuale “scomunica” a Gianfranco Fini e ai finiani. Non “più politicamente vicini al partito”, questo il passaggio chiave al centro del documento alla cui stesura aevav lavorato per tutto il pomeriggio lo stato maggiore del Pdl, riunitosi a Palazzo Grazioli.

Le mosse dei finiani. Mentre  diventava chiaro che le due anime del Pdl erano sempre più lontane anche i finiani si mettevano in moto. Già dalla mattina si intensificavano i contatti tra  il Presidente della Camera e i suoi fedelissimi. Già il tam tam del pomeriggio parlava di 34 deputati vicini all’ex An pronti a firmare la richiesta di costituzione di un nuovo gruppo parlamentare alla Camera.

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29 luglio 2010

fonte:  http://www.repubblica.it/politica/2010/07/29/news/pdl_ore_contate_per_i_finiani_berlusconi_sceglie_la_linea_dura-5914604/?rss

«Montami a costo zero». Se l’oggetto da vendere diventa il corpo di lei

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«Montami a costo zero». Se l’oggetto da vendere diventa il corpo di lei

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di Maunela Modica

tutti gli articoli dell’autore

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Un pannello fotovoltaico e una donna nuda, ripiegata in modo da suggerire una posizione sessuale tra le più note. Si fa fatica a credere come il guizzo creativo di chi si trova davanti un pannello – benché possa godere perlomeno del fascino della novità – possa nascere da quel genere di pulsioni. E non si vuole certo scomodare Freud per ricorrere a facile ilarità, perché l’argomento è serissimo e perché si teme di dover bussare alla porta di Jung, piuttosto, per scomodare l’inconscio collettivo di un popolo che perde ogni giorno pezzi di decenza fino a gridarlo su un manifesto.

Che fino a ieri campeggiava alto sulle vie di Milazzo per pubblicizzare il montaggio di pannelli fotovoltaici a costo zero. I creativi  della Neo Comunication, autori dello spot si saranno arrovellati: cos’è che si monta di solito e che può costare anche caro? Una donna. Così che raccontare di questo manifesto provoca imbarazzo, e non per la volgarità – che pure provoca brividi di gelo – ma per l’unico messaggio che davvero regala lo spot: sprofondo culturale.

A difesa del quale viene chiamato in causa addirittura Oliviero Toscani. Perché questi creativi «buttano sangue» come lui, scrive Salvatore Calderone – poco dopo aver tolto lo spot come immagine del proprio profilo – sulla bacheca del gruppo Donne Libere e spiega: «Solo ironia… il loro lavoro lo fanno veramente col cuore». Non ce ne vorrà Calderone se piuttosto che al cuore ci viene da pensare a qualcos’altro, volendo scovare l’origine creativa del loro guizzo, se non altro per l’evidenza che l’immagine suggerisce. Ma siamo d’accordo con lui: è ironia, di quella che piace e far sbellicare chi pensa che una donna si debba comprare, montare, svendere. In questa vertigine da precipizio, però, si trovano degli appoggi. Il manifesto che pure penetra nei luoghi comuni sul machismo siculo, trova un comune luogo di indignazione. «Sentiamo l’urgenza di sollevare una reazione forte di fronte a una deriva italiana non più sopportabile», commenta Pina Milici, del gruppo Donne libere, che ogni domenica offre dibattiti e incontri sulla condizione femminile al bel caffè letterario, Puck. «Quando ho contattato il titolare della ditta mi ha aggredita e minacciata. Abbiamo deciso allora di segnalarli allo Iap», racconta Rosalba Lo Presti. E la reazione di Donne libere si è estesa: l’associazione Donne in quota, gruppi su Facebook – Mail bombing contro lo spot «a costo zero» -, l’assessorato alle pari opportunità, quello alle politiche sociali e il sindaco stesso, hanno richiesto la rimozione del manifesto dello scandalo. E l’hanno ottenuta.

I manifesti sono stati rimossi e il titolare della ditta, Federico Calderone s’è scusato ufficialmente. Seppure a denti stretti, tenendo a sottolineare che a «Milano, Firenze, Roma, dove la comunicazione è piena di messaggi sarcastici e coadiuvanti una campagna come quella proposta dalla nostra azienda sembrerebbe un messaggio innocente e simpatico e di sicuro stimolo».

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23 luglio 2010

fonte: http://www.unita.it/news/italia/101584/montami_a_costo_zero_se_loggetto_da_vendere_diventa_il_corpo_di_lei

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GALLERIA..

