Archivio | giugno 16, 2009

Lite sul bus, anziano accoltella straniero

L’immigrato è stato già dimesso dall’ospedale. Ma ora sarà espulso in quanto clandestino

Marocchino colpito all’addome con un paio di forbici: era intervenuto per cercare di sedare una discussione

.

BERGAMOIl conducente di un autobus di linea è stato costretto a fermarsi e a chiamare la polizia, ieri notte, dopo una lite tra passeggeri, che si è conclusa con il ferimento di un giovane marocchino di 33 anni. L’aggressore è un anziano di 71 anni, bergamasco, che – in preda a un raptus – lo ha colpito con due fendenti all’addome.

L’AGGRESSIONE Il fatto è successo intorno alle 23.30 in via Baioni, a bordo di un autobus della linea 9. Secondo le testimonianze raccolte dalle forze dell’ordine, l’anziano ha discusso prima con un sudamericano, poi se l’è presa con il magrebino che nel frattempo aveva cercato di calmarlo. A quel punto l’uomo ha afferrato un paio di piccole forbici e ha iniziato a dare in escandescenza, danneggiando alcuni sedili e poi colpendo l’immigrato all’addome. Due passeggeri lo hanno afferrato e disarmato, in attesa dell’arrivo delle volanti della polizia. L’aggressore è stato denunciato a piede libero per lesioni. Il marocchino è stato dimesso questa mattina dall’ospedale e portato in questura. Si tratta infatti di un clandestino, che ora dovrà essere espulso.

Fonte: il Corriere della Sera

proprio un bel ringraziamento al senso civico di questo “clandestino”… e un bellissimo esempio per i nostri figli: lascia che si scannino, sennò ci vai di mezzo tu. Iscriverei l’arzillo vecchietto alle ronde: lo spirito è quello giusto. SIC. elena

Roma, la protesta dei terremotati: In 1000 alla Camera gridano: “Buffoni”

E il Tg1 oscura la protesta

La manifestazione fuori da Montecitorio
I comitati chiedono più trasparenza nelle scelte del governo

Tanti gli slogan dei Comitati: “Forti e gentili sì, fessi no!”
I sindaci: “Vogliamo fatti, non promesse”

.

Roma, la protesta dei terremotati In 1000 alla Camera gridano: "Buffoni"La tenda montata a
Montecitorio dagli studenti

.

ROMA – E’ arrivata a Montecitorio per il sit-in dimostrativo, la marcia degli sfollati delle tendopoli dell’Aquila, che protestano proprio nel giorno in cui la Camera deve approvare il decreto legge sull Abruzzo.

Slogan e proteste. Senza bandiere di partito e scandendo vari slogan tra cui “forti e gentili sì, fessi no!”, “100% ricostruzione, partecipazione e trasparenza” e “Buffoni, buffoni”, 1000 aquiliani dei Comitati dei cittadini sono arrivati a Roma con 20 pullman partiti questa mattina alle 9 e 30 da Collemaggio. Presente anche un grande striscione con la scritta: “Case, scuole, Università. Subito. Contro la speculazione ricostruzione dal basso”. Ad imitazione delle tendopoli, alcuni ragazzi montano tende da campeggio sotto l’obelisco che domina la piazza. Sono scesi in piazza anche gli studenti dell’Onda che chiedono che a occuparsi della ricostruzione non sia Impregilo poiché fu proprio “la stessa azienda a costruire l’ospedale che poi crollarono”.

Le richieste.
Gli organizzatori hanno chiesto garanzie sulla riparazione dei danni causati dal terremoto, la riapertura del centro storico, risorse adeguate per risarcire gli imprenditori che hanno avuto le imprese distrutte o danneggiate e un maggiore coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte della ricostruzione.

Il Pd presente. Alla manifestazione erano presenti alcuni parlamentari del Pd e dei radicali, Legambiente,il sindaco di L’Aquila, Massimo Cialente, il presidente della Provincia Stefania Pezzopane e molti dei sindaci delle città colpite dal terremoto, che hanno chiesto che le promesse vengano messe “nero su bianco”. La vicepresidente della Camera, Rosy Bindi ha raggiunto il sit-in dei terremotati per esprimere la sua solidarietà e ha detto: “Non sono più venuta perché in campagna elettorale non volevo strumentalizzare le vostre difficoltà. Ma, dopo i ballottaggi – ha detto la Bindi -, vi assicuro che verrò una volta alla settimana nelle tendopoli de L’Aquila e a Pescara dagli sfollati”.

Il presidente della regione, Gianni Chiodi, ha invece invitato gli aquilani “ad avere piena fiducia nell’operato del governo, che sta cercando di venire incontro a tutte le esigenze e alle necessità legate alla fase della ricostruzione”.

Blackout del Tg1. Ma evidentemente i motivi della protesta non erano abbastanza importanti per il Tg1 che ha mostrato un servizio sulla ricostruzione della casa dello studente per opera della regione Lombardia del governatore Roberto Formigoni. Per il Pd ha protestato Lanfranco Tenaglia che ha detto: “Nel giorno in cui si sta svolgendo la marcia degli sfollati delle tendopoli dell’Aquila, conclusa con un sit-in a Montecitorio, il Tg1 sceglie di parlare del terremoto in Abruzzo con un servizio sulla ricostruzione della Casa dello studente, certamente una buona notizia ma riferita con stile celebrativo, e con tanto di intervista, al presidente della regione Lombardia Formigoni. Gli avvenimenti in corso a Roma sono stati invece del tutto ignorati”. Tenaglia ha poi aggiunto: “”Ci avevano
raccontato che con un giornalista a tutto tondo come direttore il Tg1 aveva scelto la strada dell’informazione pura, scomoda e senza compromessi. Tutto ciò, invece, non sta avvenendo e avviene anzi il contrario”.

