SCUOLA – Succede in Lombardia: 80% dei fondi pubblici per la scuola privata che ha il 9% della popolazione socolastica

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A CURA DEL GRUPPO CONSILIARE REGIONALE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Dedicato a tutti quelli e quelle che si battono per la scuola pubblica

IL FINAZIAMENTO PUBBLICO ALLA SCUOLA PRIVATA IN LOMBARDIA

RAPPORTO 2009

PRESENTAZIONE
di Luciano Muhlbauer*

.

Cosa direste se qualcuno vi raccontasse che una Regione destina in via
esclusiva l’80% dei suoi fondi per il diritto allo studio ai soli studenti della
scuola privata, che rappresentano soltanto il 9% della popolazione scolastica
regionale? E se aggiungesse che questo è accaduto non soltanto ieri, ma che continua ad accadere tranquillamente anche oggi, quando le scuole pubbliche, frequentate dal 91% degli studenti, subiscono il più vasto taglio alle risorse della storia repubblicana? E se, infine, vi dicesse addirittura che, con supremo spregio per la situazione di crisi, vengono elargiti sussidi pubblici anche a chi dichiara al fisco 200mila euro di reddito e risiede nelle zone più prestigiose e costose delle nostre città? Probabilmente pensereste di essere di fronte ad un racconto di fantapolitica o, al massimo, a una storia che riguarda una Regione che non è la vostra. Invece sbagliereste, perché tutte queste cose accadono davvero, proprio qui in Lombardia, nella Regione governata dal leader di Comunione e Liberazione, Roberto Formigoni (da 15 anni), in alleanza con la Lega Nord (da 10 anni).
Non ci credete? Allora, a maggior ragione, continuate la lettura del presente
dossier, perché avete tra le mani l’unico rapporto di minoranza esistente sul finanziamento pubblico alla scuola privata in Lombardia.

Le nostre fonti
Non è la prima volta che denunciamo pubblicamente questo stato di
cose, anzi, lo facciamo da molti anni. E tutte le volte gli uomini del Presidente
ci rovesciano addosso un mare di insulti – una volta era persino volata l’accusa di “odio di classe” – e, soprattutto, mobilitano la loro capacità di condizionamento del sistema informativo, affinché le nostre denunce vengano ignorate.

Tuttavia, non hanno mai contestato i nostri numeri e dati, né è mai scattata
una querela o altre iniziative sul piano giudiziario. Infatti, non potrebbero
nemmeno farlo, visto che la nostra indagine si basa sull’analisi rigorosa e
dettagliata dei dati in possesso all’Assessorato regionale all’Istruzione.

Peraltro, nemmeno nelle sedi istituzionali le nostre denunce sono state
mai contestate nel merito. Molto più banalmente, Pdl e Lega hanno bocciato
in Consiglio ogni nostra proposta di cambiamento, anche quando non chiedevamo l’abrogazione tout court del finanziamento regionale alle scuole private, ma soltanto l’applicazione delle stesse regole per tutti, risparmiando così almeno 25 milioni di euro da destinare all’edilizia scolastica (nostro Odg bocciato nella sessione di bilancio, dicembre 2008).
Nel caso del presente dossier, i dati analizzati sono quelli relativi all’anno
scolastico 2008/2009, l’ultimo per il quale esistono ad oggi dati certi sulle quantità economiche effettivamente erogate, mentre per l’anno 2009/2010 siamo ancora alle proiezioni.

Arriva la Dote Scuola
Rispetto agli anni passati c’è una novità. Infatti, a partire dall’anno scolastico
2008/2009 è entrato in vigore il sistema della Dote Scuola, largamente
pubblicizzato dal governo regionale, ma che ha creato non poco disorientamento anzitutto tra i genitori, ma anche tra i funzionari competenti
dell’Assessorato.
Tant’è vero che quest’anno abbiamo dovuto lottare non soltanto contro
il solito ostruzionismo politico per avere i dati sui beneficiari dei contributi
regionali, ma anche contro l’incompletezza e l’incoerenza di molti dati che ci venivano forniti, conseguenza diretta del fatto che la gestione concreta della Dote Scuola (erogazione, controllo) era stata esternalizzata a una società privata: la Accor Services Italia Srl, parte del gruppo multinazionale Accor, attivo nel settore alberghiero e in quello dei servizi alle aziende. Dalle nostre parti, Accor è nota soprattutto per i ticket restaurant.
E non è certo un caso che sia un’azienda con esperienza nel campo dei ticket restaurant a gestire l’appalto della Dote Scuola, poiché tutte le varie forme di doti vengono erogate sotto forma di buono o voucher, cioè di un contributo economico consegnato direttamente dalla Regione al beneficiario.