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http://glottorellando.files.wordpress.com/2009/01/pubblicita-napoli1.jpg
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e per finire in.. bruttezza

SALUTE – La guerra del mais transgenico: “Distruggete quei campi”

La guerra del mais transgenico
“Distruggete quei campi”

Ambientalisti e cittadini mobilitati in provincia di Pordenone. Le analisi di Greenpeace hanno confermato che nelle coltivazioni di Fanna è stato piantato il Mon810 della Monsanto: “Un atto irresponsabile e illegale, i pollini ogm stanno già volando nei terreni vicini”. La difesa degli agricoltori

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di ELISA COZZARINI

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La guerra del mais transgenico "Distruggete quei campi" La distruzione di un campo di mais ogm ordinata nei giorni scorsi dalla Regione Piemonte e dalla magistratura nel territorio di Pinerolo

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PORDENONE – E’ uno dei primi casi programmati in Italia di coltivazione di mais geneticamente modificato ed è per questo che sui campi di Fanna, in provincia di Pordenone, si è acceso subito lo scontro. Se c’era qualche dubbio, del resto, sono state le analisi sui campioni prelevati nei giorni scorsi da Greenpeace a confermare i timori degli ambientalisti: l’oggetto delle coltivazioni è il Mon810, un mais geneticamente modificato brevettato e commercializzato dalla multinazionale americana Monsanto.

“Abbiamo scoperto in pochi giorni quello che le autorità avrebbero dovuto dire da tempo, rivelando la fonte della contaminazione transgenica – denuncia Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace – Siamo di fronte a un atto assolutamente irresponsabile e illegale. Il mais è già completamente fiorito e da giorni sta spargendo il proprio polline sui campi vicini e su una vasta area, trasportato dal vento e dagli insetti”.

Quanto alla legalità dell’iniziativa, gli ambientalisti sono certi che non è sufficiente il via libera dato dal Consiglio di Stato a gennaio: la piantumazione del mais Ogm in Friuli, accusa Greenpeace, viola il decreto legislativo 212 del 2001, che prevede il rilascio di una specifica autorizzazione per la loro semina. Per chi procede in assenza di autorizzazione è previsto l’arresto da sei mesi a tre anni o l’ammenda fino a 51.700 euro. Inoltre, aggiunge Greenpeace, un decreto interministeriale (agricoltura, salute, ambiente) di aprile a tutela delle produzioni tradizionali locali, vieta espressamente la coltivazione di mais Ogm Mon810 in Friuli.

Dalla parte dei contestatori c’è il precedente della Regione Piemonte che pochi giorni fa, d’intesa con la magistratura, ha ordinato la distruzione di coltivazioni “fuorilegge” di mais geneticamente modificato su oltre 300 ettari nella zona di Pinerolo, in provincia di Cuneo, e al confine con la Lombardia. Dice Giorgio Cavallo, presidente di Legambiente Friuli Venezia Giulia: “Al di là della sua pericolosità, ciò che sta avvenendo è paradossale. Il Friuli vorrebbe distinguersi per la tipicità delle sue coltivazioni, mentre con gli Ogm si va proprio in senso opposto, verso un’agricoltura omogeneizzata”. “Vogliamo ribadire il principio di precauzione – aggiunge Roberto Pizzutti, del Wwf friuliano – che non consente il via libera a sostanze o prodotti fino alla dimostrazione della loro assoluta innocuità. Inoltre, la cittadinanza si è più volte espressa contro gli Ogm”.

“Il Procuratore di Pordenone – dice Federica Ferrario – non può più perdere un solo minuto di tempo e deve porre fine a questa incomprensibile dilazione dei tempi. Va incriminato il responsabile di questa violazione e chi l’ha aiutato, e bisogna iniziare la conta dei danni legati a questo atto scellerato, che non devono certo ricadere sugli agricoltori onesti o sugli Enti pubblici”. Greenpeace chiede anche l’intervento immediato dei ministeri interessati, mentre tutte le associazioni ambientaliste, cittadini della zona e rappresentanti di istituzioni parteciperanno domani a una “veglia per la legalità” davanti al municipio di Fanna. Sinistra ecologia e libertà (Sel) chiede invece che il ministro Galan ordini il sequestro dei campi e la distruzione del mais ogm.

Dall’altra parte, a parte gli agricoltori dell’associazione Futuragra che hanno avviato la coltivazione del mais ogm, ci sono anche altre organizzazioni di categoria che si battono per l’introduzione in Italia delle coltivazioni transegiche. Giorgio Fidenato, presidente degli “Agricoltori federati”, ha minacciato di denunciare per procurato allarme l’assessore regionale all’agricoltura, il leghista Claudio Violino, che aveva espresso preoccupazione per l’uso del mais ogm. La polemica è alimentata anche dalle novità provenienti da Bruxelles.

