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Franca Rame, il Tg2 chiede scusa per il servizio offensivo

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Franca Rame, il Tg2 chiede scusa per il servizio offensivo

Il Tg2 corre ai ripari. Su Franca Rame manda in onda un servizio in cui si ricorda lo stupro fascista. E chiede scusa per primo servizio offensivo

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redazione globalist.it
mercoledì 29 maggio 2013 20:57

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Il Tg2 si è sbrigato a correre ai ripari. Dopo il servizo offensivo denunciato da Globalist, ha cambiato strada, facendo un servizio più oculato, attento alla verità storica, che citava lo stupro fascista soprattutto. E senza riferimenti all’avvenenza di Franca suggestivamente messa in rapporto con la feroce violenza.

Il Tg2 della sera ha chiesto anche scusa per il servizio di Carola Carulli, spiegando ai telespettatori che a qualcuno era sembrato involontariamente offensivo. Diciamo che è buono che siano arrivate le scuse, ma è immaginabile che la responsabilità di un servizio così sbagliato, allusivo, omertoso e lontano dalla verità storica nons ia soltanto l’autrice. E che qualcuno abbia una responsabilità più grande perché direttiva.

Le inopportune dichiarazioni di Marcello Masi – Il direttore del Tg2, Marcello Masi, esprime da parte sua «rammarico per il fatto che qualcuno possa solo immaginare che ci sia qualsiasi giustificazione a ogni forma di violenza nei confronti delle donne e in particolare di Franca Rame, che ha segnato la mia crescita umana. Mi vergogno per quelli che pensano una cosa del genere».

Vergognandosi per quelli che hanno pensato una cosa del genere, Masi probabilmente voleva riferirsi a Globalist, ossia al sito che ha sollevato il caso e che non sta molto simpatico al direttore del Tg2, non fosse perché – unici – lo abbiamo sbeffeggiato mentre imperterrito mandava in onda a spese del servizio pubblico la sua cara Michela Vittoria Brambilla, che ha battuto il record di presenze con la scusa dei cani.

Peccato però che Masi, poco accorto almeno quanto la Carulli, abbia sostanzialmente detto che si vergogna di quelle migliaia e migliaia di persone che avendo visto e sentito quanto andato in onda hanno protestato, si sono indignati e hanno chiesto che fatti simili non accadano più. Masi, quindi, si vergogna della stragrande maggioranza di coloro che hanno avuto la sventura di vedere quel servizio del Tg2.

Salvo poi essere costretto (da viale Mazzini?) a chiedere pubblicamente scusa. E allora Masi ci spiegherà se si vergogna così tanto di noi e dei suoi telespettatori, perché ha dovuto scusarsi? O non farebbe prima a vergognarsi per quello che dolosamente o colposamente è uscito dal suo Tg? Peccato. Un vero peccato. Ammettere l’errore e chiedere scusa è un gesto coraggioso, anche perché tutti possiamo sbagliare. Invece il nostro ha voluto esternare, tanto che noi, adesso, ci vergognamo della sua vergogna. (Globalist).

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fonte globalist.it

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INCREDIBILE TG2 SULLA RAME – “Usava la bellezza fisica finché fu stuprata.” E tace sui violentatori fascisti

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Usava la bellezza fisica finché fu stuprata: incredibile Tg2 sulla Rame

Nel ritratto dell’attrice il Tg omette di dire che i violentatori erano fascisti. E racconta la vicenda in modo ambiguo, come se Franca si fosse cercata lo stupro.

Desk
mercoledì 29 maggio 2013 19:05


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Prima l’omissione della morte del generale genocida e fascista argentino Videla, notizia ignorata. altrimenti bisognava parlare dei crimini dei golpisti.

Oggi, nel ricordo di Franca Rame, l’incredibile (anzi, fin troppo credibile) omissione del fatto che la grande attrice fosse stata stuprata dai fascisti. Perché al Tg2 parlare di fascisti non si può. Probabilmente disturebbbe troppo i nuovi piccoli editori di riferimento, tra i tanti contorcimenti e riposizionamenti della testata, nel nobile esercizio di salvare le chiappe a rischio.

