Archivio | giugno 11, 2008

Su tutte le ruote

Il bianco lo si può ricollegare ad una colomba, ad una settimana bianca, alla purezza dell’infanzia, ad un assegno a vuoto…dipende da cosa ci viene istintivamente di pensare. Quando si apprende però che 9 persone in varie parti d’Italia sono morte sul luogo del lavoro in una sola giornata, a me non viene in mente il bianco ma il rosso del sangue e della rabbia e il nero della disperazione. Bianco è morte, è vacuo, è indistinto luogo comune che accomuna i morti sul lavoro, non in nero.
Oggi 11 giugno, in una Roma blindata per l’arrivo del “Messaggero di Pace” che si incontrerà con altrettanti pari suoi di ogni ordine e grado, potremmo giocare al lotto queste cifre: peccato non si ripetano uguali, sono numeri variabili, su tutte le ruote.

Sei operai che lavoravano nel depuratore consortile di Mineo, a 35 km da Catania, sono morti mentre stavano pulendo una vasca depuratore, inalando sostanze tossiche, quattro dipendenti comunali e due di un’azienda privata.

Uno di 33 anni, è morto ieri sera, nelle Valli del Natisone, in provincia di Udine, mentre era al lavoro in un campo ed è stato travolto da una ruspa. L’altra vittima è un operaio di 42 anni, Bortolo Strambini, morto ad Imperia in un incidente avvenuto nei cantieri per il raddoppio della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia.

L’altra vittima è un operaio edile di 46 anni, deceduto dopo essere caduto da un ponteggio mentre tinteggiava l’esterno di un’abitazione nel centro di Orani (Nuoro), paese in cui risiedeva.

Forse queste ultime morti, strapperanno il primato ai romeni, i prossimi antagonisti della grande Sfida calcistica.Sembra che con il suo 21,3%, la Romania «guida tristemente il primato dei Paesi stranieri che danno il maggior contributo in termini di decessi sul lavoro in Italia e con il 9,7% si
piazza al terzo posto nella classifica degli infortuni».

A’Maronna v’accompagn“. Così il cardinale Crescenzo Sepe, con candore infinito, ha salutato Silvio Berlusconi al termine di un incontro definito “proficuo” alla curia di Napoli, per portare avanti il piano sui rifiuti di Napoli.

Si cercherà intanto di rimediare a questa ecatombe di numeri con un massiccio sciopero generale, a cui i lavoratori in nero, non parteciperanno: il loro vestito è fuori luogo nel bianco accecante.

Doriana Goracci

… intanto i sindacati si preparano ad accettare supinamente che il contratto nazionale, già diviso in categorie, si trasformi in contratto individuale, i giuslavoristi del PD dànno man forte alle richieste di “competitività” delle imprese, gli orari di lavoro vengono prolungati, si incoraggiano gli straordinari, si scatena la guerra tra poveri e si permette a ditte in attivo di chiudere…

elena

fonte immagine: il mascalzone

Sismi e il “piano Iran”: Un golpe in cambio di gas e petrolio

Aperto un fascicolo sul coinvolgimento del servizio segreto militare guidato da Pollari in piani clandestini per il rovesciamento del regime iraniano

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<b>Sismi e il "piano Iran"<br/>indaga la procura di Roma</b>

Nicolò Pollari, ex capo del Sismi

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ROMA – La procura di Roma ha aperto un fascicolo sul coinvolgimento del servizio segreto militare, guidato ai tempi dal generale Nicolò Pollari, in un piano internazionale che puntava a rovesciare il regime in Iran. La vicenda, documentata da Repubblica, è all’attenzione del procuratore aggiunto Franco Ionta che ha disposto una serie di accertamenti.

Dell’esistenza del procedimento penale ha dato conto il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, Salvatore Vecchione, che in una nota oggi ha voluto replicare a un articolo pubblicato due giorni fa dallo stesso quotidiano dal titolo “Se ritorna il porto delle nebbie” in cui si esprimono non poche perplessità sulle conclusioni dell’inchiesta per peculato a carico di Pollari e del suo fidato collaboratore Pio Pompa per l’uso improprio di mezzi a disposizione del Sismi.

“L’Ufficio – fa sapere Vecchione – ha riscontrato assoluta correttezza di valutazioni in punto di diritto e le conclusioni a cui è pervenuta la procura si presentano conformi ai contenuti del materiale di indagine acquisito. Non corrisponde a verità l’affermazione secondo cui sarebbe stato ritenuto e contestato un fatto di peculato nella forma dell’uso improprio e ‘momentaneo della cosa’. La contestazione, viceversa, attiene a reato continuato e aggravato di peculato”.

11 giugno 2008

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fonte: http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/cronaca/sismi-iran/indagine-proc-roma/indagine-proc-roma.html

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così il Sismi lavorò al “piano Iran”

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IL DOCUMENTO Il vertice segreto di Roma nel dicembre del 2001
Gli incontri in una casa a piazza di Spagna messa a disposizione dai nostri Servizi

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di CARLO BONINI

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ROMA – Con un rapporto di 52 pagine, che chiude un’indagine di quattro anni sulle attività dell’Intelligence americana che hanno preceduto l’invasione dell’Iraq, il “Select Committee on Intelligence”, la commissione bicamerale di controllo del Parlamento americano sulle attività dei Servizi Usa, approfondisce e documenta con dettagli inediti e cruciali il solco aperto nel 2005 dalle inchieste di Repubblica sul coinvolgimento, che si scopre ora anche finanziario, del governo Berlusconi e del nostro Servizio militare, il Sismi, allora diretto dal generale Nicolò Pollari, in piani clandestini per il rovesciamento del regime iraniano. Ne illumina la contropartita. Petrolio e gas.