.

16 giugno 20069

fonte:  http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/cronaca/sisma-aquila-11/proteste-parlamento/proteste-parlamento.html?rss

Bertinotti e il grande Pd, l’ultima trovata

In un’intervista a “La Stampa” e poi sui “Rai News 24” Fausto Bertinotti lancia una grande novità, a sentire i commentatori

https://i0.wp.com/www.cpgb.org.uk/worker/567/bertinotti.jpg
.

In estrema sintesi questa grande novità sarebbe la costituzione di un nuovo partito della sinistra che metta insieme tutta l’opposizione dal Pd all’Idv, ai radicali a Vendola al Prc, al Pdci, ai Verdi cioè, secondo lui, tutti quelli che si sentono più o meno di sinistra. E aggiunge, «abbiamo perso tutti in Italia e in Europa. Queste elezioni sanciscono la fine della sinistra novecentesca dai comunisti, ai socialisti, ai socialdemocratici». L’onda lunga del 1989 ha cancellato dalla storia «recinti, simboli, vecchie ideologie».

E’ il momento di ripartire da zero e di ricostruire un nuovo partito di sinistra (sic) che cancelli tutte le storie e ne reinventi una nuova. Come in qualche modo ha fatto Berlusconi e la destra. Fin qui Bertinotti e la sua ultima trovata. Ma a ben guardare non è una trovata. E’ qualcosa di peggio e di diverso. E’ l’ultimo atto di una “lunga marcia”di ritorno a casa, dopo aver percorso con grande spregiudicatezza tutti i sentieri. Compresi quelli del massimalismo di stampo vetero socialista, del movimentismo, della “torsione” istituzionale, fino a giungere a questa proposta che proprio in contemporanea Giuliano Ferrara lancia, con qualche sfumatura diversa, sul “Foglio”.

In buona sostanza la proposta non è quella di un partito che raccolga tutta l’opposizione – Bertinotti è troppo intelligente per pensare ad una simile operazione – ma semplicemente di portare nel Pd ciò che resta della sinistra lanciando un’ipotesi di grande Pd che annetta la sinistra. Questa ipotesi va rispedita al mittente senza aprire la busta. Chi vuole ritornare a casa lo faccia. Senza tante motivazioni forbite. Noi non ci sentiamo cancellati dalla storia. Proseguiamo un cammino, certo difficile ma senza alternative: la ricostruzione di una grande forza comunista di classe e di massa.

Le ragioni per la ricostruzione stanno nei bisogni di milioni di lavoratori e nei cuori e nelle intelligenze di milioni di uomini che vogliono continuare a battersi per una società e un mondo di eguali. La crisi, l’arroganza del capitale, l’attacco alla democrazia sono ragioni sufficienti per continuare.

Fonte: Corrado Perna per la Rinascita


Iran nel caos, scontri a Teheran dopo il voto di venerdì – La voce della piazza

Ahmadinejad contestato da Moussavi, l’ayatollah Khamenei ordina inchiesta su presunti brogli

.

Image

La tensione in Iran rimane altissima dopo che venerdì l’esito elettorale ha riconsegnato il mandato presidenziale al leader uscente Mahmoud Ahmadinejad; risultato contestato da Mir Hossein Moussavi, l’ex primo ministro al tempo della guerra con l’Iraq e principale contendente sconfitto.

I disordini scoppiati nel paese sono seguiti alla notizia della vittoria di Ahmadinejad a queste elezioni definite da Moussavi e dai suoi sostenitori «una farsa» ottenuta con brogli e finzioni. Tra sabato e domenica le proteste degli oppositori di Ahmadinejad sono state represse con la violenza dai reparti anti-sommossa dei Pasdaran e da uomini in borghese appartenenti alla polizia o alle milizie Basiji, storico corpo di volontari islamici che, secondo le autorità, può contare attualmente su una forza di nove milioni di persone in tutto il Paese. Il generale Radan, capo della polizia, ha parlato di almeno 170 arresti. In questi giorni si è parlato di vittime, ma il numero di morti e feriti non è ancora ufficiale.

La repressione si abbatte anche sull’informazione con le forze di sicurezza che hanno impedito alle televisioni straniere di riprendere le immagini degli incidenti. Due giornalisti della televisione pubblica olandese sono stati arrestati ieri e rilasciati oggi e due giornalisti belgi sono stati fermati per un’ora, tutti perché filmavano gli scontri. Agli inviati delle televisioni tedesche Zdf e Ard è stato impedito di lavorare, una troupe spagnola della televisione pubblica Tve è stata invitata a lasciare immediatamente il Paese mentre la Bbc denuncia l’oscuramento del suo segnale. La scure della censura si è abbattuta soprattutto sul giornale di Moussavi, Kalameh Sabz, che è stato messo al bando dopo che la polizia ha fatto irruzione nella sede e sigillato l’edificio.

Dopo l’incontro tra il candidato sconfitto e l’ayatollah Ali Khamenei, che lo ha invitato ad «agire con calma, seguendo le vie legali», la suprema guida iraniana ha ordinato al Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, considerato il pilastro della teocrazia iraniana, di aprire un’inchiesta su eventuali brogli e irregolarità contestati dal candidato riformista. Lo stesso Moussavi aveva già presentato un ricorso allo stesso consiglio, che rappresenta l’autorità ultima incaricata di confermare la validità di qualsiasi scrutinio.