Anzi, nell’ambiguità del racconto è parso anche che l’attrice si fosse in qualche modo cercata lo stupro per l’uso della sua bellezza fisica. Alla faccia di tutte le campagne contro il femminicidio e la violenza sulle donne.

E sì, perché nel servizio mandato in onda nell’edizione delle 13 e firmato da Carola Carulli (vagamente tendenzioso, ma su questo torneremo poi…) c’è un cenno alla terribile esperienza dell’attrice, violentata dopo essere stata sequestrata. Ma non una parola su chi e perché: era una comunista impegnata politicamente e i fascisti – sobillati da alcuni settori dell’Arma dei carabinieri che li proteggevano – vollero darle in quel modo una lezione. Tanto che l’ineffabile giornalista ha detto: “Finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione”. Chi erano questi aggressori e perché? Silenzio del Tg2, hai visto mai che alla vigilia del ballottaggio per il sindaco di Roma si dia fastidio ad Alemanno?

Peccato, perché il Tg2 ha perso una grande occasione per raccontare davvero la biografia di una grande attrice politicamente impegnata e che ha sempre pagato di persona le sue scelte.

Ma invece nel pezzo tendeziosetto e giustificazionista si diceva testualmente: “Una donna bellissima Franca, amata e odiata. Chi la definiva un’attrice di talento che sapeva mettere in gioco la propria carriera teatrale per un ideale di militanza politica totalizzante; chi invece la vedeva coma la pasionaria rossa che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione. Finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione”.

Nella parte del “complimento” la sua passione è stata definita “totalizzante”. Totalizzante? All’anima del complimento di chi l’amava… Nell’altra si parla di una ammaliatrice rossa.

Ma è triste il “finché” con il quale è stato collegato il primo passaggio a quello successivo. E’ stata una “che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione finché…”. Finché? Ma stiamo scherzando? La giornalista (e meno male che è una donna) vuole forse dire che se l’è andata a cercare? Che siccome aveva usato la bellezza fisica (il che tra l’altro è un falso) aveva provocato la reazione? Oppure la giornalista ha una vaga idea dell’italiano e di come si comunemente legge il suo “finché” e farebbe meglio a riconsegnare il tesserino? E poi stuprata da chi? Di ignoti violentatori prescritti. Perché dire fascisti non si può. Parlare dei mandanti (all’interno dei carabinieri) giammai. Meglio il finché.

Proprio un bel ricordo degno del Tg2: in parte censurato (il ruolo dei fascisti) in parte tendenzioso (totalizzante) in parte perfino giustificativo dello stupro (finché).

Ad maiora. Avvertiteci quando morirà Priebke. Ci aspettiamo una bella frasetta del tipo: nella Capitale ci fu una attività armata dei partigiani “finché” dopo l’attentato di via Rasella i nazisti…

In conclusione solo una domanda: avete uno specchio a casa?

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fonte globalist.it

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‘Brescia: i morti senza giustizia di piazza della Loggia’, di Beppe Giulietti

Piazza Della Loggia – Blu Notte Misteri Italiani ( 16-9-2007 )

Pubblicato in data 30/gen/2013
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fonte immagine unoenessuno.blogspot.it

Brescia: i morti senza giustizia di piazza della Loggia

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di | 28 maggio 2013

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Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante.
Livia Bottardi Milani, 32 anni, insegnante.
Eupio Natali, 69 anni, pensionato.
Luigi Pinto, 25 anni, insegnante.
Bartolommeo Talenti, 56 anni, operaio.
Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante.
Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante.
Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.

Donne e uomini ammazzati da una bomba fascista il 28 maggio del 1974 a Brescia in piazza della Loggia. Non hanno mai ottenuto verità e giustizia. Gli assassini si aggirano liberi, magari passeggiano accanto ai loro familiari. I giudici hanno denunciato collusioni, omissioni, interferenze di apparati dello stato per depistare e nascondere le responsabilità, già allora alcuni contrastavano terrorismo e mafie ed altri, invece, contrattavano con loro.
Sino a quando trame e trattative non saranno state svelate l’Italia non potrà mai essere al sicuro dai ricatti e dai ricattatori, alcuni dei quali sono ancora in azione.

