Archivio | ottobre 13, 2011

METEO – Da domani torna il freddo. Temperature in calo di 10 gradi

METEO

Da domani torna il freddo
Temperature in calo di 10 gradi

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Già da questa sera in arrivo un peggioramento dai Balcani, temporali sulle regioni adriatiche poi al sud e su Sardegna e Sicilia. Sabato al centronord previsti 5 gradi alle 8 del mattino, piogge al sud

Da domani torna il freddo Temperature in calo di 10 gradi  (ansa)

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ROMAIl colpo di coda estivo degli ultimi giorni, con temperature sopra la media stagionale, dovrebbe essere archiviato in tempi brevi: nelle prossime ore il freddo tornerà, con ogni probabilità definitivamente, facendo scendere la colonnina di mercurio di dieci gradi. Già da stasera aria fredda giungerà dai Balcani e il tempo peggiorerà con temporali sulle regioni adriatiche, poi al sud e su Sardegna e Sicilia. Sabato e domenica si prevedono solo 5 gradi alle 8 del mattino su molte città del centronord e piogge al sud, con forti temporali sulla Sicilia. Poi da domenica piogge diffuse per una settimana.

IL METEO 1

Nel dettaglio, domani il freddo da nordest porterà a un calo delle temperature con valori tra 17 e 19 gradi al sud, ancora 23 a Roma, piogge e temporali al sud su Calabria, est Sicilia, Sardegna, nubi su Piemonte e alta Lombardia con qualche pioggia. Nelle Marche, domani sono previste forti mareggiate con onde alte fino a tre metri. Un avviso di allerta meteo della Protezione civile indica l’arrivo di venti freddi da nord-est, con raffiche fino a 80 chilometri orari, che spazzeranno la fascia costiera.

Nel pomeriggio venti da nordest, temporali diffusi e forti sulla Sicilia, altri rovesci su sud Sardegna e Calabria. Forte maltempo su nord Sicilia e la sera sia su nord Sicilia che su catanese e siracusano, con nubifragi. Sabato ancora venti freddi da nordest, temperature tra i 14 e i 19 gradi, maltempo al sud. Stessa situazione domenica, con 16 gradi di temperatura media anche al centronord, dove ci sarà il sole.

Lunedì ci sarà una piccola tregua, con sole ovunque e temperature attorno ai 20 gradi. Da martedì arriverà una nuova perturbazione atlantica da ovest, portando piogge su Liguria e alta Toscana specie dal pomeriggio, verso la Lombardia nella notte. Mercoledì piogge al centronord e Campania, forti piogge su est Liguria, con stato di massima allerta.

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13 ottobre 2011

fonte:  http://www.repubblica.it/cronaca/2011/10/13/news/maltempo_torna_il_freddo-23161943/

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“E’ un profeta dei nostri tempi”. La prefazione di Moni Ovadia all’ultimo libro di don Gallo

“E’ un profeta dei nostri tempi”. La prefazione di Moni Ovadia all’ultimo libro di don Gallo

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“In lui si compie il miracolo dell’ubiquità. La passione per l’uomo, per la vita e per l’accoglienza dell’altro si coniugano in questo specialissimo uomo di fede con un folgorante humor che dissipa ogni esemplarità predicatoria per aprire la porta del dialogo fra pari a chiunque voglia entrare, cristiano o musulmano, ebreo o buddhista, credente o ateo”

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Pubblichiamo la prefazione di Moni Ovadia, tratta da “Se non ora, adesso. Le donne, i giovani e la rivoluzione sessuale”, l’ultimo libro di don Andrea Gallo, in uscita per Chiarelettere.

“Don Andrea Gallo, prete da marciapiede come lui stesso si definisce, è uno dei sacerdoti più noti e più amati che abitino il nostro disastrato paese. Centinaia di migliaia di persone lo sentono come un fratello, moltissimi fra costoro lo considerano una guida, un maestro, un compagno nell’accezione militante del termine, ma il Gallo è prima di tutto e soprattutto un essere umano autentico. In yiddish si dice «a mentsch». La nostra nascita nel mondo come donne e uomini è un evento deciso da altri anche se la costruzione in noi del capolavoro che è un essere umano autentico dipende in gran parte dalle nostre scelte. Il tratto saliente di questo percorso è l’apertura all’altro laddove si manifesta nella sua più intima e lancinante verità, ovvero nella sua dimensione di ultimo, sia egli l’oppresso, il relitto, il povero, l’emarginato, il disprezzato, l’escluso, il segregato, il diverso.

L’apertura all’altro, sia chiaro, non si manifesta nel melenso atto caritativo che sazia la falsa coscienza e lascia l’ingiustizia integra e perversamente operante, ma si esprime nella lotta contro le ingiustizie, nell’impegno diuturno per la costruzione di una società di uguaglianza, di giustizia sociale, in una vibrante interazione di pensiero e prassi con una prospettiva tanto laicamente rivoluzionaria, quanto spiritualmente evangelica. Il «Gallo» è radicalmente cristiano e sa che il messaggio di Gesù è un messaggio rivoluzionario, radicale e non moderato, ed è per questo che l’hanno messo in croce, per la destabilizzante radicalità del cammino che indicava. «Beati gli ultimi perché saranno i primi» non è un invito a bearsi in una permanente condizione di minorità per il compiacimento delle classi dominanti, ma è un’incitazione a mettersi in cammino per liberare l’umanità dalla violenza del potere, per redimerla con l’uguaglianza. La parola ebraica ashrei, tradotta correntemente con beato, si traduce meno proditoriamente con in marcia, come propone il grandissimo traduttore delle scritture André Chouraqui.