La scena è Roma.
La data, i giorni che vanno dal 10 al 13 dicembre 2001. Funzionari americani del Dipartimento della Difesa, nell’inconsapevolezza della Cia e della rete diplomatica del Dipartimento di Stato, raggiungono l’Italia per una serie di incontri organizzati con uomini di Teheran dal cittadino americano Michael Ledeen e dall’esiliato iraniano Manucher Ghorbanifar. Ledeen, nella sua lunga ed equivoca frequentazione con l’Italia, è un noto agente di influenza.

Un maneggione che vende, compra e manipola intelligence. Di Ghorbanifar, scrive il “Select Committee”: “E’ amico di vecchia data di Ledeen. Ha preso parte allo scandalo Iran-Contra nel 1986 e, già nel 1984, la Cia ha diramato una nota con cui lo definisce falsario e fonte inattendibile, avvertendo che “ogni ulteriore contatto con tale soggetto o con suo fratello Alì, dovranno essere segnalati ma non presi in alcuna considerazione”. Al tempo dello scandalo Iran-Contra, Ledeen è stato consulente del National Security Council e ha svolto un ruolo nello scambio di armi”. L’incontro ha la benedizione del governo Berlusconi e il supporto logistico del Sismi. Leggiamo.

IL MINISTRO MARTINO
“Secondo quanto lui stesso riferisce, Ledeen, ricevuto il via libera agli incontri dal Dipartimento della Difesa, ha preso contatto con un esponente del governo italiano, da lui descritto come un vecchio amico (si tratta dell’allora ministro della difesa Antonio Martino ndr.), informandolo del contesto dell’operazione. Ledeen aggiunge che il governo straniero (il governo italiano ndr.) predispone le necessarie misure per accogliere gli iraniani, mette a disposizione un luogo sicuro e fornisce un interprete a tempo pieno che segua gli incontri. Non è chiaro fino a che punto il vertice del Dipartimento della Difesa (Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, Douglas Feith ndr.) sia all’epoca al corrente del coinvolgimento del governo straniero (il governo italiano ndr.). Rhode ritiene che lo sia. Franklin ricorda di averlo appreso a Roma, nel primo giorno di incontri. Un appunto del febbraio 2004, dell’ufficio del Segretario alla Difesa documenta tale consapevolezza, ma non la colloca nel tempo”.

I PARTECIPANTI
“Gli incontri hanno luogo in un appartamento di Roma, in tre diverse sessioni. Dal 10 al 13 dicembre 2001. Sono presenti Larry Franklin, funzionario dell’ufficio dell’assistente del Segretario della Difesa, Harold Rhode, dell’ufficio “Net assessments”, Michael Ledeen, Manucher Ghorbanifar, l’iraniano numero 1 omissis, un esiliato che vive in Marocco, l’iraniano numero 2 omissis, un ufficiale della Guardia rivoluzionaria e un non identificato civile del omissis (Sismi ndr.), che ha provveduto a mettere a disposizione la struttura e a fornire supporto logistico. (…) A sentire Ledeen, l’iraniano numero 1, omissis, è un ex guardiano della rivoluzione che, dopo essere stato accusato di tradimento e aver sofferto un anno di torture, è riuscito a fuggire dal Paese. Sempre secondo Ledeen, l’iraniano numero 2, omissis, è “un alto ufficiale dell’intelligence di Teheran”. I tentativi del Select Committee di trovare conferma a queste informazioni attraverso la Cia sono stati complicati da diversi fattori. Il primo iraniano aveva un nome comune di cui esistono diversi spelling. Il secondo, era conosciuto come un “venditore ambulante di intelligence””.

L’AGENDA DEI COLLOQUI

Di che devono parlare gli uomini arrivati a Roma? Esiste un “issue” ufficiale, trattato durante le riunioni. Questo.
“Durante gli incontri di Roma, Rhode prende contemporaneamente appunti su un taccuino e sul suo pc portatile. Il Committee, presa visione degli appunti scritti, può concludere che gli argomenti trattati durante le riunioni sono stati i seguenti:
* Esistenza di squadre speciali di attacco iraniane contro obiettivi e personale americano in Afghanistan
* Relazioni tra Iran e Olp
* Esistenza di un sistema di tunnel sotterranei in Iran per lo stoccaggio di armi e l’esfiltrazione dei leader del regime
* La percezione dell’Iran della capacità di presa di Saddam sull’Iraq
* L’aumento del sentimento antiregime in Iran
* L’atteggiamento del regime verso gli Usa
* Le rivalità tra le diverse agenzie di intelligence iraniane”.
“Notizie che servono a salvare vite americane”, come dirà Rumsfeld, tempo dopo. Ma che Franklin, interrogato dal Committee, fatica a confermare: “Oggi non posso essere certo che quelle notizie siano state davvero utili”.

Il generale Pollari, interpellato
a suo tempo da Repubblica sul contenuto degli incontri, propone la stessa innocua versione. Minimizza: “Non sono nato ieri. Quando il ministro (Martino ndr.), mi dice di provvedere, mi incuriosii. E’ il mio mestiere. Al meeting che si è tenuto in un appartamento coperto di piazza di Spagna, ho mandato un paio dei miei uomini. L’interprete dal Farsi era mio. Volevo sapere cosa bolliva in pentola. Cosa stavano preparando. Sì, c’erano carte dell’Iran sul tavolo…”.
Pollari non dice il vero. Perché ecco cosa scopre il “Committee”.