Per questo è giusto, ogni anno, ricordare le donne e gli uomini ammazzati a Brescia, perché quel passato non è solo memoria, ma impegno per il presente e per il futuro.

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Articoli sullo stesso argomento:

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fonte ilfattoquotidiano.it

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Guatemala: 80 anni per genocidio all’ ex dittatore Rios Montt / FILM: Tropa de Elite – Gli Squadroni Della Morte

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Guatemala: 80 anni per genocidio all’ ex dittatore Rios Montt

19:12 11 MAG 2013

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(AGI/EFE/REUTERS) – Citta’ del Guatemala, 11 mag. – Jose’ Efrain Rios Montt, dittatore del Guatemala fra il marzo 1982 e l’agosto 1983, e’ stato oggi riconosciuto colpevole di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanita’, e condannato di conseguenza a ottant’anni di carcere: cinquanta per la prima imputazione e trenta per le altre due. E si trattava soltanto delle accuse relative all’uccisione, nel dipartimento nord-occidentale di Quiche’, di 1.771 civili appartenenti al gruppo indigeno dei Maya Ixil, quasi una goccia nel mare rispetto agli oltre 250.000 morti accertati durante la lunga guerra civile guatemalteca, dal 1960 al 1996, di cui segno’ la fase piu’ violenta e sanguinaria proprio il periodo in cui Rios Montt fu di fatto il padrone del Paese, prima di essere rovesciato con un golpe analogo a quello con cui aveva usurpato il potere. Si tratta di un verdetto clamoroso, accolto con grida di giubilo dalle centinaia di persone, per lo piu’ vittime sopravvissute o parenti di quelle decedute, assiepate nell’aula del Tribunal Primero A de Mayor Riesgo di Citta’ del Guatemala: mai era accaduto che a un ex capo di Stato una condanna per genocidio fosse inflitta da parte della magistratura nazionale, non soltanto in Centro America o in America Latina bensi’ nel mondo intero. “Giustizia!”, e’ stato il boato esploso all’esterno una volta appreso l’esito del processo contro l’ex politico democristiano e generale a riposo.
L’interessato ha ascoltato la lettura della sentenza a volto impassibile e, quando la presidente del collegio Jazmin Barros ha annunciato che gli sarebbero stati revocati gli arresti domiciliari e che sarebbe stato trasferito in carcere, si e’ limitato ad annuire. Poi pero’ ha subito preannunciato appello, definendo il giudizio “illegale” e liquidandolo come un mero “show politico internazionale”. Assolto invece il capo dei servizi segreti dell’epoca, Jose’ Rodriguez. La dittatura di Rios Mont fu contraddistinta da una brutale e sistematica applicazione della politica della terra bruciata: assassinii, torture, stupri, esecuzioni sommarie, sparizioni, interi villaggi saccheggiati e incendiati, il tutto per impedire che semplici contadini potessero prestare aiuto ai guerriglieri di sinistra che combattevano contro le Forze Armate regolari e i paramilitari filo-governativi degli ‘squadroni della morte’.

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fonte agi.it

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Pistoia, scritte contro il ministro “Sparare a Kyenge, non ai Cc”

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Pistoia, scritte contro il ministro
“Sparare a Kyenge, non ai Cc”

Apparse stamattina in due zone della città toscana. Il Comune ha ordinato la ripulitura immediata. Una era firmata Forza Nuova ma i militanti negano un coinvolgimento. Ieri il ministro a Firenze: “Questi insulti non mi fermeranno”

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di GERARDO ADINOLFI

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“Sparare al ministro Kyenge e non ai Cc” e “Ministro Kyenge fuori dai c… FN”. Due scritte contro il ministro dell’integrazione Cecile Kyenge sono apparse a Pistoia nel primo mattino. Una è firmata Forza Nuova ma i militanti dell’associazione di estrema destra, rintracciati dalla Digos, hanno smentito un loro coinvolgimento.
Le scritte sono state subito cancellate su disposizione del Comune di Pistoia che ha avvisato le autorità competenti.