La commissione europea proprio oggi ha infatti dato il via libera definitivo all’importazione in Europa, a fini alimentari e per la produzione di mangimi – e non per la coltura – di sei mais Ogm: si tratta di cinque nuovi mais transgenici e del rinnovo dell’autorizzazione, per altri 10 anni, all’importazione a utilizzazione del mais Bt11. Le nuove autorizzazioni riguardano il mais della Syngenta, il Bt11xGa21; il mais Dow AgroScience 1507×59122; il mais di Pioneer 59122x1507xNk603; e i mais di Monsanto Mon88017xMon810 e Mon89034xNk603. Sulla loro “sicurezza” l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare ha rilasciato una valutazione positiva.

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29 luglio 2010

fonte:  http://www.repubblica.it/ambiente/2010/07/29/news/ogm_in_friuli_prime_coltivazioni-5928817/?rss

Camorra, arrestata presidente dei piccoli industriali di Napoli

Camorra, arrestata presidente
dei piccoli industriali di Napoli

Olga Acanfora, di 53 anni, è coinvolta nell’inchiesta sull’omicidio del consigliere comunale di Castellammare di Stabia del Pd, Luigi Tommasino, ucciso nel febbraio del 2009. Deve rispondere di estorsione aggravata dal favoreggiamento nei confronti del clan dei D’Alessandro

Camorra, arrestata presidente dei piccoli industriali di Napoli

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L’imprenditrice Olga Acanfora, di 53 anni presidente del gruppo Piccola industria dell’Unione industriale di Napoli è stata arrestata su ordine del pm della Direzione distrettuale antimafia per estorsione aggravata. L’imprenditrice è stata arrestata nell’ambito delle indagini sull’omicidio del consigliere comunale di Castellammare di Stabia del Pd Luigi Tommasino, ucciso dalla camorra un anno e mezzo fa.

Secondo quanto ricostruito
dagli inquirenti della Dda l’imprenditrice Acanfora tra la metà del 2008 e gli inizi del 2009 si rivolse al consigliere Tommasino per chiedere l’intermediazione del clan D’Alessandro, egemone a Castellammare di Stabia, per estorcere la riduzione dei costi dei lavori professionali prestati alla sua azienda.

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FOTO-STORIA Chi è l’imprenditrice arrestata
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Oltre all’imprenditrice la Dda ha arrestato due appartenenti al clan D’Alessandro. All’imprenditrice è contestata anche l’aggravante di aver favorito l’associazione camorristica dei D’Alessandro.

Acanfora, amministratrice dell’associazione “Meta Felix” e componente del cda del Centro di medicina psicosomatica di Castellammare di Stabia, con interessi anche nel settore immobiliare, era stata eletta al vertice del gruppo piccola industria di Confindustria Napoli il 23 luglio 2009. Sposata, due figli, è il primo presidente donna del gruppo piccola Industria.

Il consigliere comunale di Castellammare di Stabia Luigi Tommasino, 43 anni, del Pd, fu ucciso il 3 febbraio 2009, nei pressi di casa, mentre era in auto con il figlio piccolo, da sicari ritenuti affiliati al clan D’ Alessandro.
Il movente dell’omicidio sarebbe stata una somma di denaro non restituita al clan. Uno dei sicari, Catello Romano, 19 anni, era iscritto alla stessa sezione del Pd di Tommasino. Le indagini per l’omicidio del consigliere comunale hanno portato all’arresto di Salvatore Belviso, ritenuto il braccio destro del boss Vincenzo D’Alessandro.

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29 luglio 2010

fonte:  http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/07/29/news/camorra_arrestata_acanfora-5913819/?rss

Terremoto, Cialente attacca Berlusconi: “L’Aquila non è Kabul, non servono truppe di occupazione”

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Terremoto, Cialente attacca Berlusconi: “Non servono truppe di occupazione”

Il sindaco: L’Aquila non è Kabul. Abbiamo bisogno di fondi

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ROMA (29 luglio) – Duro attacco del sindaco dell’Aquila Massimo Cialente al premier Silvio Berlusconi: «Accusare gli enti locali di non essere capaci di affrontare il terremoto. è un atto gravissimo: credo che a questo punto emerga un problema di moralità e trasparenza, ma che riguarda anche la democrazia di questo Paese, problema che ho già segnalato al Quirinale». Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, replica così a Berlusconi che ieri, parlando della ricostruzione, l’ha descritta come una fase che «le istituzioni locali non hanno saputo gestire».

