Archivio | luglio 22, 2008

Protesta Polizia: crisi economica e disagio familiare

Il sindacato: «Stipendi inferiori al 50% rispetto ai colleghi francesi». Accuse al governo

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ROMA – Le forze di polizia sono costrette a sopravvivere con stipendi da fame. Il 61% dei dipendenti che si occupano della sicurezza dello Stato percepisce meno di 1.200 euro al mese. Il dato emerge dal Rapporto sulle condizioni socio-economiche delle forze di polizia, elaborato dal Coordinamento per le politiche per la sicurezza dell’Ugl. Novemila gli intervistati (il 92% proviene dal centro-sud) tra Polizia di stato, Corpo forestale, Polizia penitenziaria e corpo dei Vigili del fuoco.

DISASTRO ECONOMICO – Gli agenti, come del resto tanti altri lavoratori penalizzati dalla crisi economica in atto, sono costretti a ricorrere in modo eccessivo al credito al consumo. L’81% di loro ha impegnato parte dello stipendio per comprare beni e servizi a rate. «E il 51% è stato costretto ad avviare procedure per il consolidamento del debito», denuncia l’Ugl fotografando nel rapporto il «disastro economico» che vive la sicurezza.

ALLARME – «In questa situazione è in pericolo anche l’integrità morale dei nostri lavoratori, a cui è vietato fare un secondo lavoro», sottolinea Renata Polverini, segretario dell’Ugl. L’82% degli intervistati non è soddisfatto del proprio stipendio «inferiore del 50% rispetto a quello percepito da un agente francese». E i problemi non finiscono qui: gli agenti sono spesso costretti a vivere in caserma o con i colleghi, lontani dalle famiglie. In caso di trasferimenti, infatti, lo stipendio è troppo basso per affittare una casa grande abbastanza per ospitare tutti. Il 64% non è proprietario dell’abitazione in cui vive, il 93% ha acceso un mutuo e per il 91% questo divora oltre la metà dello stipendio.

FAMIGLIE IN CRISI – I problemi economici spaccano le famiglie. L’82% dichiara che il lavoro, con i suoi ritmi e l’impossibilità di condurre una vita sociale, è la causa principale dei problemi di relazione mentre l’81% ammette che, in una situazione diversa, farebbe più figli.

DELUSI DAL GOVERNO – «Abbiamo creduto in un programma elettorale, ma i provvedimenti finora intrapresi dimostrano che gli investimenti in questo campo non sono quelli preventivati, come la mancata defiscalizzazione degli straordinari – attacca Polverini -. E lo Stato propone tagli nel momento sbagliato. La sicurezza è scarsa, soprattutto nelle grandi città e nelle aree del nord del Paese, a causa dei flussi migratori non controllati».

MERCOLEDI’ IN PIAZZAIl malcontento fra i tutori dell’ordine cresce. Così anche l’Ugl ha deciso di scendere in piazza mercoledì contro il Governo insieme ai lavoratori della pubblica amministrazione. L’appuntamento è davanti al ministero della Funzione Pubblica. Tra le rivendicazioni: il diritto al rinnovo del contratto e la valorizzazione delle professionalità interne alla Pa. «Servono subito risorse per prolungare la validità del contratto – ha dichiarato Polverini – questa riforma è utile per premiare chi lavora di più e per offrire un servizio migliore ai cittadini. Dobbiamo lavorare con il ministro Renato Brunetta ma se partiamo con una riduzione, con un taglio delle risorse, partiamo male».

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22 luglio 2008

fonte: http://www.corriere.it/cronache/08_luglio_22/polizia_stipendi_crisi_02db9476-57f4-11dd-8295-00144f02aabc.shtml

Immunità del premier “Anomalia solo italiana”

di CLAUDIA FUSANI

Immunità del premier "Anomalia solo italiana"

ROMA – “Un testo sobrio e ben calibrato nonchè in linea con le norme di altri ordinamenti occidentali”. Così, ancora stamani durante la discussione generale nell’aula di Palazzo Madama sul lodo Alfano, il ministro della Giustizia Angelino Alfano motivava l’approvazione dell’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato (presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio e presidenti delle due Camere).

Ma non è così. Come dice poco dopo il senatore Luigi Li Gotti (Idv) le altre democrazie prevedono un istituto di immunità “solo per i capi di Stato”. Quindi, commenta il senatore rivolto ai banchi del governo, della maggioranza e allo stesso Guardasigilli, “dite sciocchezze quando affermate che questa norma ci allinea all’Europa. In realtà ci allontana”.

E’ lo stesso Ufficio studi del Senato,
nella brochure di circa duecento pagine che analizza la nuova legge, a mettere nero su bianco l’anomalia tutta italiana.

Si comincia con un doveroso cenno storico: “Storicamente, la disciplina dell’immunità, a partire quanto meno dal Bill of rights votato dal parlamento inglese nel 1689 è dettata per tutelare i deputati contro le possibili persecuzioni da parte del potere esecutivo che all’epoca di identificava col sovrano”. Quindi, seguendo l’evoluzione della storia, immunità come scudo di protezione per i parlamentari da parte di chi esercita il potere. I nostri padri costituenti quando nel 1948 introducono nella Carta l’istituto dell’immunità, lo fanno sotto la spinta antifascista per mettere al riparo il giovane parlamento repubblicano da una magistratura fino a qual momento totalmente sotto il regime.