Foto: Le scritte

Sono apparse stamattina nella zona del centro commerciale Panorama in via Sestini e nell’area vicina alla Cattedrale Ex Breda in via Pertini. Ieri Forza Nuova aveva affisso uno striscione davanti alla sede Pd di Macerata con la scritta: “Kyenge torna in Congo”. Il ministro, a Firenze per una conferenza sullo stato dell’Unione Europea, aveva replicato: “Questi non mi fermeranno”.

Il ministro a Firenze: “Gli insulti non mi fermeranno”

Dura la condanna del sindaco Samuele Bertinelli:  “Sono scritte volgari e spregevoli dettate dalla paura e dall’odio – afferma il primo cittadino – che offendono, insieme al ministro Kyenge, tutta la città di Pistoia che quotidianamente coltiva, nelle sue scuole, nelle numerose associazioni di volontariato, nei suoi circoli e nelle sue parrocchie, il progetto di una comunità ispirata ai principi di solidarietà, eguaglianza, libertà e giustizia. Il ministro Kyenge ha fatto sua una battaglia civile e culturale che viene da lontano: il riconoscimento della cittadinanza ai figli di migranti nati sul territorio italiano. Ad una cultura violenta e prigioniera del passato, che identifica la comunità di appartenenza sulla base del sangue, se ne contrappone un’altra, democratica e rivolta al futuro, che riconosce parte della nazione chiunque contribuisca, solidalmente, alla sua crescita e scelga di condividerne il destino”. (10 maggio 2013)

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fonte firenze.repubblica.it

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Alt di Grillo sullo ius soli, “solo con un referendum”

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fonte immagine maurobiani.it

Alt di Grillo sullo ius soli, “solo con un referendum”

12:16 10 MAG 2013

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(AGI) – Roma, 10 mag. – Beppe Grillo si schiera contro lo ius soli e incassa un sostegno inedito: quello di Ignazio La Russa.
“In Europa non e’ presente, se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate, lo ius soli” scrive Grillo su twitter.

“Dalle dichiarazioni della sinistra che la trionfera’ (ma sempre a spese degli italiani) non e’ chiaro quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano”, si legge poi nel sito di Grillo, “Lo ius soli se si e’ nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni e’ gia’ un fatto acquisito”.

Prosegue il comico: “Chi vuole al compimento del 18simo anno di eta’ puo’ decidere di diventare cittadino italiano. Questa regola puo’ naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita. Una decisione che puo’ cambiare nel tempo la geografia del Paese non puo’ essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente.
Inoltre, ancor prima del referendum, lo ius soli dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della UE. Chi entra in Italia, infatti, entra in Europa”.
LA RUSSA, DA GRILLO POSIZIONE CONDIVISIBILE

“Finalmente una posizione chiara e condivisibile da Grillo: no allo jus soli salvo referendum. Ma siccome in italia non esiste il referendum propositivo (Grillo evidentemente non lo sa, ma pazienza!) bisogna che ci sia un impegno sin d’ora a promuovere un referendum abrogativo se la maggioranza votasse una legge siffatta” dichiara Ignazio La Russa, presidente del movimento Fratelli d’Italia.

“Fratelli d’italia sicuramente sarebbe in prima linea nella raccolta delle firme”, prosegue La Russa, “Grillo si impegna a farlo? Nessun altro? Come si fa a non capire che lo jus soli (a parte ogni altra considerazione) attirerebbe clandestinamente in italia partorienti da tutto il mondo? Personalmente sono invece stato sempre favorevole a discutere se e come anticipare di qualche anno l’acquisizione della cittadinanza italiana, oggi fissata in questi casi al compimento dei 18 anni di eta’ per i bimbi nati in italia da immigrati regolari che abbiano frequentato in Italia tutto il ciclo della scuola dell’obbligo”.

