CRAXISMI – Perché si riabilita Craxi / L’offensiva del premier e la Terza Repubblica / Gli ipocriti della corruzione / Grand tour Bettino

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Come è labile la memoria degli Italiani, e com’è difficile portarli ad un corretto ragionamento politico, quando le trombette ed i tromboni della disinformazione non cessano di sputacchiare in ogni dove e ad ogni come le loro ‘presunte’ verità, al solo scopo di permettere al Dux di turno di continuare indisturbato non solo al sacco di Roma, ma dell’Italia intera.

Così la difesa di Craxi non è altro che la difesa di sè, quando si tenta (e forse un giorno si riesce) di far passare il principio di una persecuzione giudiziaria che se ha colpito indebitamente Craxi così può fare (o fa) con Berlusconi. Craxi non si sottrasse, però, è giusto sottolinearlo, alle imputazioni derivategli dall’inchiesta di Mani Pulite ma, anzi, se ne accollò ogni responsabilità. Con il difetto di avere stabilito una unica, ed esile, tesi difensiva, che proclamava il “Così fan tutti”. Craxi Principe dei Ladri? No, solo uno dei tanti. Perché non rubava ai ricchi per dare ai poveri, ma solo per sè, come ha stabilito, condannandolo, la Giustizia italiana e il Tribunale di Strasburgo quando ha rigettato il suo tentativo di appello: CONDANNATO NON IN QUANTO SOGGETTO POLITICO, MA IN QUANTO LADRO

E tuttavia, assistiamo oggi ad una negazione ed un ribaltamento dei fatti, con la ‘libera’ stampa padronale (vedi il Giornale: L’Italia degli ipocriti: il silenzio dei miracolati da Bettino Craxi) che si spinge oltre, fino a chiamare alle armi i ‘correi’ (politicamente e ideologicamente) prontamente e decisamente se non vogliono che si affibbi loro il ‘marchio di Caino’.

Dulcis in fundo, dopo una disamina illuminante di Curzio Maltese scritta in tempi non sospetti, un pezzo di tal Ferrara Giuliano che parla di ipocriti della corruzione, anche questo datato (1992) ma è che è rivelatore della lungimiranza (e delle strategie a lungo periodo) dello stratega berlusconiano. Diceva, in sostanza, ‘state attenti, cari compagni-camerati, non siete diversi da Lui. Se lo farete cadere, cadrete tutti’.

mauro

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Si è sottratto alla giustizia. Voleva una riforma della Costituzione. E si considerava un perseguitato. Così, nel decennale della scomparsa, il fantasma di Bettino viene usato per gli interessi del Cavaliere

Perché si riabilita Craxi

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di Alessandro Gilioli

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Il 19 gennaio prossimo, si sa, ricorre il decennale della morte di Bettino Craxi: ma, già nelle settimane precedenti l’anniversario, il fantasma del leader socialista ha iniziato a circolare parecchio nei palazzi della politica. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha proposto di onorarne la memoria con una via o un parco. Una cerimonia si svolgerà al Senato, presenti le alte cariche dello Stato. Un’altra commemorazione si terrà a Hammamet, dove Craxi è scomparso. Il regista Marco Bellocchio ha annunciato un film su di lui. I figli Bobo e Stefania, seppur divisi da rancori personali e contrapposizioni poitiche (lui sta con il centrosinistra, lei con il Pdl) appaiono su giornali e in tivù a ricordare a tutti la “modernità” del pensiero “lib-lab” del padre.
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Il giudizio su Craxi politico, naturalmente, dovrebbe appartenere ormai più agli storici che ai politici: ed è materia semiaccademica capire se, nell’esame complessivo, prevalgano gli aspetti positivi (come il tentativo di far uscire l’Italia dal dualismo delle grandi chiese Pci-Dc e lo sguardo aperto oltre le divisioni create dal Muro di Berlino) o quelli negativi (la riduzione di un grande partito a un comitato d’affari, l’illegalità come prassi diffusa a ogni livello, la politica ridotta a strumento di gestione del potere e del denaro).
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Restano, tuttavia, alcune certezze non molto discutibili sul piano politico e fornite dalla cronaca di quei tempi: Bettino Craxi è morto latitante e non esule, con dieci anni di carcere comminati da sentenze definitive passate in giudicato (quindi con magistrati e corti diverse), mentre altri processi non sono giunti a termine, per l’imputato Craxi, proprio per la sua scomparsa.
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Resta anche il fatto indubitabile che Bettino Craxi ha scelto di sottrarsi alla giustizia e di difendersi non nei processi ma dai processi, trascorrendo gli ultimi anni sotto la protezione di un dittatore golpista, il tunisino Ben Ali, amico da molti anni dell’ex leader socialista. E forse proprio questa scelta di Craxi – sottrarsi al suo giudice naturale autodefinendosi “perseguitato” dai magistrati – può fornire una tra le chiavi di lettura della sua rivalutazione attuale: la strategia, evidentemente, è molto simile a quella usata oggi da Berlusconi.