L’AGENDA SEGRETA
“Mentre sono a Roma, Franklin e Rhode vengono coinvolti in discussioni che vanno al di là della semplice acquisizione di informazioni dalle fonti iraniane. Franklin ricorda che Ghorbanifar ha in realtà in cima alla sua agenda un cambio di regime in Iran. Una sera, a Roma, durante un colloquio in un bar, Ghorbanifar gli espone il suo piano scrivendone su un tovagliolo di carta. Il piano prevede il collasso del traffico cittadino a Teheran, attraverso una serie di blocchi stradali dei nodi periferici di accesso alla città e altre azioni distruttive in grado di creare ansia nella popolazione. Per l’operazione, Ghorbanifar chiede 5 milioni di dollari e aggiunge che, se la cosa dovesse funzionare, altro denaro servirà successivamente. I ricordi di Franklin sono confermati da Rhode e da Ledeen”. Il piano di Ghorbanifar è noto al Sismi e al governo Berlusconi. Che offrono piena disponibilità. Leggiamo ancora.

IL COINVOLGIMENTO DI ROMA

“A Washington, la richiesta di fondi da parte di Ghorbanifar e il coinvolgimento nel piano di rovesciamento del regime di Theran da parte del governo straniero (il governo italiano ndr.) non viene, né verrà mai compresa fino in fondo. Quando, all’inizio del 2002, il Dipartimento della Difesa comincia a ricevere richieste sul punto, vengono redatti una serie di testi riassuntivi degli incontri di Roma. Una sinossi preparata a metà febbraio 2002, sulla base degli input ricevuti da Franklin, documenta che Ledeen e Ghorbanifar hanno messo al corrente “del sostegno e del finanziamento del governo straniero (il governo italiano ndr.) attraverso omissis società multinazionali estere. Il rapporto prosegue indicando che i costi ammonterebbero a milioni di dollari per coprire le spese di “esfiltrazione e rientro di numerose fonti, acquisto di visti, e loro eventuale sistemazione all’estero”. Una versione successiva di questo stesso rapporto, datata 12 febbraio 2002, fa riferimento a futuri contratti che “assicureranno vendite di petrolio e di gas nell’ipotesi di un cambio di regime”. Un’ulteriore memo del luglio 2002, fa riferimento ad “accordi per affari multimilionari che il omissis del governo straniero (il Sismi ndr.) ha messo in piedi per due degli interlocutori iraniani”.

25 MILIONI DI DOLLARI
Apparentemente, nessuno a Washington approfondisce fin dove il governo Berlusconi vuole essere o è già della partita iraniana. “Nonostante la descrizione cangiante del coinvolgimento straniero (italiano ndr.), non vi fu nessun tentativo del Dipartimento della Difesa o di altro soggetto o entità del governo americano di verificare le reali intenzioni del governo straniero (il governo italiano ndr.) nel suo rapportarsi con gli iraniani o con lo stesso Ghorbanifar”. Ufficialmente “il piano di regime change di Ghorbanifar non ha seguiti”. Ma, altrettanto ufficialmente, il trafficante iraniano, già nel febbraio 2002, dalla richiesta iniziale di 5 milioni di dollari è già arrivato a 25. “A sentire lui – si legge in una nota del Dipartimento della Difesa che annota la cifra – il mondo intero è della partita…”.

7 giugno 2008

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fonte: http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/cronaca/sismi-iran/sismi-iran/sismi-iran.html

Bush a Roma: “Non sono guerrafondaio”

Previsto per questo pomeriggio, in contemporanea con l’arrivo di Bush, un corteo pacifico dei No War.

Scattato il divieto di parcheggio, deviate le linee degli autobus, spostati i parcheggi dei taxi, sigillati i tombini , tolti i cassonetti.

Il presidente Usa si pente per aver impiegato un linguaggio aggressivo

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george bush a roma Roma, 11 giugno 2008 – George Bush è arrivato questo pomeriggio a Roma, per la sua sesta visita in Italia da quando è alla Casa Bianca. Il presidente americano è sbarcato dall’Air Force One a Ciampino, proveniente da Berlino seconda tappa dopo la Slovenia del suo tour d’addio in Europa che lo porterà dopo Roma a Parigi, Londra e Belfast.

Attraverso la capitale blindatissima da massime misure di sicurezza, il presidente si trasferirà a Villa Taverna, dove alloggerà durante la visita romana. Non sono previsti appuntamenti ufficiali per questa sera, ed il presidente rimarrà nella residenza dell’ambasciatore americano a Roma ai Parioli, per una cena privata con l’ambasciatore Ronald Spogli e la moglie Georgia. Bush non è accompagnato da Laura che è attesa domani a Roma dove nel pomeriggio pronuncerà un discorso al Programma Alimentare Mondiale.

A Roma il presidente americano si fermerà tre giorni, prima di ripartire venerdì pomeriggio per Parigi, terza tappa del suo tour d’addio in Europa. Domani mattina salirà al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, mentre sarà a Villa Madama, nel pomeriggio, il colloquio con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Venerdì il presidente americano si recherà al Vaticano per l’udienza con Benedetto XVI, incontrato lo scorso aprile a Washington in occasione del viaggio del Papa negli Stati Uniti, accompagnato dalla moglie Laura.

La first lady ha anche una sua agenda di appuntamenti ufficiali a Roma: giovedì nel pomeriggio terrà un discorso all’Executive Board del Programma alimentare mondiale, una delle agenzie dell’Onu con sede a Roma impegnate nella lotta alla fame ed alla povertà. Mentre venerdì incontrerà i Fulbright American English Teaching Assistant al Centro Studi Americani.

