Archivio | gennaio 21, 2009

Operaio schiacciato a La Spezia, sciopero in tutti i porti / Muore sotto un blocco di marmo, arrestato l’imprenditore

Un operaio è morto sul lavoro questa mattina, in porto, schiacciato da un carrello per caricare i container. È accaduto intorno alle otto, all’interno del Molo Garibaldi, dove opera l’azienda Spetter. L’operaio si trovava alle spalle di un grosso carrello quando è stato travolto e schiacciato. A nulla sono valsi i soccorsi, l’uomo, è morto poco dopo.

Aveva cinquant’anni ed era spezzino. Si chiamava Giuliano Fenelli, ed abitava nel borgo marinaro delle Grazie, nel Comune di Portovenere, in via Corosella.

Non c’è stata possibilità alcuna di soccorso. L’operaio è morto sul colpo. Stava lavorando alla movimentazione delle merci, sulla banchina del molo Garibaldi, quando è stato colpito da un grosso carrello. La lesione da schiacciamento dell’addome è stata tanto violenta e netta da tranciarne il corpo i due. Il «muletto» come viene chiamato in gergo il carrello, l’ha centrato in pieno.

Uno sciopero di 24 ore in tutti i porti italiani a partire dalla mezzanotte di mercoledì è stato proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti a seguito dell’incidente mortale verificatosi questa mattina alla Spezia. «Il lavoro e la sicurezza dei lavoratori sono le priorità dei porti su cui devono intervenire urgentemente il Governo e le autorità competenti», affermano unitariamente in una nota Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. «Per sollecitare la massima attenzione delle istituzioni – sostengono i sindacati – è stato chiesto un incontro urgentissimo e non più rinviabile ai Ministeri del Lavoro e dei Trasporti e a tutti gli organi istituzionali competenti».

E a Genova lo sciopero, spontaneo, è cominciato appena si è sparsa la notizia della morte del portuale di La Spezia.

«Ancora un incidente sul lavoro, ancora una vittima innocente. Tutti dobbiamo fare di più perchè questi lutti cessino»: lo ha dichiarato il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, nel manifestare il suo profondo cordoglio per la morte dell’operaio Giuliano Fenelli, avvenuta stamani nel porto della Spezia. «Sono vicino ai familiari della vittima – ha detto Burlando – ai suoi compagni di lavoro, ai sindacati che hanno giustamente proclamato un’azione di protesta nazionale. La dinamica del terribile incidente non è ancora del tutto chiarita, ma il governo, le istituzioni e tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione del lavoro devono impegnarsi al massimo perchè davvero la sicurezza venga messa al primo posto».

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.unita.it/news/75489/operaio_schiacciato_a_la_spezia_sciopero_in_tutti_i_porti ____________________________________________________________

Muore sotto un blocco di marmo, arrestato l’imprenditore

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Avrebbe fatto spostare i mezzi meccanici che si trovavano nella cava dove è morto, schiacciato da un grosso blocco di marmo, l’operaio Michele Cignolo, di 54 anni. Non solo, Francesco Pappalettera, 33 anni, titolare dell’azienda Elmart, che estrae marmo nella cava a Ruvo di Puglia, avrebbe anche ordinato di ripulire il luogo in cui l’incidente avvenuto. Per questo i Carabinieri lo hanno arrestato e hanno denunciato per favoreggiamento altri due operai della ditta.

L’uomo, socio della ditta Elmart, che estrae marmo nella cava a Ruvo di Puglia, secondo quanto accertato dagli investigatori, subito dopo l’incidente, avrebbe dato ordine ad altri operai di spostare i mezzi meccanici dal punto in cui era avvenuto l’incidente in un altro punto della cava stessa, e avrebbe anche fatto ripulire il luogo in cui l’incidente è avvenuto.

In questo consisterebbe l’alterazione dello stato dei luoghi compiuta e ordinata, agli operai. Il motivo per cui Pappalettera avrebbe alterato lo stato dei luoghi potrebbe derivare, secondo fonti investigative, dalla volontà che, oltre alla cava, non fosse posto sotto sequestro anche un mezzo meccanico, di quelli utili per il taglio dei blocchi di marmo, macchina dalla quale, forse, quel blocco si sarebbe staccato, schiacciando e uccidendo l’operaio. Due operai che hanno aiutato Pappalettera sono indagati per favoreggiamento.

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.unita.it/news/75486/muore_sotto_un_blocco_di_marmo_arrestato_limprenditore ____________________________________________________________