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Se si riabilita Craxi, insomma, si legittima il diritto di un leader politico a difendersi non nei processi ma dai processi. E si stabilisce che un politico non possa essere biasimato – tutt’altro – se si rifiuta di accettare il suo giudice naturale come qualsiasi altro comune mortale.
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Ma nell’attuale revisionismo storico su Bettino, a dieci anni dalla morte, c’è qualcosa di ancora più importante e attuale. E qui entra in ballo il Craxi “riformista”: quello che per primo, giunto a Palazzo Chigi, lamentava che il suo “decisionismo” fosse frenato dalla “eccessiva frammentazione dei poteri” stabilita dalla Costituzione, sicché in Italia bisognava fare una Grande Riforma in senso presidenzialista. Come si sa, il progetto di Craxi fu frenato dalla diffidenza dei due grandi partiti, Dc e Pci, e si trasformò alla fine, semplicemente, in un sistema di potere condiviso con i due più potenti esponenti democristiani dell’epoca, Andreotti e Forlani. Lo stesso Craxi, anni dopo, definì “un inutile abbaiare alla luna” quel suo disegno di revisione della Costituzione.
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Oggi, tuttavia, esso torna utilissimo a Silvio Berlusconi e ai suoi, che hanno dichiarato il 2010 “l’anno delle riforme” e si apprestano a mettere le mani sulla Costituzione del 1948. Se questa era già vecchia nel 1984 – è il pensiero che viene fatto passare – figurarsi se non lo è un quarto di secolo dopo. E se Craxi non è riuscito nel suo progetto presidenzialista perchè allora c’erano la Dc e il Pci, adesso che questi ostacoli non ci sono più è il momento di passare dalle parole ai fatti.
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Insomma, la beatificazione attuale di Bettino trascende di molto il complesso giudizio storico su quello che fu il politico, l’uomo e lo statista Craxi. Ed è un’arma in più, nella battaglia politica in corso, per sancire il diritto di Berlusconi a non farsi giudicare e per ribadire l’esigenza di riformare la Costituzione per dare a Berlusconi più poteri. E’ un’arma che viene usata senza freni sui giornali e sulle televisioni, proprio per la sua straordinaria utilità nel presente. Ed è un’arma contro la quale il Pd non riesce a contrappore nulla, intimidito dall’ipotesi che – solo a svelare lo spregiudicato uso politico fatto oggi di quel fantasma – si possa passare per il “partito dell’odio”

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29 dicembre 2009

fonte:  http://espresso.repubblica.it/dettaglio/perche-si-riabilita-craxi/2118374&ref=hpsp

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L’offensiva del premier e la Terza Repubblica

