TRA LIBIA ED EGITTO – Da Sallum, palestinesi bloccati in terra di nessuno

Da Sallum, palestinesi bloccati in terra di nessuno

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Laurence Figà-Talamanca

inviata dell’Ansa

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SALLUM (CONFINE LIBIA-EGITTO) – Non ci sono più code di auto in fila né gente in fuga dalla Libia che preme per varcare il confine egiziano come due settimane fa: alla frontiera di Sallum è passata l’emergenza. Ma la lunga striscia di asfalto che separa i due posti di controllo dei passaporti, quella terra di nessuno dove non si è più in Libia ma non ancora in Egitto, assomiglia ancora oggi più a un campo profughi che a una zona di passaggio. Dall’inizio della crisi libica, sono passate da qui circa 85 mila persone, tra cui 60 mila egiziani. Oggi, secondo le stime dell’Organizzazione internazionale dei migranti, ci sono ancora 5000 profughi da ‘smaltire’. Sono lavoratori del Bangladesh – che come al confine con la Tunisia sono i più numerosi -, Sri Lanka, Guinea, Ghana, Nigeria.

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Hall della dogana di Sallum – fonte immagine

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E c’é una famiglia di palestinesi, 9 persone tra cui due bambine di 4 e 6 anni, bloccata dalle autorità egiziane, che sopravvive in un angolo di una delle hall della dogana insieme a moltissimi altri. “Il padre temeva per le sue figlie e hanno deciso di lasciare la Libia. Sono arrivati 13 giorni fa in pullman insieme ad altri 80 palestinesi, tutti respinti”, racconta all’ANSA Muhammad Shahin, un giovane palestinese che lavora come interprete all’ambasciata dello Sri Lanka al Cairo e che nei giorni scorsi si è occupato del rimpatrio di una sessantina di cingalesi. Muhammad ha preso a cuore la sorte della sua gente e quasi ogni giorno accompagna il console palestinese al Cairo, Gamal al Gamal, dentro la zona di frontiera e oltre. “Dopo una settimana di attesa decine di palestinesi sono stati riportati a Musaid, a 5 km dal confine libico, dove si trovano in bruttissime condizioni, in case fatiscenti pagate dal console”, spiega, mostrando delle foto di un uomo sdraiato su un letto con la flebo al braccio. “Qui non c’é la copertura mediatica che c’é a Ras Jedir, in Tunisia. Spero che qualcuno possa fare qualcosa per loro”.

Neanche il documento per rifugiati apre i cancelli dell’Egitto ai palestinesi. Sali Ali Salem Hemaid è un maestro di Gaza che da 30 anni vive a Darna, in Libia. Dimostra molti di più dei suoi 70 anni, ma da diversi giorni fa il viaggio da Darna a Sallum per tentare di passare la frontiera e raggiungere la figlia ad Alessandria. “Sono vecchio, mia moglie è morta, voglio vedere la mia famiglia per quel che mi resta”, spiega. E mostra il suo ‘passaporto’ blu per rifugiati palestinesi, rilasciato dal ministero dell’Interno egiziano, in cui “si richiede alle autorità interessate di permettere a chi possiede questo documento di passare senza ostacoli”. “Passano tutti, egiziani, algerini, nigeriani, perché noi non possiamo passare? L’Egitto non ci vuole, perché la nostra terra è Israele”, aggiunge il maestro Hemaid, assicurando che domani tenterà di nuovo. Intanto alla frontiera 5000 persone vivono senza null’altro da fare che aspettare. Assistite dall’Unhcr e dalla Mezzaluna rossa, sono accampate come possono, su coperte e teli che difendono dal calpestio degli altri come fossero un pezzo di casa. La maggior parte è all’aperto o nei pullman, altri hanno invaso gli uffici della dogana, il ‘free shop’, tutto lo spazio disponibile. Pochissime o invisibili le donne. Il controllo dei passaporti è un caos che rischia da un momento all’altro di sfociare in rissa, sale la tensione, si rompe un vetro del gabbiotto dell’impiegato addetto ai timbri. Così, l’unica persona incaricata per oggi di timbrare migliaia di documenti si innervosisce, si alza e se ne va. Lasciando i profughi ad aspettare ancora.

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23 marzo 2011

fonte:  http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/02/25/visualizza_new.html_1562847807.html

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