Decine di faldoni sul tavolo, con i mandati di pagamento da liquidare a seguito di fatture presentate per la ricostruzione: Cialente ha accolto così i giornalisti nella sede comunale provvisoria, all’indomani dell’annuncio che il governo riprenderà in mano la ricostruzione post sisma. Ed è tornato a denunciare i ritardi nell’arrivo dei fondi. «Questi faldoni rappresentano 200 milioni di spese da liquidare, soldi della ricostruzione leggera, indennizzi e traslochi, ai quali si aggiungono 32 milioni dell’autonoma sistemazione, parte dei quali anticipati dal Comune. Ci hanno abbandonati. Dopo la gestione della Protezione Civile che aveva 400 persone a pieno servizio, la Sge, Struttura per la Gestione dell’Emergenza, ha personale dimezzato e non ci sono fondi».

«L’Aquila non è Kabul, non abbiamo bisogno di truppe di occupazione». «L’eventuale ritorno del Dipartimento – ha spiegato – rappresenterebbe un problema serio, del resto, io sono sicuro che lo stesso Guido Bertolaso non sia contento delle affermazioni del premier». «È possibile che dopo le botte di inizio luglio a Roma, i fondi comincino ad arrivare e adesso, a fronte di mesi di difficoltà economiche, il governo sia pronto a una nuova passerella mediatica sulle spalle degli aquilani. Una delle cose più gravi è l’affermazione di Bertolaso, il quale ha detto che i fondi bisogna saperli chiedere: ma cosa dovrei fare, andare in giro con un piattino e far finta di allattare?». «Ci siamo trovati in forte difficoltà a causa dei debiti lasciati dalla Protezione civile. Non per colpa del Dipartimento, ma a causa della carenza di fondi provenienti dallo Stato».

Dovranno essere gli aquilani i protagonisti della ricostruzione del capoluogo abruzzese. Lo ha detto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente. «Se qualcuno poi vuole darci una mano lo faccia, dandoci soldi, coprendo i debiti, aiutandoci a gestire le abitazioni delle Case antisismiche che già denunciano carenze strutturali». Cialente non ha nascosto perplessità in merito alla risposta abitativa fornita dal dipartimento di protezione civile. «Hanno fatto delle case bellissime, ma solo per pochi quando hanno lasciato L’Aquila c’era necessità di altri 1.430 appartamenti. La Protezione civile però ci ha dato una pacca sulle spalle e arrivederci. Ho chiesto altri Map – ha aggiunto – ci hanno risposto picche, assicurando solo la realizzazione di 64 con i pezzi già smontati».

Un’assemblea cittadina straordinaria – per il punto della situazione e l’esame dell’opportunità di nuove iniziative di mobilitazione
– è stata convocata del presidio permanente di piazza Duomo, all’Aquila, per questo pomeriggio.

Sì del governo a ordine del giorno su tasse durante manovra. Parere favorevole del Governo, durante la discussione della manovra economica in approvazione alla Camera dei Deputati, ad un ordine del giorno della minoranza in cui si chiede che il trattamento riservato ai cittadini aquilani, colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 sia lo stesso riservato ai cittadini colpiti dal terremoto del 97 in Umbria e nelle Marche che hanno restituito le tasse sospese dopo 12 anni, in 120 rate e nella misura del 40% del dovuto. Lo hanno reso noto i deputati Giovanni Lolli e Augusto Di Stanislao.

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fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=112752&sez=HOME_INITALIA

Pomigliano, Fiat insiste sulla linea dura. Via da Confindustria, disdetto contratto

Pomigliano, Fiat insiste sulla linea dura
Via da Confindustria, disdetto contratto

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TORINO (29 luglio) – La Fiat conferma la linea dura e annuncia la disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici e l’uscita da Confindustria della nuova società che gestirà lo stabilimento di Pomigliano.

La nuova società Fabbrica Italia non sarà iscritta all’Unione Industriale di Napoli e quindi alla Confindustria, ha riferito il segretario generale Fismic, Roberto Di Maulo, al termine dell’incontro in cui l’azienda ha comunicato ufficialmente ai sindacati la nascita della nuova società. Della nuova società, controllata da Fiat Partecipazioni, faranno parte anche i mille lavoratori della Ergom, azienda dell’indotto Fiat.

