ROSARNO – La cacciata degli schiavi /Giuseppe Lavorato, ex sindaco di Rosarno: «E’ stata la ’ndrangheta ad accendere la miccia»

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La cacciata degli schiavi

A Rosarno, dopo due giorni di violenza e di scontri, ancora fuoco sugli immigrati: “ignoti” sparano, a freddo, e ne gambizzano due. Altrettanti presi a sprangate e ridotti in fin di vita. In serata si apprende di altri cinque investiti con le auto. Esplode la disperazione degli africani, una vita subumana, di sfruttamento inaudito, di stenti, nelle mani della ’Ndrangheta. Il conflitto con la popolazione che assedia il municipio. Inqualificabile il ministro Maroni: «Colpa loro e della tolleranza verso l’immigrazione clandestina»

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di Tiziana Barillà

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Rosarno
“Discrimination is too much”
è la scritta che appare sull’asfalto tra i detriti della rivolta iniziata giovedì sera a Rosarno dopo che due diversi
gruppi di braccianti immigrati erano stati presi a fucilate da ignoti.
Un messaggio che traduce tutta la rabbia sprigionata dalle insostenibili
condizioni di vita cui sono costrette le migliaia di migranti nella Piana di Gioia Tauro.

Ieri mattina il Commissario prefettizio ha incontrato una delegazione della comunità africana, dopo le 6 ore di scontri della sera precedente. «Abbiamo chiesto diritti e di poter lavorare senza essere ammazzati per strada» dicono i ragazzi africani, mentre lasciano il palazzo del Municipio scortati dalle forze dell’ordine, tra le invettive e le proteste di una piccola folla di cittadini rosarnesi in presidio davanti al palazzo comunale. Gli abitanti di Rosarno avevano già inveito contro gli immigrati durante le ore della rivolta, un’ostilità che si è tradotta ieri in una vera e propria “caccia al nero”. I fatti più gravi sono avvenuti in serata: due ragazzi sono stati gambizzati da ignoti lungo la strada che da Rosarno porta a Laureana di Borrello, questa volta con un fucile a pallini, e trasportati in ospedale, per fortuna in condizioni non troppo preoccupanti. Gravi invece altri due migranti, presi a sprangate e bastonate.

La reazione furiosa dei cittadini di Rosarno caratterizza la giornata: annunciano presto la loro contro-manifestazione dopo aver effettuato un blocco stradale al grido di “basta immigrati”. Ad incitarli, un giornalista pubblicista, Marcello Marzialetti, che dice alle agenzie di stampa: «Gli immigrati devono andarsene da Rosarno». Il prefetto Domenico Bagnato, a capo della terna commissariale che governa il Comune sciolto per infiltrazioni mafiose dal dicembre 2008, tenta di richiamare alla calma: «Occorre rasserenare gli animi. C’è stata un’azione inconcepibile da parte di coloro che hanno sparato contro i due extracomunitari. Ma la reazione degli immigrati è stata allo stesso tempo inaccettabile, perché si è reagito ad un atto criminale con la devastazione della città, un fatto che rischia di interrompere quel clima di solidarietà che si era creato tra la cittadinanza locale e gli stranieri». Raccomandazioni che nessuno ascolta. Prevalgono invece rabbia e violenza. Il bilancio provvisorio è drammatico: 36 feriti, 18 tra gli immigrati e 18 tra le forze dell’ordine, centinaia di auto distrutte e sette arrestati tra gli immigrati con l’accusa di devastazione, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. Un rosarnese 37enne è stato invece arrestato
con l’accusa di tentato omicidio avendo tentato di investire un gruppo di extracomunitari col suo escavatore.