La strage infinita

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di Pietro Spataro
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Giuliano Fenelli è il numero 57. Dall’inizio dell’anno la strage del lavoro sta assumento dimensioni agghiaccianti: più di cinque morti al giorno in appena undici giorni lavorativi . Un dato impressionante che supera di gran lunga la media del 2008 che era di poco più di tre morti al giorno. Di fronte a un quadro così drammatico è difficile trovare le parole. Abbiamo un governo che ha stracciato ogni norma in difesa dei lavoratori, ha abolito controlli e sanzioni e non muove un dito per affrontare un fenomeno che è ormai una vera emergenza nazionale.
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Mentre il premier si occupa instancabilmente del caso Kakà nei cantieri e nelle fabbriche si lavora in condizioni di estremo pericolo. Mentre il ministro Brunetta dà la caccia ai fannulloni i cimiteri d’Italia si riempiono di croci al lavoro. Non c’è più tempo da perdere.  Un paese che non sa difendere i suoi operai è un paese che non merita rispetto. E allora non lasciamo soli i sindacati e i lavoratori. Mobilitiamoci per il diritto alla vita. Riempiamo il web con la nostra protesta, inondiamo Palazzo Chigi di messaggi che dicano “basta con il lavoro che uccide”. E cerchiamo, alzando un po’ la voce, di svegliare una sinistra (da Rifondazione al Pd) che continua a guardarsi dentro e non si accorge che la fuori qualcuno muore.
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21 gennaio 2009
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Le più rischiose sono le piccole aziende

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Sono le piccole aziende, cioè quelle da 1 a 15 addetti, che presentano il maggior numero di infortuni mortali circa 60 ogni 1000 lavoratori. Tra gli autonomi gli infortuni dichiarati sono 27 ogni mille.
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Il tasso di infortuni è superiore fra gli immigrati: 60 su mille quando la media è di 40. Negli ultimi tre anni, poi, l’aumento degli infortuni tra i non italiani è stato del 17% contro il 9% tra i lavoratori italiani.
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Quanto costa la mancata prevenzione? Secondo le stime dei sindacati si può parlare di oltre 40 miliardi di euro. Pari al 3% del prodotto interno lordo del nostro paese.
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Il 57% degli infortuni si concentra solo in 18 mila imprese. Il resto si spalma su altre 300mila. Circa il 10% sul totale se si prende come buono il dato dell’Inail. Ancora meno se si contassero anche le imprese individuali.
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In Italia esiste il testo unico sulla sicurezza datato aprile 2008 che però l’attuale governo ha fatto a pezzi. Dei 38 decreti attuativi che dovevano essere emanati per dare validità alla legge l’esecutivo non ne ha emanato neanche uno.
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21 gennaio 2009
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‘Il Portuale’, una canzone racconta il dramma in prima persona

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di Massimo Franchi
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Se fare il cantautore significa raccontare la realtà, Gregor Ferretti con “Il Portuale” (guarda il video) lo ha fatto nel migliore dei modi. Fino a 20 giorni fa lavorava al porto di Ravenna, lo ha lasciato dopo tre anni di lavoro per mantenersi gli studi perché a marzo si laureerà al Dams di Bologna. Nella canzone racconta quello che è successo il primo settembre 2006. «Luca era al suo primo giorno di lavoro, era un mio amico. Il nostro compito era di “rizzare” i camion sulle navi traghetto: fissarli a degli enormi ganci perché non si ribaltassero in mezzo alle onde. Luca nella canzone è Lucio, per rispetto nei confronti della famiglia. Era passata solo un’ora e mezza: è stato schiacciato da un tir con rimorchio di 13 metri nella stiva della nave. Qualcosa è andato storto e l’autista è la seconda vittima di questa tragedia. Ha 50 anni, è una gran brava persona, ma la sua vita è stata distrutta».
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Gregor, allievo alla scuola di Mogol, ha sentito il bisogno di raccontare questa storia. «La canzone è un messaggio di speranza per dare voce e volto alle persone, come Luca e tutti i portuali, come i morti della Thyssen e quelli che ci lavorano ancora. La storia di Luca deve essere un monito per chi lavora in queste condizioni. Nella canzone dico “Lo sai cosa vuol dire lavorare e aver paura?” “Avere le gambe come segatura”: è quello che ho vissuto per tre anni e che vivono migliaia di persone nei porti italiani».
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Per Gregor quindi l’ennesimo portuale morto a La Spezia non è una sorpresa. Ed è molto pessimista anche sullo sciopero indetto dai sindacati. «Non servirà a niente. Qualche ora di sciopero non fa cambiare le cose. O si fa una lotta dura, per giorni e giorni oppure il valore delle persone sarà sempre poca cosa rispetto al conto economico di aziende come quella in cui lavoravo io, che ci sfruttava tramite una cooperativa e una agenzie interinale».
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“Il portuale” doveva servire per la discussione della tesi di Gregor. È diventato un piccolo-grande caso musicale. Grazie all’aiuto del regista Sandro Mazzanti ha vinto il “Premio Videoclip italiano” nella sezione indipendente. Il video è costato zero, ma è fatto così bene e la canzone è così bella che anche i sindacati si sono accorti della forza del messaggio (la canzone termina con il grido “Basta con le morti bianche”. «Spero di poter cantare al concerto del Primo Maggio, sarebbe importante per me e per chi lavora ancora al porto».
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21 gennaio 2009
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Allarme disturbi mentali per i bambini di città / Uno studente su tre confessa: “Sono un bullo”

Dati in pubblicazione sulla rivista «European Child and Adolescent Psychiatry»

Quasi 1 su 10 fra gli 11 e i 14 anni ne soffre. A Milano nasce una task force per contrastarli

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Secondo uno studio italiano nella città di grandi e medie dimensioni è diventata allarmante la diffusione dei disturbi mentali fra i bambini

