Archivio | dicembre 12, 2008

FILM INCHIESTA – Genova, quelli che l’hanno fatta franca


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sabato 13 dicembre in allegato a l’Unità
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di Paola Zanca
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Hanno fatto un golpe, e l’hanno fatta franca. Per tre giorni di luglio, a Genova, la Costituzione italiana è diventata carta straccia. A farla a pezzi fu il governo Berlusconi. E chi ha scelto di non sapere cosa è successo davvero sette anni fa. Provano a farlo ora Beppe Cremagnani, Enrico Deaglio e Mario Portanova in un film-inchiesta che sabato 13 dicembre esce in allegato a l’Unità. «G8 2001. Fare un golpe e farla franca». Titolo forte. Ma ad ascoltare quelle voci, per nulla eccessivo.

Perché le questioni in ballo non sono solo quelle su cui la magistratura ha cercato – con i risultati che conosciamo – di indagare. Ci sono questioni che probabilmente non hanno rilevanza giudiziaria, ma che hanno risvolti politici per nulla inferiori alla questione morale di cui si dibatte in questi giorni.

«G8 2001. Fare un golpe e farla franca», spiega uno degli autori, Beppe Cremagnani, «è il primo tentativo di ricostruire la catena di comando che va dalla piazza e arriva fino ai vertici più alti della politica». Nomi e cognomi: Gianfranco Fini, nel luglio 2001 vicepresidente del Consiglio. Considerando che il presidente Berlusconi in quei giorni era chiuso nell’enclave della zona rossa, Fini era in quel momento capo effettivo del governo. Ed esercitò per dieci ore le sue funzioni dalla caserma dei carabinieri di Genova. Insieme a lui, un altro uomo di An, Filippo Ascierto, che in quella caserma ci rimase addirittura due giorni. Il generale Nicolò Bozzo, allora capo della polizia municipale di Genova, ma in passato a capo dell’antiterrorismo al Nord, non ricorda di aver mai visto un episodio simile in tutta la sua carriera.

Fatti mai visti, come le botte da orbi che volarono in quei giorni. Indiscriminatamente. L’episodio più eclatante è quello del pestaggio alla Diaz: fuori da quella scuola c’erano i vertici della polizia, gente che ha fatto centinaia di perquisizioni. Ma, ricorda Cremagnani, «non s’è mai visto un mafioso uscire da un blitz con un occhio nero».

Per capire che tutto questo rispondeva a una «logica militare golpista», basta guardare a come ci si è organizzati: 18 mila poliziotti schierati, tre carceri svuotate per fare posto a cinquemila possibili arresti, duecento body bags (sacchi per cadaveri) comprate, un ospedale attrezzato a camera mortuaria, un decreto che sospendeva ogni possibilità di colloquio tra i fermati e i loro legali.

La mattanza di Genova, dice Enrico Deaglio, «è stata preparata e poi è stata attuata». Il punto è che nessuno ha avuto voglia di capire perchè: «I partiti politici – dice ancora Deaglio – hanno liquidato la vicenda in poche battute. Non si è nemmeno riusciti a fare la commissione parlamentare d’inchiesta. E Antonio Di Pietro, quello che ora la chiede a gran voce, nel passato governo ne fu un tenace affossatore. Sembra che gli unici che ancora la chiedono siano quelli di Famiglia Cristiana».

«G8 2001. Fare un golpe e farla franca» riapre una ferita che fa ancora paura. Con la crisi economica, avvertono gli autori, si avvicinano inevitabilmente momenti di tensione sociale. Il governo, e chi è rimasto impunito, potrebbe avere bell’è pronto un modello collaudato a cui ispirarsi. E magari farla franca un’altra volta.
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10 dicembre 2008

fonte: http://www.unita.it/index.php?section=news&idNotizia=74077

Epifani: il peggio deve ancora arrivare

Guglielmo Epifani

Guglielmo Epifani


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“Il peggio deve ancora arrivare”. Lo ha detto, parlando dal palco in piazza Maggiore a Bologna, il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani che, riferendosi alla crisi economica, ha ricordato i 400.000 in cassa integrazione e ha sottolineato come lo sciopero del 50% alla Fiat Mirafiori “dimostri quale forza, dignita’ e unita’ abbiano quei lavoratori nell’affrontare la crisi”.