La “guerra civile” ha avuto inizio nel primo pomeriggio di giovedì, intorno alle 14,30, in contrada Spartimento, nei pressi dell’ex Esac, fabbrica dimessa dove vivono coloro che hanno perso il tetto dopo l’incendio dell’ “ex cartiere”. Un ragazzo africano viene ferito con un fucile ad aria compressa. Si tratta, pare, di un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno. Dopo qualche ora, intorno alle 17,30, altri due africani vengono
raggiunti dai colpi di un’arma simile, questa volta nei pressi della Rognetta, altro spazio di rifugio per i lavoratori migranti. Sono due ragazzi della Guinea e anche loro hanno un regolare permesso. I feriti, ricoverati negli ospedali di Gioia Tauro e Polistena, non sono in condizioni gravi. Dopo queste aggressioni hanno inizio le proteste. Dapprima con copertoni bruciati e piccole barricate fatte usando i cassonetti, fino alla vera e propria rivolta nella serata di giovedì, quando gli africani hanno bloccato la via nazionale all’altezza di Gioia Tauro.

Una tragedia annunciata. Quella degli immigrati impiegati nei campi come braccianti è, infatti, una “emergenza” che dura da circa vent’anni e li vede stretti in una morsa tra la filiera mafiosa e le leggi razziste in vigore. Episodi di razzismo, tra cui estorsioni e rapine, vengono da anni perpetrati ai loro danni e tutto ciò in un contesto di forte presenza ‘ndranghetista. Anche quest’anno, come ogni inverno da 20 anni, i braccianti africani sono giunti nella Piana di Gioia Tauro per la stagione delle arance. Sono circa 1500: un migliaio si stabiliscono nei pressi dell’inceneritore della Veolia, a Gioia Tauro, in un ex stabilimento destinato alla raffinazione dell’olio di oliva e poi abbandonato, appunto l’Ex Esac. Qui dormono nei silos di metallo giunti
dopo che, la scorsa estate, è stata sgomberata e murata la Cartiera, altra
ex fabbrica abbandonata che per anni ha ospitato la comunità africana.
Altre centinaia alloggiano presso la Rognetta, ulteriore stabilimento dismesso, fallito da anni dopo essere stato una ditta per la produzione di succo d’arancia. Sono ghanesi, ivoriani, sudanesi, maliani, togolesi, burkinabé e non tutti irregolari. In molti hanno il permesso per motivi umanitari, e tanti ne possiedono uno in scadenza, spesso provengono dalle regioni del Nord Italia dalle quali fuggono dopo aver perso il lavoro e a causa delle nuove politiche migratorie.

Già nel dicembre del 2008, dopo il ferimento di due ivoriani, la comunità africana aveva reagito con determinazione, dando vita a quella che è stata definita “la rivolta antimafia degli africani di Rosarno”. Nel marzo del 2009, Maroni giunge a Reggio Calabria e promette 200mila euro per l’emergenza migranti. Quei fondi sono arrivati solo di recente e ammontano a 930 mila euro per il “recupero urbano delle aree degradate” di Rosarno.

Maroni ha commentato ieri i fatti di Rosarno rimproverando la “troppa tolleranza con gli stranieri” nel nostro paese. In queste ore sono diverse e confuse le reazioni dei rosarnesi, ma l’ultimo dei rischi sembra proprio essere quello della “troppa tolleranza”. Gli africani non sono più in rivolta e sono rientrati nelle fabbriche dismesse, protetti dalla Polizia. Si continuano, però, a temere le azioni di gruppi di cittadini inferociti, ma soprattutto della criminalità organizzata che difficilmente, si pensa, perdonerà ai propri schiavi una rivolta di tali dimensioni. Tanto che in serata, mentre i rosarnesi
bloccano con una bbarricata la statale 18 e il capo della polizia Manganelli annuncia l’invio di un nutrito contingente, si comincia a parlare di untrasferimento in massa di tutti i migranti fuori dalla Piana, per preservarne l’incolumità.

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fonte: Liberazione del 09 gennaio 2010

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Giuseppe Lavorato, exsindaco Pci di Rosarno: «E’ stata la ’ndrangheta ad accendere la miccia»

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di Laura Eduati

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Giuseppe Lavorato è angosciato. Risponde da Vibo Valentia, con voce tenue e preoccupata. La sua Rosarno, la Rosarno che lo vide sindaco del Pci per molti anni e orgogliosamente fu il primo Comune a costituirsi parte civile
in un processo contro la ’ndrangheta, è diventata palcoscenico lacerato della rivolta dei migranti schiavizzati.