Da questo presupposto deriva che, come si legge nella relazione dell’Ufficio studi del Senato, “nelle Costituzioni dei paesi membri dell’Unione europea e degli Stati Uniti, il capo del potere esecutivo e i ministri possono essere legalmente chiamati a rispondere delle loro azioni in sede penale e civile”.

I capi di stato. Nell’ambito delle costituzioni europee la sospensione del procedimento penale fino alla scadenza del mandato per gli atti penalmente rilevanti e privi di rapporto con l’esercizio delle funzioni di Presidente della repubblica “è prevista solo nella Costituzione greca (art.49), in quella portoghese (art.130) e in quella francese”. La Francia è una repubblica presidenziale e quando nel 2007 fu introdotta l’immunità per il Presidente-premier, ci fu un dibattito furioso, si parlò di “colpo di mano” e comunque fu necessaria una revisione costituzionale. La modifica non avvenne cioè, come in Italia e con le differenze tra i due ordinamenti, per via ordinaria in un batter di ciglia.

Nessuna immunità in Germania. La Repubblica federale di Germania (art.1, legge 1953) “considera il Cancelliere e i ministri dell’esecutivo titolari di una funzione pubblica e applica ad essi la disciplina generale dei funzionari del pubblico impiego”. Cioè sono precessabili sempre e comunque se commettono qualche reato. Se i ministri sono anche membri del Bundestag, il Cancelliere e i membri del governo godono dell’immunità parlamentare, cioè la non perseguibilità ma solo per opinioni e voti espressi nel Bundestag. Questo è già previsto anche in Italia.

Spagna, Regno Unito e altre monarchie. I reali godono dell’immunità assoluta. Così, soprattutto, i Borboni in Spagna e i Windsor nel Regno Unito. A loro le rispettive Costituzioni assicurano “l’inviolabilità assoluta”. Ma, osserva il dossier dell’Ufficio studi, “stiamo parlando di monarchie dove il capo del governo riveste una posizione costituzionale non dissimile da quella dei ministri” che sono regolarmente perseguibili.

In Spagna la Costituzione “istituisce una riserva di foro speciale (sezione penale del Tribunale supremo) a garanzia del membro del governo posto in stato di accusa”.

In Gran Bretagna “il premier e i membri del governo rispondono civilmente e penalmente alla magistratura ordinaria di ogni loro azione compiuta nell’esercizio delle funzioni di governo”.

Negli Usa, la legge è uguale per tutti. I padri fondatori americani non hanno avuti dubbi. E l’articolo II, sezione 4 della Carta prevede che “il Presidente, il Vicepresidente e ogni altro funzionario civile siano rimossi dall’ufficio ove, in seguito ad accusa mossa dal Congresso, risultino colpevoli di tradimento, concussione e altri gravi reati”. In poche parole la Costituzione americana non contiene alcun riferimento esplicito all’immunità del Presidente, del Vicepresidente e dei titolari di alte cariche pubbliche federali. Un paio di esempi: Clinton dovette spiegare pubblicamente i suoi rapporti con Monica Lewinsky; Nixon fu costretto alle dimissioni dallo scandalo Watergate e poi sottoposto a processo.

Si legge nel documento dei cento costituzionalisti italiani presentato al Quirinale: “L’immunità temporanea per reati comuni è prevista solo nelle costituzioni greca, portoghese, israeliana, francese con riferimento però solo al Presidente della Repubblica. Analoga immunità non è prevista per il Presidente del consiglio e per i ministri in alcun ordinamento di democrazia parlamentare analogo al nostro”.
Ecco: non si capisce perchè il ministro Guardasigilli ancora stamani abbia ripetuto che il Lodo mette l’Italia in linea con le norme degli altri paesi.
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22 luglio 2008

fonte: http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/politica/giustizia-9/immunita-nel-mondo/immunita-nel-mondo.html

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Cosa prevede il Lodo Alfano

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Un solo articolo, distribuito in otto commi, che sancisce l’immunità nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. Il Lodo Alfano stabilisce che, fuori dal campo dei reati connessi alle loro funzioni, il presidente della Repubblica, i presidenti di Camera e Senato e il presidente del Consiglio, non possono più essere soggetti a processo penale per i reati comuni (indipendentemente dalla natura e dalla loro gravità), anche per fatti anteriori all’assunzione della carica.
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Sospensione dei processi I processi penali nei confronti delle più alte cariche dello Stato sono sospesi dalla data di assunzione fino alla cessazione della carica o della funzione. Inoltre, i procedimenti giudiziari che restano sospesi possono riferirsi a fatti commessi prima della assunzione della carica e possono essere già in corso, in ogni fase o grado di giudizio. Per il Capo dello Stato resta escluso il reato di alto tradimento e attentato alla Costituzione, mentre il premier deve rispondere, previa autorizzazione della Camera di appartenenza, dei reati connessi all’esercizio delle sue funzioni.
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Rinuncia L’imputato o il suo difensore, munito di procura speciale, può comunque rinunciare in ogni momento alla sospensione.
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Immunità non reiterabile L’immunità vige per l’intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, con una sola eccezione in caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura. Unico beneficiario di questa deroga è il presidente del Consiglio nel caso in cui venga più volte nominato premier in conseguenza di crisi di governo intervenuta e risolta in corso di legislatura. In pratica, per il presidente della Repubblica e per i presidenti di Camera e Senato la sospensione non è reiterabile, per il premier sì. L’immunità non si reitera inoltre in caso di successiva investitura in un’altra carica o funzione (ad esempio, se chi è stato premier viene eletto successivamente presidente della Repubblica). Quest’ultima disposizione è stata introdotta alla Camera con un emendamento del Pd che prevede la ripresa del processo nel caso in cui si cambi ruolo o funzione.
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Assunzione prove possibile in indagini preliminari La sospensione non impedisce al giudice, qualora ne ricorrano i presupposti, di procedere all’assunzione delle prove non rinviabili nel corso delle indagini preliminari. Il riferimento è all’ipotesi di incidente probatorio e di atti urgenti. Si prevede così la possibilità, anche nel caso della sospensione, di assumere testimonianze, di procedere a confronti tra dichiarazioni discordanti o effettuare perizie su cose, luoghi o persone.
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Prescrizione congelata In caso di sospensione del processo, è sospeso anche il corso della prescrizione dei reati in esso contestati. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui cessa la causa della sospensione.
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Tutela delle parti civili Si prevede infine, in caso di sospensione dei processi, la possibilità per la parte civile di trasferire l’azione in sede civile, avvalendosi di termini abbreviati.