Le assunzioni dei lavoratori nella nuova Fabbrica Italia Pomigliano inizieranno a settembre 2011, quando inizierà la produzione della Futura Panda e avverranno attraverso la “cessione dei contratti individuali”. I 5.200 lavoratori dello stabilimento Gian Battista Vico, oggi tutti in cassa integrazione straordinaria (poi diventerà cassa in deroga), passeranno gradualmente da Fiat Group Automobiles alla nuova società. Sarà quindi necessario l’assenso dei lavoratori. Se qualcuno dovesse non accettare resterà in cassa integrazione e poi andrà in mobilità perdendo quindi il posto di lavoro. Alla newco passerà anche gran parte dei lavoratori della Ergom di Napoli.

La lettera di disdetta dal contratto nazionale dei metalmeccanici e quindi dal sistema confindustriale era già pronta: la Fiat l’ha letta oggi ai sindacati, nell’incontro all’Unione Industriale di Torino. L’azienda ha spiegato che la lettera è stata congelata per un paio di mesi in attesa di verificare se ci sono le condizioni per raggiungere un’intesa con Confindustria che permetta deroghe al contratto evitando la disdetta. L’ipotesi iniziale era quella di formalizzare la decisione nell’incontro di oggi.

La Fiat ha poi disdetto l’accordo aziendale sui
permessi sindacali per tutto il gruppo. L’intesa, che risale al 1971 sarà valida fino al 31 dicembre. Entro l’anno dovrebbe esserne definita una nuova con l’obiettivo di ridurre in modo significativo il numero di ore di permessi considerato eccessivo dall’azienda.

La presentazione della newco Fabbrica italiana «in modo ufficiale ci tranquillizza, perchè dà corso all’avvio concreto ai 700 milioni di investimento a Pomigliano». Lo afferma il segretario generale della Uilm della Campania Giovanni Sgambati, spiegando che «ciò si è reso necessario esclusivamente per colpa della Fiom che ha continuato ad avere un atteggiamento oppositivo e non da organizzazione sindacale responsabile».

«Solo uno sciocco può pensare che quello che vuole ottenere la Fiat non lo pretendano tutti gli altri industriali italiani. Sarebbe davvero un’agevolazione di mercato per una sola azienda», ha sottolineato il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, secondo il quale «siamo di fronte al più grave attacco ai diritti sindacali, anzi ai diritti puri e semplici dei lavoratori dal 1945 ad oggi. E questo attacco avviene con il totale consenso di Cisl e Uil». «La Cgil deve muoversi e decidere – ha concluso il sindacalista della Fiom -. A metà settembre ci sarà il direttivo nazionale della confederazione, che prima di tutto dovrà assumere un orientamento politico: quello di considerare la vicenda Fiat una questione che riguarda tutti i lavoratori italiani e di accollare non solo a Marchionne, ma alla Confindustria tutte le responsabilità. Il che significa scegliere una via di rottura con la Confindustria, abbandonando ogni velleità di ricostruzione unitaria con gli attuali gruppi dirigenti di Cisl e Uil. Queste sono le scelte vere, tutto il resto rischia di portare la Cgil in una posizione di assoluta marginalità».

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fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=112760&sez=HOME_ECONOMIA

Bibbione, “La figlia disabile dà fastidio agli altri clienti. Mangiate in orari diversi “


Bibbione, “La figlia disabile dà fastidio agli altri clienti. Mangiate in orari diversi “

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L’albergatore gli ha detto di far mangiare la figlia disabile in orari diversi dagli altri clienti e loro, per non subire l’umiliazione, hanno immediatamente fatto le valigie interrompendo la settimana di vacanza al mare con la piccola di quattro anni. Ma prima di lasciare l’albergo di Bibione hanno dovuto pagare 500 euro di penale per aver anticipato la partenza.

La coppia di Bassano del Grappa che ha denunciato l’episodio è decisa però a farseli restituire e per avere indietro almeno i soldi della ‘penale’ si è rivolta all’Unione dei Consumatori. ”Da quanto ci ha raccontato il padre – spiega il presidente dell’Unione consumatori regionale Antonio Tognoni sul Corriere del Veneto – sono state poste condizioni inaccettabili e discriminatorie nei confronti della bambina, che è affetta da una sindrome congenita e per esprimersi emette alcuni suoni: sono proprio questi vocalizzi la materia del contendere”.

L’Unione consumatori ha già inviato una lettera ai proprietari dell’albergo (e per consocenza agli assessorati regionali competenti), intimando la restituzione dei 500 euro. ”Come si fa a dire che la piccola disturbava gli altri clienti dell’albergo quando ci sono bambini che strillano, piangono, fanno capricci e a nessuno viene in mente di allontanarli?”, dice all’ANSA Tognoni, al culmine dell’indignazione.