Intanto l’agenzia d’informazione Ghalam riferisce che Moussavi ha annunciato la sua partecipazione alla marcia di protesta contro i presunti brogli, contravvenendo all’indicazione del ministero dell’Interno, che aveva vietato la manifestazione, dichiarando «illegale» ogni raduno pubblico nelle strade di Teheran. Il leader riformista, confermando la sua presenza, ha invitato la popolazione alla calma. Sempre secondo l’agenzia Ghalam, alla manifestazione di protesta dovrebbe partecipare anche Mehdi Karroubi, candidato moderato appartenente alla schiera del clero sciita.

fonte: Federica Labanca per la Rinascita

* * *

Intervista a uno degli studenti che guida la protesta di piazza contro la vittoria elettorale di Ahmadinejad

.

In diretta dal corteo. Un mare di persone, in barba al divieto di manifestare, sono scesi in strada a Teheran, da piazza Azadi fino a piazza Imam Hussein. Mirhussein Mousavi, il leader dell’opposizione al presidente Ahmadinejad, sembrava intenzionato a sospendere il corteo in risposta all’invito della Guida Suprema della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei che ha promesso un’inchiesta indipendente. Risponde alle domande di PeaceReporter Alireza Mazaheri Moghadam, uno degli studenti che si sono impegnati nelle proteste in prima persona rischiando molto.

Quando e come avete deciso di scendere in piazza?
Beh, subito dopo il primo annuncio dei risultati. L’avevamo detto prima delle elezioni: non saremmo rimasti indifferenti ai brogli. Quindi siamo subito usciti per sostenere sia il nostro voto che il nostro candidato preferito la cui vittoria era più che scontata.

.

Il movimento ha una guida unificata o si muove in modo autonomo?
E’ assolutamente autonoma. Da venerdì sera ogni iraniano é praticamente diventato un media autonomo. Siamo noi che usiamo ogni mezzo possibile per diffondere le notizie che abbiamo. Se si riferisce alla manifestazione di oggi, devo dire che abbiamo saputo tutti dell’invito di Mousavi. Al contrario di quello che é successo nella cosiddetta festa per la vittoria di Ahmadinejad, la riunione di oggi é spontanea.

Che notizie avete dei brogli e come le avete verificate?
Sin dal primo momento il ministero dell’Interno ha cominciato a fare una dichiarazione ogni cinque milioni di voti. Avrebbero dovuto annunciare il risultato definitivo entro le 10 ora locale, ma ancora oggi non abbiamo visto il comunicato ufficiale del ministero. Ci sono delle statistiche, ma chi conosce il minimo di matematica riesce a capire che é impossibile diffondere dati del genere. Abbiamo poi le indiscrezioni girate attraverso alcuni funzionari del ministero secondo le quali i primi due vincitori sono Mousavi e Karroubi.

Quanti sono i morti? E gli arresti?
A Teheran si parlano più di 10 morti e 170 arresti. Il comandante della polizia di Teheran ha detto che tra gli arrestati ci sono dei criminali, ma figuriamoci, e’ possibile che gli iraniani seguano i ladri e criminali?

Credi che le manifestazioni vadano oltre il risultato elettorale?
Si manifesta solo per il voto o per un malcontento generale?

Nonostante tutto il malcontento che esiste, questa volta la protesta é solo perché la gente ha visto come hanno raggirato tutto in meno di un’ora.

Avete fiducia nell’inchiesta promessa da Khamenei?
No. Perché é difficile che poi il Consiglio dei Guardiani agisca in modo imparziale. E’ impossibile che annullino le elezioni. Quindi le parole di Khamenei sono semplicemente un tentativo per placare le acque.

Cosa rispondete a coloro che dicono che ci sono ingerenze straniere nel movimento?

La parola ‘nemico’ é ormai diventato un cliché. Ogni forma di opposizione per loro é guidata dal ‘nemico’ che non si sa mai chi è esattamente. Ma questa volta come abbiamo visto che gli Stati Uniti non hanno ancora commentato la vicenda. Se il nemico é Washington, questa volta guarda tutto in silenzio. Se invece é Israele sappiamo che si é detto compiaciuto della vittoria di Ahmadinejad.

Ritenete che il governo possa aver infiltrato i cortei per causare incidenti e giustificare la repressione?

Il governo ha paura delle manifestazioni massicce perché mettono in dubbio la legittimità della Repubblica Islamica dell’Iran. Le manifestazioni ricordano i giorni della rivoluzione. Fino a poco fa la repressione disperdeva la gente. Questa volta non ci sono riusciti. Speriamo che la nostra protesta porti dall’obiettivo che vogliamo. Ora siamo in centinaia di migliaia a Teheran e vediamo le forze d’ordine che semplicemente ci guardano.

Che fine ha fatto Khatami?
Fino a ieri si pensava che lui insieme a Mousavi e Karroubi fosse sotto arresti domiciliari. Ma oggi sono con noi e protestano insieme a noi. C’è anche suo fratello che avevano arrestato. Ne siamo contenti e continueremo a sostenere il movimento riformista.

Che cosa accadrà adesso?
Noi andremo avanti con la protesta. Aspettiamo intanto per vedere se dopo l’inchiesta ordinata da Khamanei succederà qualcosa. Ma speriamo che non ci deludano come hanno fatto venerdì sera, altrimenti il peggio deve ancora venire.