“Un padre di famiglia farebbe di tutto per un figlio che se la passa male, magari indebitandosi un po’. Il governo non mette una risorsa in più di fronte alla crisi. La Gran Bretagna 20 mld la Francia 26 la Spagna 13, non parliamo degli Usa, perchè non mettere nulla?”

“Abbiamo posto al centro della piattaforma una vera riforma degli ammortizzatopri sociali, perchè i precari che sono entrati nel mondo del lavoro non hanno alcun diritto e alcuna tutela, sono stati usati perchè costavano emno e ora sono stati scaricvati. Ci hanno detto che siamo garantisti. Non è vero, noi pensiamo agli ultimi a quelli che perdendo il lavoro non avranno nulla, non possiamo avere misure che entreranni in vigore l’anno prossimo.
Non si poteva detassare la tredicesima per i lavoratori e i pensionati per dare un segno al paese? Perchè non gli viene riconosciuto un diritto…
Quando il presidente del Consiglio Berlusconi dice “consumate”, lo sa che ci vogliono due condizioni per spendere: i soldi e un po’ di certezza…
E i pensionati? su 10 che dovevano prendere la social card solo 2 la prenderanno”.

Davanti a questa crisi bisogna avere un progetto, è questo quello che chiediamo al governo
Confindustria avrebbe bisogno di un governo che aiuti l’industria ad attraversare la crisi, altrimenti il nostro paese arretrerà e i lavoratori, i giovani, gli anziani saranno quelli che pagheranno. Con i salari bassi non si esce dalla crisi, ha aggiunto Epifani.

Epifani si è detto convinto che la la durezza della crisi costringerà il governo a fare sul serio e a quel punto sarà costretto a chiamare in causa la Cgil, “perchè le nostre proposte vanno nella direzione del bene del Paese”.
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12 dicembre 2008

fonte: http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsId=89398

Tra caos, sofferenza e paura gli ultimi giorni tristi di Alitalia


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INCHIESTA/ Pioggia di lettere che annunciano la cassa integrazione. Scelte senza logica. Il timore e il disagio dei lavoratori di fronte un’azienda in piena autodistruzione.

In una settimana, due hostess si sono suicidate: non si può collegare i loro gesti alla situazione, ma il clima, di certo è seriamente deteriorato
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di MASSIMO RAZZI
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ROMA – Le lettere dell’Alitalia che annunciano la cassa integrazione arrivano a pioggia, senza senso e senza una spiegazione. Le ricevono l’assistente di volo vicino alla pensione, ma anche la coppia sulla quarantina o il pilota giovane appena passato comandante: “Sembra che lo facciano apposta, sembra che oltre a toglierci il lavoro debbano anche umiliarci – dice A. U., hostess con una ventina d’anni di anzianità – Io non l’ho ricevuta, ma altri che hanno la mia stessa età e anzianità, sì. E allora, le voci girano, tutti fanno congetture, si fanno domande, si chiedono il significato…”.

“Il significato non c’è – spiega Paolo Marras, della segreteria nazionale Sdl, uno dei sindacati degli assistenti di volo che non hanno firmato l’accordo con Cai – Anche noi stentiamo a trovare una logica in tutto questo. E’ l’intera procedura sulla cassa integrazione che è sbagliata. D’altra parte, è figlia dell’assoluta genericità dell’accordo di novembre che dice: ‘l’azienda, progressivamente, collocherà in cassa integrazione il personale utilizzando, ove possibile, il criterio di rotazione…”. Le lettere, dunque, arrivano da martedì 9 dicembre e quasi nessuno riesce a capire se saranno le ultime: se significano il preludio del licenziamento, o se servono solo a far fronte alla riduzione dell’operatività (il taglio dei voli) che la compagnia sta attraversando in questi giorni. “Ci voleva poco – aggiunge Marras – a spiegare, nelle stesse missive o in un comunicato a parte, il senso di questo modo di agire”. Ieri, un centinaio di dipendenti dell’Alitalia ha occupato gli uffici del personale per avere delle risposte dirette. “Hanno detto che le lettere riguardano solo l’operatività e non hanno altro significato. Ma vallo a spiegare alla gente…”.