”I genitori sono persone dignitosissime che vogliono riavere solo quei 500 euro per non subire, oltre al danno, anche la beffa – racconta ancora Tognoni – Voglio pensare che all’albergatore la situazione sia sfuggita di mano. Ma comunque è una vicenda inaccettabile che viola anche la legge contro le discriminazioni dei disabili”.

fonte: http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/albergatore-genitori-bimba-disabile-orari-diversi-mangiare-489680/

Non voglio commentare, non questa volta. Sarà perché in qualche modo sono parte in causa… ma sarei decisamente poco corretta – e il mio disgusto non cambierebbe comunque le cose. elena

Palermo ricorda giudice Chinnici nel 27° anniversario della strage / Le grida contro la mafia che si spengono nel silenzio

Palermo ricorda giudice Chinnici in 27° anniversario strage

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29 luglio 2010
Palermo. Cerimonia commemorativa oggi
in via Pipitone Federico, a Palermo, in occasione del 27esimo anniversario della strage in cui persero la vita il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta, maresciallo Mario Trapassi, appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

Alle 18.30 sul luogo dell’eccidio saranno deposte delle corone di fiori e saranno resi gli onori militari. Alle 19 verrà celebrata la Santa Messa officiata da monsignor Salvatore Grimaldi, nella chiesa di S. Maria Maddalena all’interno della caserma «Carlo Alberto Dalla Chiesa», sede del Comando Legione Carabinieri Sicilia. Alle 20, sempre nella caserma, in programma una mostra dal titolo «Rocco Chinnici, un Giudice moderno». Parteciperanno i familiari delle vittime, il generale di divisione Vincenzo Coppola, comandante della Legione Carabinieri Sicilia, ed il colonnello Teo Luzi, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo.

Adnkronos
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fonte:  http://www.antimafiaduemila.com/content/view/29970/48/

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Mafia: le grida contro la mafia che si spengono nel silenzio

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di Rino Giacalone – 28 luglio 2010

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Vorrei, tanto vorrei, ma non ci riesco.
Cerco e mi sforzo di trovare esempi positivi nella lotta alla mafia fuori dai palazzi deputati…

…alla lotta a Cosa Nostra, quelli delle Procura, degli uffici investigativi, dalle aule di giustizia, ma ne trovo pochi.

La società che lotta la mafia, dov’è? Ovviamente parlo del territorio dove vivo, dove c’erano e sono tornati quei lupi che circondarono Rostagno e lo azzannarono a morte, e prima ancora resero inermi procure, tribunali, azzannarono e uccisero pm, giudici, gente senza colpa, mentre in giro si diceva che la mafia non esisteva. Oggi vedo la gente, i giovani, c’è Libera che mai è inoperosa, e se non ci fosse Libera con i suoi attivisti l’antimafia nemmeno esisterebbe, ma c’è il rischio, che non riguarda certo i giovani, le donne e gli uomini di Libera, che tutto avvenga quasi recitato, non per colpa dei protagonisti, nessuno di loro recita, ma del pubblico a cui piace vedere il tutto come una rappresentazione teatrale, si partecipa, pochi o in molti, si applaude, poi si va via, spesso l’andazzo quotidiano non cambia, l’indignazione non crescete.