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fonte agi.it

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Nazismo, il gigantesco rogo di libri del maggio 1933

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fonte immagine commons.wikimedia.org

Nazismo, il gigantesco rogo di libri del maggio 1933

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di | 9 maggio 2013

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Il 10 maggio 1933 è una delle date più plumbee della storia della cultura europea. In varie città della Germania, il nazismo giunto al potere da alcuni mesi organizza giganteschi roghi di libri svuotando le biblioteche delle principali città universitarie tedesche. Senz’altro il più vasto e pianificato incendio di libri della storia contemporanea, per quanto l’atto non sia affatto nuovo nel corso delle vicende umane. Uno degli esempi più vicini e metodici è quello dell’Inquisizione, con la Congregazione dell’indice che compilava l’elenco dei libri proibiti il cui destino era la distruzione. Frequenti sono anche i richiami letterari al rogo di libri dal Shakespeare de La Tempesta ad Almansor di Heine Heinrich del primo Ottocento di cui è noto il passaggio: “Dove arde il libro, in fin si abbrucia l’uomo”.

Il rogo di libri è un atto di devastante violenza psicologica poiché assume i tratti di un annientamento simbolico dell’uomo, del suo sapere, delle sue idee. Dal marzo 1933, in Germania, sono già attivi i campi di concentramento per gli oppositori politici. A fine febbraio l’incendio del parlamento, organizzato dai nazisti e attribuito alle sinistre, è servito a intensificare le azioni repressive di Hitler.

A prendere fuoco in quel 10 maggio – come nei giorni precedenti e successivi – sono tutti quei libri giudicati contrari allo spirito tedesco e colpiscono gli autori ebrei – Sigmund Freud tra questi – i comunisti, i socialisti e tutti coloro che sono stati sostenitori dell’appena abbattuta Repubblica di Weimar. In quello stesso giorno, a testimonianza dell’impeto distruttore del nazismo, è sequestrato il patrimonio del principale partito di opposizione (il Partito socialdemocratico) e vengono espropriate le sue oltre cento tipografie.

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A colpire è la partecipazione della popolazione a queste manifestazioni, organizzate con precisi rituali come nella piazza del Teatro dell’Opera di Berlino, il rogo notturno più noto, trasmesso anche dalla radio, che diventa la spinta per altri falò nelle principali città tedesche, come nelle minori, sin oltre la metà del mese di giugno. Sono manifestazioni che mobilitano i militanti nazisti alle quali dà corpo il diffuso quotidiano del partito “Volkischer Beobachter”. Spesso in prima linea nei roghi – come a Berlino – ci sono gli studenti davanti all’entusiasta ministro della propaganda Paul Josef Goebbels. E’ una violenza che crea consenso e consenso attraverso il terrore. Accadrà lo stesso per successivi eventi pubblici come le arianizzazioni e la notte dei cristalli del 1938 quando sono infrante le vetrine di decine di migliaia di negozi ebrei in tutta la Germania. Dopo i libri tocca agli artisti e agli autori, ridotti al silenzio e costretti a emigrare, tra gli altri: Heinrich Mann, Thomas Mann premiato con il Nobel per la letteratura nel 1929  e Bertold Brecht.

E’ il delirio nazista e pangermanista della dittatura in atto che nasconde paure profonde come quella, evidente già durante l’Ottocento, di essere contaminata dagli slavi ad est e dalla Francia a ovest. Come ogni assolutismo iconoclasta, i roghi sono  una fuga dalla realtà. In questo caso l’avversione alla cultura mostrata dai nazisti maschera la preoccupazione del mantenimento del consenso. Il dominio del Partito nazista è certificato dalla costruzione di un articolato apparato di simboli. Il lavoro, ad esempio, è innalzato a elemento sacro in funzione della nazione e del popolo, ma spogliato di ogni diritto. Quanto all’accesso all’istruzione, il nazismo non manca di ribadire gerarchie razziali arrivando a negare l’accesso alla scuola per gli ebrei e a proibire la letteratura e ogni rudimento di alfabetizzazione per gli slavi nei territori occupati durante la guerra. Altrettanto noto è l’atteggiamento di uno degli uomini più potenti del Reich nazista, Hermann Göring che quando sentiva parlare di cultura, “metteva mano alla pistola”.