Questa è la sesta visita in Italia di Bush, che rivede Silvio Berlusconi in Italia come presidente del Consiglio per la quarta volta in sette anni. La prima volta fu a Genova nel luglio del 2001 per il G8, al termine del quale il presidente americano volò a Roma per il suo ‘debutto’ nella ‘città eterna’, poi nel maggio del 2002 partecipò a Pratica di Mare al vertice Nato-Russia. Quindi, Bush tornò a Roma nel giugno del 2004, poco prima della sua rielezione, per la commemorazione della liberazione di Roma.

L’anno dopo, in aprile, tornò nella capitale, ma in visita non ufficiale, per partecipare ai funerali di Giovanni Paolo II. Infine, la visita dello scorso anno per l’unico incontro con Prodi nei due anni di governo del centrosinistra: il premier uscente sarebbe dovuto andare a Washington il 4 febbraio scorso se non fosse caduto il governo.

LA CONFESSIONE

Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, si rammarica per il fatto che verrà ricordato come un “guerrafondaio” e si pente per aver impiegato un linguaggio aggressivo prima dell’intervento militare in Iraq nel marzo 2003.

In una intervista in esclusiva al Times, Bush – atteso oggi pomeriggio in Italia per la sua ultima visita da presidente – riconosce che avrebbe potuto usare “un tono diverso, una retorica diversa”. Frasi come “scoviamoli” oppure “vivi o morti”, “hanno indicato alla gente che io non ero un uomo di pace”, ammette il presidente Usa, precisando che si tratta di una immagine sbagliata.

“Una delle storie non raccontate dell’Iraq è che abbiamo fatto ampio ricorso alla diplomazia”, prosegue Bush. “Tutti noi volevamo risolvere con la diplomazia” la crisi irachena. “Dopo tutto – ricorda ancora – andai al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

Per il presidente Usa la scelta più difficile e dolorosa è stata quella “di mettere in pericolo i ragazzi” (i militari inviati in Iraq e in Afghanistan). “Cercherò di incontrare quante più famiglie potrò. Ho l’obbligo di stare loro vicino e assicurare che le vite (dei soldati) non siano state sacrificate invano”.
Bush difende anche l’immagine degli Usa, incrinata dalla guerra in Iraq: “L’America è una forza del bene”, dice nell’intervista.

“L’America è una forza della libertà, l’America è una forza per combattere le malattie. Abbiamo lanciato la più grande iniziativa contro l’Aids nella storia del mondo, e abbiamo intrapreso una iniziativa contro la malaria che sta salvando i bambini”.

Il presidente Usa è impegnato in un tour in Europa. Ieri ha incontrato in Germania il cancelliere Angela Merkel. Oggi giunge in visita a Roma, e dopo farà tappa a Parigi e a Londra.

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fonte: http://qn.quotidiano.net/2008/06/11/96125-bush_atterra_roma_blindata.shtml

Nucleare, nuovo incidente: spento reattore dopo perdita in Ucraina

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Un reattore nucleare nell’Ucraina occidentale è stato spento dopo la scoperta di una fuoriuscita di acqua radioattiva, che comunque avrebbe creato danni all’ambiente. Lo rivela un alto funzionario della centrale di Rivna, rimasto anonimo. La notizie viene confermata anche dalla compagnia ucraina del nucleare Energoatom.Secondo il funzionario, 1,3 metri cubi di acqua adibita al raffreddamento del reattore sarebbero fuoriusciti a causa di una perdita nelle tubazioni. Energoatom in un comunicato precisa che le perdite «non hanno superato le norme di sicurezza» e che comunque «il reattore è stato spento». «Non è stata registrato alcun aumento della radioattività», si legge nella nota.

Nonostante l’incubo di Chernobyl aleggi ancora nel Paese, l’Ucraina è fortemente dipendente dall’energia nucleare con oltre la metà del fabbisogno elettrico soddisfatto dal sistema nazionale di centrali.

Pubblicato il: 11.06.08
Modificato il: 11.06.08 alle ore 15.35

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fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=76198

Morti bianche, tragedia in Sicilia: Sei operai morti in una vasca di depurazione

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Solo tre mesi fa la tragedia di Molfetta, quando cinque operai morirono intossicati dentro una cisterna.

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Bonanni: “Tutto il Paese si deve ribellare”

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CATANIA – Ancora una volta. Come ogni giorno. Corpi senza vita nei cantieri. Sopra le impalcature. Nelle cisterne. Nelle vasche di depurazione. Di lavoro si muore. E stavolta sono morti in sei. Tutti assieme, disperatamente, forse per una intossicazione da esalzioni venefiche mentre pulivano una vasca di depurazione, forse per una scarica elettrica partita da un impianto non a norma. I sei operai lavoravano nella struttura consortile di Mineo, a 35 km da Catania. Quattro erano dipendenti comunali (uno era un precario dei Lsu) e gli altri due di un azienda privata. Solo tre mesi fa la tragedia di Molfetta, quando cinque operai morirono intossicati dentro una cisterna.

Berlusconi, subito informato,
ha detto di aver cercato il ministro del Lavoro “per chiedergli di recarsi immediatamente sul posto e verificare la dinamica dell’incidente”. “Alle famiglie – continua il premier – va la vicinanza e anche l’aiuto concreto mio personale e del governo”.

Lo stesso Sacconi,
poco più tardi, ha annunciato di aver convocato sindacati e imprese. Per il ministro è urgente la predisposizione di “un Piano nazionale di intensa collaborazione tra le parti sociali e le istituzioni per diffondere condizioni di sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, attraverso i prioritari investimenti in prevenzione, formazione e informazione”.