È questa consapevolezza che fa di don Gallo un profeta e non nell’accezione volgare e stereotipata con cui spesso si vuole sminuire o sbeffeggiare il ruolo di questa figura, ma nel senso più profondo di uomo che incarna la verità dei grandi pensieri ripetutamente e capziosamente pervertiti dai funzionari del potere, siano essi i soloni del regno terreno, siano essi i chierici del cosiddetto regno celeste. Questa è la ragione per la quale il profeta trasmette la parola del divino e il divino del monoteismo ha eletto come suo popolo lo schiavo e lo straniero, l’esule, lo sbandato, il fuoriuscito, il diverso, il meticcio avventizio perché tali erano gli ebrei e non un popolo etnicamente omogeneo come oggi vorrebbe uno sconcio delirio nazionalista. In questa sua fondamentale opera che deve essere letta da chiunque voglia capire le parole illuminate di questo prete da marciapiede, Gallo ci ricorda che l’etica è più importante della fede, come il filosofo e grande pensatore dell’ebraismo Emmanuel Lévinas suggerisce nel suo saggio Amare la Torah più di Dio.

Come già il profeta d’Israele Isaia dichiara con parole infiammate, il Signore stesso chiede agli uomini di praticare etica e giustizia perché disprezza la fede vuota e ipocrita dei baciapile: Che mi importa dei vostri sacrifici senza numero. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei giovenchi. Il sangue di tori, di capri e di agnelli Io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i Miei Atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio, noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, Io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, Io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Il profeta autentico non predice il futuro, non è una vox clamans nel deserto, è l’appassionata coscienza critica di una gente, di una comunità, di un’intera società, ed è questa coscienza che si incide nella prole perché le parole diventino fatti, azioni militanti a ogni livello della relazione interumana e per riconfluire in parole ancora più gravide di quella coscienza trasformatrice.

Questo è a mio parere il senso che don Gallo attribuisce al primato della coscienza espresso mirabilmente nel documento conciliare Nostra Aetate uscito dal Concilio vaticano II voluto da Giovanni XXIII, il «papa buono», ma buono perché giusto. Con il poderoso strumento della sua coscienza cristiana, antifascista, critica, militante, laica ed evangelicamente rivoluzionaria, il prete cattolico Gallo riesce a confrontarsi con i temi socialmente più urgenti ed eticamente più scabrosi, smascherando moralismi, le rigidità dottrinarie, le ipocrisie che maldestramente travestono le intolleranze per indicare il cammino forte della fragilità umana come via per la liberazione. Quest’ultima e intima verità dell’uomo, Andrea Gallo la conosce, la sente e la ritrova nelle parole più impegnative delle scritture perché istituiscono l’umanesimo monoteista, ma anche l’umanesimo tout court nella sua dirompente radicalità: «Ama il prossimo tuo come te stesso, ama lo straniero come te stesso, ciò che fai allo straniero lo fai a Me».

La passione per l’uomo, per la vita e per l’accoglienza dell’altro si coniugano in questo specialissimo uomo di fede con un folgorante humor che dissipa ogni esemplarità predicatoria per aprire la porta del dialogo fra pari a chiunque voglia entrare, cristiano o musulmano, ebreo o buddhista, credente o ateo. In don Gallo si compie il miracolo dell’ubiquità: lui è radicalmente cristiano e anche irriducibilmente cattolico, ma potrebbe anche essere uno tzaddik chassidico, così come è un militante antifascista e un laicissimo libero pensatore. Per me il Gallo è un fratello, un amico, una guida certa, un imprescindibile e costante riferimento. Per me personalmente, la speranza tiene fra le labbra un immancabile sigaro e ha il volto scanzonato di questo prete ribelle.

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Se non ora, adesso

il libro

“Le donne, i giovani,

la liberazione

sessuale”

autore:
prefazione di: Moni Ovadia
collana: Reverse
dettagli: 176 pagine
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L’ira di Fini: «Minzolini si deve dimettere. C’è un limite anche all’indecenza»

AL TG1 DELLE 20

Ira di Fini: «Minzolini si deve dimettere»

«Intollerabile faziosità del telegiornale». Il caso per due servizi

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fonte immagine

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Fini (Ansa)
Fini (Ansa)

MILANO – «Augusto Minzolini si deve dimettere subito per l’intollerabile faziosità del suo telegiornale. C’è un limite anche all’indecenza». Lo afferma il presidente della Camera Gianfranco Fini in relazione a due servizi mandati in onda giovedì sera dal Tg1 che lo riguardano. Il presidente della Camera fa riferimento a due servizi del Telegiornale di cui uno riguardante l’intervista a Franco Bechis, vicedirettore di Libero. Fini fa sapere che nei confronti del Tg1 si riserva di tutelare la propria onorabilità in sede giudiziaria e professionale. (Fonte Ansa)

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13 ottobre 2011 21:46

fonte:  http://www.corriere.it/politica/11_ottobre_13/fini-ira-minzolini-dimissioni_0c1efc0e-f5d4-11e0-9479-439a0eb41067.shtml

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Stress da lavoro, ne soffrono 9 milioni italiani. Le donne sono il 70%

Stress da lavoro, ne soffrono 9 milioni italiani

Donne con piu’ disturbi d’ansia, uomini con depressione

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MILANO – Nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro, con una prevalenza di donne, che rappresentano il 70%. Di queste, 9 su 10 soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore, come ansia (45%), sindrome pre-mestruale (43%), irritabilita’ e tendenza al pianto (41%). A tracciare il quadro e’ stato oggi Onda (Osservatorio nazionale salute donna) insieme al dipartimento di Neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano.