Mi pongo delle domande. Mi chiedo perché per esempio Partanna non riesca ad uscire dall’equivoco, celebrando a dovere il ricordo di Rita Atria, sua concittadina. Basta una messa, battersi il petto come si fa ogni anno in una “deserta” chiesa madre a togliersi quello che rimane l’assunzione di un obbligo con un rito religioso? No che non basta ed è pure avvilente, a pensare che nello stesso centro del Belice ogni anno ci si dà appuntamento per ricordare un giudice di grande valore, vittima lui, come Rita, della violenza mafiosa, lasciato solo, come Rita, a combattere i poteri forti, lui indossava una toga ed era il giudice istruttore Rocco Chinnici, una fondazione che porta il suo nome puntualmente viene qui a distribuire riconoscimenti. Rita indossava gli abiti semplici di una ragazzina di 17 anni, coltivava gli ideali di una ragazzina di quella età, ma ha dovuto metterli da parte perché lei a 17 anni ha mostrato più coscienza di un adulto di quegli anni, e di un adulto di oggi, sentendo il dovere della testimonianza. Dovere con la D maiuscola come il Dovere che sentiva suo Rocco Chinnici. E allora mi chiedo perché Rocco Chinnici si, e Rita Atria. E’ una considerazione che pongo all’attento magistrato e assessore regionale Caterina Chinnici, figlia del giudice istruttore. E’ una domanda che pongo al sindaco di Partanna, Giovanni Cuttone, lo stesso sindaco che mi spiace andò a dire di non essere andato a trovare Piera Aiello, cognata di Rita, testimone di giustizia come lei, quando venne a Partanna a protestare platealmente contro la grave disattenzione commessa nello Stato nei suoi confronti. Le assurdità del nostro Paese. Chi testimonia, chi vede e racconta certi fatti è costretto a stare nascosto, i responsabili scontate le pene tornano liberi, in giro, magari più minacciosi di prima, senza che nessuno tolga loro il saluto. Su questi temi Piera Aiello voleva provocare una reazione, che non c’è stata nella Partanna che invece celebra Rocco Chinnici, dico io, con qualche nota di contraddizione. A Partanna su Rita  Atria resiste il silenzio, come se lei non sia mai stata figlia di questo paese.
Per fortuna Rita è figlia di altre città che a loro modo cercando di ricordarla, colmando il vuoto che si è fatto attorno a lei. Rita non può essere ricordata solo nel giorno del suo suicidio ma andrebbe ricordata ogni giorno per tutta la sua storia. Rita a 17 anni ha guidato le forze dell’ordine contro la mafia del Belice, gli arresti e le condanne però sono state insufficienti a fermare la barbarie e la crescita di Cosa Nostra. Non ci sono stati altri che come Rita e Piera Aiello sono andati a testimoniare, e la mafia nel Belice oggi non spara più ma fa impresa, gestisce centri commerciali e oleifici, fa da circuito ai pizzini di Matteo Messina Denaro e protegge il boss nella sua latitanza. Ci sono dunque tanti motivi perchè si ricordi Rita, per far riscoprire il dovere della testimonianza, e perché il latitante solo così può essere catturato. E allora no che non basta una messa.

Le grida non sono solo quelle che chi ha lasciato Rita. Ce ne sono altre.  Trapani non è proprio povera di esempi positivi. Uno è maturato di recente ma è rimasto non colto. In una provincia dove si parla (male) più dell’antimafia che della mafia, è rimasta sepolta da un silenzio di tomba la lettera di tre ragazzi, figli del riconosciuto uomo d’onore della mafia mazarese, l’ex capo dell’ufficio tecnico del Comune di Mazara, Pino Sucameli. Uno che faceva il colletto bianco la mattina e la sera andava a sedere a tavola con Totò Riina quando questi era latitante a Mazara. Oppure si prendeva cura di altri boss ricercati cui si preoccupava di trovare sicuri rifugi. I tre ragazzi non hanno recitato per niente, hanno dichiarato lo schifo per la mafia e respirato il fresco profumo della libertà ricordando Paolo Borsellino e rinnegando loro padre, chiedendo scusa per le sue malefatte e lo scempio da lui creato. Hanno scelto altre vie, hanno girato le spalle alla via di Cosa Nostra, Francesco, Dario ed Alessandro, rispetto ad altri che invece hanno accettato eredità di questo genere, oppure hanno scelto il silenzio, o ancora altri che hanno rinnegato il padre mafioso quando questi ha deciso di collaborare con la giustizia. Cosa hanno ottenuto i tre ragazzi. Nulla. Per fortuna loro non cercavano niente e il contenuto della loro lettera è chiaro, la strada intrapresa non dipendeva dal consenso di chicchessia, ma è stata scelta presa e da loro condotta fino in fondo. Ma mi chiedo la società che dice di volere combattere la mafia, la politica che spesso contesta all’antimafia azioni di strumentalizzazioni, i politici che dicono che la mafia non c’è, dinanzi ad un esempio così concreto dove sono e dove sono stati? Distrazione o comodo silenzio? E i grandi giornalisti, le firme eccellenti di carta stampata e tv dove sono? E’ possibile che Alessandro, Dario e Francesco non facciano notizia? Nelle redazioni locali è questo che è successo e per la verità la cosa non ci stupisce. Ma il resto dell’informazione è stata troppo impegnata a parlare di bavaglio tanto da mettere il bavaglio alla lettera di questi tre ragazzi? Trovato un esempio positivo cerco di afferrarlo e mi sfugge tra le mani, scivola via.