Effettivamente, le buste che sono arrivate a diverse centinaia di lavoratori contengono brevi testi che si limitano a comunicare: “a partire da… lei è in cassa integrazione. Distinti saluti, il commissario Augusto Fantozzi”. Le altre lettere, quelle delle eventuali assunzioni alla Cai, non sono ancora partite. Si lavora, dunque (o si sta a casa), in un limbo, come sospesi.

Lettere appena un po’ più articolate, con qualche riferimento all’attività svolta e ai diritti maturati e un augurio “per il prosieguo della sua attività professionale” sono arrivate da un giorno all’altro, a 45 manager dell’azienda. E da un minuto all’altro questi dirigenti hanno avuto il “pass” aziendale disattivato e sono stati accompagnati alla porta da un uomo della sicurezza.

“La gente – spiega A. U. – vive da mesi in uno stato di tensione continua. Prima ci hanno detto che eravamo la rovina della nazione. Non è così: abbiamo lavorato tanto e fatto sacrifici per questa azienda… Ma nessuno ci crede. Poi, a poco a poco, siamo precipitati nel baratro: le promesse elettorali, gli errori del sindacato… Tutto pagato solo da noi, sulla nostra pelle”.

Pelle che, adesso, brucia. Si vive con la paura, il clima è pesante. In volo e nei trasferimenti, non si parla d’altro. Le regole, intanto, sono già cambiate. Non c’è ancora un nuovo accordo contrattuale, ma Alitalia (ormai eterodiretta da Cai) applica criteri molto più pesanti: “Utilizzano gli standard minimi europei – spiega A. U. – , quelli al di sotto dei quali non possono volare senza perdere le licenze. Sugli MD80 e sugli Airbus 320 si vola anche con due o tre persone in cabina. Prima eravamo in quattro. Sono livelli da compagnia ‘low cost’, non da compagnia di bandiera…”.

Chissà quanto è pesata la paura del futuro e dell’ignoto nelle scelte estreme di B.B. una hostess romana di 39 anni e di F. P. una sua collega genovese. Entrambe si sono suicidate nel giro di una decina di giorni (il secondo caso è dell’altro ieri). Nessuno osa collegare direttamente i loro gesti con la crisi della compagnia, ma tutti, parlandone a bassa voce tra un volo e l’altro, fanno ragionamenti tanto ovvi quanto agghiaccianti: “Ne discutevamo ieri con dei colleghi – racconta A. U. – Ci guardavamo, cercavamo di capire. E’ vero, nessuno può dir nulla di quello che succede nella testa e nel cuore di una persona… di quello che ti porta a una scelta così. Ma tutti eravamo d’accordo che se uno ha dentro una grossa fragilità, una sofferenza, un dolore personale; se uno sta male, tutto questo che sta accadendo a noi e intorno a noi può diventare una spinta importante, se non determinante a un gesto così grave e terribile”. Oltre, nessuno si sente di andare, ma qualcuno dovrà cominciare a pensare se due suicidi in dieci giorni in una categoria di poche migliaia di persone unite da un destino drammatico, sono ascrivibili alla normalità.