Il libro non è sempre portatore di conoscenza, complessità, dubbio. I roghi e l’ascesa dei fascismi (che arrivano a minacciare pure la Francia) si spiegano anche con la proliferazione di una vasta letteratura razzista e antisemita che dall’Ottocento arriva fino all’affermazione del nazismo ed è naturalmente ben conosciuta a Hitler e al suo gruppo dirigente. Nei primi anni della Repubblica di Weimar ottiene un grande successo il romanzo razzista segregazionista di Hans Grimm ambientato in Africa, Un popolo senza spazio, a riprova di quanto siano bene accolte queste tesi fra la borghesia istruita.

Ordine, segregazione, autorità diventano lo sfogo anche alla frustrazione di masse avvilite, nel giro di pochi anni, da due epocali crisi economiche. Masse abbacinate da soluzioni semplici quanto violente saranno poi complici di un più grande disegno di distruzione e di morte.

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fonte ilfattoquotidiano.it

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Neruda, primi risultati dopo l’esumazione: “Non fu avvelenato, morì per un tumore” / VIDEO: Isabel Allende Remembers Meeting Chilean Poet Pablo Neruda

Isabel Allende Remembers Meeting Chilean Poet Pablo Neruda

democracynow democracynow

Pubblicato in data 30/apr/2013

Watch the full 40-minute interview with Isabel Allende on Democracy Now! at http://owl.li/kzh9I. Earlier this month, the body of Chilean Nobel laureate Pablo Neruda was exhumed after his former driver said he had been poisoned under Augusto Pinochet’s dictatorship and that he didn’t die of prostate cancer as reported in 1973. Neruda, who won the Nobel Prize for Literature in 1971, was a close friend of the ousted democratically elected president, Salvador Allende.The best-selling Chilean novelist Isabel Allende, author of the new book, “Maya’s Notebook: A Novel,” shares with Democracy Now! her memories of meeting Neruda, attending his funeral, and her reaction to the exhumation of his remains nearly four decades later.

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Neruda, primi risultati dopo l'esumazione: "Non fu avvelenato, morì per un tumore"
Pablo Neruda

Neruda, primi risultati dopo l’esumazione:
“Non fu avvelenato, morì per un tumore”

Gli esami radiologici e istologici dimostrano che aveva un cancro a uno stadio molto avanzato. Gli accertamenti erano stati disposti dopo i dubbi sollevati dal partito comunista cileno su un ipotetico ruolo, nel decesso, della polizia segreta di Pinochet

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di OMERO CIAI

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I primi accertamenti effettuati sui resti del grande poeta cileno Pablo Neruda confermano che aveva un tumore molto avanzato alla prostata con metastasi e che, con tutta probabilità, fu questa la causa della sua morte il 23 settembre del 1973, dodici giorni dopo il golpe militare che abbatté Salvador Allende e il governo dell’Unidad Popular.

Dopo la denuncia del partito comunista cileno su un ipotetico intervento della polizia segreta di Pinochet che, secondo il suo ex autista Manuel Araya, poteva aver avuto un ruolo nella morte del poeta, il giudice cileno Mario Carroza aveva ordinato la riesumazione del corpo. Il 6 aprile scorso i resti di Neruda erano stati riesumati dalla tomba di Isla Negra dove il poeta giaceva insieme alla terza e ultima moglie Matilde Urrutia. Oggi Carroza ha ricevuto il dossier sugli esami radiologici e istologici nei quali si evidenzia lo stato molto avanzato del suo cancro.

I dubbi e la denuncia del Pc cileno erano sorti in seguito ad una intervista concessa nel 2011 dall’uomo che fu assistente personale e autista del poeta. Nell’intervista, rilasciata a quasi 40 anni dai fatti, Manuel Araya sosteneva che la morte di Neruda era stata la conseguenza di una iniezione letale fattagli da agenti del servizio segreto del regime nella clinica dove era ricoverato a Santiago del Cile, la stessa dove anni dopo morì, in circostanze sospette, l’ex presidente democristiano Frei. Secondo Araya gli agenti del regime avrebbero ucciso Neruda per evitare che si trasformasse in un simbolo dell’opposizione alla dittatura militare appena instaurata. Una versione giudicata però fantasiosa da tutti gli amici del poeta, militante comunista e premio Nobel, che sapevano quanto fosse grave la sua malattia in quelle tragiche settimane. (02 maggio 2013)