”Il genere femminile e’ piu’ esposto allo stress da lavoro – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze – e ha il doppio dei giorni persi, rispetto agli uomini, per malattia e qualita’ di vita”. A creare stress nelle donne sono le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la carriera manageriale piu’ difficile, le remunerazioni piu’ basse, i rapporti con i colleghi e il dover gestire la famiglia. ”Le donne giovani – conclude Mencacci – e quelle che lavorano a contatto con il pubblico sono le piu’ vulnerabili agli stati di ansia, mentre gli uomini adulti con mansioni esecutive sono piu’ inclini alle sindromi depressive”.

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13 ottobre 2011

fonte:  http://www.ansa.it/web/notizie/specializzati/saluteebenessere/2011/10/13/visualizza_new.html_672420883.html

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GOVERNO ALLA SFASCIO – Ambiente, il ministero che affonda. Prestigiacomo: «Non voto la legge»

Tagliare sugli interventi ambientali è proprio darsi la zappa sui piedi: hanno idea i signori del Governo a quali costi l’Italia andrà incontro nei prossimi anni? Terremoti, alluvioni, vite umane, inquinamento… In un territorio come quello italiano, dissestato idrogeologicamente ed alto rischio sismico, tale atteggiamento da ‘chi vivrà vedrà’ è definibile in un solo modo: criminale.

mauro

Ambiente, il ministero che affonda
Prestigiacomo: «Non voto la legge»

In quattro anni previsti tagli del 90% sugli interventi ambientali: da 1,3 miliardi a 120 milioni

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ROMA – «Ovviamente non potrò votare nè in Consiglio dei Ministri nè in Parlamento una legge di stabilità che di fatto cancella il ministero dell’Ambiente». È quanto afferma il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo in merito alle voci di ulteriori tagli al suo ministero.

In quattro anni tagli per il 90%: dal 1,3 miliardi di euro del 2008, previsti per interventi ambientali, a 120 milioni di euro nel 2012. Questi, a quanto si è appreso, i tagli per il ministero dell’Ambiente in vista della definizione degli ulteriori interventi che verranno decisi domani dal Consiglio dei Ministri. Considerando che le spese fisse, insopprimibili, per il ministero sono pari a 320 milioni, il bilancio, che per il 2008 era di un miliardo e 620 milioni, passerebbe a 440 milioni di euro nel 2012. Il rischio è quello di eliminare sostanzialmente il piano bonifiche per i 57 siti inquinati di interesse nazionale, azzerare la gestione dei 60 parchi nazionali e riserve marine, eliminare gli interventi per il dissesto idrogeologico, i fondi per la mobilità sostenibile e quelli della lotta alla Co2.

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Giovedì 13 Ottobre 2011 – 19:58    Ultimo aggiornamento: 20:02

fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=166414&sez=HOME_INITALIA

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FUKUSHIMA – “Tokyo, radioattività altissima” Greenpeace lancia l’allarme

FUKUSHIMA

“Tokyo, radioattività altissima”
Greenpeace lancia l’allarme


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Rilevati valori di 3.35 microsievert nel quartiere di Setagaya e di 5.82  in un parco per bambini in Funabashi. L’organizzazione ambientalista avvisa: “Situazione più grave di quanto comunicato”. Ma le autorità negano relazioni con l’incidente della centrale nucleare

"Tokyo, radioattività altissima" Greenpeace lancia l'allarme Setagaya, zona di Tsurumaki (Tokyo) (reuters)

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TOKYO – Allarme da Greenpeace sulla diffusione di radiazioni nell’area della capitale giapponese. Alti livelli di radioattività sono stati registrati oggi a Tokyo e nella vicina prefettura di Chiba, entrambe a più di 200 chilometri dalla centrale di Fukushima distrutta da uno tsunami 1 a marzo. Alcune misurazioni rivelano livelli di contaminazione addirittura superiori a quelli registrati nella zona di evacuazione intorno alla centrale.

I dati. Greenpeace precisa che le autorità locali hanno comunicato che durante un’ispezione sono stati misurati livelli di radioattività di 3.35 microsievert l’ora lungo una strada residenziale del quartiere di Setagaya e di 5.82 microsievert l’ora in un parco per bambini in Funabashi, nella prefettura di Chiba. “Questi nuovi test mostrano che la dispersione del materiale radioattivo fuoriuscito dalla centrale di Fukushima è più ampia e più grave di quanto si pensasse – commenta Salvatore Barbera, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace Italia – il fatto che le autorità locali stiano cercando di decontaminare la zona usando idranti ad alta pressione, disperdendo ancor più il materiale radioattivo invece di rimuoverlo, è il segno che non hanno ricevuto il necessario supporto dal governo centrale e che stanno operando senza seguire le normali linee guida in caso di contaminazione nucleare”.  Greenpeace aggiunge di ritenere “assurda” l’intenzione del primo ministro Noda di far ripartire i reattori nucleari prima che venga completata l’investigazione sulle cause e le conseguenze della triplice fusione del nocciolo avvenuta sette mesi fa nella centrale di Fukushima.