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Pubblicato il: 22.07.08
Modificato il: 22.07.08 alle ore 17.55

fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=77364

Sinistra, l’eterno ritorno della sconfitta

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di Alessia Grossi

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«Ma se fate così quando si perde, quando si vince che fate?». Si difende così dall’oceanico applauso dei suoi lettori compiacenti Fausto Bertinotti all’ingresso al piccolo Eliseo di Roma. L’ex segretario di Rifondazione in veste di direttore della rivista «Alternative per il Socialismo» presenta, da un palco teatrale, come l’Edipo accecato, la sconfitta della sinistra.
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Ha dedicato al tema persino un numero monografico dal titolo definitivo «Le ragioni di una sconfitta». È pronto dal podio Bertinotti, maniche di camicia, mani giunte e sigaro consolatorio ad «andare in profondità», a rimescolare le carte, a chiedere aiuto cominciando dagli astanti perché «la sinistra tutta possa condividere la sconfitta e ripartire». Ma quelli niente. Applaudono, ingrati.
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La sala del Piccolo è stracolma, fuori la gente aspetta il proprio turno per salire. Non si sono nemmeno concessi un po’ d’aria condizionata questi «comunisti» per espiare nel profondo le proprie colpe, parrebbe. Non è così, lo dice il dibattito che segue la breve e «realistica» presentazione dell’ex presidente della Camera. Lui parla dell’hic et nunc. «Questa, senza esagerazione – ché già c’è chi si diverte a spararla sempre più grossa – è una sconfitta storica – si confessa Bertinotti. È dal dopoguerra che la cultura di sinistra non è mai stata così minoritaria e quella di destra tanto maggioritaria – continua l’ex segretario. Ora abbiamo un compito allo stesso tempo drammatico e gioioso, costruire una ricerca condivisa». E dal generico entra nel particolare Bertinotti, al fallimento del governo Prodi e spiega: «Il progetto della Sinistra l’Arcobaleno era un progetto destinato a fallire perché non ci credevano nemmeno gli stessi promotori».
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Ma quelli niente. Quelli seduti nelle prime otto file riservate della sala non sono venuti certo per ascoltare. Così quando il moderatore Luca  Bonaccorsi lascia loro la parola per le domande comincia a sentirsi un fruscìo di fogli, cori di voci che si schiariscono e passaggi di microfono. E uno dopo l’altro giù a snocciolare altro che domande, risme e risme di «letture personali», e non della sconfitta. C’è chi «deve dar ragione a Marx», chi a Hegel, chi a Nietzsche.
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Il la lo dà il gettonatissimo prof. Masini, che «ha vissuto la dittatura cinese» (questo ce lo suggerirà con una strizzatina d’occhio un’altra intervenuta). Vuole fare un distinguo il professore fra il «fenomeno dell’immigrazione e lo sfruttamento della classe operaia», e lo fa ripartendo dallo schiavismo, dalla storia degli indigeni d’America, dalla tratta degli schiavi neri, tanto per non tralasciare niente che possa aiutare a capire la sconfitta della sinistra in Italia. Chissà se ha colto il nesso Franco Giordano che scende le scale della sala proprio in quel momento.
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Segue l’intervento della «storica» che siede due file avanti. A lei sembra doveroso in questa sede ripartire dal rapporto uomo- donna per capire «perché il capitalismo fagocitante abbia bisogno dell’immigrazione». Presto detto: «Se le donne si emancipano non fanno più figli, manca la forza lavoro e così il capitalismo ha bisogno di nuovi schiavi». Bertinotti dal palco dovrebbe rispondere, ma in assenza di domande si limita a dire che «è ancora presto per dare vita ad un pensiero» e nel frattempo chiede «generosità agli astanti». «Azzerare tutto per ripartire sì – dice il presidente-  ma difendo la classe operaia. Non si butti via il bambino con l’acqua sporca». Poi di nuovo una domanda. E dalla platea si vola verso l’«all’eterno ritorno nietzschiano». E allora ve lo siete voluto. Sandro Curzi abbandona la sala.
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Fausto Bertinotti tenta di riportare tutto alla questione della sconfitta. Prova a difendere il femminismo, la lotta operaia, a ritrovare il punto, la storia, l’Italia, concede la sintesi più aulica  possibile, dice che in fondo «quello che stiamo dicendo è che se si ritrova l’umano, l’individuo, e si costruisce un nuovo senso del noi condiviso si può ripartire».
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Ma questo non basta, questo non è un dialogo. Gli interlocutori si sono preparati da casa a fare bella figura e hanno legato i loro interventi indissolubilmente l’uno all’altro, la risposta del presidente non era prevista nel canovaccio. Dunque si ritorna -come direbbe Nietzsche-  sull’uomo e sulla donna, sulla dicotomia razionale – irrazionale, sulla libertà sessuale e il ’68. C’è anche chi azzarda un parallelo con i primi anni della rivoluzione bolscevica.
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«Con la nostalgia di altre epoche non si aiuta a ripensare l’oggi» tuona Aldo Garzia, redattore della rivista dalla poltrona accanto a quella di Bertinotti. Ma il dibattito sembra ormai avviato all’autocelebrazione della specie. La specie dei seguaci di Massimo Fagioli, lo psichiatra che vanta il merito di aver fatto entrare «la psiche dell’uomo in politica». Colui che al fallimento del comunismo dice di aver «offerto a Bertinotti una nuova strada da percorrere: la realtà umana». Per citare Bertinotti che cita Antonio Gramsci: «Siamo a uno dei punti più difficili della nostra storia. Ma siamo proprio sicuri che ci sia «bisogno di tutta la vostra intelligenza»?