Sul fronte sindacale, parla il leader della Cisl Raffaele Bonanni: “Chi ha sbagliato deve pagare. Non si può continuare a morire sul lavoro come se nulla fosse. Stiamo diventando come un paese del terzo mondo. E tutti dobbiamo ribellarci a questo andazzo. La verità è che non si fanno controlli rigorosi a dovere. Non c’è ancora un piano vero di prevenzione e di informazione sui rischi che corrono i lavoratori, al di là delle leggi vigenti. E poi ci vuole una effettiva selezione delle imprese che prendono, soprattutto nel Sud , appalti con il massimo ribasso e risparmiano sui costi della sicurezza”.

Per Walter Veltroni è “una tragedia orribile, che colpisce e ferisce la coscienza di tutti noi. Sei uomini morti così, uno dietro l’altro, devono essere un monito: lavorare non deve voler dire morire e quando succede significa che tante cose non hanno funzionato”.

11 giugno 2008

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fonte:http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/incidenti-lavoro-4/operai-sicilia/operai-sicilia.html

Appelli: IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI e…

Brutta cosa, perdere la memoria… non ricordo se l’ho già postato. IL SECONDO SICURAMENTE NO: è fresco fresco… Comunque, data l’importanza, diciamo che, se è un doppione… repetita juvant. E che mi consola il fatto che, se quando verranno a prendermi non ci sarà nessuno a protestare, sarà perché conto così poco che, prima, non mi dedicheranno attenzione, e non perché sono stata zitta.

Rilancio dalla rete (ne hanno già parlato, tra gli altri: emigrazione notizie (che aggiorna l’elenco dei firmatari), vita ed essere comunisti).

Lo zingaro e il clandestino non possono diventare dei capri espiatori.


Recenti avvenimenti di cronaca, e la loro accresciuta rappresentazione mediatica, hanno portato ad emergere in maniera plateale un diffuso atteggiamento di sospetto, quando non manifestazioni di vero e proprio razzismo, verso gli zingari, italiani e immigrati.

La denigrazione verbale, genericamente diretta a queste comunità ed anche gli episodi di aperta violenza e razzismo nei loro confronti, non possono essere in alcun modo tollerati. Spesso questi comportamenti vengono giustificati come risposta al presunto alto tasso di devianza di questo popolo, dimenticando che i reati in sé sono sempre compiuti da singole persone e che la responsabilità penale è, per legge, individuale.

Una politica intelligente, a vantaggio della sicurezza dei singoli e della collettività, sarebbe quella di analizzare le cause che portano ad una maggiore devianza tra queste persone (emarginazione sociale e culturale, assenza di politiche d’integrazione, ecc.) offrendo misure atte a governare davvero l’immigrazione e a coniugare politiche di sicurezza con quelle di accoglienza ed integrazione. Si preferisce invece battere il tasto sulla paura della gente e sulla necessità di inasprire le leggi e le pene.

E’ anche strano che il battage pubblicitario sulla sicurezza e sulla paura degli italiani, avvenga proprio quando il Ministero di Giustizia dimostra, statistiche alla mano, che i reati in Italia sono diminuiti e che in Europa – il nostro Paese è uno dei più sicuri dal punto di vista dell’ordine pubblico.

Il sospetto che esista una precisa regia dietro queste campagne mediatiche è inevitabilmente forte: una regia volta a rendere più accettabili misure di legge intollerabili contro i diritti della persona. Una regia che sposta l’attenzione degli italiani dal pesante declino economico e sociale in cui stiamo vivendo, verso un nemico ed un obbiettivo esterno: lo zingaro, l’immigrato, il diverso.
Come spesso succede nella storia, anche su questo versante come popolo italiano abbiamo la memoria corta e ci sembra lecito accettare attacchi verbali e misure contro gli zingari che consideriamo intollerabili, quando rivolte ad altri popoli od etnie. E’ un atteggiamento pericoloso e , per dirlo con le parole di Goya, “il sonno della ragione genera mostri”.

Non è mai colpa nostra se le cose vanno male, è sempre colpa di qualcun altro e così, mentre ci beiamo della supposta imbattibilità della creatività italiana, non ci accorgiamo che la crisi del nostro Paese di fronte alle sfide della globalizzazione è anche crisi di capacità di interloquire con l’esterno, le culture degli altri, la gestione serena dei fenomeni del nostro secolo, quali l’unità europea e le migrazioni.

In ogni caso, è certo che una politica esclusivamente di pura e semplice repressione dei reati che derivano dal disagio sociale sarà una tela di Penelope, e se non ci si indirizzerà anche verso la rimozione delle cause della condizione dei rom, non servirà a molto: a meno certamente di non innalzare l’escalation fino alla deportazione collettiva, all’arresto indiscriminato, o peggio, cosa fortunatamente proibita dalle normative internazionali. Non sembri retorica quest’ultima osservazione: rom e i sinti sono state vittime nei lager, e quella tragedia che in lingua zingara è ricordata come Porajmos, ed equivale alla shoah del popolo ebraico, pone un dovere di memoria e una responsabilità di tutti per il presente e il futuro.