Le autorità: nessuna relazione con Fukushima. Ma secondo il governo giapponese, gli alti livelli di radioattività registrati a Tokyo non possono essere messi in relazione con l’incidente di Fukushima. Secondo il ministro della Scienza, le radiazioni sono state provocate da materiale conservato nel seminterrato di un appartamento. I residenti, ha aggiunto il ministro, sono stati informati che non c’è alcuna minaccia per la loro salute.

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Adotta a distanza.
Catastrofe umanitaria
Nel Corno d’Africa 500.000 bambini stanno morendo di fame.

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13 ottobre 2011

fonte:  http://www.repubblica.it/ambiente/2011/10/13/news/a_tokyo_alti_livelli_di_radioattivit_greenpeace_lancia_l_allarme-23165616/?rss

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ROMA – Via Nazionale, gli indignati in tenda: Chiuso Palazzo delle Esposizioni /Video


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Al solito ‘spaventapasseri’ delle sempre sventolate “possibili infiltrazioni estremiste” (quando è chiaro, da anni, che le uniche infiltrazioni ‘estremiste’ sono quelle degli apparati di controllo dello Stato) stavolta si abbina il ‘disappunto’ prefettizio del “non ho sentito fare proposte, solo proteste”, come se fosse compito precipuo dei manifestanti presentarsi con tanto di ordine del giorno e ‘manifesto’ politico, confondendo la spontaneità e l’esasperazione degli ‘indignati’ con i soliti partiti frequentanti quel di Montecitorio.. Chi si ribella ha le sue ragioni per farlo; e la ribellione porta sempre al sovvertimento, anzi, deve farlo per essere tale. Dalle ceneri di ciò che è stato distrutto può nascere un nuovo ordine sociale. Ciò non significa, attenzione, che teorizziamo il metodo della violenza. Tutt’altro. Vogliamo che il movimento, l’onda che nasce dalle profondità del tessuto sociale, sia il più pacifico possibile. Ma che sia grande, travolgente, e che impegni i cittadini di ogni condizione sociale a un ritorno ai valori più puri, come quelli fondanti della nostra Costituzione. Per una nuova società e per un modo più etico di fare politica; finalmente tesa al benessere comune, di tutti i cittadini, nessuno escluso.

mauro


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Via Nazionale, gli indignati in tenda:
Chiuso Palazzo delle Esposizioni /Video

Manganelli: polizia spesso deve supplire alla politica. Il prefetto: dai manifestanti solo proteste ma nessuna proposta

Approfondimenti
Gli indignati preparano il 15 ottobre: «La non violenza nostra prerogativa fondamentale»
I timori degli 007: mancanza di leader e rischio infiltrazioni estremiste
Video
 Gli indignati accampati al Palazzo delle Esposizioni
 Lo sgombero degli indignati

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ROMA – Sono stati sgomberati nella notte dalle forze dell’ordine le centinaia di indignati che dal pomeriggio di ieri manifestavano in via Nazionale, di fronte al Palazzo delle Esposizioni. Gli agenti sono intervenuti dopo la mezzanotte sollevando di peso uno a uno i manifestanti e spostandoli sulle scalinate del Palazzo delle Esposizioni, dove il presidio è andato avanti per tutta la notte. Lo sgombero è avvenuto senza incidenti.

Questa mattina c’erano ancora alcune tende sulla scalinata. Il traffico è regolare. Oggi si è tenuta un’assemblea, in vista della manifestazione di sabato. Per la serata è atteso Elio Germano che interverrà ad un happening sulle scale di Palazzo delle esposizioni.

«Protestiamo contro le banche perchè pensiamo che oggi siano le banche a dirigere le scelte dei governi», dice Vanessa, che ha passato la notte accampata sulle scale. Insieme a lei, in una decina di tende, circa 50-60 persone. L’intenzione è quella di rimanere accampati fino al 15 ottobre, «Giornata europea contro le politiche anticrisi della Bce, del Fmi, dei governi» che richiamerà circa 150mila persone.

Il clima è pacifico, per questo gli indignati hanno chiesto che Palazzo delle Esposizioni venga riaperto, dopo la decisione del direttore di tenerlo chiuso fino a domenica per questioni di «ordine pubblico». «Noi non siamo che dei pericolosi pacifisti – scherza Vincenzo – in mezzo a noi ci sono lavoratori precari, artisti e occupanti del Valle che protestano per i loro diritti. Non c’è alcun problema di ordine pubblico».