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Pubblicato il: 22.07.08
Modificato il: 22.07.08 alle ore 12.54

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=77353

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Guzzanti-Bertinotti

TRAVAGLIO – Lezione di legalità dall’Albania

21 Luglio 2008

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Testo dell’intervento di Marco Travaglio.

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Buongiorno a tutti. Intanto, buone vacanze: oggi è l’ultimo appuntamento di Passaparola prima di un periodo di ferie che durerà fino al primo settembre, quando ci rivedremo per fare il punto su questa estate che, nel frattempo, ci avrà regalato altre vergogne. Abbiamo alle viste, domani, il lodo dell’impunità; abbiamo già annunciata per settembre una super riforma talmente super che dovrà impedire addirittura l’arresto di presidenti di Regione che prendano le tangenti. Sarà veramente una cosa poderosa. Per fortuna, dopo le volgarità e le trivialità di Piazza Navona, è tornata l’eleganza: ieri Lord Brummel, al secolo Umberto Bossi, ha dato un grande segno di civiltà e di civismo, proprio, inneggiando all’Inno nazionale con il dito sollevato. Poi gli hanno pure bocciato il figlio alla maturità, quindi è colpa dei professori terroni, ma adesso facciamo eleggere i giudici e i professori in Padania, così finalmente promuoveranno il somarello.

Purtroppo siamo costretti ancora a parlare di giustizia perché, insomma, domani siamo a una violenza che non avevamo mai subito: una legge che renderà quattro persone immuni da qualsiasi conseguenza per gli eventuali reati che commetteranno. Quella che Beppe Grillo, a cui facciamo gli auguri perché credo oggi compia sessant’anni, chiama “La banda dei quattro”. Interessa partire da un articolo del Corriere della Sera dell’ambasciatore Sergio Romano che, visto che ha fatto l’ambasciatore dovrebbe essere uno che ha girato il mondo. Si vede che l’ha girato ma non si è accorto di nulla perché ci spiega che c’è un problema in tutto il mondo ed è l’invadenza della magistratura. La magistratura che invade, che si impiccia. Dice: “Chiedete ad Aznar, Chirac, Kohl, Bush, Kissinger, Olmert, o – se fosse in grado di rispondervi – Sharon che cosa pensino dei loro magistrati o di quelli che cercano di incriminarli di fronte al tribunale di un altro Paese. Vi diranno, privatamente, risposte non troppo diverse dalle parole con cui Berlusconi ha polemizzato in questi anni con la magistratura italiana”. Perché c’è una guerra della giustizia contro la politica.

Ecco, può darsi che queste persone in privato dicano delle cosacce sui magistrati, il fatto è che non le dicono mai in pubblico e soprattutto, quando hanno un processo, lo subiscono, a volte si dimettono, mai attaccano i loro giudici e mai cambiano le leggi per immunizzarsi dal loro processo. La differenza è questa ma l’ambasciatore Romano non la coglie, è troppo raffinato nel suo modo di ragionare per accorgersi di questa banalissima differenza. Tant’è che un altro personaggio che ha girato il mondo, ma a differenza di Romano lo ha capito, e cioè Furio Colombo, ieri scriveva: “Nella campagna elettorale degli Stati Uniti, espressioni come ‘guerra fra politica e giustizia’ – insomma le stupidaggini che scrivono i Panebianco, i Sergio Romano, gli Ostellino, i Galli Della Loggia, i Pierluigi Battisti, il plotone anti toghe del Corriere della Sera – sono intraducibili. Sul New York Times non si riuscirebbe nemmeno a tradurli in lingua inglese.” Infatti i due candidati dei grandi partiti americani che si fronteggiano alle elezioni non hanno alcuna posizione sulla giustizia, salvo le garanzie e i diritti umani e civili di tutti i cittadini. “Non l’hanno e non devono averla perché tutto è già stabilito dalla Costituzione americana e, inoltre, perché i candidati delle elezioni americane sono in corsa per ottenere il potere esecutivo, non il potere giudiziario.