Ma cos’è questa benedetta Dote Scuola? In realtà, non è proprio quella
grande rivoluzione evocata dalla propaganda del Pirellone. In sostanza
riunisce sotto la denominazione Dote tutti gli interventi della Regione – sia diretti, sia quelli per conto dello Stato – a sostegno del diritto allo studio degli studenti delle primarie, secondarie di primo grado e secondarie superiori della Lombardia.
Al momento, l’unico fondo per il diritto allo studio che rimane ancora
escluso dal sistema Dote è quello della legge regionale n. 31/80 (8,5 milioni
di euro), perché si tratta di fondi che vengono erogati agli enti locali e non direttamente alle persone o alle famiglie.
Infatti, caratteristica del sistema Dote è quello di applicare anche in materia
di diritto allo studio uno dei principi fondanti del modello Formigoni, cioè la sostituzione del finanziamento dei servizi pubblici con l’erogazione di voucher agli utenti. E se poi succede, com’è successo e ri-succederà, che uno studente va a comprarsi l’iPod con i soldi regionali per i libri di testo, allora pazienza, è la sussidiarietà bellezza.

Comunque, nelle pagine 8 e 9 potrai trovare un quadro completo dei
fondi spesi in Lombardia per il diritto allo studio, suddiviso per provenienza
– regionale o statale (questi ultimi vincolati nella loro destinazione) – e destinazione, cioè se finiscono alla scuola pubblica oppure a quella privata. Abbiamo elaborato diverse tabelle, considerando la sola Dote oppure aggiungendo anche i fondi della l.r. n.31/80, e abbiamo fatto tutti i raffronti possibili, ma alla fine il risultato è sempre il medesimo: con o senza dote, ieri come oggi, il core business del Pirellone è il finanziamento della scuola privata.
E, dote o non dote, lo strumento principale e fondamentale, di gran lunga
più significativo come impegno finanziario per il bilancio regionale, rimane il buono scuola. Con questo strumento sono stati girati alla scuola privata lombarda 45 milioni di euro nell’a.s. 2008/2009 e, secondo le proiezioni dell’Assessorato regionale, ne verranno girati ben 50 milioni nell’a.s. 2009/2010. Quindi, vale la pena concentrarci sull’analisi dettagliata del buono scuola (vedi pagg. 10 e 11).

Buono Scuola: come eludere la Costituzione
Formalmente non si chiamerebbe più “buono scuola”, ma “dote per la libertà di scelta”, in omaggio all’entrata in vigore del sistema della Dote Scuola. Sostanzialmente, invece, non è cambiato quasi nulla.
Il buono scuola era stato erogato per prima volta nell’anno scolastico 2001/2002 e furono spesi dalla Regione 30 milioni di euro. Negli anni successivi quella cifra non faceva che crescere, fino ad arrivare ai 45 milioni
attuali e ai 50 milioni annunciati per l’a.s. 2009/2010 (vedi pag. 19).
Il buono scuola è lo strumento concreto con il quale viene eluso il divieto di finanziamento pubblico diretto della scuola privata, enunciato dall’articolo 33 della Costituzione, il quale recita così: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Uno strumento collocato ai confini estremi della legalità costituzionale, dunque, ma di indubbia efficacia sul piano pratico, visto che ha permesso di girare nel corso di nove anni quasi 400 milioni di euro dalle tasche dei contribuenti alla lobby delle scuole private e di coprire, con un sussidio a pioggia, oltre il 60% della popolazione scolastica delle private lombarde (vedi pagg. 18 e 19).

Ma vediamo i due pilastri principali sui quali poggia il meccanismo di
elusione escogitato nell’anno 2000. In primo luogo, il contributo economico
non viene erogato direttamente alla scuola, bensì alla famiglia dello studente sotto forma di rimborso di una parte della retta scolastica (50% o 25%), attribuendo così al finanziamento un carattere indiretto. In secondo luogo, le famiglie degli studenti delle statali venivano escluse dall’accesso al buono scuola non de jure, ma de facto. Cioè, la legge regionale istitutiva stabiliva che tutti gli studenti lombardi, senza distinzioni tra privato e pubblico, potessero accedere al contributo, ma poi, con le norme applicative, fu introdotto un piccolo, ma altamente efficace stratagemma: un tetto di spesa minimo per la retta scolastica, al di sotto del quale le famiglie non potevano nemmeno fare domanda per il buono.