«Ci scusiamo per il disagio: global revolution in corso». All’ingresso di Palazzo delle Esposizioni campeggia un telo bianco lungo venti metri, dipinto con il drago simbolo della protesta e la scritta global change. Ci sono gli addetti alla pulizia che armati di scopa e paletta ripuliscono la scalinata da cicche di sigaretta e bottigliette. Nell’epoca delle proteste digitali non può mancare l’angolo web: tre computer sistemati su tavolini e una videocamera per trasmettere in streaming alcune dirette dal presidio. Le tende canadesi sono circa dieci e i ragazzi si preparano a un’altra notte all’aperto tra dibattiti e musica. «Si dorme da paura, siamo entrati comodi in quattro qui», sorride una ragazza.

L’intenzione è di mantenere il presidio fino alla giornata di sabato, quando ci sarà la manifestazione nazionale degli “Indignati”. In serata è previsto un happening musicale e potrebbero esserci delle iniziative e dimostrazioni, del tutto pacifiche, a sorpresa in altri punti della città.

Da dove nasce il nome “draghi ribelli”, il gruppo che ieri ha occupato via Nazionale? «Il nome provocatorio è nato spontaneamente durante la manifestazione – racconta Federico, studente ventiquattrenne della Sapienza – perchè ci trovavamo davanti all’inquilino principale di Palazzo Koch, Mario Draghi. Si tratta dell’unione di più movimenti: abbiamo messo da parte piccole sigle per un obiettivo comune».

Una forza di questo movimento è la possibilità di raggiungere tutti grazie ai social network, facebook e twitter su tutti. «Stiamo credendo nella forza della Rete – prosegue Federico – per diffondere un messaggio nuovo e aprire un percorso che coinvolga tutte le persone interessate al cambiamento. Siamo in un momento storico in cui è la finanza a dettare l’agenda alla politica e non ci piace. La manifestazione di sabato è solo l’inizio della nostra strada e s’inserisce in una situazione politica molto fluida».

La scalinata è strapiena ed è iniziata un’assemblea pubblica. Il microfono passa di mano in mano con la narrazione di storie personali, dai precari della scuola a quelli dello spettacolo, che s’intrecciano con un’unica collettiva. «Vogliamo partecipare e non essere più solo spettatori della nostra vita», è il ritornello di tutti gli interventi.

«Noi siamo in piazza non per contrastare i manifestanti ma per assicurare loro la libertà di espressione garantita dalla Costituzione», dice il capo della Polizia, Antonio Manganelli, sottolineando che le prossime saranno giornate calde dal punto di vista dell’ordine pubblico e che le forze di polizia spesso sono chiamate a «compiti di supplenza» della politica. La posizione delle forze di polizia, spiega Manganelli, «è quella di creare il giusto equilibrio tra il diritto al dissenso e la garanzia di chi vuole continuare a vivere normalmente». Bisogna sempre cercare «di capire le ragioni della protesta», aggiunge, e spesso in questo le forze di Polizia sono lasciate sole. «L’ordine pubblico è una materia sensibile – dice infatti il capo della Polizia – che tocca problemi reali del Paese e che spesso svolge, ahimè, un compito di supplenza alla politica che manca di affrontare o affronta male le questioni sociali spinose. E così finisce che si parla sempre di incidenti e di sgomberi ma non delle ragioni della protesta. Quando comprimiamo la libertà di espressione lo facciamo per garantire la sicurezza. Dunque useremo la forza quando incontreremo la violenza ma prima ancora useremo la testa per cercare di lasciare a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero».

«Ancora oggi io non ho sentito alcuna proposta, sento solo proteste – commenta il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro – Al momento non c’è alcuna preoccupazione per la giornata di sabato anche se da parte delle forze di polizia ci sarà massima attenzione. Io mi auguro che si manifesti sempre in maniera democratica e mi aspetto che ci sia da parte di tutti il rispetto per gli altri cittadini, cioè quelli che non manifestano e quelli che lavorano». Pecoraro è poi tornato a criticare i manifestanti: «Sento solo proteste e nessuna proposta – ha ribadito – È facile così, anche se spetta al governo fare proposte».

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pubb

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Giovedì 13 Ottobre 2011 – 10:54    Ultimo aggiornamento: 18:04

fonte:  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=166331&sez=HOME_ROMA

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COME ‘STROZZARE’ GLI ITALIANI – Auto e moto, polizze da record: Aumenti fino al 35 per cento

Grandi differenze delle tariffe tra Nord e Sud. L’Italia è fra le più care d’Europa

Auto e moto, polizze da record
Aumenti fino al 35 per cento

L’Antitrust attacca: «Non funziona l’indennizzo diretto» Rincari del 4,6% l’anno, il doppio della media Ue


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Due automobilisti compilano una constatazione amichevole dopo un sinistro (Fotogramma)
Due automobilisti compilano una constatazione amichevole dopo un sinistro (Fotogramma)

ROMA – «Aumenti significativi». Sono quelli registrati tra il 2006 e il 2010 dalle polizze assicurative, secondo il garante per la Concorrenza, Antonio Catricalà, che ieri, in un’audizione alla commissione Industria del Senato, ha riferito di rincari che, negli ultimi due anni, hanno toccato punte del 25% per le auto e il 35% per le moto.

Colpa dell’indennizzo diretto, che non ha funzionato come avrebbe dovuto, della bassa mobilità dei consumatori tra le compagnie e di compagnie assicurative che garantiscono contratti adeguati solo a una selezionata clientela, con le consuete grandi differenze tra Nord e Sud.