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di CURZIO MALTESE
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MAI come in questi giorni Silvio Berlusconi ha dato la spaventosa impressione di uno capace di tutto pur di conservare e aumentare il proprio potere. Qualche illuso anche di sinistra aveva immaginato che il premier, dopo le condanne del caso Mondadori, avrebbe scaricato Previti e vestito i panni del pacificatore. Al contrario, Berlusconi si comporta come un Previti al cubo, attacca e insulta, si fa beffe dei moniti del Quirinale a non imbastardire la polemica e a non commentare le sentenze, non esita a usare tutti i mezzi enormi di cui dispone, politici e mediatici, per spargere veleni in Italia e in Europa e per aggredire e umiliare, al fine di sottometterlo, l’ultimo potere che gli manca, quello giudiziario.
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Come una maschera padronale agitata dai peggiori istinti e dai peggiori consiglieri, Berlusconi rimbalza da un’aula di tribunale al Parlamento, dalle prime pagine dei giornali ai microfoni di radio e tv, impartendo ordini ovunque. Ai suoi giudici ordina d’indagare su Prodi, ai carabinieri chiede d’identificare i contestatori, va alla Rai a chiedere la testa del direttore del Tg3, alla sua maggioranza ordina leggi di vendetta contro i magistrati che hanno osato processarlo e promette l’immunità ai suoi parlamentari.
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È una guerra che non prevede prigionieri e non si ferma davanti a nulla e a nessuno. Tantomeno di fronte al danno che provoca all’intero Paese. La scena del premier imputato che nel tribunale di Milano punta il dito contro Romano Prodi per una vecchia storia di pomodori di Stato, ha fatto il giro del mondo, riconsegnando all’Italia la fama di terra delle faide infinite. Alla vigilia del semestre europeo, ha scritto El Paìs, la vicenda “rischia di esportare in Europa i mali italiani”.
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E’ qualcosa che non è mai accaduto. Nessun politico indagato, in democrazia capita spesso, si era mai comportato così, neppure in Italia. Nessuno dei predecessori di Berlusconi l’avrebbe soltanto immaginato. Non Andreotti e l’ha dimostrato in questi anni. Ma nemmeno il tanto citato Bettino Craxi. Rinnegato da quasi tutti negli ultimi anni di vita, quando non c’era uno che ricordasse d’avergli chiesto un favore, Craxi è diventato nelle ultime settimane un’icona, un eroe, un martire della resistenza alla giustizia, un sant’uomo interamente dedito al bene dello Stato.
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Ora sarà concesso a chi non l’ha omaggiato da potente né insultato in disgrazia di conservarne una memoria più realistica. In ogni caso, tutto si può dire dell’ex segretario del Psi ma non che sia il modello dell’attuale comportamento di Berlusconi e di Previti. Lui le sue responsabilità politiche per Tangentopoli se l’era prese. Tardi, magari, ma tutte. Bettino Craxi comparve davanti ai suoi giudici il 7 dicembre di dieci anni fa, nel corso del processo Cusani per l’affare Enimont, “la madre di tutte le tangenti”. Alla prima domanda di Antonio Di Pietro sul sistema delle tangenti rispose di “essere a conoscenza del finanziamento illecito dei partiti fin da quando portavo i calzoni alla zuava, come chiunque facesse politica intorno a me, tranne gli ipocriti e chi non voleva vedere”.
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Quindi sviluppò un lungo discorso sulle origini storiche di Tangentopoli, uno dei suoi migliori, certo il più sincero, e concluse con un gesto teatrale ma nobile, consegnando a Di Pietro un foglietto dove Balzamo, il tesoriere del Psi, annotava le mazzette (186 miliardi in 5 anni). Quindi si ritirò a scrivere un memoriale, nel quale fra l’altro si leggono giudizi molto interessanti per capire quanto avviene oggi: “I maggiori gruppi economici – scrisse Craxi – dovrebbero dire la verità circa le pratiche seguite da tempo immemorabile e affrontare la realtà della situazione creata, invece di nascondersi dietro un dito (…) mi riferisco a grandi gruppi nazionali e internazionali, dalla Fiat all’Olivetti, dalla Montedison alla Fininvest”.