La normalità, all’Alitalia, se n’è andata da tempo. Con i turni di dicembre, ad esempio: uguali per tutti; tutti di “riserva”. Il programma dei voli di dicembre, dunque, non esiste. La compagnia non è stata in grado di assegnare un solo lavoratore a una tratta: “Di giorno in giorno ti chiamano e ti dicono cosa farai domani – spiega A. U. – se volerai, dove andrai, se sarai di riposo. Impossibile programmare alcunché nella propria vita. Se hai dei bambini, non sai nemmeno se domani potrai accompagnarli a scuola”. E pensare che in altre compagnie europee, il dipendente può collegarsi da casa al sistema aziendale, verificare i suoi voli, proporsi, se gli conviene per tratte e orari che preferisce. In Alitalia non è mai stato così: “Hanno sempre voluto gestire turni e orari come una riserva di potere senza che i dipendenti potessero avere voce in capitolo in modo trasparente. Così anche questo è diventato oggetto di favori, di scambi, di clientele”. E favori, scambi, clientele sono sicuramente fra le cause della morte della compagnia.

Ai lavoratori tutto questo suona come una punizione inutile: “Perché – spiega ancora A. U. – una persona può fare i conti con la perdita del posto di lavoro, può elaborarla come si fa con un lutto. Ma se a tutto questo si aggiungono fatti incomprensibili, caos, disorganizzazione e umiliazioni e se tutto continua ormai da mesi, allora uno non capisce più niente e comincia a perdere anche autostima, a chiedersi cosa ha fatto di male per meritarsi una punzione così”.

“Vede – conclude Marras – questa non è una ristrutturazione industriale… E’ un disastro, un disastro aereo è l’esplosione di un’azienda. Noi cerchiamo di informare la gente, diciamo a tutti di non attribuire alcun valore definitivo alle lettere di cassa integrazione, di restare uniti, per quanto possono…. E speriamo, perché Cai, alla fine, si accorgerà che i 12.689 assunti non basteranno per la piena operatività e dovranno cominciare ad prendere gente dai cassaintegrati e dai precari”.
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12 dicembre 2008

fonte: http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/economia/alitalia-36/dramma-e-caos/dramma-e-caos.html

LAVORATORI STRANIERI -Flussi 2008, al via da lunedì. Ecco la procedura via web

Lavoratori stranieri in fila per il rinnovo del permesso di soggiorno

Lavoratori stranieri in fila per il rinnovo del permesso di soggiorno


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LA GUIDA
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di VLADIMIRO POLCHI
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ROMA – Guai a chiamarlo “clic day”, ma il prossimo 15 dicembre è comunque una data da annotarsi: a partire da lunedì (e fino al 3 gennaio 2009) i datori di lavoro stranieri, che vogliono partecipare ai flussi 2008, dovranno riconnettersi al sito internet del Viminale. Il nuovo decreto apre infatti ai datori di lavoro italiani, ma impone alcuni limiti a quelli extracomunitari. Perché? Il Governo vuole evitare regolarizzazioni “di comodo”: nel 2007 su 420mila domande d’assunzione di colf e badanti, oltre la metà erano di lavoratori stranieri.

Un passo indietro: il decreto flussi 2008, firmato il 3 dicembre scorso dal presidente del Consiglio e pubblicato in Gazzetta il 10 dicembre, apre le porte a 150mila lavoratori extracomunitari (dovevano essere 170mila). Ma attenzione: il nuovo decreto ripesca tra le domande già presentate. La selezione delle pratiche terrà cioè conto delle richieste dei datori di lavoro pervenute agli sportelli unici per l’immigrazione entro il 31 maggio 2008 e relative al decreto flussi 2007.

Le nuove quote riguardano 105.400 lavoratori domestici o di assistenza alla persona (nel precedente decreto erano 65mila i posti riservati a colf e badanti) e 44.600 lavoratori provenienti dai 14 Paesi, che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con l’Italia.
Come si partecipa al nuovo decreto? La guida completa verrà pubblicata domenica sul settimanale Metropoli, in vendita con Repubblica.