Fonte: Christian Elia per PeaceReporter

Obama dovrebbe visitare Gaza

Medea Benjamin, leader di Women for Peace, scrive al presidente Usa in occasione della visita in Egitto

.

PeaceReporter - la rete della pace. Quotidiano online e agenzia di servizi editoriali. Storie, dossier, interviste, reportage, schede conflitto, schede paese e buone notizie da tutto il mondo

.

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama dovrebbe visitare la striscia di Gaza per vedere la morte e la distruzione che gli ultimi attacchi di Israele hanno causato.

Obama si recherà all’Università del Cairo il 4 giugno, e con il suo discorso politico è intenzionato a ricucire i rapporti tra Stati Uniti e mondo arabo. Durante il governo Bush molti Arabi si sono rivoltati contro gli Usa per l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq nonché per gli abusi perpetrati a Guantanamo e Abu Ghraib. Ma il problema principale della tensione nei confronti degli Stati Uniti rimane il conflitto tra Israele e Palestina, e ciò che l’opinione pubblica ritiene è che la politica estera statunitense si stia interessando esclusivamente al supporto di Israele.

L’amministrazione Obama ha affrontato in maniera positiva la questione degli insediamenti Israeliani: recentemente Hillary Clinton ha affermato: “[Obama] vuole uno stop definitivo: non vuole nessun insediamento, avamposti, non ammette eccezioni neppure per la crescita di insediamenti spontanei.”

Ma la stessa amministrazione non si è quasi pronunciata sull’invasione devastante di Gaza da parte di Israele. Invasione che ha provocato più di 1400 morti, 400 dei quali bambini. Sembra essere la continuazione di politiche del passato, che condannano la perdita di vite innocenti tra gli Israeliani, ma rifiutano di ammettere la sproporzionata maggioranza di vittime Palestinesi per mano di Israele.

L’invasione Israeliana di Gaza iniziò il 27 dicembre 2008. Obama aveva appena vinto le elezioni, ma il mandato presidenziale non era ancora iniziato. Si pronunciò contro l’attentato terroristico del 26 novembre avvenuto a Mumbai, ma rifiutò di chiamare un ‘cessate il fuoco’ per Gaza, affermando freddamente: “negli affari esteri è particolarmente importante aderire ai principi di un Presidente alla volta”.

Una volta iniziato il mandato, nominò il Senatore George Mitchell come inviato di pace, e lo mandò nei punti chiave del Medioriente come “ascoltatore”. In tutti i punti chiave, eccetto Gaza. Mitchell ritornò per un secondo viaggio alla fine di febbraio, visitando la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, Israele e il West Bank, bypassando ancora una volta Gaza. Lo stesso accadde durante il suo terzo viaggio, in aprile.

Hillary Clinton non ha mai visitato la devastata Gaza. Promise 300 milioni di dollari per la ricostruzione, ma gli aiuti non sono mai arrivati. E mai perverranno, finchè continueranno a trattare soltanto con Mahmoud Abbas e la sua Autorità Palestinese nel Cisgiordania, invece di coinvolgere Hamas, democraticamente eletto e reale controllore di Gaza.

Durante la campagna presidenziale, Obama guadagnò molto supporto dal popolo Statunitense quando affermò che bisogna cercare un dialogo con i propri avversari, senza condizioni. Ma ora la sua amministrazione fonda premesse ridicole al dialogo: Hamas deve riconoscere Israele, rinunciare alla violenza e accettare preventivamente gli accordi internazionali. Israele invece non ha l’obbligo di riconoscere la Palestina, non deve rinunciare alla violenza né rispettare preventivamente alcun accordo internazionale. Mettere condizioni soltanto da una parte, rende il dialogo impossibile, e rende impossibile l’inizio di un processo di pace.

Mentre Obama prepara il suo viaggio verso il Medioriente, più di centocinquanta persone- la maggior parte Americani- stanno cercando di entrare a Gaza, attraverso i confini Egiziani ed Israeliani. Riunitisi sotto l’ombrello del gruppo pacifista Codepink, è il più numeroso gruppo di Americani a mettersi in viaggio verso la devastata Gaza da quando l’assedio è iniziato.

https://i0.wp.com/www.wilpf.org/images/2009CodePinkGaza3.jpg

Le delegazioni, invitate dall’Unrwa (l’agenzia dell’ONU per i rifugiati Palestinesi), stanno portando medicinali, giocattoli, attrezzature per le scuole e materiali per le costruzioni. Si stima che all’incirca 1346 bambini di Gaza siano orfani di almeno uno dei genitori in seguito all’attacco di Israele: la maggior parte di loro sono sotto shock, affetti da forte depressione per i traumi subiti.

https://i0.wp.com/farm4.static.flickr.com/3657/3334294036_915b83fb92.jpg

Ecco perché Codepink ha lanciato una petizione internazionale per invitare Obama a visitare Gaza e a vedere con i suoi occhi la devastazione che continua ad affliggere, ancora dopo sei mesi dall’invasione, una regione di quasi due milioni di abitanti. Proprio questa settimana Obama ha aggiunto una nuova tappa nel suo viaggio in Medioriente: l’Arabia Saudita. Se riesce ad organizzare una cena privata con il Re, allora sicuramente sarà in grado di trovare il tempo per andare a Gaza.