MILANO – Ansia, depressione, iperattività patologica, anoressia, disturbo ossessivo. In Italia quasi un bambino su 10 fra gli 11 e i 14 anni soffre di un disagio mentale. A lanciare l’allarme sono gli esperti dell’Irccs Eugenio Medea di Lecco, che hanno promosso e coordinato il primo studio epidemiologico italiano realizzato per valutare la diffusione delle patologie psichiche nei pre-adolescenti delle zone urbane. Una ricerca presentata mercoledì 21 gennaio a Milano, con il lancio di una task force interdisciplinare dedicata alla salute mentale dei più piccoli. I dati, in corso di pubblicazione sulla rivista «European Child and Adolescent Psychiatry», sono stati raccolti con la collaborazione di 7 strutture italiane, su un campione di 3.418 ragazzi reclutati sia nelle metropoli che in città medio-piccole. Milano, Roma, Lecco, Pisa, Rimini, Cagliari, Conegliano Veneto i centri coinvolti nella ricerca, iniziata 4 anni fa e chiusa nel 2007. I dati raccolti indicano che l’8,2% degli 11-14enni mostra segnali riconducibili a disturbi mentali clinicamente. Se si aggiungono i casi di disagio emozionale (che non sempre sfociano in un disturbo clinico conclamato), la percentuale sale a 9,8%.

«POCHI QUELLI INTERCETTATI» «La preoccupazione non è dovuta a numeri da record», rassicura Massimo Molteni, responsabile dell’Unità di neuroriabilitazione e servizio di psicologia dell’educazione nel polo di Bosisio Parini dell’Irccs Medea. «L’Italia rispetto al resto del mondo si colloca nelle posizioni basse della classifica, ma qui riscontriamo la difficoltà di intervento. Sappiamo che la sofferenza nei bambini è in aumento. Con il calo demografico che incombe, ci sembra doveroso riuscire a preservare quanti più bimbi possibile». Molteni incalza: «La situazione è preoccupante. Anche in una delle Regioni più avanzate come la Lombardia, che ha approvato una delibera sui servizi di psichiatria infantile e ha un sistema che funziona, si riesce a intercettare solo il 5% dei casi».

LA TASK FORCE Con questo spirito a Milano una sessantina di professionisti (medici, psichiatri, psicologi e pediatri, ma anche avvocati, notai, ingegneri, politici, industriali, esperti informatici, sportivi) hanno deciso di dare vita a un piano strategico. Gli obiettivi sono: promuovere ricerche epidemiologiche per calibrare gli interventi, battere la strada della prevenzione stimolando servizi che seguano i minori nel loro percorso di crescita, dare vita a una «città del sorriso.

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.corriere.it/salute/09_gennaio_21/bambini_cittadini_salute_mentale_66e9f12a-e7d6-11dd-833f-00144f02aabc.shtml

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Uno studente su tre confessa: “Sono un bullo”

Lo studio, promosso dal circolo gay ‘Mario Mieli”, evidenzia che le ‘vittime predestinate’ sono i ragazzi immigrati, omosessuali e obesi. I valori? Bellezza e vestiti alla moda

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Roma, 21 gennaio 2009 – “Si’, ho commesso atti di bullismo”. È quanto afferma il 30% degli 862 studenti romani di 5 scuole superiori coinvolti nell’indagine sul bullismo promossa dal circolo di cultura omosessuale ‘Mario Mieli’ nell’ambito del progetto “Smontiamo i bullismo, impariamo a convivere” giunto alla terza edizione e presentato questa mattina all’Istituto tecnico commerciale Alberti.

Secondo i ragazzi intervistati, il comportamento violento e’ rivolto nel 45% dei casi verso gli immigrati e nel 38% dei casi verso omosessuali.

Ma tra le vittime di violenze e discriminazioni figurano anche tutte quelli persone che assumono atteggiamenti ‘sessualmente ambigui’ e le persone in sovrappeso. Sempre secondo le risposte fornite dagli studenti, i responsabili di atti di violenza e discriminazione sono principalmente maschi (82,3%), un giudizio che viene associato anche a particolari condizioni di disagio come la dipendenza dalle droghe (59,1%) e alla scarsa coesione del nucleo famigliare di appartenenza (56%).

Per quanto riguarda, invece, la reazione al bullismo, l’espressione di solidarieta’ e vicinanza alla vittima viene ritenuta un valido e realistico strumento, come dimostra il dato del 28,9% degli intervistati che dichiara di parlare con la vittima. Dalla ricerca risulta, inoltre, che solo il 16% afferma di aver subito atti di violenza e discriminazione, perche’ denunciare di esserne stati vittime e’ sintomo di debolezza.

Riguardo, infine, la scala dei valori ai quali i ragazzi si ispirano, il 44.3% risponde “la bellezza”, il 37.7% “un abbigliamento alla moda” e appena il 7% un “rendimento scolastico positivo”.