I sottoscritti promotori di questo appello, operatori nel campo dell’immigrazione e dei problemi sociali, con esperienze disparate e di diverse ispirazioni politiche, culturali e religiose, propongono questi punti all’attenzione del governo nazionale, regionale e locale, dei media, nonché degli operatori sociali così come di quelli di polizia:

1. Combattere la campagna mediatica volta a creare atteggiamenti razzisti e xenofobi nei confronti degli zingari, ma anche dell’immigrazione in generale.
2. Adottare efficaci politiche di sicurezza e chiudere i campi nomadi, in quanto ghetti e fonte di emarginazione ed illegalità, incentivando misure di vera accoglienza ed integrazione di queste comunità; i “campi nomadi” sono costosi, perpetuano le discriminazioni, ostacolano una reale integrazione. Sono anche una “zona grigia” di illegalità, su cui occorre che sia fatta luce, per tutelare in primo luogo i più deboli tra coloro che vi vivono.
3. Procedere ad un vero e completo censimento dei singoli e dei nuclei familiari di zingari presenti in Italia, come primo passo verso misure di integrazione diversificate ed efficaci;
4. Per i minori e i giovanissimi, nati e vissuti nelle baracche, occorre prevedere con coraggio e creatività opportunità di integrazione e anche di cittadinanza, capaci di rompere un circuito davvero infernale di sottrazione di futuro;
5. Ridurre i casi di espulsione solo per le persone che non hanno titolo o che hanno commesso reati legalmente comprovati; chi ha tale titolo, inoltre, deve essere trattato con rispetto e dignità. Prevenire le condizioni di emarginazione, miseria e criminalità sarà sempre più razionale e anche più economico che reprimerne gli esiti.
6. Occorre un’integrazione tra il livello europeo, quello nazionale, quello regionale e comunale: occorre evitare infatti che la sindrome del “non nel mio cortile”: i rom non sono immondizia.
7. Mantenere la memoria collettiva del Porajmos, anche incentivando la ricerca storica sui campi di concentramento costituiti dal governo italiano nel periodo fascista, un evento rimosso e colpevolmente dimenticato.
8. Incoraggiare la voce dei Rom e Sinti italiani, che ad oggi sono l’unica minoranza linguistica storica del nostro Paese a non godere di alcuna tutela: auspichiamo che sorga un’associazione rappresentativa della comunità zingara italiana.

Per aderire mandate una mail a:

Giuseppe Casucci: g.casucci@uil.it
Luca Cefisi: luca.cefisi@gmail.com
Piero Soldini: p.soldini@sede.cgil.it

oppure a FIEI: fiei@fiei.org

Dall’impagabile Laura arriva invece quest’altro

APPELLO

12 GIUGNO ORE 12 LE ASSOCIAZIONI ROM PROMUOVONO UN PRESIDIO CON CONFERENZA STAMPA DAVANTI ALLA PREFETTURA DI MILANO CONTRO I PROVVEDIMENTI DISCRIMINATORI VERSO ROM E STRANIERI

L’avvio, nei giorni scorsi, della schedatura su base etnica della popolazione rom e sinta insediata nei campi nomadi comunali e nelle aree private di Milano e Provincia da parte della Prefettura, e non di un normale e utile censimento conoscitivo, è stato accompagnato dall’indignazione e dalla protesta di numerosissimi concittadini che hanno fatto pervenire e continuano ad inviare centinaia di lettere e attestati di solidarietà e condanna.

In questo momento di grande incertezza ed apprensione per l’operato delle Istituzioni, su moltissimi cittadini si stanno infatti scaricando anche gli effetti di una profonda crisi sociale ed economica che ha allargato il divario tra ricchezza, povertà e disuguaglianze, dirottando le paure irrazionali e i problemi reali verso quei soggetti socialmente più deboli, in primis zingari e immigrati, che vengono avvertiti anche come potenziali competitori nella spartizione delle poche risorse ancora disponibili.

Eppure, il rogo dei campi rom a Napoli, le molotov contro le abitazioni dei Sinti di Pavia, i raid contro attività commerciali di extracomunitari, le sprangate a un militante gay di Roma, la sassaiola contro una madre e una bambina sinte di Brescia, l’aggressione a Rimini di una donna incinta al settimo mese, l’immigrato morto per mancanza di soccorso nel CPT di Torino, mentre le città d’Italia sono percorse da ronde di tutti i colori, sono alcune delle tante e diverse punte dello stesso violento iceberg che avvelena il nostro Paese: l’insofferenza diffusa contro il diverso, l’immigrato, lo zingaro ha assunto i connotati espliciti della xenofobia e della discriminazione razziale.

Questa nuova Italia che criminalizza per decreto la povertà, l’Italia della violenza contro gli ultimi, del pregiudizio elevato a verità (gli zingari rubano i bambini), della giustizia fai da te dovrebbe invece far riflettere sul lungo decorso della malattia della nostra società e sulle preoccupanti prospettive del suo futuro.

Il silenzio verso le ingiustizie però, può facilmente rendersi complice di chi inneggia quotidianamente, anche all’interno delle sedi istituzionali, all’odio etnico o persegue il fine di considerare e trattare con strumenti e regole eccezionali e umilianti particolari “categorie” di cittadini.

Contro tutto questo vi è stata una pronta e composta reazione civile che comprende persone di ogni età e condizione sociale, forse inaspettata, certamente non scontata.

L’angoscia che ci prende di fronte a questo scenario ci riporta, come tante delle persone che ci hanno scritto, alla memoria del passato, ma soprattutto ci pesa vedere il volto vile di un paese profondamente malato.

Coloro che aizzano i cani, lanciano molotov e sassi, percorrono in ronde minacciose le città, i sindaci che annunciano nei cartelloni luminosi dei loro borghi che “i clandestini possono stuprare i tuoi figli” sono il volto più vile di chi non è capace di guardare al male che porta dentro di sé, di chi rifiuta di affrontare la camorra che a Napoli controlla i rifiuti e organizza i roghi dei campi rom, la mafia che controlla la vita e il voto dei siciliani, la ‘ndrangheta che non solo è padrona del territorio calabrese ma di interi quartieri di città come Milano.