Non è più importante visitare una regione in cui 1400 persone sono state uccise? Non è più importante visitare le migliaia di case, scuole e moschee distrutte? Non è più importante per Obama vedere come gli Israeliani stanno usando i 3 miliardi di dollari di aiuti militari che mandano annualmente i cittadini Statunitensi pagando le tasse?

Obama dovrebbe cogliere l’opportunità, durante la visita in Egitto della prossima settimana, di visitare Gaza. Dovrebbe esprimere le sue condoglianze per la perdita di così tante vite umane innocenti, facendo un appello per fermare l’assedio che continua a tenere prigioniera un’intera popolazione. E dovrebbe investigare su come i fondi stanziati dagli USA per gli armamenti vengono utilizzati da Israele.

Queste azioni potrebbero davvero migliorare le relazioni tra Usa e mondo arabo incrinatesi durante l’amministrazione Bush. Queste azioni, e non il discorso che terrà all’Università del Cairo.

Fonte: PeaceReporter

https://i0.wp.com/www.wilpf.org/images/2009CodePinkGaza5.jpg


Comdata si espande e a Torino manda a casa centinaia di precari

Siamo un gruppo di lavoratori e di lavoratrici della sede torinese della Comdata SpA, tutti con contratti a tempo determinato e con scadenze che vanno dalla metà di maggio alla metà di luglio. Ci troviamo costretti a scrivere ai mezzi di informazione e alle istituzioni per far conoscere la nostra situazione e aprire uno squarcio di luce sull’utilizzo della precarietà nelle aziende della cosiddetta “new economy”, anche nei periodi di crisi.

CHI E’ COMDATA?
Comdata SpA è una grande azienda specializzata in attività di Customer Care, Contact Center Inbound e Outbound, Help Desk multilingue, Servizi di supporto alla gestione del cliente, Analisi e sviluppo di progetti e soluzioni di gestione documentale e CRM, archiviazione ottica e cartacea. Impiega ufficialmente 5800 dipendenti, il 90% dei quali in 16 call centers, fra i quali più di 500 persone nella sede di Torino.
Comdata SpA si presenta, attraverso il suo sito web, come “un partner affidabile e vicino alle vostre esigenze… Scoprite la nostra filosofia per dare valore al vostro business… Una realtà di successi, grandi progetti, opportunità concrete”… Opportunità concrete sicuramente non ce ne sono per i suoi dipendenti. Infatti, nonostante i 300 milioni di fatturato dell’anno scorso, le acquisizioni di un ramo d’azienda di Vodafone (914 operatori nel 2007), il controllo e l’acquisizione di altre 10 aziende del gruppo, una ricapitalizzazione da 12 milioni e mezzo di euro fatta ad inizio anno, le prospettive di stabilizzazione occupazionale sono un miraggio. Invitandovi ad osservare quanto sta avvenendo nelle sedi di La Spezia, Asti, Scarmagno, Ivrea, Milano, Olbia (con ricorso massiccio alla cassa integrazione, ferie forzate e sedi a rischio chiusura), vi possiamo solo dire che, al dicembre 2008, su un totale di circa 600 dipendenti nella sede di Torino, poco meno della metà era a tempo determinato, in spregio a quanto stabiliscono la Costituzione, la legge 368/01, il CCNL e un accordo interno del 2007 che stabiliva un rapporto in percentuale fra indeterminati e determinati prima 60/40 e poi negli anni successivi, 80/20.

NOI, ROMPISCATOLE, PRENDIAMO LA PAROLA
Ora siamo giunti alla scadenza dei nostri contratti a termine e abbiamo pensato di prendere la parola. Finora non lo abbiamo quasi mai fatto per quella maledetta, comprensibile, paura di essere additati come “rompiscatole” e quindi nella speranza che il nostro “silenzio” ci permettesse di continuare a lavorare in questa azienda. Purtroppo, visto che nessuno parla di noi, e nessuno parla con noi (neanche le organizzazioni sindacali e le RSU), non ci resta altro da fare che comunicare quello che pensiamo.
Abbiamo la certezza non solo dei nostri futuri licenziamenti, ma anche di essere stati raggirati. Abbiamo il sospetto che, stante quello che abbiamo scritto sopra (e che è tranquillamente verificabile nel sito dell’azienda e alla Camera di Commercio), l’intenzione dell’azienda sia mandare a casa i precari, mettere in cassa integrazione i colleghi a tempo indeterminato, sfruttare i finanziamenti dello Stato (che paga la cassa) e diversificare gli investimenti in qualche settore più redditizio e con costi del lavoro più bassi. Con un impatto drammatico nella regione Piemonte, dove la crisi economica già morde da mesi e dove ritrovare un lavoro in questo momento è quasi impossibile.