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fonte: http://quotidianonet.ilsole24ore.com/2009/01/21/145962-studente_confessa_sono_bullo.shtml

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“Pm di Napoli denigrati e delegittimati”, Commissione Csm contro Berlusconi

La delibera, approvata a maggioranza, domani sarà all’esame del Plenum

Il premier aveva definito “armata rossa” i magistrati che lo indagavano per corruzione

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"Pm di Napoli denigrati e delegittimati" Commissione Csm contro Berlusconi

Silvio Berlusconi

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ROMA – Con una delibera approvata a maggioranza dalla Prima Commissione, il Csm bacchetta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per la parole usate in passato contro i pubblici ministeri della Porcura di Napoli titolari dell’inchiesta sul suo conto. La delibera, che sarà domani al vaglio del Plenum, afferma che il premier ha delegittimato con espressioni gravi e generiche le toghe napoletane, mentre “tutti” devono rispettare “la professionalità e il prestigio dei magistrati”.

Le espressioni contestate a Berlusconi risalgono al dicembre del 2007, quando il premier venne indagato per corruzione e istigazione alla corruzione dalla procura di Napoli per la vicenda di segnalazioni di attrici all’ex direttore generale di Rai Fiction Agostino Saccà, e la presunta compravendita di senatori. “L’armata rossa delle toghe si rimette in movimento”, affermò allora Berlusconi. Mentre Paolo Bonaiuti disse che la situazione italiana dopo questa iniziativa giudiziaria era paragonabile “al Cile di Pinochet”.

Di fronte a quelle che ritennero “aggressioni verbali” di “carattere gravemente destabilizzante”, 18 consiglieri del Csm su 24 chiesero e ottennero l’apertura di una pratica a tutela dei pm di Napoli; pratica di cui la delibera che sarà discussa domani dal plenum rappresenta la conclusione. “Chi è imputato in un processo, chiunque sia, ha il diritto di difendersi nella maniera più ampia”, ma “non è manifestazione di tale diritto l’uso di espressioni denigratorie verso il singolo magistrato o l’attività giudiziaria”, scrive la Prima Commissione. Ed è quello che “purtroppo” è “accaduto” in questo caso.

Il Csm riafferma quindi “l’esigenza che da tutti siano rispettati la professionalità e il prestigio dei magistrati, giacchè la lesione di tali valori incide direttamente sull’indipendente esercizio delle funzioni giudiziarie”. E’ alla luce di tutto questo che il Csm “ritiene necessario, tutelare i magistrati a cui sono riferite le espressioni utilizzate dagli onorevoli Berlusconi e Bonaiuti, che, anche in ragione della loro gravità e genericità, appaiono manifestamente idonee a delegittimarne l’operato”.

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/giustizia-7/csm-premier-napoli/csm-premier-napoli.html?rss

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Santoro: «Non tollererò più insulti». Il Cda: «Annozero fazioso e intollerante»

Il consiglio di amministrazione: «rispettare anche il punto di vista degli altri»

Il conduttore dopo le polemiche per la puntata su Gaza: «Siamo scomodi per il sistema politico»

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ROMA – Ha scritto una lettera al cda della Rai per rispondere alle accuse, ma ha ricevuto una bacchettata dallo stesso Consiglio di amministrazione. Michele Santoro ancora al centro delle polemiche dopo la puntata di “Annozero” di giovedì scorso (durante la trasmissione, dedicata al conflitto su Gaza, Lucia Annunziata aveva abbandonato lo studio in diretta, dopo uno scontro con il conduttore – guarda il video)

LA LETTERA «Non è mia abitudine replicare a chi commenta le nostre trasmissioni – esordisce il giornalista – e ritengo, anche in questa circostanza, di non rinunciare a questo mio comportamento. Tuttavia nel florilegio di dichiarazioni che hanno fatto seguito ad “Annozero”, a volte assumendo le forme del linciaggio, sono completamente scomparsi i contenuti del nostro lavoro. Siamo stati definiti terroristi, portavoce di Hamas, giornalisti spazzatura. Senza che questi insulti suscitassero adeguate reazioni». Santoro aggiunge poi che non tollererà più di essere insultato, con la sua redazione e per il suo lavoro, nello studio di “Annozero”. Definisce anche l’intervento dell’Ambasciatore dello Stato d’Israele, Gideon Meir, «una grave interferenza nella libertà d’espressione del nostro Paese». «Purtroppo, siccome siamo scomodi per il sistema politico – scrive Santoro – è invalsa l’abitudine di entrare nel nostro studio non per discutere o argomentare ma per insultarci. Tanto non si rischia niente. Io questo non l’ho tollerato la scorsa settimana e non lo tollererò nelle settimane a venire».

CDA RAI – Ma a Santoro arriva la dura critica del consiglio di amministrazione della Rai: «La trasmissione di “Annozero” del 15 gennaio ha peccato di intolleranza e faziosità – afferma il Cda. – A nessuno, tanto più a chi opera nel servizio pubblico, può essere negato di esprimere il proprio punto di vista, ma questo deve tener conto e rispettare anche il punto di vista degli altri». Nello stesso tempo, però, «il Consiglio sottolinea che nel suo complesso l’informazione della Rai sul conflitto è completa ed equilibrata; rileva che di fronte al racconto e all’approfondimento delle ragioni di crisi internazionali così drammatiche, agli autori, ai giornalisti e ai conduttori del servizio pubblico è richiesto un più alto senso di responsabilità e di attenzione».