E’ vero forse allora che questa mia terra la mafia la vuole, non se la vuole togliere di dosso, le piace, ci convive. Perché non è la cattura di un latitante che infligge colpi mortali all’organizzazione mafiosa, è colpendo il sistema che Cosa Nostra si indebolisce. E allora succede che in questa terra, che nega la mafia, sostenendone la sua quasi sconfitta, manca solo da catturare, ci dicono, Matteo Messina Denaro, si celebra l’antimafia nel pieno delle contraddizioni. Pensate, a Campobello di Mazara, Comune per il quale la prefettura di Trapani ha chiesto al ministero dell’Interno lo scioglimento per mafia, ogni anno si svolge un premio dedicato a Pio La Torre con una giuria lottizzata. E’ antimafia questa?  In Consiglio provinciale, dove ogni operazione antimafia racoglie commenti e soddisfazioni da ogni banco, hanno eletto presidente della commissione lavori pubblici un consigliere sotto processo per dei reati commessi favorendo la mafia, indagato in un’altra indagine antimafia, si chiama Pietro Pellerito, lui in aula agli attacchi del Pd si è difeso dicendo che tutto finirà in una bolla di sapone che ci saranno circostanze che verranno fuori di gran clamore e a suo favore, ma intanto è un imputato, ma la cosa non deve pesare. Per favore non ne parliamo, serve solo silenzio.

Tanto silenzio. Come quello che fu chiesto al prefetto Fulvio Sodano che doveva mantenere il silenzio non dire di essersi trovato l’emissario dei mafiosi fin dentro il suo studio a chiedergli di vendere un’azienda confiscata alla mafia. Silenzio allora, che la recita continui. Almeno per chi ci vuol partecipare.

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fonte:  http://www.antimafiaduemila.com/content/view/29954/48/

Israele, salva la spiaggia dei sogni: Ragazza del kibbutz ferma le ruspe

Israele, salva la spiaggia dei sogni
Ragazza del kibbutz ferma le ruspe

https://i0.wp.com/www.haaretz.co.il/hasite/images/iht_daily/D270608/lustig284_ta.jpg

Adi Lustig, 20 anni, di origine sudafricana,
blocca il progetto per un villaggio turistico a Palmahim

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Adi Lustig, vent’anni, di origine sudafricana, ha salvato dagli speculatori la spiaggia di Palmahim, una delle ultime oasi intatte sulla costa israeliana. Adi vive nel kibbutz costruito nel 1949 sulla baia ed è riuscita a convincere il governo a bloccare il progetto per un villaggio turistico, ville e palazzi a pochi metri dal mare. La battaglia ambientalista è durata due anni e mezzo: per far conoscere la protesta la ragazza si è piazzata in una tenda davanti al cantiere

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29 luglio 2010

fonte:  http://www.corriere.it/esteri/10_luglio_29/frattini-ragazza-kibbutz_9fcc58d4-9af9-11df-ad9d-00144f02aabe.shtml

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VIDEO GLI INIZI

Israel Preserving a Natural Landmark

NTDTV | 19 settembre 2008

CHAN:
With the onslaught of today’s technology, cities are growing bigger and green land is shrinking. In this next report, our Israeli team tells us about the struggle to preserve one endangered beach.

STORY:
Palmachim Beach, in the center of Israel, is one of the country’s last wild beaches with ancient archaeological significance. But the beach’s days may be numbered. Apparently, two wealthy promoters have bought Palmachim Beach to build a tourist resort.

[Adv. Meital Damary, Palmachim Beach Supporter]:
“The project includes 350 suites, two floors of suites, on this beach that we see over here. It’s going to be like a small mall.”

18-year-old Adi Lustig was the first to see the fence go up reducing public access to the beach. Adi was shocked to learn about the tourist resort that was soon to be built. Supported by nature lovers and concerned citizens, Adi initiated several protests.

[Adi Lustig, Palmachim Beach Supporter]:
“We tried to reach parliament members to come to the beach. They have opened a committee in the parliament, the internal committee has discussed the Palmachim issue and they have helped us push this. Also, the state auditor has in the meantime ordered to stop the excavations and opened an in-depth investigation.”

A protest tent with literature and support petitions went up a couple of months ago.

[Adi Lustig, Palmachim Beach Supporter]:
“What we see here is actually a fence. There is a fence but no, there aren’t any concrete foundations and there is nothing, and there is no reason not to stop this. There is a tremendous objection against this thing and truly everybody, everybody is opposed to this and don’t want this here.

[Adv. Meital Damary, Palmachim Beach Supporter]:
“To broaden the regional and national awareness to a world wide awareness – that it’s a pity to give up on nature, it’s a pity to ruin it, because these thing are not always able to be restored.”

The struggle to save Palmachim Beach has been going on since January. The verdict is not in yet, but hopes are high that the government will cancel the deal.

If nature and preserving natural landmarks are important to you, feel free to contact: savepalmachim@gmail.com

NTD, Palmachim Beach, Israel.