Noi riteniamo indispensabile che nel territorio milanese e della provincia, che con il rogo delle tende di Opera ha inaugurato la caccia al rom e la sua contropartita politica, ci sia una risposta di mobilitazione contro questa degenerazione.

Un percorso da costruire insieme con tutti coloro – forze politiche e sociali, cittadini, senza pregiudizi di schieramento – che ritengono necessario riportare il dialogo nelle realtà concrete del malessere, non lasciare soli gli esclusi, confrontarsi con le radici del disagio sociale e insieme costruire le ragioni e i valori di una cittadinanza per tutti che considera la legge uguale per tutti e protegge chi cerca accoglienza e dignità.

Opera Nomadi, OsservAzione, Comitato rom e Sinti insieme, Romanodrom

Per adesioni: operanomadimilano@tiscali.it, dijana.pavlovic@fastwebnet.it,

Il casinò del greggio “virtuale”. Così i signori della speculazione manipolano il mercato dell´energia

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Il grande consumo di petrolio da parte di Cina e India non spiega il boom dei prezzi

Il sospetto è che le banche Usa sfruttino la bolla per rialzarsi dopo la crisi subprime

Al Nymex i futures movimentano un miliardo di barili al giorno, contro gli 85 milioni reali

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di FEDERICO RAMPINI

la Repubblica, lunedì, 09 giugno 2008

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Per motivi biografici e ideologici è quasi impossibile che il finanziere George Soros e il presidente della Russia la pensino allo stesso modo. Eppure Medvedev denuncia il «ruolo dell´America che spinge l´economia globale verso la più grave crisi dal 1929». E Soros in un´audizione al Senato Usa denuncia “i segnali di una nuova bolla speculativa”.

La convergenza è notevole. Tutti e due hanno in mente la stessa cosa: l´inquietante enigma del caro-petrolio, che venerdì ha sfiorato i 140 dollari il barile e sembra deciso a realizzare la sospetta “profezia” della banca Goldman Sachs (200 dollari a barile). Si fa presto a dare la colpa ai soliti noti, Cina e India. Certo le superpotenze asiatiche, con centinaia di milioni di nuovi consumatori che accedono al benessere, sono la causa di fondo di un trend di rialzo secolare di tutte le materie prime. Inoltre le due locomotive cinese e indiana trainano lo sviluppo di molti altri nuovi protagonisti della globalizzazione, dalla Russia al Brasile. Ciascuno di questi diventa un consumatore delle stesse risorse naturali che vende all´estero: è sintomatica l´uscita dall´Opec dell´Indonesia, un ex-esportatore di greggio che oggi deve comprarlo sui mercati mondiali.

Ma su questi cambiamenti storici si è innestata una marea di flussi finanziari che sono diventati a loro volta “il” problema. Quando in sole 48 ore di scambi al New York Mercantile Exchange (Nymex) i futures schizzano al rialzo del 13%, com´è successo tra giovedì e venerdì scorso, non c´è aumento dei consumi cinesi e indiani che tenga. Lo sviluppo economico asiatico, che comporta fra l´altro il boom della motorizzazione privata in paesi dove vivono 3,5 miliardi di persone, può spiegare l´aumento del 35% all´anno del petrolio negli ultimi cinque anni. Ma negli ultimi dodici mesi questo rincaro ha cominciato a puntare verso il cielo, raddoppiando di colpo. E il singolo aumento dei futures nella sola giornata di venerdì non si era mai verificato in quelle proporzioni da 25 anni. Ruchir Sharma, capo del dipartimento dei mercati emergenti alla Morgan Stanley, osserva che “i flussi di capitali che si sono riversati sugli hedge fund che speculano sul petrolio, in soli tre mesi hanno superato tutto il 2007, già un anno record”.

Qui la domanda e l´offerta della materia prima reale, il petrolio, non c´entrano più. Se non come un pretesto: uno scenario di fondo che viene utilizzato per orchestrarvi sopra una nuova ondata di scommesse finanziarie. Al Nymex ormai i contratti di futures sul petrolio movimentano un miliardo di barili al giorno, tutti virtuali; mentre la produzione del greggio vero è di soli 85 milioni di barili al giorno. La quantità di carta finanziaria che viene scambiata è immensamente superiore ai consumi mondiali di idrocarburi. E´ la ragione per cui in molti condividono l´analisi di Soros: il casinò dove si puntano le giocate sui futures del petrolio è il luogo dove si è creata la nuova bolla speculativa. Le caratteristiche ci sono tutte. La curva di incremento esponenziale dei prezzi è identica a quella disegnata dal Nasdaq al culmine dell´euforìa sulla New Economy nel 1999, prima di crollare nel marzo 2000.

A quell´epoca le Borse erano dominate dai colossi di Internet proprio come oggi sono dominate dalle compagnie petrolifere, nuove campionesse della capitalizzazione. Ai tempi della bolla-Nasdaq si erano distinte alcune banche come Merrill Lynch e Credit Suisse First Boston, i cui analisti suggerivano “comprare comprare” alla clientela anche quando le quotazioni avevano ormai superato la stratosfera. Oggi al centro della febbre dei futures petroliferi c´è la Goldman Sachs, il cui analista Arjun Murti ha lanciato la celebre previsione sul greggio a 200 dollari il barile. Una profezia che si autoavvera perché, guarda caso, è proprio Goldman Sachs il più importante operatore sui futures del petrolio. In passato altre manipolazioni clamorose dei mercati delle materie prime – i fratelli Hunt sull´argento negli anni 70, Raul Gardini sulla soya a Chicago nell´89 – furono smascherate e neutralizzate dall´intervento delle autorità. Ma questa volta l´impazzimento dei futures petroliferi avviene nel laissez-faire. Nessuno interviene a controllare che dietro le transazioni virtuali sui futures possano essere onorati gli scambi di merce reale. Non si applicano neppure quelle regole sul pagamento di margini di garanzia, che sono sempre servite a “tassare” la speculazione pura per distinguerla dalle normali operazioni di copertura del rischio.