ARMA IN EREDITA’ – In serata arriva la contro-replica del conduttore. «Il Presidente Petruccioli e il Consiglio di amministrazione della Rai – osserva Santoro – mi attaccano pubblicamente senza motivare i loro pesanti giudizi e senza muovermi precisi addebiti sui contenuti della trasmissione. “Annozero” ha fotografato la tragedia dei bambini di Gaza, definiti da Benedetto XVI “vittime innocenti di una inaudita violenza”, senza però mancare di dar conto delle ragioni degli israeliani». «Di conseguenza – attacca Santoro – un Consiglio in scadenza non decide alcuna sanzione nei miei confronti, togliendomi di fatto il diritto a difendermi nelle sedi competenti, ma redige una scomunica a futura memoria. È come se il Presidente Petruccioli e il Consiglio di amministrazione avessero caricato un’arma per lasciarla in eredità ai loro successori, senza avere il coraggio di tirare il grilletto. In queste condizioni un dipendente viene contemporaneamente delegittimato e mandato in onda per raccogliere i proventi pubblicitari. Un vero editore non potrebbe mai comportarsi in questa maniera».

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.corriere.it/politica/09_gennaio_21/santoro_annozero_insulti_7a5e937e-e7d5-11dd-833f-00144f02aabc.shtml

Ue, emergenza nomadi: In Italia in aumento episodi di razzismo

A lanciare l’allarme è il rapporto della commissione Libertà pubblica che denuncia il clima di tensione sociale e le pessime condizioni di accoglienza dei rom

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Ue, emergenza nomadi in Italia in aumento episodi di razzismoControllo in un campo rom

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BRUXELLES – In Italia è emergenza nomadi. Le condizioni di accoglienza dei rom sono pessime e sono in aumento gli episodi anche violenti, amplificati dai media che drammatizzano il fenomeno esasperando la tensione sociale. A lanciare l’allarme è la commissione Libertà pubblica del Parlamento europeo che ha approvato – con 35 voti a favore e 12 contrari – il rapporto presentato dal suo presidente, Gérard Deprez, sulla missione di eurodeputati a Roma dal 18 al 19 settembre scorso per verificare sul terreno la situazione nomadi.

Nella relazione, 23 pagine, si osserva che la visita “ha permesso di accertare la tensione sociale e il clima che caratterizza attualmente il contesto italiano in merito alla questione nomadi. Un senso di disagio e di insicurezza sembra propagarsi nella vita quotidiana dei cittadini italiani e stranieri. Si è registrato – si legge nel documento – un aumento degli episodi di xenofobia e razzismo, alcuni dei quali caratterizzati da una violenza senza precedenti”.

Il testo punta il dito anche sulla stampa nazionale italiana: “Permane l’allarme sociale, addotto a giustificazione del pacchetto sicurezza e delle ordinanze d’urgenza”; inoltre, “la drammatizzazione del fenomeno a opera dei mezzi di comunicazione e del dibattito pubblico sembra esasperare, invece che placare, le tensioni esistenti nella società”.

La missione ha incontrato
diversi parlamentari italiani e il ministro dell’Interno. Ha poi raccolto i pareri di varie organizzazioni non governative, della Croce rossa e dell’Alto commissariato per i rifugiati Onu riguardo al fatto che “la condizione del popolo nomade è stata a lungo sottovalutata dalle autorità pubbliche, tanto da risultare oggi seriamente compromessa”, afferma la relazione.

Gli europarlamentari hanno potuto
“accertare l’impegno delle autorità locali nel ricercare una soluzione adeguata per i campi nomadi e in particolare – si sottolinea – per rimediare alle condizioni da favela in cui verte il campo nomadi irregolare Casilino 900, sorto ormai 35 anni fa a soli dieci chilometri dal centro” di Roma.

Quanto al “censimento” nei campi nomadi, la relazione riferisce i “chiarimenti” e le “rassicurazioni” dei rappresentanti del governo, secondo cui “l’operazione era intesa a migliorare l’integrazione sociale nella comunità in questione, soprattutto dei minori”. Inoltre, si precisa, “non è stata creata né verrà istituita nel futuro alcuna banca dati”, e le informazioni raccolte durante il censimento “verranno trattate alla stregua di ogni altra informazione simile”.

Infine, “nessun individuo minore di 14 anni verrà identificato o sottoposto alla rilevazione delle impronte digitali, senza previa autorizzazione delle autorità giudiziarie”. E a questo riguardo spetterà al garante italiano per la privacy effettuare “opportune verifiche”.

Alla missione dell’europarlamento le autorità italiane avevano anche assicurato che le “circostanze aggravanti” per gli immigrati illegali non sarebbero state applicate ai cittadini comunitari, e che il governo avrebbe ritirato (come poi effettivamente è avvenuto) il decreto legislativo che criminalizzava la mancata registrazione degli immigrati dopo tre mesi di residenza in Italia.

Secondo il vicepresidente della commissione Libertà, la relazione “è durissima nel denunciare le tensioni xenofobiche che si respirano in Italia e nel descrivere le pessime condizioni di accoglienza in cui sono costretti a vivere i rom”.

La capo delegazione di An, Roberta Angelilli,
e il leghista Mario Borghezio, che hanno votato contro la relazione, hanno invece presentato un “parere di minoranza a difesa della verità e del buon nome dell’Italia in Europa”, denunciando che il testo “traccia un quadro denigratorio e non realistico della situazione in Italia e sembra mirato a esprimere un giudizio politico strumentale piuttosto che contribuire alla soluzione dei problemi”.

