“Malati reclusi all’inferno”: Orrore manicomi giudiziari. Il VIDEO della Commissione Senato / E i senatori scoprono i manicomi criminali

La vergogna degli ospedali psichiatrici. Commissione senato

Da: | Creato il: 16/mar/2011

Negli Ospedali psichiatrici italiani la malattia è ancora una ferita da nascondere. Oltre i cancelli di queste strutture non si trovano solo autori di crimini efferati. C’è chi è finito dentro anche solo per aver rapinato di 7mila lire un’edicola fingendo di avere una pistola. Il problema è che quando si entra negli Opg si rischia di non uscire più. Su 376 internati dichiarati ‘dimissibili’ per ora solo 65 sono stati effettivamente rilasciati, mentre per altri 115 è stata prevista una proroga della pena. A indagare la condizione degli ultimi sei Opg italiani (Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere – Mantova, Montelupo Fiorentino – Firenze, Aversa – Caserta, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto – Messina) è la Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato della Repubblica, presieduta da Ignazio Marino. Un documetario, presentato oggi a palazzo Madama, racconta le storie questi uomini dimenticati, spesso costretti a vivere in condizioni igieniche pessime e in ambienti decadenti .
repubblica.it

“Malati reclusi all’inferno”
Orrore manicomi giudiziari

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La denuncia della Commissione d’inchiesta del Senato sul servizio sanitario: lager, molti potrebbero anche uscire ma mancano le cure

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ROMA – Decine, centinaia di esseri umani ridotti a sopravvivere per anni in strutture più simili a un lager che a un nosocomio, per quanto giudiziario. Ospedali solo nel nome, visto che chi ha visitato quegli ambienti e incontrato i “fantasmi” che li popolano ne parla come «l’inferno dei dimenticati».

Luoghi dove le lenzuola non vengono sostituite per settimane, ovunque lezzo di urina e sporcizia, letti arrugginiti, giacigli di costrizione con un foro nel mezzo per la caduta degli escrementi degli internati che ci vengono legati sopra per giorni. Stanze da quattro posti dove vivono in nove, bagni da terzo mondo, dove nel buco “alla turca” si infilano bottiglie d’acqua per evitare la risalita dei ratti dalle fogne. Nessuna terapia.

Benvenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, dove da anni dei poveracci sono rinchiusi in un orrore indescrivibile. Non solo: molti hanno commesso reati minori – i cosiddetti “bagatellari” con pene inferiori a 2 anni – ma non sono più usciti a causa del loro stato mentale, mai veramente curato, che ha causato infinite proroghe delle misure cautelari. Come quel matto che nel 1992 si è infilato una mano in tasca fingendo di avere una pistola e ha fatto una rapina da 7 mila lire in un’edicola, e ancora sta dentro, dopo 20 anni. O quell’altro, pazzo certo, ma più che altro malato, incapace, che 25 anni fa si è vestito da donna ed è andato davanti a una scuola. Non è più uscito, anche lui ancora internato.

Gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) sono nati a metà degli anni Settanta in sostituzione dei precedenti manicomi criminali, strutture giudiziarie dipendenti dal Ministero della Giustizia. Sono rimasti esclusi dalla legge Basaglia del 1978 che ha riformato i manicomi e la loro organizzazione è di fatto ferma al codice Rocco del 1930. In Italia ce ne sono sei (a Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Aversa, Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere e Napoli-Secondigliano). Dentro ci vivono recluse 1.535 persone, molte hanno commesso crimini efferati, ma più di 300 sarebbero dimissibili, potrebbero cioè uscire da dietro le sbarre per essere curati dalle Asl sul territorio, come qualunque persona con malattie mentali. Il problema è che le aziende sanitarie regionali non offrono e spesso non vogliono offrire percorsi alternativi e il giudice di sorveglianza è costretto a firmare proroghe su proroghe.

A denunciare la situazione è la Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, che a fine 2010 ha iniziato un monitoraggio negli Opg per verificare lo stato delle strutture e l’avanzamento delle dimissioni degli internati che hanno già scontato la loro pena. Visite a sorpresa, all’alba o di domenica, che hanno svelato «una situazione inaccettabile, quella che alcuni magistrati hanno definito un “ergastolo bianco”», ha detto oggi il senatore del Pd e presidente della Commissione Ignazio Marino, illustrando il dossier sugli Opg. Sono partite anche esposti alle Procure, ma ora per Michele Saccomanno (senatore Pdl, membro della Commissione) «serve una presa di coscienza popolare contro questo schifo, una cosa che ci fa vergognare di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia: da quando abbiamo fatto le visite delle persone sono morte, non c’è più tempo. Ognuno di loro ricade sulla nostra coscienza».

Per questo la Commissione ha prodotto anche un documentario, che domenica prossima andrà in onda a “Presa Diretta” su Rai Tre. Nel 2008 nell’ospedale di Aversa arrivò anche una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura della Commissione europea. Descrisse la situazione come “inimmaginabile”, ipotizzando anche una denuncia proprio per tortura. «Bisogna far capire al Paese che ci sono situazioni inumane che vanno separate – continua Daniele Bosone, senatore Pd in Commissione – e già la prossima settimana proporremo diverse soluzioni, che vanno dal costringere le Asl a farsi carico dei pazienti che possono uscire dagli Opg ad adeguare quelle strutture agli standard di normali ospedali, nei quali i reclusi vengano quantomeno seguiti da psichiatri». Per le Asl sarebbe un problema di risorse, «ma la Commissione ha ottenuto 10 milioni di euro dai ministeri della Salute e della Giustizia per agevolare l’assistenza sul territorio di queste persone: ora non ci sono più scuse», precisa Marino. E non serve nemmeno fare una nuova legge, «basta applicare bene quella Basaglia, estendendola agli Opg. L’importante – conclude Saccomanno – è mettere presto fine a questo scandalo».