I datori di lavoro italiani e comunitari non dovranno fare nulla: le loro domande saranno tutte ammesse alla valutazione senza necessità di conferma. Diverso il caso dei datori di lavoro extracomunitari. Verrà infatti ripescato solo chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti (o ne abbia fatto richiesta entro il 10 dicembre, data di pubblicazione del decreto in Gazzetta): la vecchia carta di soggiorno (cartacea o elettronica); il nuovo permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; la carta di soggiorno rilasciata ai cittadini stranieri familiari di cittadini comunitari. Per quanto riguarda invece le domande presentate dalle persone giuridiche (cioè società e aziende) con sede in Italia, i cui legali rappresentanti sono extracomunitari, queste verranno ripescate indipendentemente dal titolo di soggiorno da questi posseduto.

Vediamo passo passo la nuova procedura:
1. Nessuna fretta, innanzitutto: il datore di lavoro extracomunitario in possesso di uno dei titoli di soggiorno elencati, deve confermare entro venti giorni a decorrere dal 15 dicembre prossimo (e cioè entro le ore 24 del 3 gennaio 2009) la propria domanda d’assunzione.

2. Per far questo, deve accedere al sito internet del ministero dell’Interno (http://www.interno.it) dove troverà un link al servizio di conferma. Basta un personal computer collegato alla rete, senza istallare alcun programma specifico.

3. Qui, il datore di lavoro straniero troverà due moduli: nel primo deve riportare i dati della domanda da confermare, desumibili dalla ricevuta d’invio 2007 (codice identificativo di 12 caratteri alfanumerici e codice verifica di 32 caratteri alfanumerici).

4. In presenza di entrambi i codici, accederà al secondo modulo dove dovrà inserire gli estremi del titolo di soggiorno posseduto. Terminata la procedura riceverà una conferma telematica con codice di riferimento della pratica. Rimangono valide le intese raggiunte con associazioni e patronati, dai quali dunque ci si potrà eventualmente fare aiutare.

Sia ben chiaro: non saranno esaminate le domande presentate da datori di lavoro extracomunitari in possesso del solo permesso di soggiorno.
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12 dicembre 2008

fonte: http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/politica/sicurezza/guida-decreto-flussi/guida-decreto-flussi.html?rss

Grillo: “Umberto Garibaldi, l’antifederalista”

Il Bossi-Garibaldi secondo Grillo

Il Bossi-Garibaldi secondo Grillo


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Bossi è l’erede di Giuseppe Garibaldi. Il suo vero sogno è uno stato nazionale, centralista, magari un po’ fascista. Quando racconta la storia dei Comuni pensa in realtà a Giulio Cesare e alle glorie dell’Impero Romano. Va a Pontida negli incontri pubblici, ma in privato visita i Fori Imperiali e si reca in gita a Predappio.
La Lega è un partito federale, ma solo in periodo elettorale. Passata la festa, gabbato il valligiano bergamasco. Bossi è più furbo di Andreotti, più calcolatore di Gelli, più panzanaro dello psiconano. Un grande Padre della Patria. Si merita una statua equestre in piazza Venezia. Ha fatto più la Lega per l’affermazione di Roma Caput Mundi e dell’unità nazionale che ogni altro partito apparso in Italia, a parte il fascismo. Il Duce diceva cosa voleva fare e spesso non ci riusciva, il Senatùr dice il contrario di quello che farà e ci riesce sempre. Una mente superiore.
Da quando la Lega è al Governo, in meno di un anno, ha ottenuto risultati strepitosi per il federcentralismo:

– ha eliminato l’Ici, unica vera tassa federale, per i Comuni
– ha privatizzato l’acqua, che passa in gestione dai Comuni alle concessionarie e alle multinazionali
– ha tolto alle Regioni il potere di decidere in materia di politica ambientale
– ha permesso la creazione di una nuova base militare statunitense a Vicenza (“Padroni a casa nostra”) con la proibizione di un referendum indetto dal Comune
– non ha eliminato i Prefetti, ma ha militarizzato le città con l’esercito
– ha tolto alle Università del Nord, ad esempio 40 milioni di euro al Politecnico di Milano, per dare 150 milioni al Comune di Catania e 500 milioni al Comune di Roma, per evitare il fallimento
– ha ignorato la presenza di 90 testate atomiche statunitensi a Ghedi Torre nel Bresciano e a Aviano in Friuli
– ha aumentato i costi della politica
– ha lasciato che 8/9 miliardi di euro di fondi europei OGNI ANNO (soldi interamente versati con le nostre tasse) vadano a Calabria, Campania e Sicilia senza nessun controllo. E chi vuole controllare che non finiscano ai partiti e alla criminalità organizzata, come Luigi De Magistris, viene trasferito.

Le camicie rosse di Garibaldi hanno fatto l’Italia, le camicie verdi di Bossi l’hanno strafatta.
Se dopo alcuni mesi di governo della Lega lo Stato centralista e romano si è rafforzato in questo modo, cosa ci riserva il futuro? La tassa federale per il Nord e gli sgravi fiscali per la mafia?
E’ il federalismo che traccia il solco, ma è la poltrona che lo difende!
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10 dicembre 2008

fonte: http://www.beppegrillo.it/2008/12/umberto_garibal.html

INQUINAMENTO – La Liguria nella top ten della C02


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La medaglia d’oro all’impianto industriale più inquinante d’Italia spetta alla centrale termoelettrica di Brindisi Sud con 14.198.000 tonnellate (equivalenti) di CO2 emesse nel 2007, ma casi simili sono diffusi in tutta la penisola e l’associazione Medici per l’Ambiente Isde Italia, oggi a Genova in convegno nazionale, è scesa in campo per sensibilizzare l’opinione pubblica circa i rischi dell’inquinamento sulla salute.

Medaglie d’argento e bronzo per inquinamento industriale vanno a Taranto, con le 10.620.000 tonnellate di CO2 emesse nel 2007 dallo stabilimento Ilva e le 9.502.000 tonnellate prodotte dalla centrale termoelettrica della città pugliese. A seguire le raffinerie Saras di Sarroch con 6.259.000 tonnellate di CO2 esalate nell’ambiente l’anno, le centrali termoelettriche di Montalto di Castro e Fiumesanto, rispettivamente 4.582.000 e 4.314.000 tonnellate e la raffineria di Gela con 3.875.000.

Chiudono la classifica al nono e decimo posto le centrali termoelettriche di Vado Ligure e La Spezia con 3.824.000 e 3.665.000 tonnelate di CO2. «Malattie cardiovascolari, problemi respiratori, allergie, tumori e varie patologia sono riconducubili a questo inquinamento – ha spiegato il coordinatore nazionale-ricerca Isde Italia Vincenzo Migaleddu – usando poi carbone e fonti fossili per produrre energia l’impatto sulla salute si moltiplica». Nell’immediato si tratta di arginare i pericoli prodotti dalle sostenze inquinanti più velenose: «Emissioni nell’ambiente di benzene, particolato, diossine o arsenico provocano danni all’uomo – ha affermato il coordinatore -. Anche la CO2 gioca un ruolo fondamentale». L’anidride carbonica non è invece pericolosa in sé, ma contribuisce ad aumentare l’effetto serra ritenuto la principale cause del global warming.

Medici per l’Ambiente Isde Italia, associazione internazionale riconosciuta dall’Onu fondata nel 1990 dal dottor Roberto Romizi insieme al collega svizzero Werner Nussbaumer e presente in 35 Paesi del mondo a fine 2008, si è proposta di sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi sanitari provocati dai grandi impianti industriali.

Altri temi di discussione del convegno nazionale di Genova sono stati la presenza di diossina negli alimenti, l’inceneritore di Brescia e le biotecnologie sempre più impiegate in agricoltura.

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11 dicembre 2008

fonte: http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/italia_e_mondo/2008/12/11/1101941933130-liguria-top-ten-c02.shtml