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21 gennaio 2009

fonte: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/nomadi/nomadi/nomadi.html?rss

Obama si muove su Guantanamo: il carcere sarà chiuso entro l’anno

Nel giorno dell’insediamento il nuovo presidente Usa ha chiesto la sospensione dei procedimenti nei confronti dei presunti terroristi detenuti nella base a Cuba

Oggi ha telefonato ad Olmert e Abu Mazen: “Impegno per la pace”

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Obama si muove su Guantanamo il carcere sarà chiuso entro l'annoObama a messa con la moglie e i Biden

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WASHINGTON – Chiusura di Guantanamo e impegno per il Medio Oriente. Di queste due emergenze si è occupato Barack Obama nel suo primo giorno da presidente degli Stati Uniti. Anzitutto mettendo in una bozza l’ordine di chiudere il carcere cubano entro il 2009. Su suo ordine, poi, i pubblici accusatori dei tribunali di Guantanamo per i crimini di guerra hanno chiesto ai giudici militari di ‘congelare’ per 120 giorni i casi in sospeso ed è stato annunciato che il Pentagono riesaminerà completamente le procedure per la detenzione dei prigionieri accusati di terrorismo, in attesa di nuove direttive da parte della Casa Bianca.

Dall’ufficio ovale, in mattinata sono partite le prime telefonate ufficiali, fatte a leader mediorientali, promettendo “di lavorare per aiutare a consolidare il cessate il fuoco” a Gaza. Obama ha chiamato per primo il presidente dell’Anp Abu Mazen, affermando di voler impegnarsi per trovare una soluzione duratura alla crisi di Gaza e assicurando di voler ”lavorare con lui e i suoi partner per stabilire una pace duratura nella regione”. Ha poi parlato con il premier israeliano Ehud Olmert, il presidente egiziano Hosni Mubarak, il sovrano giordano Abdallah II. Nel suo colloquio con Obama, Olmert ha auspicato che l’impegno internazionale contro i traffici di armi verso Gaza possa consolidare il processo di pace e ha assicurato che Israele “farà ogni sforzo” in favore delle esigenze umanitarie della popolazione palestinese della Striscia, ha reso noto un comunicato governativo a Gerusalemme.

Più volte, nelle ultime settimane, Obama aveva detto che intendeva fare della ricerca della pace in Medio Oriente una delle priorità della sua amministrazione. Il nuovo presidente ha voluto così lanciare un messaggio dedicando le sue prime telefonate agli esponenti del Medio Oriente più direttamente coinvolti nel problema israelo-palestinese. Obama sta esaminando anche la nomina di un inviato speciale per il Medio Oriente, con l’ex-senatore George Mitchell favorito.

Dello stop a Guantanamo si è avuta notizia quando ancora non si era conclusa la lunga giornata dell’insediamento di Obama alla Casa Bianca. Oggi un giudice ha annunciato la sospensione del processo a cinque presunti responsabili delle stragi dell’11 settembre, che era in preparazione nella base americana a Cuba: i cinque rischiano tutti la pena di morte.

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21 gennaio 2009
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“Segreto di Mafia”, presentazione del nuovo libro di Carlo Ruta

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Vittoria, sabato 24 gennaio 2009,ore 18

presso la Sala Emanuele Mandarà (Ex Pescheria)

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Presentazione del libro di Carlo Ruta

Segreto di Mafia

Il delitto Spampinato e i coni d’ombra di Cosa Nostra

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Intervengono:

Giorgio Chessari (già sindaco di Ragusa e presidente del Centro Studi Feliciano Rossitto)

Marco Benanti (Giornalista, Direttore de L’Isola Possibile)

Peppe Scifo (Sindacalista CGIL)

Pippo Gurrieri (Direttore di Sicilia Libertaria)

Carlo Ruta (Storico-giornalista)


Moderatore

Gianluca Floridia (Libera Assciazioni Nomi e Numeri contro le mafie)

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MODA E SALUTE – Voglio un seno extra large

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Per aumentare la taglia del reggiseno si moltiplicano i metodi alternativi al bisturi. L’ultimo è l’uso di iniezioni contenenti il proprio grasso, precedentemente prelevato dall’addome

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di Agnese Ferrara

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Per le donne che sognano un seno da maggiorate si moltiplicano i metodi alternativi al bisturi. L’ultimo è l’uso di iniezioni contenenti il proprio grasso, precedentemente prelevato dall’addome, che lentamente l’organismo riassorbe e l’effetto scompare. Seni nuovi quindi, ma a scadenza, per coloro che vogliono lasciarsi la possibilità di ripensarci o convincersi a operarsi davvero in un secondo momento. La faccenda, però, non piace ai medici dell’American Society of Plastic Surgeons. E la ragione la spiega Gregory Scott, autore di una indagine svolta su 20 donne sottoposte a questo intervento: “L’impiego del proprio adipe corporeo per ingrandire il seno non è supportato da sufficienti studi. Il grasso può calcificarsi, oscurare le future mammografie o essere confuso con un tumore. Inoltre non si conosce ancora quanto adipe sia necessario iniettare per ingrandire adeguatamente le mammelle né quanto di questo sarà assorbito dall’organismo.