L’AZIENDA CRESCE MA NOI ANDIAMO A CASA
Ma c’è dell’altro: lavoriamo per la Comdata Spa da molto tempo (da un minimo di 1 anno e mezzo a un massimo di 2 anni e mezzo). Lo abbiamo sempre fatto con scrupolo e professionalità, in diverse commesse, spesso ottenendo livelli di qualità superiori ai nostri colleghi dipendenti delle aziende committenti. Lo abbiamo fatto pensando di far parte di un’azienda seria, (qualche quotidiano l’aveva definita “virtuosa”), che si distinguesse dalle tante che operano sul mercato attraverso contratti a progetto e operazioni spregiudicate e cialtronesche. Sappiamo che in questi anni l’azienda è cresciuta, sia dal punto di vista dell’espansione delle sedi sul territorio nazionale e all’estero, sia sul piano delle partnerships con altre aziende, sia su quello del fatturato e dei ricavi. Per questo reagiamo con sconcerto, preoccupazione e rabbia, alla prospettiva, per moltissimi di noi, di dover andare a casa dopo anni. Le scuse che ci vengono propinate sono che l’azienda va male perché si farebbe troppa mutua, o che la produttività sarebbe scarsa, o che le commesse “telefoniche” vanno male, o che nella commessa ENI (sulla quale lavorano la maggior parte di noi a Torino) con l’arrivo dell’estate arrivano meno chiamate perchè, come ci hanno detto i nostri team leader, ENI E’ UNA COMMESSA STAGIONALE…. Ma soprattutto siamo incazzati neri per il fatto che nessuno si degna di spiegarlo ai diretti interessati (cioè noi, quelli coi contratti in scadenza), mentre a chi viene convocato vengono fatte passare le giustificazioni più grottesche (come aver fatto troppe assenze, quando queste assenze erano sostanzialmente permessi studio universitari), oppure gli viene comunicato uno “stop and go” di più di 20 gg, o addirittura a tempo indeterminato, “fino a quando riprenderanno le commesse”. Per Stop and Go si intende che alla scadenza del secondo rinnovo del contratto a termine ti lasciano a casa e ti richiamano dopo una ventina di giorni per farti un nuovo contratto (nel frattempo hai perso tutta l’anzianità accumulata nei periodi precedenti). Il tutto senza un minimo feed-back operativo (molti di noi, già lasciati a casa, erano totalmente sconosciuti al responsabile del personale nonostante avessero lavorato per circa 2 anni in azienda). Infine, la notizia, all’indomani dell’incontro fra alcuni operatori “prescelti” e l’amministratore delegato, che ci sarà la “strage degli innocenti” fra i tempi determinati in scadenza.
Abbiamo contribuito in questi anni alla crescita economica e produttiva di questa azienda e non accetteremo passivamente di essere accompagnati alla porta senza tanti complimenti. Non accetteremo passivamente di fare le vittime sacrificali di interessi e strategie aziendali che se ne infischiano degli esseri umani e guardano solo alle quadrature dei bilanci (leggi: i profitti). Riteniamo una provocazione che, contemporaneamente alla decisione di licenziarci, si attaccano volantini dove si decantano le più disparate partnership con aziende prestigiose. Con che faccia si presenta l’immagine virtuosa di chi ha speculato sul nostro lavoro?
Abbiamo già avvertito l’azienda che non staremo con le mani in mano e, alla luce delle evidenti illegittimità commesse in relazione ai nostri inquadramenti contrattuali e alle motivazioni che essa adduce per i nostri licenziamenti, porteremo avanti tutte le iniziative in sede legale e di lotta per difendere il nostro posto di lavoro. Perché per riuscire a trattare con l’azienda, non ci rimane che trattarla male…

E LE CONDIZIONI DI SICUREZZA?
La Sede di Torino in via Carlo Alberto si divide in tre piani: nei primi due ci siamo noi operatori al terzo gli uffici amministrativi.
I condizionatori (utilizzati sia il riscaldamento che per il raffreddamento, quindi tutto l’anno), nei primi due piani dove lavoriamo, sono nella parte superiore tutti rotti e pieni di polvere. L’unica manutenzione che viene effettuata è la sostituzione dei filtri nella parte inferiore degli apparecchi, una volta l’anno. I suddetti condizionatori restano accesi lo stesso. I CASI DI MALORI ALL’INTERNO DELL’AZIENDA continuano a moltiplicarsi.
Durante l’esercitazione antincendio svolta a maggio per i primi due piani mancava un responsabile e ogni Team leader diceva la sua. E nel caos più assoluto sia al primo che al secondo piano noi operatori ci siamo ritrovati per qualche minuto fermi al centro della sala in attesa di comunicazioni. In questo quadro grottesco alcuni dipendenti si sono fatti anche male e per una di queste è venuta anche l’ambulanza (per inciso, questa collega è una delle decine già mandate a casa per mancato rinnovo del contratto a tempo). Non vogliamo immaginare cosa sarebbe successo se l’incendio fosse stato reale.
In cortile, luogo dove noi operatori effettuiamo le nostre pause, ci sono da diversi mesi mattonelle traballanti o rotte che ci mettono a rischio di possibili infortuni, quanto in casso di spostamento o rottura si va sotto di 40cm circa. Le suddette mattonelle continuano a rimanere lì, anzi se ne rompono altre, ma l’azienda non prende alcun provvedimento.
Al primo piano le più elementari condizioni di sicurezza non vengono rispettate in quanto da ogni postazione di lavoro e sono più cento fuoriescono da un pozzetto decine di cavi che ci ritroviamo tra i piedi con i possibili rischi che tutti noi possiamo immaginare.

Operatori/trici “determinati” della sede di Torino
determinati@gmail.com

* * *

Spudoratamente copiato da San Precario su FB

Quando Tremonti ordinò sanzionate la Gabanelli

.

«Con la presente il sottoscritto prof. avv. Giulio Tremonti chiede l’immediato esercizio dei poteri sanzionatori». Inizia così l’ultimo affondo del ministro dell’Economia contro l’informazione, avviato ai danni di Milena Gabanelli e la sua «pericolosa» trasmissione Report. Non è piaciuta al ministro la puntata su social card e Tremonti bond, nonostante fosse stato intervistato lui stesso.