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Ora si potrà obiettare che Craxi ammise quando non aveva molte altre scelte e che chiunque, giornalista o magistrato, s’era azzardato a denunciare fino a poco prima “l’evidenza dei fatti” era stato manganellato dai servi mediatici dell’omone, oggi in servizio ad Arcore. Ma in ogni caso l’atteggiamento di Craxi era ancora quello della responsabilità politica e storica, rimandava a una politica “da adulti” dove, per citare un poeta, si sbagliava ancora da professionisti.
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Al contrario di Berlusconi e di Previti che continuano a “nascondersi dietro un dito” e a raccontare fiabe buone per un pubblico di undicenni rimbecilliti dalla cattiva televisione. Come la storia della “medaglia al valor civile” per il caso Sme o l’altra degli Squillante e co. diventati miliardari grazie ai risparmi d’una vita, guardacaso gestiti all’estero dagli avvocati degli imputati.
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Per non parlare della miserrima ricostruzione storica di Mani Pulite affidata da Berlusconi al Foglio. Un racconto di spie comuniste e Spectre all’opera nei palazzi di Giustizia, contro il popolo ignaro e affezionato ai suoi leader, che verrebbe bocciata anche dalla fiction di Saccà.
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C’è un solo punto interessante, quando Berlusconi parla della “marmaglia reazionaria” che si sarebbe accodata allo sdegno popolare solo per lucrare voti. È vero, fra i milioni d’italiani indignati c’erano anche gli speculatori, la “marmaglia reazionaria” che moraleggiava per prendere voti e infatti avrebbe poi voltato gabbana da giustizialista ad antigiustizialista. È la “marmaglia reazionaria” che Berlusconi ha portato al governo, An che organizzava picchettaggi davanti alla Camera, i leghisti che sventolavano forche in Parlamento. Gli stessi che risultano primi firmatari della riforma dell’articolo 68 sull’immunità parlamentare e domani potrebbe essere i primi firmatari della controriforma, senza batter ciglio.
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Se Berlusconi controllasse gli archivi, visto che vuol fare lo storico, noterebbe anche firme curiose nel novero dell’orrida “stampa giustizialista”, “assettata di sangue”. Per esempio, citando dalla storia di Mani Pulite di Gomez-Travaglio, il Vittorio Feltri oggi commosso sulle vittime di Tangentopoli ma che ieri a ogni arresto esultava: “Ma questa è una pacchia, un godimento fisico, erotico”. L’esimio professor Marcello Pera: “Come alla caduta d’altri regimi occorre una nuova Resistenza, un nuovo riscatto e poi una vera, radicale epurazione”. L’altrettanto esimio censore degli eccessi giustizialisti, Ernesto Galli Della Loggia: “È già molto se dopo gli estenuanti riti giudiziari, dopo gli indulti, le amnistie, i patteggiamenti e gli arresti domiciliari, si riesce a mandarne in galera qualcuno per un lasso di tempo non proprio ridicolo”.
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Sarà permesso a chi allora non sventolava la forca e non godeva agli arresti, il diritto di non cambiare idea ora? Ma no, tocca prendere lezioni ogni giorno da chi ha fatto prima del giustizialismo e poi dell’antigiustizialismo un’unica carriera, nel sempiterno balletto politico-professionale. Ma queste cose lo storico Berlusconi non le ricorda, come non ricorda il riverente omaggio alla magistratura milanese nel suo messaggio della “discesa in campo”, oppure le proposte a Di Pietro e a Davigo di fare i ministri nel primo governo Berlusconi.
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La deposizione di Craxi e quella di Berlusconi nello stesso tribunale di Milano, a dieci anni di distanza, hanno solo un punto in comune: segnano entrambe la fine di un’epoca. Quello di Craxi fu il canto di requiem per la prima repubblica. Lo show di Berlusconi segna la fine della seconda. Finita, fallita nelle speranze di rinascita, estinta e fagocitata dentro l’avventura di un uomo solo al comando.