Quando il presidente e la signora Clinton sono finiti sotto inchiesta per bancarotta – su una piccola proprietà dell’Arkansas gestita insieme con soci infidi – l’America non si è fermata un istante. Non c’è stato alcun convegno. Il Presidente ha fatto la spola tra la Casa Bianca e il Gran Giurì – l’organo istruttorio dove doveva essere interrogato – e ci è anche andato di corsa – altrimenti sarebbe scattato l’impeachment, se avesse ritardato l’audizione davanti ai magistrati – e alla fine si è ben guardato dal denunciare persecuzioni”. Eppure il procuratore che lo aveva convocato era Kenneth Starr, un esponente del partito Repubblicano a lui avverso. “Quando i Clinton sono poi stati assolti, nessuno ha parlato di teorema svuotato come una bolla di sapone – come dice il portavoce di Berlusconi, Bonaiuti, a proposito dei processi di Berlusconi che tra l’altro non si sono mai svuotati come bolle di sapone – hanno semplicemente detto – i Clinton – ‘è finita bene'”. Hanno ricominciato e sono stati poi sottoposti ad altre sette inchieste.

Allora, io e tre colleghi, Pino Corrias, Peter Gomez e Marco Lillo, abbiamo preparato questo libretto che esce oggi che si chiama “Bavaglio” e che presentiamo questa sera. Ve lo dico perché i giornali, purtroppo, hanno nascosto la nostra presentazione, quindi fa parte del nostro stile di passare parola: se qualcuno vuole sentir parlare di queste cose, stasera lo presentiamo a Milano alla Camera del Lavoro in Corso di Porta Vittoria 43 davanti al Tribunale. Perché ve lo cito? Perché vi voglio dare una piccola anticipazione.
Noi ci siamo andati a studiare i sistemi stranieri perché quello che sta succedendo in Italia è talmente grave da richiedere un surplus di menzogna rispetto a quelle che ci vengono somministrate quotidianamente. Quindi ci stanno martellando sul fatto che in tutto il mondo c’è l’emergenza della guerra della magistratura contro la politica, e all’estero i politici si mettono al riparo perché in tutto il mondo – ci dicono – ci sono il Lodo Alfano, il Lodo Schifani. Naturalmente, se voi passate qualunque frontiera e chiedete del Lodo Alfano e del Lodo Schifani vi guardano stupiti perché non sanno, per fortuna loro, chi siano questi soggetti. In ogni caso, non sanno proprio di che si sta parlando, nel senso che non c’è Paese al mondo che conosca sistema di immunità che ci stanno per regalare a rate, prima per le quattro cariche – per le faccende urgenti – poi per tutti gli altri parlamentari come si vuole prevedere per la ripresa autunnale. Cominciamo a vedere alcuni flash tratti dal libro. Il Parlamento Europeo dovrebbe essere il nostro punto di riferimento: al Parlamento Europeo c’è una norma, approvata l’anno scorso, una brutta norma che prevede che il Parlamento possa chiedere di sospendere qualche procedimento a carico di un europarlamentare.

Questo non significa, però, che i processi ai parlamentari si bloccano autonomamente: deve intervenire il Parlamento per bloccarne uno. E quando lo può bloccare? Lo può bloccare, spiega il socialista tedesco Rothley che ha fatto da relatore a questa norma, quando ci siano, dietro l’indagine sul parlamentare, azioni repressive arbitrarie e ostacoli frapposti dal potere esecutivo sul libero esercizio del mandato elettivo. Cosa vuol dire? Che se c’è una magistratura collegata a un governo che vuole perseguitare un oppositore, allora il Parlamento Europeo lo deve proteggere. Questo per quali Paesi vale? Vale per quei Paesi in cui la magistratura è il braccio operativo del governo, le procure sono dipendenti dal ministro della giustizia e quindi può capitare che qualche giudice particolarmente servile e zelante voglia addirittura colpire qualcuno soltanto perché si oppone al governo a cui lui è legato e nel quale vuole, magari, fare carriera. Non è il nostro caso, perché noi siamo l’unico Paese al mondo che può vantare, e mai lo fa a sufficienza, una magistratura che non è collegata al governo. Tant’è che qui sono spessissimo membri del governo che chiedono protezione contro le indagini fatte dalla magistratura. Quindi accusano la magistratura di essere troppo indipendente dal governo, il sogno di tutti gli altri Paesi democratici. L’immunità europea col sistema italiano non c’entra e mai potrà capitare che un governo usi un magistrato per colpire un oppositore perché, per fortuna, in Italia i governi non possono dare ordini alla magistratura. Il fatto che poi ci sia qualche magistrato che fa dei favori ai governi è un altro paio di maniche, ma non c’è nessun nesso fra le due cose.