La denuncia di Soros sulla bolla speculativa davanti al Senato di Washington non ha avuto conseguenze. E´ inevitabile un sospetto: chi dovrebbe intervenire è paralizzato dai conflitti d´interesse. Il primo imputato è il segretario americano al Tesoro, Henry Paulson, che prima di assumere l´incarico nell´Amministrazione Bush ha passato tutta la sua carriera professionale alla Goldman Sachs fino a diventarne presidente e amministratore delegato. Forse è ingeneroso ricordare che, quand´anche Paulson passasse i prossimi cent´anni al governo (per fortuna non accadrà), i suoi stipendi cumulati non raggiungerebbero il valore delle stock options che ha incassato alla Goldman Sachs. Al di là degli aspetti personali Paulson è stato il regista del salvataggio delle banche d´affari di Wall Street (vedi Bear Stearns) che stavano per affondare sotto il peso della crisi dei mutui subprime. Con che coraggio potrebbe punzecchiare la nuova bolla dei futures petroliferi, su cui le gloriose istituzioni di Wall Street stanno tentando di rifarsi i bilanci? Dietro di lui, gli interessi personali della famiglia Bush e del vicepresidente Dick Cheney nell´industria petrolifera non incoraggiano a smontare la macchina speculativa che ha moltiplicato le quotazioni azionarie di tutto il settore. Tanto più che dietro Wall Street, tutto il mondo del risparmio americano si è accodato: i fondi pensione hanno investito 40 miliardi di dollari nella speculazione sulle materie prime, ansiosi anche loro di recuperare almeno una parte delle perdite subìte sui subprime.

E in questa nuova febbre speculativa un ruolo-chiave spetta al banchiere centrale Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve. Dopo aver dimostrato ai big di Wall Street che per quanto sbaglino non falliranno mai – a salvarli ci penserà lui coi soldi del contribuente americano – Bernanke abbassando i tassi d´interesse ai minimi storici ha continuato la politica del denaro facile che è il carburante primario di tutte le bolle. Il calo dei tassi a sua volta indebolisce il dollaro; costringe i paesi dell´Opec a cercare compensazioni nei rialzi del greggio (quotato in dollari); e incoraggia la finanza a puntare sulle materie prime come beni-rifugio contro l´inflazione mondiale. Un perfetto circolo vizioso. Che in qualsiasi momento può invertirsi e generare una contro-spirale altrettanto rovinosa, con effetti di panico sui mercati finanziari, la liquidità del credito, i risparmi delle famiglie. Si capisce perché per una volta Medvedev e Soros vanno d´accordo. L´epicentro di questa crisi è l´America, è la sua finanza impazzita che genera un altro contagio globale. Cina e India in questo caso sono solo lo scenario di fondo: è vero che l´aumento dei consumi petroliferi cinesi sale così velocemente da superare la riduzione dei consumi americani; ma per ora gli Stati Uniti continuano ad assorbire quasi il 25% del greggio mondiale contro il 9% della Cina.

Le conseguenze di questa iperinflazione petrolifera sull´economia reale rischiano di diventare sempre più drammatiche nei prossimi mesi. La Cina e l´India, costrette ad abbandonare i “prezzi politici” dei carburanti, non soltanto si espongono al malcontento dei consumatori e alle tensioni sociali, ma possono rallentare la loro crescita che è per il resto del mondo l´unica speranza di salvezza dalla recessione. In Europa l´ultima locomotiva – a mezzo servizio – che ci resta, e cioè la Germania, dovrà sacrificare una parte dei suoi consumi per far fronte al rialzo del 66% della benzina alla pompa. Questo significherà anche minor domanda di moda o mobili o elettrodomestici made in Italy sui nostri principali mercati di sbocco.

C´è almeno un effetto collaterale positivo, che può derivare dalla bolla finanziaria sul petrolio? I mercati, a modo loro, svolgono una funzione di supplenza. L´economista americano Kenneth Rogoff, ex direttore generale del Fondo monetario internazionale, lo ha spiegato in questi termini sul Sole-24 Ore: chi sospinge esageratamente al rialzo nel breve termine i prezzi del petrolio, “sta facendo molto di più per la difesa dell´ambiente di quanto non facciano i politici occidentali che cercano di prolungare l´epoca del consumismo occidentale eco-insostenibile”. Il gioco d´azzardo della speculazione, in quanto scommette in anticipo su trend di lungo periodo che esauriranno le risorse energetiche, dovrebbe servire ad accelerare le nostre reazioni. Finora però questa funzione è stata scarsamente efficace. L´Unione europea si è fermata a Kyoto: come se la sua adesione a quel trattato fosse un certificato di buona condotta sufficiente, in attesa che altri si adeguino. Ma l´Agenzia internazionale dell´energia calcola che il costo delle emissioni carboniche alla “Borsa di Kyoto” dovrebbe quadruplicare, per costringerci davvero a cambiare modello di sviluppo. Intanto l´inverno prossimo basteranno uno o due gradi di freddo in più, e saremo tutti di nuovo alla mercè del signor Medvedev, alias Putin.

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fonte: http://www.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=6779

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