Se il proprio grasso usato in piccole dosi per ridisegnare il profilo del seno, alterato da un tumore o affetto da piccole imperfezioni, dà buoni risultati ed è sicuro, l’uso di maggiori quantità a scopo estetico è sconsigliato”. Ancora, le donne che scelgono di aumentare la taglia del proprio seno, lamentano i chirurghi, non si accontentano di piccoli ritocchi, ma chiedono mammelle che non esistono in natura. Eric Swanson ha fatto un’indagine su oltre 300 donne sottoposte a mastoplastica additiva, riduttiva e lifting per il ringiovanimento del décolleté, e commenta: “Vogliono seni di forma convessa, sodi e col profilo pieno nella parte alta, anche se in natura il seno è pieno nel quadrante inferiore”. Comunque sia, rimane il fatto che a distanza di cinque anni dall’operazione, il 99 per cento delle donne si dichiara soddisfatta e il 91 ha migliorato la propria autostima.

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19 gennaio 2009

fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2058209

GIUSTIZIA – L’affare corpi di reato : più di duemila euro per custodire un coccio

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Il caso di un pezzo di vetro sorvegliato per 8 anni

Tribunali saturi. Milano avvia un censimento

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MILANO — Nemmeno fosse stata una bottiglia di gran vino d’annata. Anzi, nemmeno fosse stata una bottiglia: a restare per più di otto anni nel deposito di una ditta privata per conto del Tribunale è stato un «collo di bottiglia », cioè il coccio di vetro superstite alla rissa tra due cittadini marocchini, custodito appunto dal maggio 1999 al dicembre 2007 prima che il relativo processo per lesioni personali andasse serenamente in prescrizione. Custodia cara. Carissima: al prezzo, appunto per 8 anni in un capannone «al coperto, videosorvegliato e protetto da impianto d’allarme», di 2.383 euro più Iva.

Il giudice Livia Pomodoro (imagoeconomica)
Il giudice Livia Pomodoro (imagoeconomica)

Quanti ha ritenuto, tabelle alla mano, di poter chiedere il custode giudiziario al giudice di turno. Che però, leggermente scandalizzato, come traspare dal «decreto di pagamento di indennità di custodia», gli ha falciato la nota spese, liquidandogli soltanto 45 euro. Per farlo, però, paradossalmente il giudice Paolo Ielo ha dovuto arrampicarsi sugli specchi della normativa del 2002 e della giurisprudenza di Cassazione del 2005, per valorizzare il fatto che «il bene ha un valore pressoché nullo», ritenere che «proprio la differenza tra il valore del bene e il valore della somma richiesta esprime l’inaccettabilità della richiesta», e valutare «negativamente la mancanza da parte del custode» di comunicazioni che in questi «10 anni segnalassero la situazione»: cioè il permanere dell’inutile sequestro, e, con esso, l’ingrassare del portafoglio del custode giudiziario con il passare del tempo.

Nella sua modesta dimensione, casi come questo sono però la punta dell’iceberg di un problema serissimo e solitamente ignorato: l’impatto economico, sugli esangui bilanci della giustizia, degli oneri di custodia dei corpi di reato presso i depositi di ditte private, negli anni riempitisi man mano che non soltanto gli uffici giudiziari ma anche le Civiche Depositerie Comunali non riuscivano più a trovare posto alla montagna di materiale: auto, vestiti, borse, computer, giocattoli, merce peraltro troppe volte mantenuta in custodia (se non addirittura «dimenticata » nelle pieghe delle carte dei fascicoli) anche ben oltre il tempo realmente necessario alle indagini e ai dibattimenti. Adesso che il piatto della giustizia piange, e anche senza bisogno di futuribili «manager dei tribunali », nella consapevolezza della magistratura affiorano dosi di sempre maggiore sensibilità. A Milano, ad esempio, gli uffici giudiziari hanno da poco concluso una maxitransazione con una delle maggiori ditte del settore che, per una decina d’anni di custodia di beni, chiedeva ben 12 milioni di euro.

Alla fine il negoziato è valso un «taglio» della metà della richiesta, dunque con un risparmio per lo Stato di circa 6 milioni di euro. E grandi manovre sono in corso anche nel Tribunale presieduto da Livia Pomodoro, attorno alla bonifica dell’«Ufficio Corpi di reato», saturo di reperti sequestrati sin dagli anni ’80 e parcheggiati da molto tempo in depositi esterni, dove nemmeno più si sapeva bene che cosa ci fosse. Gli esiti sono stati impensabili: sono stati censiti e aperti 19.850 plichi riferibili a 8.544 procedimenti penali, con il risultato di avviare una tonnellata e sessanta quintali di merce ormai inutilizzabile alla distruzione presso l’inceneritore di Brescia, e di recuperare invece 33 bancali di merce ancora idonea alla vendita, messa infatti all’asta e con il ricavato andato allo Stato. Stesso lavoro è in corso per il materiale conservato nelle Civiche Depositerie Comunali dal 1987: qui sono già stati conteggiati altri 18.500 reperti. Ma l’aspetto più surreale è che il Tribunale si è scoperto «seduto» su una santabarbara: 1.642 armi non più collegate alle necessità dei processi ma sulle quali mancava qualunque determinazione dei magistrati, e altri 4.358 reperti pericolosi (bombole gas, acidi, olii, batterie di auto, pneumatici) avviati a delicata distruzione.