Dai giornali Lavorato ha appreso degli spari contro gli africani e della successiva reazione furiosa, e lancia un’ipotesi inquietante: la ’ndrangheta
avrebbe acceso la miccia della rivolta per oscurare l’attenzione nei confronti
della criminalità organizzata dopo la bomba alla Procura di Reggio Calabria.
Però gli preme ricordare che «Rosarno è composta da tanta gente perbene
e solidale con gli immigrati».

Come legge questi drammaticiavvenimenti?
Bisogna capire perché sono accaduti proprio ora, ovvero a pochi giorni dall’attentato alla Procura di Reggio Calabria che hanno attirato tanta attenzione mediatica e politica sulla lotta alle cosche mafiose.

Ipotizza un tentativo di sviare questa attenzione?
Sono soltanto ipotesi. Le persone che hanno sparato ai migranti fanno certamente parte della criminalità mafiosa e sapevano di provocare una forte
reazione. Hanno raggiunto lo scopo: le prime pagine dei giornali parlano della violenza dei neri. Senza ricordare che sono stati provocati. E nessuno ricorda la bomba alla Procura e questo naturalmente fa piacere alla ’ndrangheta. Tuttavia la vera tragedia avviene a Rosarno.

Ovvero?
E’ avvenuta una frattura tra migranti e popolazione della città. Voglio ricordare che la stragrande maggioranza degli abitanti di Rosarno è gente onesta che negli anni ha manifestato una forte soldiarietà nei confronti di questi poveri braccianti stranieri. Vorrei che fosse sempre fatta la distinzione
tra cosche e gente perbene. Temo che sarà difficile ricomporre lo strappo tra questa gente perbene e lavoratori migranti.

Esiste una precisa responsabilità dei Comuni che avrebbero dovuto garantire alloggi dignitosi ai braccianti immigrati?
Rosarno è una cittadina di quindicimila abitanti che ogni anno ospita due-tremila braccianti stagionali, chiaramente non possiede le risorse sufficienti per offrire una accoglienza civile. Su questo punto deve intervenire lo Stato. Anche se gli enti locali hanno il dovere di creare un dialogo con questi lavoratori. Quando ero sindaco, ricordo, organizzavamo
incontri tra migranti e associazioni per discutere. Noto con piacere che il commissario prefettizio è riuscito ad aprire un canale di dialogo con gli animatori della rivolta, che d’altronde chiedevano il sostegno e l’aiuto delle autorità. Non a caso hanno marciato verso il municipio perché volevano
un’interlocuzione con il commissario prefettizio, e quando l’hanno ottenuta e hanno sentito che lo Stato vuole comunque proteggerli dalle violenze degli italiani, sono tornati pacificamente verso le proprie dimore.

Cosa pensa accadrà nel futuro di Rosarno?
Oggi sono pessimista. Si è aperta una spirale di violenza e francamente non
posso immaginare cosa succederà. Apprendo che i sindacati vorrebbero
organizzare una assemblea aperta alla cittadinanza nei prossimi giorni. Mi sembra un primo passo utile per ricucire i rapporti di un luogo che non merita di finire sui giornali soltanto per la mafia e l’indecente condizione di vita dei braccianti stranieri.

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fonte: Liberazione del 09 gennaio 2010

Una risposta a “ROSARNO – La cacciata degli schiavi /Giuseppe Lavorato, ex sindaco di Rosarno: «E’ stata la ’ndrangheta ad accendere la miccia»”

  1. malosmannaja dice :

    Si rincuori Giuseppe Lavorato: non è il caso di essere così pessimisti sul futuro.
    Maroni ha già insediato in Calabria, una task-force per il problema degli immigrati: verrà estirpato alla radice il problema da cui ha avuto origine la ‘ndrangheta.
    : )
    : ((((((

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