E, guarda a caso, quel tetto escludeva esattamente la quasi totalità degli
studenti delle scuole pubbliche, come dimostrano le tabelle a pagina 18.
Comunque sia, ormai questo sotterfugio del tetto di spesa lo ricordiamo soltanto per scrupolo storico, visto che a partire dall’a.s. 2008/2009 gli
studenti delle scuole pubbliche sono esclusi addirittura per legge e non c’è dunque più bisogno di furberie applicative.
L’approvazione a maggioranza della legge regionale n. 19 sull’istruzione nel luglio 2007 aveva, infatti, cambiato le carte in tavola. Una legge d’avanguardia – nel senso che normava delle cose che la Regione non poteva nemmeno normare e che aveva anticipato la furia privatizzatrice della cosiddetta Riforma Gelmini o del ddl Aprea (vedi Allegato) – con la quale sono state poste le basi per il sistema della Dote Scuola e abrogate le precedenti norme regionali sul buono scuola. A questo punto, il Consiglio regionale era esautorato e tutte le decisioni venivano delegate alla Giunta, la quale, infatti, il 12 dicembre 2007 licenziò la delibera n. 6114 sui “Criteri relativi alla assegnazione della dote istruzione anno scolastico 2008/2009”.
Ormai i tempi erano maturi per gettare la maschera e quella delibera la
gettò, affermando nero su bianco che la “dote per la libertà di scelta”,
cioè il buono scuola, era accessibile unicamente agli studenti delle scuole
private.

Buono Scuola: come truccare le regole del gioco
I meccanismi finora esposti sono tuttavia ancora insufficienti a garantire che tutto questo fiume di denaro arrivi effettivamente a destinazione, cioè alle scuole private. Infatti, gli studenti lombardi sono 1.084.147 e soltanto 98.392 di loro – il 9,08% – frequentano una scuola privata (dati a.s. 2008/2009). E mica tutti provengono da condizioni sociali ed economiche tali da giustificare l’erogazione di un sussidio pubblico, anzi. Detto fuori dai denti, se agli studenti delle private fossero state applicate le stesse regole valide per quelli delle pubbliche, oppure semplicemente le regole mediamente vigenti per accedere alle varie forme di contributi regionali o statali, allora la Regione non sarebbe riuscita a collocare nemmeno un terzo dei 45 milioni di euro concretamente erogati. Insomma, c’era bisogno di un terzo meccanismo ad hoc, il peggiore di tutti sul piano etico e morale: truccare le regole.

Ma iniziamo dalla coda, cioè dagli effetti materiali prodotti dal gioco
truccato.
Rielaborando i dati relativi a tutti i 61.130 buoni scuola erogati nell’a.s.
2008/2009 in base al reddito dichiarato al fisco dalle famiglie beneficiarie, ci troviamo di fronte a un risultato sconcertante. Cioè, soltanto il 25% dei beneficiari dichiara al fisco un reddito annuo inferiore a 30mila euro, mentre tutti gli altri, cioè il 75%, dichiara redditi annui collocati tra 30mila e 198mila euro. E, per chiarire ancora meglio il concetto, di questi ultimi oltre 4mila dichiarano redditi compresi tra 100 e 200mila euro (vedi pag. 15).
La stessa distorsione, cioè l’assegnazione di contributi pubblici a chi non ne avrebbe bisogno, la troviamo poi riflessa in un altro dato. Cioè, il buono scuola rimborsa il 50% o il 25% della retta scolastica, a seconda del reddito. Nel primo caso l’indicatore reddituale deve essere tra 0 e 8.348,74 euro e nel secondo caso tra 8.348,75 e 46.597 euro. Ebbene, soltanto il 13,66% degli studenti beneficiari del buono scuola ha un rimborso al 50% (vedi pag. 17), a ri-dimostrazione che in questa vicenda il sostegno ai redditi medio-bassi c’entra davvero poco.

Infine, nella nostra analisi abbiamo preso in esame anche i luoghi di residenza dichiarati dai beneficiari del buono scuola. E fa davvero specie
constatare che anche quest’anno non mancano i residenti nelle zone più prestigiose e care delle città lombarde, tipo piazza San Babila o galleria Vittorio Emanuele a Milano, tanto per citare alcuni luoghi noti ben oltre il
capoluogo (vedi pag. 24).
A questo punto, se non conoscevate già la risposta, vi chiederete  senz’altro come cavolo sia possibile che persone benestanti e magari pure proprietarie di prestigiosi immobili riescano ad ottenere dalla Regione, per giunta in piena crisi, un sussidio pubblico, mentre una marea di persone, sebbene in difficoltà economiche, non riesce ad ottenere un euro, causa mancanza di requisiti. Ebbene, la risposta è banale: la legge non è uguale per tutti.