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fonte repubblica.it

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Perseguitati dal fascismo, svelati i dossier segreti

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Perseguitati dal fascismo, svelati i dossier segreti

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di Marco Grasso

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Genova – Ogni scheda è un romanzo, il resoconto dettagliato di dieci, a volte anche venti anni di vita. Dentro ci sono le preferenze politiche, le inclinazioni sessuali, la corrispondenza intercettata, il ritratto delle prezzolate «fonti confidenziali». Persino minuziose descrizioni fisiche: la «fronte concava» o il «naso adunco», le «orecchie ovali» e il «viso rettangolare». Sono le vite degli altri, migliaia di anonimi cittadini schedati perché sospetti «sovversivi». La versione fascista – rimasta in realtà in funzione fino agli anni Sessanta – e italianissima di ciò che l’omonimo film ha raccontato della Germania Est.

Quella mole enorme di informazioni, conservate fino a poco tempo fa solo in forma cartacea nel gigantesco archivio del cosiddetto “Casellario politico centrale”, il database della polizia politica di Benito Mussolini, è adesso disponibile e consultabile online . Su internet, catalogati per nome, luogo e professione, ci sono più di 150mila nomi. Sospetti «eversivi», pedinati anche solo perché considerati «oziosi», come accadeva ad esempio a pittori e attori. Tra questi 4.373 liguri, 1.671 genovesi. L’elenco non ha solo un valore storico, ma potrebbe essere determinante per risolvere un cold case sullo sterminio di una famiglia di Pegli, avvenuto dopo la Liberazione.

Ci sono voluti settant’anni per avere chiarezza; perché queste informazioni fossero digitalizzate, e dunque rese effettivamente fruibili. Gli spiati non potranno più cercare giustizia, con ogni probabilità sono tutti morti. Questo compito spetterà ai nipoti e ai figli.

A quasi settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale lo Stato restituisce così un mare di informazioni rubate, rende accessibili migliaia di rapporti segreti stilati sui suoi oppositori: in qualche caso perseguitati apertamente, in altri ignari dell’attenzione riservata dalla dittatura. Un ritardo poco giustificabile, come lo è del resto la palese continuità con cui gli apparati di sicurezza hanno continuato in seguito ad attingere da quegli schedari, anche quando l’Italia era ormai repubblicana e democratica.

L’articolo completo sul Secolo XIX di oggi: leggilo nell’edicola digitale

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fonte ilsecoloxix.it

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Neonazisti, torna Militia e arruola sul web: pronto il congresso a Roma

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Neonazisti, torna Militia e arruola sul web: pronto il congresso a Roma

La formazione di estrema destra lancia un sito per il reclutamento e organizza un congresso a Roma

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di Marco Pasqua

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ROMA – Neanche il carcere e una condanna per ricostituzione del disciolto Partito fascista li hanno dissuasi dal lavorare a un nuovo progetto: il lancio, a livello nazionale, del movimento neonazista Militia. In questi giorni è partita la campagna di adesioni via internet della formazione capitanata da Maurizio Boccacci e dal suo braccio destro, Stefano Schiavulli, leader irriducibili dell’estremismo nero (finiti in manette, nel 2011, nell’ambito di una maxi-operazione dei carabinieri del Ros contro la loro formazione). Dal web alla realtà, pronti a dar vita ad azioni eclatanti: striscioni da far affiggere in città e blitz dimostrativi. Il 24 febbraio hanno ufficialmente lanciato il nuovo sito, sulla piattaforma WordPress, e incaricato i loro bracci operativi di aprire decine di pagine Facebook, sulle quali circolano già immagini e slogan neofascisti, oltre ad appelli ad ‘agire’. Su Vimeo è stato anche aperto un canale dedicato con il primo video promozionale. L’obiettivo è di quello di trasformare Militia, che nasce come movimento prettamente romano, in una formazione politica nazionale. Un piano che passa per l’organizzazione, a breve, di un congresso, da tenersi a Roma.