È questo il quadro tracciato dal garante che ha portato anche alcuni esempi pratici: tra il 2009 e il 2010, per un quarantenne del Nord Italia con un’autovettura di media cilindrata il premio è aumentato di oltre il 20%. Per una sessantacinquenne del Sud con un’autovettura medio piccola l’aumento è stato del 15-20%, mentre per un diciottenne che vive nelle Isole con un ciclomotore il rincaro è stato del 30%.

Permangono le differenze tra le diverse aree geografiche: «considerando Napoli in comparazione con Milano, risulta che, a parità di frequenza sinistri (elevata) e di numero di compagnie, il premio risulta nettamente più alto (quasi il doppio nel periodo più recente di analisi) nella prima rispetto alla seconda. Ciò testimonia inequivocabilmente che la dinamica dei premi è influenzata anche dall’andamento dei costi dei risarcimenti, più elevati nella prima».

Gli aumenti sono considerevoli anche se valutati in un confronto internazionale. In particolare, ha insistito Catricalà, «nel periodo 2000-2010, i prezzi aumentano in Italia ad una velocità superiore a quella degli altri Paesi europei e della zona euro». Il ritmo è del 4,6% annuo, più che doppio rispetto a quello registrato nella zona euro, oltre sei volte quello della Germania, oltre cinque volte quello della Francia e dell’Olanda e di poco meno di due volte quello spagnolo. Quanto all’incremento medio dell’ultimo quinquennio, è stato da noi «quasi il doppio di quello registrato nella zona euro».

A pesare sono gli insuccessi dell’indennizzo diretto, a causa soprattutto del malfunzionamento della «camera di compensazione». La nuova procedura risarcitoria, che ha iniziato a trovare applicazione a partire dal 1° febbraio 2007, prevede che i danni derivati dal sinistro siano risarciti non già dalla compagnia del responsabile, bensì dalla stessa compagnia del danneggiato, ovvero, in caso di danni riportati dal trasportato, dalla compagnia assicuratrice del mezzo utilizzato. In tale veste, la compagnia che liquida il danno, cioè la gestionaria, opera come mandataria della compagnia del responsabile. Ora però è previsto che per ogni danno liquidato dalla gestionaria, questa riceva non l’importo effettivamente liquidato per conto della debitrice, bensì una somma determinata forfettariamente sulla base del costo medio dei sinistri rilevato nell’annualità assicurativa precedente. Tale sistema se da una parte ha ridotto i tempi della liquidazione del sinistro, dall’altra ha finito per aumentare il costo medio del sinistro (+27% nel 2008-2010), costo che poi viene scaricato «direttamente sui premi».

Catricalà si è soffermato anche sulle compagnie telefoniche che si scelgono la clientela, offrendo polizze competitive solo agli assicurati che causano meno incidenti, pochissimi al Sud. Scarsi poi vengono definiti gli accertamenti sulle frodi, perché «per le imprese è più agevole scaricare sui premi i maggiori oneri derivanti da inefficienze di gestione».

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Antonella Baccaro
13 ottobre 2011 07:45

fonte:  http://www.corriere.it/economia/11_ottobre_13/baccaro_auto-moto-polizze-da-record_19e20038-f558-11e0-9479-439a0eb41067.shtml

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Kenya, sequestrate due cooperanti, sono operatrici spagnole di Medici senza Frontiere

Kenya, sequestrate due cooperanti
sono operatrici spagnole di Msf

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Un gruppo di uomini armati legato ad Al Qaeda assalta un convoglio dell’organizzazione umanitaria e porta via due donne. La pratica dei rapimenti di stranieri al confine con la Somalia è sempre più frequente


miliziano dell’al Shabaab – fonte immagine

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di DANIELE MASTROGIACOMO

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Kenya, sequestrate due cooperanti sono operatrici spagnole di Msf Il campo profughi di Dadaab, teatro del rapimento (ansa)

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Clamorosa azione degli al Shabaab, il gruppo radicale islamico somalo legato ad Al Qaeda. Un commando formato da due jeep con a bordo una quindicina di uomini armati ha varcato la frontiera tra Kenya e Somalia e ha intercettato un convoglio di mezzi di Médicins sans frontières impegnati a distribuire medicinali e cibo attorno a Dadaab, il più grande campo di rifugiati provenienti dal paese del Corno d’Africa.

Le notizie sono ancora confuse. Ma stando alla ricostruzione effettuata dal personale di “Care international”, la ong statunitense che gestisce l’immensa tendopoli, il commando avrebbe fatto fuoco sul convoglio. Alcuni mezzi sono riusciti a fuggire. Uno, occupato da logisti di Msf, è invece stato bloccato. L’autista della jeep è stato ferito e versa in gravi condizioni nell’ospedale del campo. Due volontarie spagnole, logiste della ong francese, sono state invece prelevate e portate via.