Tant’è che il Parlamento Europeo ha addirittura autorizzato l’arresto di un suo membro, Bernard Tapie vecchio presidente dell’Olimpique Marsiglia, europarlamentare, era amico di Mitterrand, fu condannato a due anni per tasse non pagate per trenta miliardi di vecchie lire. L’europarlamento gli ha tolto l’immunità e lui è andato in carcere. Hanno autorizzato l’arresto di un membro del Parlamento Europeo. Perché? Perché erano delitti comuni, mica delitti di opinione: era evasione fiscale… Jean Marie Le Pen e Mario Borghezio hanno avuto dei processi, il Parlamento li ha immediatamente revocato l’immunità autorizzando i processi. Ed è addirittura, nel ’99, crollata la Commissione Europea. Arrivò Prodi alla presidenza della Commissione Europea al posto della Commissione Santer, crollata per uno scandalo. Cos’era successo? Che la commissaria francese Edith Cresson, una delle ministre europee di quel periodo, era stata incriminata dai giudici belgi per un fatto veramente orrendo: aveva assunto come consulente della Commissione Europea un dentista suo amico. Una cosa che da noi sarebbe normale, lì ha provocato uno scandalo enorme, un’indagine della magistratura belga, il crollo della Commissione Europa – cioè del governo dell’Europa. Si sono dimenticati di fare come si farebbe in Italia: una norma per mettere al riparo la Commissione Europea. Il governo europeo è stato affondato da un’indagine della magistratura belga. Vediamo un po’ cosa succede in alcuni Paesi europei – non tutti, gli altri dettagli li troverete nel “Bavaglio”. La Francia: dal ’95 non c’è più l’autorizzazione a procedere per indagare sui parlamentari, un po’ come da noi dal ’93. A parte le loro opinioni: in quasi tutti i Paesi d’Europa il Parlamentare non può essere processato per le sue opinioni se sono collegate con la carica. Se uno va in giro a insultare la gente, quelle non sono opinioni; ma per le opinioni espresse in Parlamento o collegate all’attività parlamentare e per i voti che uno da in qualità di parlamentare non può essere incriminato e questo è giusto. A parte questo, in Francia il parlamentare è un cittadino come un altro. Non c’è più l’autorizzazione a procedere, tant’è che hanno condannato, processato, arrestato ministri ed ex ministri.

Perché ministri? Perché in Francia i ministri non possono essere parlamentari. Devi scegliere: o fai il deputato o fai il ministro. Anche il premier. Anche il primo ministro francese non può essere un parlamentare, quindi non ha nemmeno l’immunità dall’arresto – mentre il parlamentare, almeno per arrestarlo, ci vuole l’autorizzazione del Parlamento, come in Italia. Il ministro può essere arrestato in qualunque momento, anche il primo ministro. Figuratevi, il primo ministro in Francia ha ancora meno immunità rispetto ai parlamentari: il contrario dell’Italia da domani, quando il primo ministro avrà immunità assoluta anche su indagini e sui processi già iniziati. Ci sono precedenti illustrissimi, addirittura di Roland Dumas coinvolto nello scandalo ELF che si dovette dimettere da presidente dell’assemblea Costituzionale – un po’ la nostra Corte Costituzionale – e che col lodo Schifani, fosse stato in Italia, sarebbe stato immune e, invece, in Francia fu incriminato. Si dimise da Presidente dell’Assemblea Costituzionale e al processo fu assolto, ma invece di andare a fare il pianto greco per la persecuzione, il teorema ecc. si ritirò dalla vita politica. L’unico tutelato è il Capo dello Stato, come sappiamo in base a un’interpretazione anche un po’ cervellotica, il che ha consentito a Chirac di non avere il processo durante la sua presidenza, ma appena uscito. Infatti è sotto processo, tra l’altro per una sciocchezzuola, per aver fatto assumere, quando era sindaco di Parigi, alcuni impiegati che in realtà erano attivisti del suo partito. In pratica li pagava il comune ma lavoravano per il partito. Una cosa che accade in Italia comunemente, con sindacalisti e portaborse di politici.

Spagna: spesso si sente dire “in Spagna c’è un sistema interessante di immunità”. Non c’è nessun sistema di immunità, salvo il fatto che il parlamentare può essere perseguibile in qualunque momento e allo stesso modo un ministro per i suoi reati ma, al momento di rinviarli a giudizio, il magistrato deve chiedere il permesso al Parlamento. Parlo dei deputati, non dei ministri, che non sempre sono deputati. Il Parlamento come risponde quando chiedono l’okay per il rinvio a giudizio? Risponde regolarmente di sì: in trent’anni di democrazia spagnola non c’è mai stato un solo caso in cui le Cortes abbiano negato il rinvio a giudizio di un proprio membro. Salvo un caso: c’era un ex magistrato che poi è entrato in politica che, per errore, quando era giudice, aveva diffuso ai giornali la foto del fratello di un latitante al posto della foto del latitante vero. Per questo errore materiale lo volevano processare e per questo lo hanno protetto. Altrimenti mai è accaduto che le Cortes proteggessero un proprio membro da una richiesta della magistratura. I membri del governo possono essere chiamati a rispondere dei loro reati in qualunque momento. Se vengono processati, devono essere processati dalla Corte Suprema, come se fosse la nostra Corte di Cassazione, cioè da un giudice togato, come tutti gli altri. Portogallo: il parlamentare è sempre processabile per i suoi reati se questi sono tali da superare una pena di tre anni. Per quelli minori ci vuole il consenso del Parlamento che non lo nega quasi mai. Di fatto, anche lì, tutti i parlamentari sono perseguibili. Idem per quanto riguarda i ministri che possono addirittura essere arrestati se colti in flagrante o se sospettati di reati con pena superiore ai tre anni. Solo il Presidente della Repubblica ha un’immunità temporanea e viene processato alla fine del mandato, come in Francia.