Così ha scritto 5 cartelle di esposto-denuncia alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e alla Commissione parlamentare per l’Indirizzo generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi. L’intento è chiaro: dimostrare la poca obiettività del programma, e dunque la lesione del dovere di informazione imparziale e completa imposto dal servizio pubblico. Insomma, non è una rettifica, tantomeno una querela. Ma Tremonti vuole comunque farsi sentire, esercitare «il potere sanzionatorio».

In effetti il rapporto del ministro con giornali e mass media in generale è costellato di eventi leggendari. Rumors più disparati raccontano di telefonate infuocate, battibecchi nervosi, arrabbiature furibonde. Certo, tutti i politici si arrabbiano con la stampa. E tutti vorrebbero averla amica e, se possibile, asservita. Ma Tremonti è tra i pochi (non l’unico, nell’intero arco parlamentare) a prendere iniziative in prima persona, a guerreggiare all’arma bianca con chi si occupa di lui. È quasi un corpo a corpo che il ministro ingaggia a colpi di pressioni indebite e invettive. Anche perché – lo sanno bene anche i non addetti ai lavori – la verve non gli manca.

A scorrere le cinque cartelle anti-Gabanelli traspare un furore montante. Tremonti parla di «lesione dei principi di completezza, correttezza, – si legge – obiettività ed imparzialità dell’informazione». Poi procede per punti, elencandone sette. Nel primo parla di «sintesi deformata di alcuni delicati e rilevanti aspetti dell’attualità, che ha assunto i contorni della propaganda negativa». Si riferisce forse il ministro al fatto che la social card è stata fornita solo a pochi, e che molti l’hanno ricevuta scarica? O che rappresenta anche uno strumento su cui MasterCard riesce a fare un buon business grazie alle commissioni versate dai commercianti? Tremonti parla di «tesi preconfezionata», ma la realtà non è molto lontana da questa tesi. Anzi. Il ministro non dimentica di difendere, naturalmente, il «legittimo esercizio del diritto di critica». Peccato però che questo secondo lui non sia il caso: perché tutto il contesto sarebbe stato creato da Gabanelli attraverso una «capziosa estrapolazione di brani tratti da conferenze stampa».

Si arriva così all’accusa (terzo punto) di «utilizzo strumentale del mezzo televisivo». Tremonti rammenta come «tutte le trasmissioni di informazione devono rispettare la pluralità dei punti di vista e la necessità di contraddittorio». Peccato che (troppo) spesso molti esponenti di governo appaiono in video davanti a un microfono e senza neanche una «faccia» a porgere la domanda. A proposito di contraddittorio. Naturalmente meglio se all’ora di cena, e in una giornata in cui qualcun altro ha lanciato critiche all’operato dell’esecutivo.

Fonte: l’Unità

«Ronde nere», nuova inchiesta. Petizione online. Intanto sparisce il programma…

Una petizione online, inviata anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente della Camera Gianfranco Fini, contro la costituzione della Guardia nazionale italiana (già ribattezzata ‘ronda nera’) è stata lanciata sul web, raccogliendo oltre mille firme in poche ore.

«I valori fascisti della Guardia nazionale Italiana, la ormai rinominata ronda nera, sono ormai realtà», è scritto nel testo che non giudica le ronde in generale, e quelle ideate dal Partito Nazionalista italiano in particolare, «un esperimento di democrazia». Anzi, «dare potere a queste ronde nere, e a tutte le ronde, è un affronto allo stato della democrazia – si legge nella petizione – un ritorno allo squadrismo fascista che non porterà nulla di buono». Il testo del blogger che per primo ha lanciato l’appello ha raccolto in poche ore 1.238 firme.

Intanto, anche la Procura di Torino ha avviato un’indagine sulla costituzione della Guardia Nazionale Italiana da parte del Movimento Sociale. Come quello di Milano, si tratta di un accertamento senza ipotesi di reato e dunque senza indagati, sulle cosiddette «ronde nere», partito circa un mese e mezzo fa.

Ma, sempre sul web è partita anche la discussione sui siti antifascisti sull’opportunità di costituire una Milizia Comunista Italiana. Nel testo apparso su IndyMedia l’autore propone «a tutti i militanti della sinistra extraparlamentare la costruzione della Milizia Comunista Italiana. Nel momento in cui in questo paese esistono e operano la Guardia nazionale padana e la Guardia nazionale italiana noi non possiamo permetterci di stare a guardare».

Da qui l’invito, anzi il «dovere dei comunisti e degli antifascisti di avere una propria Milizia che svolga un compito di ‘vigilanza democratica’ per evitare le tristi degenerazioni che conosciamo bene», continua. Nella discussione che si sta susseguendo con numerosi interventi si fa riferimento anche alla Volante rossa, agli Arditi del popolo e al Black Panther Party come modelli a cui ispirarsi.

Fonte: l’Unità

* * *

Il testo della petizione, da leggere, firmare e diffondere, è qui:

http://firmiamo.it/noallaguardianazionaleitaliana

al momento sono già state superate le 2300 adesioni.

* * *

Sparisce il programma dal sito del Partito Nazionalista Italiano. PeaceReporter lo ripropone

PeaceReporter - la rete della pace. Quotidiano online e agenzia di servizi editoriali. Storie, dossier, interviste, reportage, schede conflitto, schede paese e buone notizie da tutto il mondo

È curiosamente sparito da ieri il programma contenuto nel sito del Partito Nazionalista Italiano, ispiratore delle ‘ronde nere’. Ecco il confronto con il programma del Partito nazionalsocialista tedesco del 1920

È curiosamente sparito il programma contenuto nel sito del Partito Nazionalista Italiano, ispiratore delle ‘ronde nere’.