La notizia dell’attacco e del sequestro è stata confermata anche dalla polizia kenyota. “Due operatori umanitari di nazionalità spagnola sono stati rapiti dagli al Shabaab”, ha affermato il capo della polizia regionale, Leo Nyongesa. Un’altra conferma è arriva dal ministero degli Esteri spagnolo. “Varie persone armate hanno bloccato dei mezzi di Msf”, ha raccontato un abitante della zona al quotidiano El Pais. “Hanno sparato all’autista che versa in condizioni critiche e hanno sequestrato due donne che si trovavano a bordo. Le jeep erano di Msf Spagna ma non so di quale nazionalità fossero le donne rapite. Non so nemmeno da dove venissero gli aggressori. Credo dalla Somalia perché adesso si stanno dirigendo verso quella direzione”. La sezione internazionale di Msf ha attivato un’unità di crisi per avviare subito un contatto con i rapitori e intavolare una trattativa.

Non è la prima volta che il gruppo armato salafita varca i confini somali e compie delle azioni che puntano al sequestro di potenziali ostaggi. La porosità delle frontiere con il Kenya e il flusso costante di migliaia di persone che fuggono dalle battaglie che punteggiano il martoriato paese del Corno d’Africa rende difficili i controlli. La pratica dei sequestri, soprattutto in quell’area, è diventata un vero business. Gli al Shabaab agiscono via mare e via terra. Due settimane fa un commando è arrivato sulle coste del Kenya a bordo di alcune lance, si è infilato in un resort di lusso e ha rapito una coppia di turisti inglesi in vacanza. L’uomo ha opposto resistenza ed è stato freddato con un colpo alla nuca. Sua moglie è stata prelevata e portata, sempre via mare, in Somalia. Una settimana fa è stata la volta di una anziana donna francese tra l’altro costretta in carrozzella. Anche in questo caso l’azione è stata condotta via mare. Identica la tecnica. Il commando è entrato nella casa dove dormiva la donna, l’ha svegliata con i fucili puntati in faccia e l’ha trascinata fino alla riva dove c’erano delle lance in attesa.

Questa volta l’azione è stata condotta a terra ed è stata favorita dalla ripresa dei combattimenti tra le diverse fazioni somale. Migliaia di persone cercano scampo fuori dai confini somali e si dirigono verso il campo di Dadaab dove sanno di trovare qualche aiuto. Varcare le frontiere, girare indisturbati lungo strade secondarie armati fino ai denti e assaltare potenziali ostaggi sta mettendo a dura prova il servizio di frontiera del Kenya. Non c’è solo distrazione, mancanza di mezzi e uomini, territori impervi e difficoltà logistiche. Spesso chi agisce riceve giuste segnalazioni, sempre dietro lauti compensi. Chiunque, senza lavoro e stipendio, si può trasformare in un complice. Nel caso delle due cooperanti spagnole, l’attacco è stato ancora più facile. Agire attorno al più grande, caotico e difficile campo rifugiati che l’Africa orientale conosca significa mischiarsi tra le centinaia di mezzi che battono la zona per distribuire aiuti e assistenza e le decine di migliaia di uomini, donne e bambini che vagano alla ricerca di acqua, legna, cibo, lavoretti, aiuti. Un gioco da ragazzi: si spara, si ferisce, si uccide e poi via con gli ostaggi. Specie se stranieri.

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13 ottobre 2011

fonte:  http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2011/10/13/news/kenya_sequestrati_cooperanti_spagnoli_msf-23173569/?rss

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LIBIA – I lealisti resistono, insorti respinti a Sirte. Smentita la cattura del figlio di Gheddafi

LIBIA

I lealisti resistono, insorti respinti a Sirte
Smentita la cattura del figlio di Gheddafi

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Le forze del Cnt ripiegano sotto il fuoco dei fedelissimi del colonnello. Il presidente del Cnt, Abdel Jalil, e fonti militari smentiscono di aver messo le mani sul quintogenito di Gheddafi. L’equivoco forse causato dalla cattura di un altro superlatitante: l’imam Khaled Tantoosh, massima autorità religiosa che non aveva mai smesso di appoggiare Gheddafi. Riaperto il gasdotto “Greenstream”: il metano scorre tra Mellitha e Gela

I lealisti resistono, insorti respinti a Sirte Smentita la cattura del figlio di Gheddafi Mutassim Bilal Gheddafi, quintogenito del Colonnello (ansa)

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SIRTE Le forze fedeli al colonnello Gheddafi, arroccate a Sirte e Bani Walid, uniche roccaforti lealiste in una Libia ormai sotto il controllo delle milizie del Consiglio nazionale transitorio, stanno opponendo una strenua resistenza. Al punto di indurre gli insorti ad arretrare. Esattamente quanto sta accadendo a Sirte, dove le forze del Cnt stanno ripiegando, respinte dal fuoco degli ultimi miliziani fedeli al Rais.

La controffensiva delle forze fedeli a Gheddafi arriva dopo diversi giorni di successi militari degli insorti, penetrati in profondità nel centro della città natale del Colonnello. Gli insorti si sono dovuti ritirare dalle zone vicine ai quartieri nord-occidentali Numero Due e Dollaro, ultimi bastioni dei lealisti in città, arretrando di un paio di chilometri fino all’ex quartier generale della polizia (nei pressi della piazza centrale della città, ndr), che avevano espugnato martedì.