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8 maggio 2003

fonte:  http://www.repubblica.it/online/politica/soglia/maltese/maltese.html

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bretelle rosse

gli ipocriti della corruzione

le tangenti e il sistema economico

————————- PUBBLICATO —————————— TITOLO: Gli ipocriti della corruzione – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – Le tangenti sono un fenomeno disgustoso. La tangentocrazia ha preso la forma di un’ odiosa gabella che grava sulle spalle del sistema economico. La pratica della concussione e della corruzione sistematica fa marcire le istituzioni e svuota di senso la funzione dei partiti. Ma i soldi sono solo l’ altra faccia della politica, e chi lo nega e’ uno sciocco o un demagogo. In tutti i paesi del mondo, non importa se democratici o autoritari, esiste la corruzione. Forse l’ uomo e’ un essere naturalmente buono, come diceva Rousseau, certamente e’ incline al furto, come avvertono le tavole mosaiche. E l’ uomo che fa politica, che si muove nel gioco pericoloso del potere, esprime nella storia una tendenza all’ appropriazione, all’ accumulazione, all’ espropriazione a suo vantaggio di alte quote del bene pubblico, una tendenza che spesso agisce come una seconda natura. Ma non basta. La politica non e’ solo una disciplina di pertinenza dello Stato, delle istituzioni rappresentative. La politica e’ una dimensione che attraversa l’ insieme della societa’ . E in quanto esprimono potere politico, in quanto agiscono in un mercato e in una concorrenza attraversati dalla politica, anche le forze protagoniste della finanza e dell’ industria spesso non conoscono scrupoli. Dovrebbero saperlo certi catoni virati, soprattutto quando scrivono la loro indignazione per un gruppo editoriale alla cui testa primeggia un condannato per bancarotta fraudolenta. Che i soldi siano l’ altra faccia della politica lo dicono tutti i piu’ importanti e cruciali scandali italiani, dal verminaio scoperto dieci anni fa a Torino fino alla losca vicenda delle ferrovie, dalla spoliazione del bilancio dello Stato nel caso sopito ma non spento del terremoto irpino fino alla tetra vicenda del Pio Albergo Trivulzio milanese. In ciascuna di queste storie emerge un coinvolgimento, diretto o indiretto, di tutti i maggiori partiti, quali che siano idealita’ , caratteristiche, programmi, personale politico di ognuno. Nel caso delle ferrovie lo scandalo si distende addirittura, proporzionalistico fino alla minuzia, su tutte le formazioni parlamentari rappresentate nell’ azienda. La prima differenza specifica della corruzione all’ italiana e’ dunque il suo carattere consociativo. Governo e opposizione compiono insieme la grande spartizione, dalla Rai all’ appalto, coinvolgendo pressappoco allo stesso modo e quasi con gli stessi metodi pezzi di societa’ civile. E quel che si dice un compatto e omogeneo sistema di potere, sotteso alle contraddizioni e ai conflitti di superficie, e capace di costruirsi intorno un sistema di consenso sociale diffuso, che va dal compromesso con i grandi gruppi industriali fino al dilagare dell’ assistenzialismo e dell’ area di evasione fiscale. La seconda differenza specifica sta nel clima di ipocrisia farisaica che circonda lo scandalo. L’ onorevole Giorgio La Malfa si e’ inalberato quando ha sentito Bobo Craxi affermare che “i partiti non vivono d’ aria”. Detta oggi, a Milano, la battuta ha un sapore perlomeno sinistro, ma l’ onorevole La Malfa sa perfettamente, ed e’ inutile che lo neghi prima di tutto a se stesso, che i partiti non vivono d’ aria. Lo sa perche’ suo padre, uno dei grandi della Repubblica, dichiaro’ di aver preso i denari dei petrolieri per versarli al partito e al suo giornale; lo sa perche’ dispone dei verbali di intercettazione di una telefonata in cui il suo sindaco esemplare di Catania, Enzo Bianco, chiede al cavaliere catanese Gaetano Graci di finanziare un pezzo di campagna elettorale repubblicana nell’ imminenza di una visita del segretario nella Sicilia orientale. Nel loro imperfetto pragmatismo, gli americani, che non pretendono di estirpare la corruzione ma cercano di stabilire regole del gioco che la rendano una variabile minore e marginale della politica, anziche’ un cancro roditore, hanno stabilito che il finanziamento privato ai partiti e ai gruppi politici in lotta sulla scena pubblica, attraverso il metodo del lobbying, venga reso pubblico e trasparente. La ricerca del denaro per assolvere al dovere costituzionale e al diritto del fare politica (il fund raising) si compie alla luce del sole, e tutti i cittadini sono in grado di sapere chi difende gli interessi di chi e quando (dagli interessi della Coca Cola a quelli dell’ Ibm, dalle convenienze dei fabbricanti d’ armi a quelle dei produttori di broccoli). Noi, cattolici, mettiamo la testa sotto la sabbia e consideriamo angelica la politica. Loro, i puritani, la trattano come un rude gioco di interessi e in questo modo la purificano per quanto umanamente possibile dal suo elemento segreto, omertoso, conventicolare. Chi ha ragione?

Ferrara Giuliano

Pagina 2
(4 maggio 1992) – Corriere della Sera

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Grand tour Bettino

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di Olga Piscitelli
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Volo, hotel, celebrazioni. Già pronti i pacchetti tutto incluso per il decennale della scomparsa di Craxi