Infatti, solitamente al cittadino che intende accedere a una qualche forma di contributo economico o ricorrere a prestazioni assistenziali o servizi di pubblica utilità, viene chiesto di esibire il certificato Isee (Indicatore della situazione economica equivalente), una sorta di riccometro, utile per determinare la condizione economica del nucleo familiare. L’Isee (o l’Ise) è un parametro che viene calcolato tenendo presente la composizione, il reddito e il patrimonio mobiliare ed immobiliare del nucleo familiare (vedi pag. 23).
Insomma, l’anziano che vuole accedere alla miseria della social card di Tremonti, la giovane coppia che vuole dalla Regione un contributo per l’affitto o l’inquilino delle case popolari che deve capire quanto canone pagare, tutti quanti devono esibire il certificato Isee, che appunto comprende il reddito, ma anche le proprietà immobiliari e persino i depositi
bancari o postali.
E la stessa cosa devono fare anche le famiglie degli studenti della scuola pubblica che intendono richiedere alla Regione l’erogazione di un sostegno
per il diritto allo studio, cioè la “dote sostegno al reddito” o la “dote merito”. Nel primo caso il parametro Isee deve essere inferiore a 15.458 euro e nel secondo inferiore a 20.000 euro.

Ma – ed eccoci al trucco – per accedere al buono scuola, destinato esclusivamente agli studenti delle private, non occorre esibire il parametro
Isee, bensì l’Indicatore Reddituale, come peraltro ricorda la stessa modulistica on line della Regione (vedi pag. 23). È un caso unico, un’invenzione ad hoc e non ci risulta che questo “indicatore reddituale” trovi
applicazione in altri campi. E questo indicatore ha due caratteristiche che lo differenziano sostanzialmente da quello Isee:
1. considera soltanto la composizione e il reddito del nucleo familiare, ma non il patrimonio immobiliare, né quello mobiliare.
2. i limiti di reddito sono immensamente più generosi, cioè per accedere al buono scuola l’indicatore reddituale non deve superare 46.597 euro. Il che significa appunto, traducendo il parametro in reddito reale, che puoi accedere al buono anche con un reddito annuo dichiarato di 200mila euro.

Insomma, pur di garantire alla scuola privata lombarda il privilegio del
finanziamento pubblico – e coltivarsi en passant anche una clientela politica
-, il Presidente Formigoni e i suoi alleati padani non si fermano neanche davanti all’indecenza morale, cioè truccano le regole, discriminano la maggioranza degli studenti e delle famiglie ed erogano sussidi pubblici, in nome della “libertà di scelta”, a chi non ne ha nemmeno bisogno. Ognuno tragga le sue conclusioni, politiche, etiche o morali che siano, dalla lettura del nostro rapporto di minoranza. Da parte nostra, continueremo la nostra battaglia per abolire i privilegi della lobby della scuola privata e per investire, invece, il denaro pubblico per riqualificare la scuola pubblica. Lo faremo dentro le istituzioni e lo faremo nella società, con chiunque pensi che la moralità sia una cosa importante e che l’interesse generale venga prima di quello particolare.

Milano, novembre 2009

*Capogruppo Prc in Consiglio Regionale della Lombardia

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Una risposta a “SCUOLA – Succede in Lombardia: 80% dei fondi pubblici per la scuola privata che ha il 9% della popolazione socolastica”

  1. michele dice :

    siete i soliti comunisti bravi a raccontar palle!!

    io i miei figli li mando alla scuola pubblica perchè purtroppo non posso permettermi quella privata.
    Ma li manderei più che volentieri alla privata se potessi, cosi non avrei per i miei figli compagni extracomunitari che essendo veramente indietro nel parlare la lingua italiana fanno restare indietro nei programmi i nostri figli.
    non avrei tutti quegli insegnanti ignoranti e lazzaroni del sud che perdono tantissimi giorni standosene a casa ammalati per qualsiasi buon motivo per farlo e per di più anche poco preparati.
    Infine vi chiedo intelligentoni :
    se tutti i bambini che vanno alle scuole private tornassero tutti di colpo alle scuole pubbliche lo sapete o no che ci sarebbe il collasso totale nelle strutture statali?
    mancherebbero strutture,insegnanti e materiali per l’insegnamento! bidelli no perchè quelli sono già in super sovrannumero vero sindacati?
    e voi veri mentitori sapete benissimo che i soldi che vanno alle scuole private se girati al pubblico sarebbero un granello di sabbia buttato nel deserto se ci fosse questo cambiamento!!!
    ma voi siete capaci solo di fare propaganda e niente verità!! in quello avete imparato benissimo dalla vecchia unione sovietica!!
    raccontate la verità ogni tanto!!

    Quindi…ringraziate e di brutto che ci sono le scuole private!!

    poi i ragazzi delle private prendono 1500 euro!! sapete quando costa allo stato o alla regione ogni ragazzo che va al pubblico? certo che lo saete ma non ce lo direte mai!!
    cordialmente

    Michele Formenti

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