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Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella

21 gennaio 2009

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fonte: http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_21/corpi_di_reato_ferrarella_guastella_c46b7524-e797-11dd-833f-00144f02aabc.shtml

Gaza, l’esercito israeliano si è ritirato: “Ma restiamo schierati fuori dalla Striscia”

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Un portavoce di Tsahal: “Stamattina gli ultimi soldati hanno lasciato la zona”

Il bilancio dell’offensiva: oltre 1.400 palestinesi uccisi e più di 5.500 feriti

A Sharm colloquio tra il ministro degli Esteri Frattini e il presidente egiziano Mubarak
Secondo i media i militari stanno indagando sull’eventuale uso di bombe al fosforo bianco

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Gaza, l'esercito israeliano si è ritirato "Ma restiamo schierati fuori dalla Striscia"
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GERUSALEMME – L’esercito israeliano ha completato il ritiro dalla Striscia di Gaza. Lo ha detto un portavoce militare. “Stamattina gli ultimi soldati delle Forze di difesa israeliane hanno lasciato la Striscia di Gaza e sono state schierate fuori dalla Striscia stessa, pronte per ogni evenienza”, ha affermato il portavoce. Nelle stesse ore il quotidiano Haaretz ha riferito che l’esercito israeliano sta indagando sull’eventuale uso di bombe al fosforo bianco, vietate dalle convenzioni internazionali. Sul fronte diplomatico, continua la visita in Medio Oriente del ministro degli Esteri Franco Frattini che oggi ha incontrato a Sharm el Sheikh il presidente egiziano Hosni Mubarak.

L’operazione “Piombo fuso” a Gaza, iniziata il 27 dicembre scorso, si era conclusa domenica con la tregua unilaterale dichiarata da Israele cui poi era seguito l’annuncio di cessate il fuoco di alcuni gruppi armati palestinesi, fra i quali Hamas. E da domenica Tsahal (l’esercito israeliano) aveva iniziato un graduale ritiro. Pesantissimo il bilancio dell’offensiva: oltre 1.400 palestinesi uccisi e più di 5.500 feriti.

L’esercito, intanto, ha reso noto che ieri 12 granate sono state lanciate dai palestinesi contro il territorio israeliano, mentre da parte palestinese è stata denunciata l’uccisione di un civile nel nord della Striscia.

Diplomazia al lavoro. Colloquio tra Frattini e Mubarak stamani a Sharm el Sheikh, nel terzo giorno della visita del titolare della Farnesina in Medio Oriente. Il capo della diplomazia italiana ha incontrato anche il ministro degli esteri egiziano Abul Gheit. Ieri e lunedì, Frattini era stato in Israele e nei Territori palestinesi dove aveva incontrato le autorità israeliane e palestinesi.

Con gli interlocutori egiziani, Frattini ha discusso in particolare del cosiddetto “piano egiziano”, ma anche delle trattative per il rilascio di Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano sequestrato nel giugno del 2006 dai guerriglieri palestinesi della Striscia di Gaza. Ieri a Tel Aviv Frattini aveva incontrato Noam Shalit, padre del militare.

Più volte durante la missione, il ministro degli Esteri ha ribadito il ruolo importante dell’Egitto per arrivare alla riconciliazione interna palestinese e alla realizzazione della soluzione dei due stati. L’Italia, inoltre, appoggia il piano egiziano, che prevede il cessate il fuoco permanente per la Striscia di Gaza, aiuti umanitari alla popolazione palestinese, una forza internazionale di sicurezza con un sostegno alla polizia di frontiera e la riconciliazione interpalestinese.

Ieri sera il ministro, intervenendo a Porta a Porta, ha ribadito che l’Italia conferma l’offerta di inviare carabinieri alla frontiera tra l’Egitto e Gaza e la possibilità di inviare anche delle unità navali militari per un pattugliamento marittimo: si tratta di “una offerta seria”, ha confermato Frattini.

Indagine sulle armi proibite. Intanto, dopo le accuse ai militari israeliani di far uso di proiettili al fosforo bianco nel suo attacco sulla Striscia di Gaza, lo stesso esercito israeliano sta indagando su l’eventuale uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Haaretz. L’inchiesta, dice il giornale, riguarda in particolare l’uso di una ventina di proiettili su una zona densamente popolata nel nord dela Striscia da parte di un’unità di paracadutisti. Fonti militari citate da Haaretz indicano che le inchieste riguardano due tipi di proiettili: granate fumogene d’artiglieria da 155 mm a basso contenuto di fosforo e proiettili da mortaio da 120 mm ad alta concentrazione di fosforo, che sarebbero stati sparati su alcuni quartieri di Beit Lahiya, nel nord della Striscia. Un portavoce militare stamani ha tuttavia smentito che si tratti di una “inchiesta ufficiale”. Le convenzioni internazionali autorizzano l’uso di proiettili al fosforo, sostanza che bruciando crea gravissime ustioni alle persone, solo come fumogeni ma non su zone densamente popolate di civili.

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21 gennaio 2009
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