La tomba di Bettino Craxi ad Hammamet
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Gli inviti sono sul tavolo di Stefania Craxi. Sarà la figlia dell’ex leader socialista a recapitarli alle più alte cariche dello Stato, agli amici importanti, a chi non ha dimenticato. Le prenotazioni della gente comune, “quelle già fioccano”. Costa 450 euro assicurarsi viaggio e soggiorno a Hammamet per il decennale della scomparsa del padre Bettino. Voli Tunisair, Hotel Mehari, cinque stelle, pensione completa. Organizza la Francorosso di Torino, con pacchetti da Roma, Milano e Palermo, ma Stefania, gran cerimoniere, conta anche sui “charter in partenza dalla Sicilia, dall’Umbria e, ovviamente, dalla Lombardia”, oltre che “della gente comune che chiama la Fondazione Bettino Craxi per far sapere che ci sarà”.
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Il tradizionale appuntamento tunisino per ricordare Bettino e ‘l’esilio’, in occasione dei dieci anni si trasforma in evento. Con “grande partecipazione di pubblico” e “numerose presenze istituzionali”. Partenza, venerdì 15 gennaio; rientro, domenica sera, dopo la giornata clou. L’anniversario cadrebbe di martedì, si anticipa al weekend. Titolo: ‘Per Craxi, dieci anni dopo.’. Era il 19 gennaio 2000 quando l’ex premier si spense in terra d’Africa, sotto i riflettori della cronaca che da politica era diventata giudiziaria. L’Italia divisa in due: tra esilio e latitanza. “La più grande ingiustizia della Repubblica”, ripete come un mantra la figlia. La moglie Anna vive ancora a Hammamet.
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L’interno della villa di Craxi ad Hammamet
Foto: travelworldnet.eu
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Sabato, “giornata libera”, con “possibilità di escursione sulle orme di Craxi”, recita il programma. Prima tappa, l’anfiteatro romano di El Jem, “luogo caro a Bettino Craxi, cui ha dedicato anche la famosa serie litografica Coliseum”. La mostra che la fece conoscere, ‘Tunisiaca’, fu inaugurata nel 2004, a Tunisi, nel comitato d’onore figuravano Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini, all’epoca presidenti di Senato e Camera, e i ministri Frattini e Urbani. Netta la contrarietà della Lega. Sabato sera, in albergo, proiezione in anteprima del docu-film ‘L’Esilio’, epopea in tre dvd (‘Il governo Craxi’, ‘La falsa rivoluzione’, ‘L’Esilio’). Il regista è Paolo Pizzolante, lo stesso di ‘La mia vita è stata una corsa’, presentato un anno fa a Roma. Dalla frase testamento di quel lungometraggio parte la nuova trilogia: “Io parlo, parlerò, continuerò a parlare”. Due ore e passa di filmati d’epoca, interviste rare e inediti, concentrati nell’ultima parte, quella “più cara” a Stefania, curatrice della raccolta e supervisore del montaggio. “Il progetto ripercorre le tappe salienti della vita di mio padre, la parte istituzionale, da primo ministro, la finta rivoluzione di Tangentopoli e l’ultima, la più dolorosa, quella dell’esilio”.

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L’ultima fase della vita di Craxi comincia nel maggio 1994, con la partenza per la villa di Hammamet. Pochi mesi prima, ha pronunciato l’ultimo discorso alla Camera: “Continuerò a difendermi nel modo in cui mi sarà consentito di farlo, cercando le vie di difesa più utili e più efficaci, e senza venire mai meno ai miei doveri verso la mia persona, la mia famiglia e tutte le persone che stimo e rispetto, siano esse amici o avversari”. La Procura di Roma ne chiede l’arresto, da allora Craxi è un latitante. Ma continua a definirsi esule. Poi la malattia, il trapianto di rene e, improvvisa, la fine.
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Domenica 17 gennaio, al cimitero di fronte al mare, l’omaggio e la messa. Il decennale sarà l’occasione per rivedere facce vecchie e nuove della politica, gli amici come Gianni De Michelis e Margherita Boniver, gli ex Psi che hanno riposto speranze in Berlusconi, quelli che hanno preferito il Pd. E “i ministri di oggi” che Stefania, deputata Pdl, ha invitato, “ma è presto per le conferme”. Paolo Pillitteri, l’ex sindaco-cognato: “Ci sarò, nella speranza che questi dieci anni servano a guardare alla storia con occhio più sereno”. Stefania Craxi non ci crede: “Come si fa a distinguere la politica dalla storia?”

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13 novembre 2009

fonte:  http://espresso.repubblica.it/dettaglio/grand-tour-bettino/2114783

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Una risposta a “CRAXISMI – Perché si riabilita Craxi / L’offensiva del premier e la Terza Repubblica / Gli ipocriti della corruzione / Grand tour Bettino”

  1. rosy dice :

    lui è morto da latitante lasciando il paese in mano a dei corrotti come lui, che insieme a lui anno rubato si sono arricchiti e pure lui si arricchito sulla pelle degl’italiani,offendendo,infangando principi e valori di quella formaziopne politica di cui è stato dirigente

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