In tutta Italia stanno nascendo sezioni locali – per adesso solo virtuali – con responsabili e militanti spesso pescati nei movimenti studenteschi di estrema destra. E’ stato il coordinatore della sede locale di Rovigo di Militia a proporre a Boccacci di creare la neonata Militia Italia. «Con la benedizione dei camerati romani abbiamo iniziato a lavorare a questo movimento nazionale – fa sapere – In futuro è previsto un congresso al quale parteciperanno tutti gli esponenti delle sezioni italiane e che avrà come fine la riorganizzazione del gruppo e l’elaborazione del programma politico». Un programma che, come testimoniano i primi documenti resi disponibili da Militia, è incentrato su alcuni punti cardine: «Stop all’immigrazione; opposizione alla dittatura bancaria; espulsione delle forze militari Usa dal territorio italiano; opposizione al sionismo internazionale, il socialismo nazionale fascista come riferimento». «Militia – viene scritto nero su bianco – non è né di destra e né di sinistra: è fascista». Parole che certamente non sono passate inosservate ai carabinieri del Ros che, nel 2011, arrestarono cinque camerati, indagandone altri 11, con l’accusa di associazione a delinquere, diffusione di idee fondate sull’odio razziale ed etnico e apologia di fascismo. Per questo, Boccacci e Schiavulli sono stati condannati ad un anno di carcere. Un’indagine, quella del pm Luca Tescaroli, che si concentrò allora su alcune minacce nei confronti del presidente della comunità ebraica, Riccardo Pacifici (che si voleva colpire con un attentato) e del sindaco, Gianni Alemanno. I militanti di Militia deturparono con scritte naziste i muri della capitale e fecero affiggere manifesti xenofobi e antisemiti. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, gli arrestati «progettavano di impiegare ordigni esplosivi per colpire i loro obiettivi» e «agivano con l’obiettivo di porre le basi per una guerra rivoluzionaria».

E oggi la linea del movimento pare essere la stessa, a leggere con attenzione i proclami sulle decine di pagine Facebook attraverso le quali si cerca di far proseliti. «Per noi di Militia, Israele non ha diritto di esistere», tuonano sul popolare social network, mentre sul nuovo sito dicono di «abbracciare l’ideale fascista» e di essere pronti a «difenderlo a spada tratta». Per adesso hanno aderito al nuovo progetto politico Avanguardia Nazionale e il Movimento Nazionalsocialista dei lavoratori, ma si stanno cercando sponde in altri movimenti neri, inclusi gli skinhead. Per iscriversi a ‘Militia Italia’ occorrono pochi clic: basta compilare un modulo e si viene immediatamente “arruolati”. Ai nuovi iscritti viene richiesta un’adesione totale e incondizionata agli ideali neofascisti: «Mussolini disse che se non si è disposti a morire per un ideale, non si è degni di definirsi seguaci di tale ideale. Questo è ciò che noi ribadiamo ora. Qui non c’è spazio per opportunisti, ma solo per veri combattenti». L’obiettivo è quello di intercettare i delusi di altre formazioni estremiste di destra: «Camerati, il nostro momento è arrivato – recita un avviso sulla pagina Facebook di Militia Monteverde – il momento per schierarsi e lottare, il momento per unire le nostre forze a quelle di altri Camerati, in Italia e in Europa. Oltre le menzogne che ci hanno diviso, oltre le ipocrisie partitocratiche che hanno provato ad annientarci, oltre le leggi di questo sistema che vorrebbe piegarci e le nostre debolezze che ci conducono alla resa…Noi ci ergiamo più forti sopra le macerie e sopra ogni viltà. Se sei come noi, combatti in questa trincea, lotta con noi».

Boccacci, 55 anni, è stato a capo del Movimento Politico, una organizzazione di estrema destra fondata nel 1984 e disciolta nel 1994, grazie alla legge Mancino. Si definisce «soldato fascista», nega la Shoah e ammira Hitler (di lui dice: «Ammiro quello che Hitler ha fatto. Gli ebrei erano dei nemici che si opponevano ai suoi disegni»). Per i carabinieri del Ros, nonostante sia da tempo malato, non avrebbe abdicato al ruolo di ideologo del gruppo.

Domenica 31 Marzo 2013 – 16:21
Ultimo aggiornamento: 16:43
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