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16 marzo 2011

fonte:  http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/393707/

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Badate bene, questo articolo  risale a quasi un anno fa..

E i senatori scoprono i manicomi criminali

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di Checchino Antonini

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Da quando c’è la legge Basaglia si chiamano ospedali psichiatrici giudiziari ma sono sempre gli stessi manicomi criminali di una volta. Sono sei, ci sono rinchiusi in 1500 e il 40% di loro non ci dovrebbe stare ma, finita la pena, gli viene prorogato il soggiorno. All’infinito. Spesso senza un processo. Le famiglie non ci sono o li rifiutano e i territori non li accolgono. Così vivono in nove in una cella, lenzuola luride come i bagni, l’acqua tenuta in fresco nella tazza del cesso, legati se sgarrano, con lo psichiatra a disposizione per meno di un’ora al mese. Almeno tre strutture (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa e Montelupo Fiorentino) andrebbero chiuse subito.

Dice il senatore Pd Ignazio Marino: «E’ la logica del codice Rocco, ereditato dai tempi del fascismo». E ora che gli eredi di Rocco stanno al governo stanno per mettere mano alla 180 che aveva abolito i manicomi.

Forse è anche per arginare quest’attacco che la commissione d’inchiesta del Senato sul servizio sanitario nazionale, di cui Marino è presidente, ha voluto presentare ieri alla stampa, prima che all’Aula, i dati di una serie di ispezioni a sorpresa, svolte tra giugno e luglio, tra gli Opg. E’ così uno schifo che perfino il capogruppo in commissione del Pdl (il partito che vuole riaprire i manicomi) era sinceramente sconcertato. Ha trovato perfino i camici degli addetti ai lavori dello stesso grigiume delle lenzuola. La cella dell’unica trans rinchiusa non si apre nemmeno per l’ora d’aria. Liberazione pubblica on line una galleria fotografica ma i commissari hanno spiegato che per quanto orribili non rendono il quadro.

Ecco il taccuino di viaggio della delegazione di senatori e carabinieri dei Nas: a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) 329 degenti stipati in celle costruite nel ’14. Non ci sono psciologi e psichiatri né qualsiasi attività educatva. Ovunque sporcizia, muffe, intonaci scrostati, porte rotte, vetri incrinati, ruggine, pavimenti rotti, esalazioni di urina. Un paziente era nudo e legato al letto con le garze. Aveva un ematoma sulla testa ma il diario clinico non faceva menzione del trattamento. Ad Aversa (Caserta), costruita nel 1898, si vive in 320 in celle da sei tutte in condizioni «disumane». Gli infermieri si cambiano nella tromba delle scale ma due padiglioni ristrutturati restano inutilizzati. I farmaci stupefacenti somministrati sono registrati una volta l’anno. I Nas hanno preso nota e hanno denunciato tutto alla procure ma sono le stesse procure che condannano molti pazienti a una sorta di «ergastolo bianco». Ecco Secondigliano, dove l’Opg è dentro il carcere: il 40% dei rinchiusi è in deroga. Qui sta da 25 anni un paziente che doveva scontare due anni. Un altro da tre anni attende il trasferimento in comunità. Ustioni e occhi neri mai annotati nei diari clinici. Oppure piedi e mani che vanno inesorabilmente in cancrena. A Montelupo Fiorentino sono in 170 in uno stabile degradatissimo. A Reggio Emilia stanno in 274 dove ne dovrebbero stare 132. In un piano tre docce dovrebbero lavare 58 pazienti. Uno di loro era legato da cinque giorni per motivi disciplinari in una stanza dove non c’è nemmeno un campanello d’allarme. Ci sono spazi vuoti ma la gente sta in tre in 9 metri quadri. Un po’ meglio solo a Castiglione delle Stiviere dove anche il personale è sembrato più motivato.

Anche nelle carceri “normali” ci sono internati – e sono 1800, secondo fonti del partito radicale – che, scontata la pena, restano dentro per una presunta pericolosità sociale.

In attesa di modifiche al codice penale e di superare il sistema degli ospedali giudiziari, la commissione attende nel giro di pochi giorni le liste di pazienti dimissibili (il 40%) da ciascun Opg ed entro agosto «spera» di trovare soluzioni con le Asl competenti. «Gli Opg sono una delle “zone del silenzio” – spiega Alberto, attivo a Pisa nel collettivo antipsichiatrico dedicato ad Antonin Artaud – e mostrano l’uso politico della psichiatria. Si spinge sempre di più il consumo di farmaci, torna in voga l’elettrochoc, magari per curare la depressione post parto. Ed è in agguato una legge per portare il trattamento sanitario obbligatorio da 7 giorni a un mese».

Liberazione 29/07/2010


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fonte: http://www.dongiorgio.it/scelta.php?id=1247

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