Un portavoce degli insorti, Hamid Neji dei Martiri della Brigata Libia Libera, ha riferito che i comandanti si sono decisi a ordinare di “utilizzare i cannoni contro le forze di Gheddafi”. Finora gli attaccanti avevano evitato il ricorso all’artiglieria pesante per non causare vittime tra i civili. Secondo Al Arabiya, il comando del Cnt di Tripoli ha inviato un nuovo rifornimento di armi pesanti ai soldati che combattono a Sirte per respingere la controffensiva dei lealisti.

Intanto, si fa controversa la vicenda della presunta cattura di Mutassim 1, uno dei figli di Gheddafi, che proprio a Sirte ha combattuto per settimane tra le forze lealiste. Annunciata ufficialmente ieri, scatenando subito festeggiamenti a Tripoli e a Bengasi, la notizia è stata smentita oggi da Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt). Parlando con l’inviato a Tripoli di al-Jazeera, il leader del Cnt ha affermato che “non corrisponde al vero la notizia della cattura di Mutassim. Da ieri sera, quando è stata diffusa, sto cercando conferme ma non ne ho trovate”.

La cattura di Mutassim, quintogenito di Gheddafi, viene smentita seccamente anche da uno dei comandanti delle milizie del Consiglio Nazionale Transitorio, Wessam bin Hamid, a capo dei Martiri della Brigata Libia Libera. “Non è vero”, ha tagliato corto l’ufficiale, aggiungendo che “alcuni prigionieri sostengono che a Sirte si trovi Muammar Gheddafi in persona”.

Altre fonti dei ribelli continuano a sostenere che sarebbe stato fatto prigioniero mentre cercava di fuggire da Sirte: un consulente dello stesso Cnt, Abdelkarim Bizama, aveva precisato che la notizia dell’arresto non è stata data prima soltanto “allo scopo di evitare che qualcuno cercasse di liberarlo”. Mutassim, secondo queste fonti, si sarebbe tagliato i lunghi capelli per tentare di non farsi riconoscere, sarebbe incolume, anche se esausto, e sarebbe già stato trasferito a Bengasi per essere sottoposto a interrogatorio nell’accampamento militare di Boatneh.

Mutassim sarebbe il primo membro della famiglia Gheddafi a cadere in mani nemiche. Lo stesso Colonnello si dice che si nasconda da qualche parte nel deserto del Fezzan, insieme al secondogenito ed erede designato Saif al-Islam. Il figlio maggiore Mohammed, il quartogenito Hannibal, l’unica figlia Aisha e la moglie Safiya sono riparati due mesi fa in Algeria, insieme a parecchi altri congiunti. Il terzo figlio, al-Saadi, sarebbe scappato in Niger mentre il più giovane, Khamis, dato più volte erroneamente per morto, potrebbe essere rimasto ucciso in combattimento nell’assalto finale dei ribelli a Tripoli, il 23 agosto scorso. Sembrerebbe invece essere stato senz’altro eliminato il sestogenito, Saif al-Arab, la cui abitazione fu bombardata dagli aerei della Nato il 30 aprile: con lui sarebbero periti i due figlioletti.

A complicare la vicenda, generando forse l’equivoco, il fatto che proprio a Sirte gli insorti hanno catturato un altro super-latitante: l’imam Khaled Tantoosh, che sotto il regime era il gran muftì di Libia, la massima autorità religiosa del Paese, che non aveva mai smesso di appoggiare Gheddafi. “Lo abbiamo catturato mercoledì mattina”, ha raccontato Abdu Salam, uno dei cinque miliziani che hanno intercettato l’auto di Tantoosh mentre questi stava cercando di lasciare Sirte in incognito per raggiungere la capitale libica. “Aveva completamente cambiato aspetto”, ha riferito l’uomo. “Si era rasato del tutto la barba”, che era solito solito portare fluente.

Mentre infuria la battaglia per spegnere gli ultimi focolai della resistenza gheddafiana, la Libia pian piano si riapre al mondo. E’ tornato in esercizio il gasdotto sottomarino “Greenstream”, che collega la Libia alla Sicilia. Alle 9 di stamani il primo metano libico, partito dalla costa africana di Mellitha, è arrivato a Gela. E’ stato così rimosso, dopo quasi 8 mesi, il blocco (per motivi di sicurezza) imposto dalla guerra civile contro il regime di Gheddafi.

Scene di entusiasmo si sono registrate sia nella centrale di partenza, sulla costa africana, che è diretta da un tecnico dell’Eni, sia tra il personale della stazione di pompaggio siciliana. A tutti i dipendenti impegnati nel ripristino della fornitura di gas, in entrambi i siti, l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, ha inviato una nota di elogio per l’impegno profuso e la professionalità dimostrata.

Lungo i 520 km di metanodotto, che attraversano il Mediterraneo, scorrono attualmente 125 mila metri cubi all’ora di gas, pari a 3 milioni di metri cubi al giorno. La produzione dovrà aumentare gradualmente, fino a raggiungere, nell’arco di tre-quattro settimane, le condizioni di marcia precedenti al conflitto, che erano di 28 milioni di metri cubi al giorno, cioè di 10 miliardi di metri cubi l’anno. Del metano che arriva dalla Libia solo il 20% è utilizzato dall’Italia. Il restante 80% è destinato agli altri paesi europei, specialmente a Francia e Olanda.

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13 ottobre 2011

fonte:  http://www.repubblica.it/esteri/2011/10/13/news/libia_insorti_respinti_sirte-23159245/?rss

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