Gran Bretagna: tutti i parlamentari e i ministri vengono trattati esattamente come gli altri cittadini, in cause civili e in cause penali. Lo stesso non vale soltanto per la Regina, l’unica immune. Pensate che l’astro nascente del partito conservatore nel 2001, che si chiama Jonathan Hedkin ed era stato appena ministro nel governo Major, finì addirittura in galera per sei mesi per spergiuro e ostruzione alla giustizia. Aveva fatto quello che i nostri fanno nei ritagli di tempo: aveva mentito su un conto di albergo. Sei mesi di galera, stroncata definitivamente la carriera. Nessuna immunità di nessun genere, quindi lì il problema è la corruzione, non la magistratura o le forze di Polizia. Germania: nessuna protezione per il premier e i suoi ministri. C’è, anche lì come in Spagna e come in Spagna viene sempre concessa, l’autorizzazione a procedere del Parlamento per processare gli eletti. C’è però anche una prassi che stabilisce che all’inizio della legislatura autorizza ex-post, preventivamente, tutte le richieste che verranno dalla magistratura. Quindi prima ancora di iniziare l’attività parlamentare già si fa sapere alla magistratura che tutte le richieste che verranno fatte per indagare i propri membri, il Parlamento le accetta una volta per tutte in via preventiva. Tant’è che, addirittura, i parlamentari e i ministri temono di finire in galera, cosa che in Italia non potrebbe mai accadere perché il Parlamento respinge sempre. Lo dimostra il fatto che, nel 2003, si è suicidato un deputato liberale, Jurgen Molleman, che temeva, dopo aver subito una perquisizione – pensate hanno perquisito un parlamentare – che lo arrestassero, quindi si è suicidato. Ed era indagato per evasione fiscale, mica per mafia o corruzione di giudici o di testimoni.

In Belgio l’autorizzazione a procedere è stata abrogata nel ’97 quindi non c’è più. In Olanda non c’è nessuna autorizzazione a procedere e, anzi, i ministri non essendo parlamentari possono essere perseguiti persino per le loro opinioni e possono essere arrestati per i loro reati. In Svezia, anche: i parlamentari e i ministri possono finire in galera purché il reato superi la pena di due anni, quindi per quasi tutti i reati seri. Infine, negli Stati Uniti come abbiamo visto non c’è nessuna immunità di nessun genere, né per i parlamentari né addirittura per l’uomo più potente della Terra, il Presidente, che può essere indagato sia per cose fatte prima sia fatte durante.

Vorrei concludere con un Paese che sta diventando veramente un faro di legalità e di eguaglianza dal quale prima o poi dovremo prendere lezioni anche noi: l’Albania. Nella Costituzione albanese, me l’ha mandata un amico, all’articolo 72 si legge: “Il mandato del deputato termina o è invalido…” e c’è una serie di casi in cui il parlamentare decade dal suo mandato. A, B, C, D, E… assenze, indennità varie, conflitti di interesse – ci sono persino i conflitti di interesse, puniti in Albania! – e alla lettera F si dice che il deputato decade dal mandato “quando è condannato da una sentenza di una Corte di ultima istanza per aver commesso un reato”. Ohibò! Il deputato che viene condannato definitivamente, vuol dire intanto che non c’è nessuna immunità, se no come lo condannano. Secondo, la condanna del deputato lo fa decadere all’istante dal suo mandato. In Albania. Speriamo che gli albanesi vengano presto a civilizzarci e a spiegarci l’articolo 3 della nostra Costituzione che stabilisce che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Ci vediamo, per chi vuole, stasera alla presentazione di “Bavaglio” alla Camera del Lavoro di Milano in Corso di Porta Vittoria 43, noi con Passaparola ci vediamo lunedì primo settembre. Buone vacanze ancora, però durante queste vacanze non rimanete con le mani in mano e continuate a passare parola!

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fonte: http://www.beppegrillo.it/2008/07/lezione_di_legalita_dallalbania.html

PSICOLOGIA – La bella che allo specchio diventa bestia

la storia di Danielle Nulty, 26 anni, che da quando ne aveva 13 soffre di dismorfofobia

Ha un fisico da modella ma nell’immagine riflessa si vede un mostro: senza capelli e piena di rughe deformanti

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MILANO Una vita d’inferno, davanto allo specchio. Quella di Danielle Nulty, 26 anni, fisico da modella, potrebbe essere etichettata come la storia della bella, nella realtà e della bestia, quando si vede riflessa. Migliaia di ragazzine, vedendola, avranno sognato di essere come lei. Eppure la giovane, guardandosi allo specchio, vede riflesso un mostro anziché la bella donna che nel tempo è diventata.

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Audio – lo psichiatra: «Ore e ore a guardare difetti immaginari»

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LA DIAGNOSI: «DISMORFOFOBIA»Rughe profonde e zampe di galline le segnano il bel volto, simile a quello di un’ottantenne nella sua immaginazione. O all’aberrante strega di Biancaneve, stando alla descrizione che lei stessa traccia sulle pagine del britannico “Daily Mail”. Dopo 11 anni di sofferenze, con pensieri suicidi che si facevano largo nella sua mente, le è stato diagnosticato il disturbo di dismorfismo corporeo o dismorfofobia. Ora è in cura con antidepressivi sviluppati ad hoc per questo disturbo. «Finalmente ho imparato ad accettarmi per quella che sono», afferma convinta come se le deformità osservate con orrore allo specchio fossero davvero reali. «Ho vissuto un’infanzia felice e serena – assicura la giovane ripercorrendo la sua insolita e triste vicenda – ma con la pubertà sono iniziati i guai». Ma da quando aveva 13 anni sono iniziati i guai con la sua immagine riflessa. Guardandosi allo specchio la giovane scova il volto di una vecchia donna, con rughe dappertutto, persino attorno alle labbra.