PeaceReporter lo aveva salvato, e lo ripropone per chi, volendo capire questo nuovo fenomeno italiano, lo volesse leggere.

Sul Partito Nazionalista Italiano la magistratura ha aperto una inchiesta, le ipotesi di reato sono diverse, e i magistrati indagano anche per il reato di ricostituzione del partito fascista e di apologia del nazismo.

PeaceReporter mette a confronto per i suoi lettori il programma di questo nuovo partito italiano con il programma del partito nazista scritto nel 1920.
A voi, e alla magistratura, il giudizio.
Leggendoli uno di fianco all’altro non si fatica a capire come mai il programma del P.N.I. sia stato frettolosamente cancellato dal sito.

Il programma del Partito Nazionalista Italiano rimosso dal sito (pdf)

Confronta il programma del Partito Nazionalista Italiano
con il programma del Partito Nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (pdf)

Fonte: PeaceReporter

Parlamento, la classifica dei fannulloni “I più inefficienti sono sui banchi della destra”

IL CASO. “Cittadinanzattiva” studia il lavoro degli onorevoli –
Alle Camere radicali e Italia dei valori sono i più stakanovisti

Donne più operose degli uomini: Napoli maglia rosa alla Camera e Poretti al Senato

Parlamento, la classifica dei fannulloni  "I più inefficienti sono sui banchi della destra"

.

ROMA – Pochi stakanovisti e un esercito di “fannulloni”, direbbe Brunetta. Che stanno soprattutto a destra. Per non dire che con le pagelle scolastiche reintrodotte dalla Gelmini (da 0 a 10), solo il 2,6% dei parlamentari (16 deputati e 8 senatori per la precisione) sarebbero promossi al secondo anno di legislatura.

Il primo anno si archivia così, con insufficienze a go-go: poco presenti, poco attivi, poco propositivi. Con gli onorevoli di opposizione a salvare la faccia. Le donne, come sempre, meglio degli uomini. E col dato più avvilente a fare da sfondo: un Parlamento ormai in ginocchio, ridotto a ratificare decisioni già adottate a Palazzo Chigi: in un anno, 61 ddl presentati dall’esecutivo trasformati in legge (90%), a fronte dei soli 7 di iniziativa parlamentare (10%).

La fotografia dei primi dodici mesi di vita delle Camere l’ha scattata l'”Osservatorio” composto da Cittadinanzattiva (movimento che dal ’78 promuove i diritti dei cittadini e dei consumatori), Controllo cittadino e Openpolis. Le 32 pagine del rapporto 2008-2009 sulle attività parlamentari – che sarà presentato oggi – misurano con grafici e classifiche l’efficienza di gruppi e singoli. Un “indice di attività” elaborato in base a una serie di parametri: quante volte ogni parlamentare è stato primo firmatario o cofirmatario di un atto legislativo o ispettivo, quante volte relatore di un progetto di legge, quante volte è intervenuto in aula o in commissione, quante volte presente alle votazioni. Cosa si scopre? “Emerge molto chiaramente che i deputati dell’Italia dei valori sono i più attivi tra tutti i gruppi presenti alla Camera”, su una scala da 0 a 10, la loro media di attività si attesterebbe attorno al 3,57. Sotto la sufficienza, ma meglio degli altri. Seguiti dal gruppo della Lega (2,67) e dal Pd (2,65).

Stesso discorso al Senato, anche lì in testa i dipietristi, seguiti però da Udc e Pd. In entrambi i rami del Parlamento, il principale gruppo di maggioranza, il Pdl, ha raccolto il grado di efficienza più basso, ultimo alla Camera (2,01) e penultimo (seguito dal solo misto) al Senato (0,67). Quozienti che si invertono, ed è facile immaginare il perché, se si passano ai raggi x le presenze in occasione delle votazioni: essendo la gran parte dei ddl di origine governativa, ecco che i deputati del Pdl sono risultati presenti all’83% delle votazioni, i leghisti all’86, i democratici all’81. Le donne hanno un indice di attività medio di 2,7, mentre gli uomini si fermano al 2,2. Tra le senatrici e i senatori “la differenza è ancora più marcata: le prime hanno un indice di attività di oltre 3 punti, mentre i senatori sono al 2”. Stesso discorso per le presenze.

E come alla fine di ogni anno scolastico che si rispetti, Cittadinanzattiva ha affisso i quadri con promossi e bocciati. Classifiche elaborate, anche queste, sulla base di quei criteri (presenze, firme agli atti, interventi, votazioni). Ed ecco allora la pidiellina Angela Napoli in testa ai virtuosi, affiancata dalla senatrice radicale-Pd Donatella Poretti (entrambe con un bel 10 per indici di attività). Maglia nera tra i “bocciati”, invece, al coordinatore del Pdl Denis Verdini alla Camera e al senatore (anche lui pdl) Marcello Pera, che di Palazzo Madama è stato presidente. “È la prima volta che i cittadini accendono un faro sui lavori del Parlamento, basato su dati incontrovertibili e pubblici – spiega Antonio Gaudioso di Cittadinanzattiva – . È giunto il momento che gli elettori si assumano la responsabilità di verificare le attività delle istituzioni, tanto più utile nel momento in cui viene a mancare il rapporto diretto con gli eletti, ormai semplici nominati”.

Fonte: Carmelo Lopapa per la Repubblica