A 15 ANNI SI VEDEVA DI AVER PERSO I CAPELLI – A 15 anni si convince di aver perso i capelli, mentre i suoi occhi le appaiono piccolissimi, microscopici, inguardabili. A 16 anni smette di socializzare, intimidita dal suo aspetto. Trucchi, vestiti e accessori diventano la sua unica ragione di vita, alleati preziosi per mascherare un corpo e un viso mostruosi. Nel 2006, finalmente, alla tv guarda un documentario su persone alle prese con questa patologie. «Gente normalissima – ricorda – addirittura, in alcuni casi, attraente, ma convinta di un aspetto mostruoso. Ho pensato: “sembrano me, provano quel che io stessa sento”». Così è giunta la diagnosi e la cura. «Dovrò convivere tutta la vita con questo disturbo – riconosce – ma quanto meno ho imparato a tenerlo sotto controllo». E anche la sua vita sembra ormai essere tornata a una normalità apparente. Danielle oggi lavora e ha un fidanzato.

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21 luglio 2008

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fonte: http://www.corriere.it/salute/08_luglio_21/bella_bestia_dismorfofobia_50683210-5738-11dd-81e1-00144f02aabc.shtml

Nucleare, nuovo incidente in Francia: 15 operai contaminati

 Impianti nucleari
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Continuano i problemi nelle centrali nucleari francesi: è avvenuto un terzo incidente in due settimane. Venerdì scorso 15 operai sono stati leggermente contaminati da elementi radioattivi, secondo i tecnici in modo non pericoloso per la loro salute, nell’impianto gestito da Electricitè de France (Edf) a Saint-Alban/Saint Maurice (Francia sudorientale). L’incidente, svelato solo ora dal quotidiano regionale Le Dauphinè Liberè, non è stato classificato dall’Agenzia di sicurezza nucleare. «Questi lavoratori – ha precisato un responsabile di Edf – provenienti da imprese esterne, sono stati contaminati molto leggermente durante un intervento in un cantiere di manutenzione all’unità di produzione 2, attualmente chiuso per le verifiche decennali».

Gli operai sono stati subito inviati al servizio medico dell’impianto, dove sono stati sottoposti a controlli medici che hanno rivelato l’assenza di residui radioattivi nel loro organismo. Edf ha comunque avviato «una serie di controlli per comprendere le circostanze dell’avvenimento».

In seguito all’incidente, sono state ritrovate «tracce di elementi radioattivi» nel corso dei monitoraggi e dei controlli di routine dei dipendenti dell’impianto. I lavoratori sono stati sottoposti a un controllo medico ma l’azienda esclude che vi siano conseguenze di alcun tipo per la loro salute. Le cause dell’incidente non sono ancora state chiarite. «I livelli di contaminazione sono inferiori al limite regolamentare e dei nuovi controlli medici, effettuati questa mattina (lunedì), hanno rivelato che non vi è più alcuna traccia di contaminazione», sottolinea la stessa fonte Edf.

Questo incidente nell’Isere avviene dopo quello del 7 luglio nella centrale nucleare di Tricastin, regione di Vaucluse, e quello del 18 luglio della centrale di Romans-sur-Isere, nella Drome.

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Pubblicato il: 21.07.08
Modificato il: 21.07.08 alle ore 19.36

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=77335

Umbria Olii, fiaccolata contro la vergogna

campello sul clitunno, lavoro, morti bianche

Fiaccole accese, come la speranza che questa triste storia non finisca così. Sabato 19 luglio a Campello sul Clitunno erano in tanti a marciare silenziosamente per ricordare la tragedia che un anno fa ha ucciso quattro lavoratori. È una storia di morti bianche, ma questa ha un po´ d´amaro in più. Già perché la Umbria Olii, l´azienda in provincia di Perugia dove un silos esplose uccidendo quattro persone, ha chiesto alle famiglie dei lavoratori morti un risarcimento danni: a uccidere, sostengono, non fu la mancata sicurezza della ditta, ma un errore dei lavoratori.

Una vergognosa vicenda che sabato si è voluta ricordare con una fiaccolata partita dal sagrato della chiesetta di Santa Maria di Campello e giunta fino ai cancelli dell´azienda che non vuole responsabilità: tre chilometri percorsi al buio, in nome di Giuseppe Colletti, Wladimir Todher, Maurizio Manili, Tullio Mottini. Al corteo c´è anche l´ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, che ci tiene a ricordare il Testo unico approvato dal governo Prodi, «una legge equilibrata, una legge necessaria, che le imprese vorrebbero tuttavia cancellare e invece bisogna difendere, perchè le morti sul lavoro non sono una fatalità incontrastabile ma il risultato di omissioni, di mancati controlli, di una distorta e colpevole noncuranza, di mancanza di rispetto dei lavoratori e del lavoro stesso”.

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campello sul clitunno, lavoro, morti bianche

Parole che dovrebbero far riflettere i titolari della Umbria Olii che, da indagati per omicidio, chiedono 35 milioni di euro. Giorgio Del Papa, amministratore delegato della società, ha formalmente avanzato la richiesta di risarcimento danni presso la Procura di Spoleto. Secondo lui, infatti, la colpa dell´incidente non è dell´azienda – che sapeva del gas esplosivo contenuto nei silos e non ha avvertito nessuno – ma degli operai che l´hanno fatto scoppiare usando la fiamma ossidrica. Era sabato, ha il coraggio di aggiungere Del Papa, gli operai avevano fretta di finire.

Pubblicato il: 21.07.08
Modificato il: 21.07.08 alle ore 19.41

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=77320